di ANNA SANDRUCCI
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Marcite, Buccinasco (MI). Giugno 2021. Foto: Anna Sandrucci Articolo uscito in origine sul sito: www.spigolatureagronomiche.it |
Riassunto
Le marcite sono un sistema di irrigazione che ha modellato il paesaggio della Pianura Padana fin dal Medioevo. Grazie all’irrigazione invernale con acque di risorgiva, garantivano foraggi anche nei mesi più freddi, contribuendo allo sviluppo dell’allevamento bovino da latte nell’Italia settentrionale.
L’origine delle marcite è tradizionalmente attribuita ai monaci cistercensi, ma alcuni documenti del XII secolo suggeriscono però che questa pratica fosse già nota prima del loro arrivo. I monaci probabilmente perfezionarono e diffusero questa tecnica, che si ritrova anche in Inghilterra e in alcune regioni d’Europa.
L’irrigazione sfruttava le acque di risorgiva, con temperatura costante di 10-12°C. Queste scorrevano in un velo continuo sui prati, proteggendo la rizosfera dal gelo e garantendo foraggio tutto l’anno. Le marcite permettevano almeno sette tagli di foraggio all’anno, talvolta fino a nove.
Oltre all’elevata produttività, le marcite ospitano una ricca biodiversità, con piante rare, insetti, anfibi e numerose specie di uccelli a cui offrono rifugio e risorse alimentari, soprattutto nei mesi più freddi.
Nel XX secolo, l’estensione delle marcite si è drasticamente ridotta a causa dell’elevata richiesta di manodopera, della concorrenza di altre colture foraggere e del cambiamento dei sistemi di alimentazione dei bovini. Oggi, le marcite sopravvivono in poche aree lombarde, grazie a progetti di conservazione ma meritano di essere preservate perché favoriscono la biodiversità e rappresentano un paesaggio storico unico.
L’ingegno dell’acqua: le marcite lombarde
Le marcite sono un esempio straordinario di gestione delle risorse idriche applicata all’agricoltura, un sistema di irrigazione dei prati che ha modellato il paesaggio della Pianura Padana fin dal Medioevo. L’irrigazione invernale con acque di risorgiva garantiva foraggi anche nei mesi più freddi, fornendo un contributo essenziale allo sviluppo dell’allevamento bovino da latte nell’Italia settentrionale. Ma oltre alla loro funzione produttiva, le marcite hanno plasmato un paesaggio unico, dove, nei mesi freddi, fazzoletti verde smeraldo emergono tra i campi spogli e le nebbie padane, offrendo un suggestivo contrasto cromatico.
L'origine delle marcite nel nord Italia è tradizionalmente attribuita ai monaci cistercensi, sebbene documenti del XII secolo, coevi al loro arrivo nel Milanese, menzionino già i prati marci e il toponimo in Marcitis, suggerendo che questa pratica fosse già conosciuta (Comincini, 2012). I monaci, in particolare i Cistercensi di Chiaravalle e Morimondo e gli Umiliati di Viboldone, probabilmente perfezionarono e ampliarono il sistema, trasformando le aree paludose a sud di Milano in fertili prati irrigui (MULSA, 1999). I Cistercensi ebbero forse anche un ruolo nella diffusione di queste pratiche in Europa, dove tecniche simili, note come bedworks, sono documentate in Inghilterra, Belgio e Paesi Bassi (Cook et al., 2003; Renes et al., 2020). Testimonianze scritte del XII secolo descrivono un sistema analogo di irrigazione dei prati nell’abbazia cistercense di Clairvaulx, in Francia. Con il Rinascimento, le marcite si diffusero ampiamente nella Pianura Padana, in particolare tra Milano, Lodi e Pavia. Tuttavia, solo nella seconda metà dell’Ottocento il sistema raggiunse la massima efficienza produttiva (Soresi, 1914), incrementando la disponibilità di foraggio e favorendo lo sviluppo di allevamenti bovini da latte specializzati.
L’irrigazione a gravità delle marcite in Pianura Padana sfrutta le acque di risorgiva, che emergono spontaneamente grazie alla falda freatica affiorante (Maggiore e Mariani, 2021). Queste acque, che mantengono una temperatura costante di 10-12°C, venivano fatte scorrere durante l’inverno in un velo continuo sui prati, proteggendo così la rizosfera dal gelo. Questo ambiente favorevole permetteva la crescita delle graminacee foraggere microterme, garantendo una produzione foraggera continua durante l’anno. I prati marcitoi erano sistemati con una leggera pendenza, solitamente ad ali degradanti semplici o doppie, per mantenere le acque sempre in movimento e garantire un flusso uniforme, ed erano serviti da canali di distribuzione e di scolo per evitare ristagni. L’irrigazione era continua nei mesi freddi (irrigazione iemale), da ottobre a marzo, mentre in estate seguiva turni ordinari (MULSA, 1999).
Le marcite garantivano almeno sette tagli di foraggio all’anno, tra febbraio e dicembre, arrivando in condizioni ottimali anche a nove, rispetto ai quattro o cinque dei prati stabili. Statistiche del 1864 indicano che la produttività delle marcite superava del 20% quella dei prati polifiti convenzionali (Tartari, 1999). Secondo Soresi (1914), i tagli autunno-vernini fornivano in media 510 quintali di erba per ettaro, cui si aggiungevano 140 quintali di fieno dai tagli primaverili-estivi. In inverno, l’impossibilità di affienare obbligava a falciare e distribuire giornalmente il foraggio fresco in mangiatoia mentre in primavera-estate si poteva ricorrere all’affienamento. Le marcite, infatti, essendo intrise d’acqua non erano adatte al pascolamento del bestiame, che le avrebbe danneggiate, rendendo necessario il mantenimento delle bovine in stalla tutto l’anno. Negli anni ’60, Gallarati Scotti rilevò in dieci aziende del Milanese una produzione annua di 836 quintali di erba per ettaro (Piccioni, 1979).
Le marcite sono prati polifiti permanenti, caratterizzati da specie foraggere perenni, come loiessa (Lolium multiflorum Lam.) e trifoglio ladino (Trifolium repens L.), adatte a condizioni di elevata umidità. La composizione floristica variava nel corso dell’anno: con l’irrigazione invernale dominavano la loiessa e, nei terreni più argillosi, l’Alopecurus utriculatus (o A. rendlei Eig), meno appetito e di minor valore nutritivo; in estate prevalevano i trifogli mentre in autunno tornavano le graminacee (Bocchi, 2018). Dal punto di vista nutrizionale, il foraggio di marcita era altamente digeribile ma nei tagli autunno-vernini presentava un basso contenuto di sostanza secca. Con l’arrivo della primavera, la maturazione delle graminacee aumentava il contenuto di fibra, mentre in estate la ripresa dei trifogli incrementava la quota proteica. Durante l’inverno, il foraggio non poteva essere somministrato da solo a causa dell’elevato tenore in proteine rapidamente degradabili e della carenza di fibra, fattori che potevano causare problemi metabolici al bestiame (Piccioni, 1979). Bonadonna (1950) suggeriva un possibile collegamento tra l’impiego di erba di marcita nella razione delle bovine da latte e la diffusione della “zoppina lombarda”, una grave infiammazione podale.
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Marcita presso la Cascina Campazzo, Parco Agricolo Ticinello (MI). Novembre 2024. Foto: Luca Rapetti. |
Oltre al loro valore produttivo, le marcite hanno creato nel tempo un ecosistema ricco e diversificato, diventando un habitat di grande importanza per la biodiversità, sia floristica che faunistica. La vegetazione include rare specie igrofile, mentre l’ambiente umido ospita un’entomofauna varia e diverse specie di anfibi (Bove et al., 2017; Casale et al., 2021; Della Rocca et al., 2021). Le marcite rivestono un ruolo cruciale per molte specie di uccelli, alcune delle quali di interesse conservazionistico a livello nazionale ed europeo, che vi trovano rifugio durante lo svernamento, la nidificazione e la migrazione (Bove et al., 2017; Casale et al., 2020). Inoltre, in un contesto di agricoltura intensiva, le marcite contribuiscono alla diversificazione del paesaggio agrario, arricchendone il valore estetico attraverso l’inserimento di elementi distintivi come prati verdi, campi baulati, strade, canali e manufatti per la regolazione delle acque (Branduini e Bove, 2022).
All’inizio del XX secolo, le marcite coprivano circa 25.000 ettari, metà dei quali concentrato tra le province di Milano e Lodi (Soresi, 1914). Nel corso dell’ultimo secolo la loro estensione si è drasticamente ridotta, soprattutto a partire dagli anni ’60-‘70: nel Parco Agricolo Sud Milano, i soli 399 ettari censiti nel 1992 si sono ridotti a 226 nel 2000, mentre nel Parco della Valle del Ticino nel 2020 si contavano circa 300 ettari (Parco Agricolo Sud Milano, 2000; Casale et al., 2020). Le cause del declino sono molteplici: l’elevata richiesta di manodopera per la sistemazione e manutenzione di ali e canali e per la regolazione delle acque, oltre all’urbanizzazione e industrializzazione che hanno alterato le reti irrigue e la qualità delle acque. Tuttavia, i fattori principali sono la scarsa competitività rispetto ad altre colture foraggere, come il mais, e il cambiamento del sistema di alimentazione delle bovine da latte. L’introduzione dell’unifeed e l’impiego di foraggi conservati (fieni e insilati) hanno progressivamente sostituito il foraggiamento verde, riducendo la necessità di manodopera e migliorando l’efficienza produttiva.
Oggi, le marcite sopravvivono solo in limitate aree della Lombardia e del Piemonte, spesso senza più irrigazione iemale, grazie a iniziative di conservazione promosse da alcuni enti locali. Tuttavia, le loro tracce restano ancora ben riconoscibili nel paesaggio agrario.
Bibliografia
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- Bove M., Castrovinci R., Tabacco E., Borreani G., Comino L., Tavella L., Bogliani G. (2017). Sistemi foraggeri dinamici a servizio della biodiversità. Parco Lombardo della Valle del Ticino, Università degli Studi di Torino, Fondazione Lombardia per l’Ambiente. https://ente.parcoticino.it/wp-content/uploads/2017/11/Sistemi-foraggeri-e-biodiversit%C3%A0-Parco-Ticino-1.pdf
- Branduini P., Bove M. (2022). Adesso la marcita è viva! Restaurare un paesaggio agrario/The water meadow is now alive! Restoring an agrarian landscape. INTRECCI, 1, 87-105. https://intrecci.sira-restauroarchitettonico.it/index.php/intrecci/article/view/7
- Casale F., Bove M., Bergero V., Manica M., Pellegrino A., Sala D., Falco R. (2021). La biodiversità nelle marcite del Parco del Ticino. In Casale (Ed.) Buone pratiche di gestione della biodiversità nel Parco del Ticino e in Europa. Parco Lombardo della Valle del Ticino e Fondazione Lombardia per l’Ambiente. https://flanet.org/wp-content/uploads/2021/07/Buone-pratiche-Parco-Ticino.pdf
- Casale F., Manica M., Bove M., Poma C., Badino B., Balocco M., Bergero V., Cameroni D., Cortesi O., De Paola C., Falco R., Parco V., Pellegrino A., Sala D., Bellani A. (2020). Le marcite del Parco Lombardo della Valle del Ticino (monitoraggi 2011‐2019): Habitat importante per numerose specie di uccelli di interesse conservazionistico europeo. Bollettino Ornitologico Lombardo, 1-2020. https://cdnfiles2.biolovision.net/www.ornitho.it/pdffiles/news/BOL_Vol_2_n_1-2020-3543.pdf
- Comincini M. (2012). La marcita: mito cistercense nella storia del Milanese. Grafica Sant’Angelo, Sant’Angelo Lodigiano
- Cook H., Stearne K., Williamson T. (2003). The origins of water meadows in England. The Agricultural History Review, 155-162. https://www.jstor.org/stable/40275966
- Della Rocca F., Stefanelli S., Cardarelli E., Bogliani G., Bracco F. (2021). Contribution to the knowledge of the arthropods community inhabiting the winter-flooded meadows (marcite) of northern Italy. Biodiversity data journal, 9, e57889. https://doi.org/10.3897/BDJ.9.e57889
- MULSA - Museo di Storia dell’Agricoltura (1999). Il prato e la marcita. Schede didattiche – 05. Museo di Storia dell’Agricoltura: https://www.mulsa.it/schede-didattiche
- Maggiore T., Mariani M. (2021). Acque di risorgiva, fontanili e marcite. Museo di Storia dell’Agricoltura https://www.mulsa.it/approfondimenti
- Parco Agricolo Sud Milano (2000) Le marcite del Parco Agricolo Sud Milano 3° censimento https://www.cittametropolitana.mi.it/export/sites/default/parco_agricolo_sud_milano/pubblicazioni/.content/allegati/volumi/le_marcite.pdf
- Piccioni M. (1979). Dizionario degli alimenti per il bestiame. Edizioni Edagricole.
- Renes H., Centeri C., Eiter S., Gaillard B., Kruse A., Kucera Z., Slámová M. (2020). Water meadows as European agricultural heritage. In: Hein C. (Ed.) Adaptive strategies for water heritage, 107-131.
- Soresi G. (1914). La marcita lombarda. Casa Editrice Fratelli Ottavi. Ristampa anastatica a cura della Società Agraria di Lombardia, 2000.
- Tartari C. (1999). Domenico Berra ossia “del genio dell’agricoltura” In: Berra D. (1822). Dei prati del basso milanese detti a marcita. Ristampa anastatica a cura di Tartari C., Parco Agricolo Sud Milano. https://cittametropolitana.mi.it/export/sites/default/portale/conosci_la_citta_metropolitana/Pubblicazioni/Parco_Agricolo_Sud_Milano/berra.pdf
Anna Sandrucci
È Professoressa Ordinaria di Zootecnia Speciale, presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali -Produzione, Territorio, Agroenergia. Università degli Studi di Milano.
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