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Articolo uscito in origine sulla rivista "Spigolatura Agronomiche". |
Il Museo di Storia dell’Agricoltura, MULSA, fondato a Milano nel 1972, è stato inaugurato nel 1981 nella sede espositiva presso il Castello Morando Bolognini di Sant ’Angelo Lodigiano. Si tratta di un museo narrativo ed espositivo la cui missione è di rendere coloro che lo visitano consapevoli del profondo significato dell’Agricoltura nella storia dell’umanità. È impostato secondo principi etno-storico-archeologici e le sezioni sono scandite secondo la periodizzazione della sequenza dei progressi evolutivi tecnologico-agrari che hanno caratterizzato il percorso millenario dell’agricoltura: dalla “Rivoluzione del fuoco” alla “Rivoluzione verde”. Il Museo ospita anche una ricca sezione etnografica, focalizzata sull’agricoltura, l’artigianato ad essa connesso, e la vita nella cascina lodigiana.
Lo scorso 11 ottobre 2024, al termine dell’annuale seminario, organizzato dal Museo per ricordare la Giornata mondiale dell’Alimentazione, quest’anno dedicato al tema dei “Ruminanti: domesticazione, evoluzione e coevoluzione con le popolazioni umane”, si è svolta la cerimonia d‘inaugurazione del nuovo spazio espositivo del Museo, alla presenza di buona parte delle amiche e degli amici del MULSA che avevano seguito il seminario in sala (oltre 70). Il nuovo spazio espositivo, progettato e realizzato da Anna Sandrucci, Osvaldo e Giulio Failla, ha ripreso, aggiornato e arricchito quello precedente, mantenendosi fedele all’impostazione narrativa originaria.
La prima parte dello spazio è dedicata alla definizione del concetto di domesticazione, alla cronologia della domesticazione delle principali specie di mammiferi e uccelli, ai tratti etologici che predispongono gli animali selvatici al processo di domesticazione e, attraverso uno schema illustrato, alle modalità del processo stesso.Segue una grande rappresentazione di un particolare della “Sala dei Tori” delle grotte francesi di Lascaux, con al centro l’imponente e affascinante rappresentazione di un uro (il progenitore selvatico dei bovini domestici), oltre che di cavalli e cervi. Alla base della riproduzione della pittura rupestre, è collocato un cinghiale ferito tassidermizzato. La scelta di riprodurre una pittura rupestre, risalente al tardo Paleolitico, raffigurante grandi animali selvatici, intende sottolineare il complesso e contraddittorio rapporto delle popolazioni di cacciatori raccoglitori con questi animali, che rappresentavano senz'altro e soprattutto prede di caccia, fondamentali per il loro sostentamento, ma al contempo si trattava di esseri viventi temuti, ammirati, mitizzati ed anche divinizzati. Rapporto complesso, che si è ulteriormente consolidato nel processo di domesticazione, trasformandosi in una piena simbiosi mutualistica . Al centro dello spazio espositivo, appoggiato sul davanzale interno, domina un cranio di bovino di razza Maremmana. Si tratta di un reperto rinvenuto da Giuseppe Frediani (1906 - 1996), padre fondatore del nostro museo, in uno dei siti archeologici dei Monti della Tolfa. Il cranio del bovino domestico è messo a confronto con quello di un uro, rappresentato con una foto in scala 1:1, conservato presso il Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze. Dal confronto si possono notare le modificazioni morfologiche, che hanno interessato in modo particolare la forma delle corna, indotte dal processo di domesticazione. Un modellino in legno di una vacca di razza Grigia Alpina mostra la morfologia “moderna” dei bovini. Il terzo pannello è invece dedicato alla cosiddetta “sindrome della domesticazione”, ovvero alle caratteristiche generali che distinguono gli animali
domestici dai loro progenitori selvatici. Si tratta di modificazioni congiunte di carattere comportamentale, fisiologico e morfologico. Queste ultime vengono esemplificate con una serie di immagini riportate sul pannello e mediante la contrapposizione di due crani, esposti sotto il pannello: uno di cinghiale ed uno di maiale. Allungato e dotato di due robuste zanne il primo, raccorciato e con una dentatura meno sviluppata il secondo . Sono quindi esposti due reperti di grande significato evocativo del valore culturale attribuito agli animali domestici nell'antichità. Si tratta della riproduzione della coppa di Shahr i Sokhta (Iran, 3200 a.C.), ove una capra è riprodotta in una sequenza di cinque “fotogrammi”. Facendo ruotare la coppa di può assistere al primo disegno animato noto realizzato dall’umanità: la sequenza mostra la capra che spicca un salto per brucare le foglie più tenere di un albero. È quindi esposto un bronzetto votivo del II millennio a.C., proveniente dal Levante, raffigurante uno zebù. Al di sopra dei due oggetti è sospesa una pelle pezzata di vitello, che evidenzia, al contempo, un tratto somatico acquisito dagli animali con la domesticazione (la pezzatura del mantello), e il ruolo importante delle pelli animali nella storia materiale dell’umanità. Il quarto pannello è infine dedicato alla “multifunzionalità” degli animali domestici, accanto ad un lungo ed articolato elenco dei ruoli degli animali domestici nelle civiltà umane, è riportata una sintetica iconografia, scelta per testimoniarne alcuni secondo una visione storico geografica. Un reperto etnografico proveniente dalla Bolivia, un utensile da telaio in osso di lama, completa l’elenco degli oggetti esposti . Il Museo è aperto la seconda e quarta domenica di ogni mese da marzo a ottobre (ad eccezione di luglio e agosto). Le visite, sempre con la guida di un volontario del Museo, sono abbinate alle altre due realtà museali presenti nel Castello Morando Bolognini: il Museo storico-artistico “Morando Bolognini” e il Museo del Pane. Previo appuntamento, si possono organizzare visite di gruppo anche in altre date. Per ogni informazione si può consultare la pagina del Mulsa oppure scrivere a: info@mulsa.it.
È Professore Ordinario di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree, presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, e Presidente del Museo di Storia dell'Agricoltura (MULSA).
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