Nel gennaio 1985, giusto quarant’anni fa, l’Italia veniva colpita da una storica ondata di freddo accompagnata o seguita da nevicate abbondanti, a tratti eccezionali. Il fenomeno ha interessato gran parte del Paese, determinando effetti pesantissimi sull’agricoltura (si pensi alla mortalità registrata su olivo, vite e orticole o agli estesi danni alla viabilità e ai fabbricati rurali) e su tutti i settori socio-economici del Paese (sanità, energia, industria, trasporti, edilizia, ecc.).
Studiare l’evento critico del gennaio 1985 è importante non solo per motivi storici ma anche per definire strategie in grado di contrastare con successo fenomeni analoghi che si verificheranno in futuro. Il 1985 non è infatti un unicum, tant’è vero che dal 1900 ad oggi abbiamo avuto altri 3 eventi di portata simile, tutti centrati sul mese di febbraio e cioè il 1929, il 1956 e il 2012. In sostanza si registra in media un evento di questa portata ogni trent’anni e in scienza e coscienza non mi sento di affermare che il global warming ci metterà al riparo da eventi analoghi.
Per la sintetica descrizione dell’evento farò ricorso alle carte sinottiche della NOAA (National Autority per l meteorologia e l’oceano degli USA) tratte dal benemerito sito https://psl.noaa.gov/data/histdata/. Per quanto riguarda invece i raffronti storici utilizzerò i dati sulla grande nevicata del 1985 e i raffronti con nevicate precedenti tratti da una interessante pubblicazione del Collegio degli Ingegneri di Milano (1986). A ciò aggiungerò la serie storica della neve caduta annualmente a Milano dal 1990 a oggi, frutto delle misure che personalmente eseguo dal 1990 e per alcune valutazioni di più lungo periodo utilizzerò le misure di neve fresca al suolo del Centro Geofisico Prealpino di Varese. Molto utile è stato il commento scritto un anno fa da Giulio Betti per la rivista Il mulino, da cui ho attinto vari dati che sono stati riportati con l’indicazione della fonte.
L’evento critico del gennaio 1985 – Le cause circolatorie
I vecchi dicevano che le grandi nevicate erano spesso precedute da intensissime brinate che imbiancavano le pianure “chiamando la neve”. Dicendo ciò ci rimandavano al fatto che in Italia le grandi nevicate sono spesso precedute da massicci afflussi di masse d’aria artica dalla Scandinavia e polare continentale dalla Siberia, fenomeno questo che i meteorologi britannici di un tempo chiamavano “monsone invernale europeo”. Per inciso ricordo ai lettori che in Siberia ha sede il “polo del freddo” nel senso che in inverno tale regione ospita la massa d’aria più fredda in assoluto del nostro emisfero. Quando l’aria gelida raggiunge l’Italia attraverso i Balcani ha facile accesso alla valle del Po, grande catino aperto verso Est e dunque sempre pronto ad accoglierla e, inoltre, raggiunge con facilità gran parte dell’Italia peninsulare e la Sardegna, come ben sanno gli agricoltori le cui colture sono state vittime di gelate tardive come quelle del 2016 e 2017.
Una volta arrivata, l’aria di origine polare e artica¹ si raffredda ulteriormente nei bassi strati per i processi di raffreddamento legati al bilancio energetico di superficie. In condizioni di cielo sereno tale bilancio è infatti dominato dai processi dissipativi con emissione di fotoni verso lo spazio che non sono compensati dai bassi livelli di radiazione solare entrante e dal fatto che in presenza di suolo con neve fresca, che ha elevatissimo albedo, la radiazione solare viene in massima parte riflessa verso lo spazio. Di conseguenza le superfici subiscono un potente raffreddamento che si trasferisce ai primi 50-100 metri della massa d’aria sovrastante (inversione termica). A ciò si aggiunga che l’areale soggetto a una grande irruzione fredda come quella del gennaio 1985 si trova ad essere sormontato da un’atmosfera con temperature inferiori allo zero fino ai limiti della troposfera (8000-12000 m di quota) e oltre. In tale situazione i cristalli di ghiaccio che precipitano dalla spessa coltre di strati e nembostrati caratteristica delle perturbazioni atmosferiche invernali non possono fondere per cui raggiungono il suolo in forma di neve.
Figura 1 - Radiosondaggio del 13 gennaio 1985 alle ore 12 a Milano Linate (fonte
università del Wyoming - https://weather.uwyo.edu/upperair/sounding.html). Il profilo verticale della temperatura dell'aria è in blu mentre il
profilo verticale della temperatura di rugiada è in verde e l'isoterma di 0°C è
indicata in rosso. Si noti che l'intera massa
d'aria fra il suolo e 15.000 m di quota presenta temperature
sensibilmente inferiori a 0°C. Inoltre fra il suolo e 150 m di quota la
temperatura aumenta passando da -5 a -3°C (inversione termica).
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Tanto per complicare un poco le cose, aggiungo che le grandi irruzioni di aria artica e polare continentale alle medie latitudini sono di norma associate a un aumento repentino e violento (30-50°C) della temperatura in stratosfera a 20-30 km di altezza (in gergo “sudden stratospheric warming” o “stratwarming”) (UK Metoffice, 2025). Tale fenomeno determina la rottura del vortice polare - grande fiume d’aria che ruota in senso antiorario intorno al polo - scindendolo in più parti². Il collasso del vortice polare in stratosfera si propaga con rapidità verso il suolo e modifica profondamente la circolazione nella troposfera (primi 8-12.000 m di quota)³, favorendo gli scambi di masse d’aria fra alte e medie latitudini.
I meccanismi qui sommariamente delineati hanno agito con rara efficienza e potenza in occasione dell’evento del 1985, che è a mio avviso da considerare come una “tempesta invernale perfetta”.
L’evento del 1985
Nel fine settimana del 22-23 dicembre 1984 correnti fredde di origine balcanica interessano l’Italia portando un sensibile abbassamento delle temperature. Nulla di anomalo: si trattò infatti di una normale irruzione fredda i cui effetti si spinsero fino al 28-29 dicembre con temperature massime che al Nord si mantennero di poco superiori allo zero mentre al Centro nel giorno di Santo Stefano si registrarono -6 °C a Firenze e -2 °C a Roma. In tali condizioni la neve fece la sua comparsa anche a quote piuttosto basse (Betti, 2023).
Lo stratwarming e la conseguente rottura del vortice polare hanno luogo tra il 31 dicembre 1984 e il 2 gennaio 1985. Di conseguenza in Atlantico fra Scozia e Islanda si genera un grande anticiclone di blocco che impedisce alle umide e miti correnti atlantiche (aria polare marittima) di raggiungere l’Europa. Sul fianco orientale di tale anticiclone la circolazione si dispone da Nordest e l’aria fredda artica e polare continentale hanno libero accesso al Centro Europa e al bacino del Mediterraneo. I venti gelidi che investono l’Italia provocano il rapido crollo delle temperature e portano, a più riprese, diffuse nevicate: 20-40 cm a Firenze, 20-30 cm a Bologna, 20-25 cm a Roma, fino a 40-50 cm nell’entroterra collinare sardo; neve anche a Cagliari, Napoli (fino a 20 cm nelle parti più alte della città), Capri e addirittura su parte della costa settentrionale siciliana. Nevicate eccezionali vengono segnalate anche a Barcellona, Nizza, in Marocco e in Algeria (Betti, 2023).
Figura 3 - Vortice polare a 20 hPa (circa 26.000 m di quota) - media dall’1 al 15 gennaio 1985. Si noti l’effetto dell’improvviso riscaldamento stratosferico e della conseguente rottura del vortice polare con genesi di una struttura più complessa. |
Figura 4 - Topografia media del livello di pressione di 850 hPa (circa 1400 m di quota) per il periodo 1-10 gennaio 1985. Le frecce rosse indicano il campo di moto della massa d'aria. |
Nel frattempo, complice la copertura nevosa e le prime schiarite, il gelo si intensifica considerevolmente, soprattutto al Centro Nord: -15 °C a Bolzano, -26 °C nell’alto Mugello, -23 °C a Cortina, -14 °C a Udine, -13 °C a Bologna, -11 °C a Verona, -10 °C a Firenze. Molti fiumi congelano, tra questi l’Arno, il Po e l’Adige, così come i canali di Venezia (Betti, 2023).
Nei giorni successivi, grazie a un temporaneo aumento della pressione, il cielo torna sereno su buona parte d’Italia e il forte irraggiamento notturno porta a temperature minime da brivido in molte località di pianura, facendo tornare alla mente di molti le eccezionali gelate del febbraio 1929 e 1956: Milano -14 °C con una massima, il 10 gennaio, di -6,5 °C, Firenze -23 °C, Brescia -19 °C, Verona -18 °C, Udine -13 °C, Perugia -12 °C, Piacenza -22 °C, Roma -11 °C, Torino -13 °C, Bolzano -17 °C, Vicenza -20 °C (Betti, 2023).
E qui giungiamo all’ultimo atto della vicenda: l’aria fredda che irrompe da Nordest finisce per scavare un profondo minimo depressionario sulla Francia che viene alimentato energeticamente dall’aria umida e mite che domina il Mediterraneo. Tale minimo si sposta poi verso Est interessando dal 13 la nostra area con una copertura da nembostrati frutto di scorrimento sinottico (fronte caldo) e potenziata dall’effetto orografico determinato dall’arco alpino e dagli Appennini. Si spiega così l’inizio delle nevicate, che proseguono fino alla notte fra il 16 e 17 allorché la progressiva erosione a opera della mite aria mediterranea del materasso d’aria fredda che sovrasta l’area interessata dalle nevicate produce la conversione della neve in pioggia.
Ricordo che l’evento nevoso molto intenso ha portato su Milano da 70 a 110 cm di neve fresca, qualificandosi così come la più grande nevicata del XX secolo (Collegio degli Ingegneri di Milano, 1986). Secondo Betti (2023) si hanno anche 50-60 cm a Vicenza, 70-80 cm a Bologna e Biella, 80-90 cm a Brescia, 90-100 cm a Piacenza, 110 cm a Como, 120 cm a Varese e Belluno, 140 cm a Trento. Nelle città, non attrezzate a un simile carico di neve, si registrano alcuni crolli fra cui spicca quello del tetto del Palazzetto dello sport di Milano, edificio che non sarà mai più ricostruito (Arsuffi, 2025).
La neve in pianura - solo un ricordo del passato?
In figura 7 si riporta la neve fresca da me misurata a Milano dal 1990 al 2024 mentre in figura 8 sono riportate le misure di neve eseguite a Varese e Campo dei Fiori dal Centro Geofisico Prealpino di Varese. Si noti anzitutto che non tutti gli anni vedono la presenza di neve a Milano e questa è una caratteristica del nostro clima che non va mai trascurata. Inoltre l’analisi visuale delle due serie varesine mostra con immediatezza la presenza di una discontinuità che cade nel 1987, poco prima della caduta del muro di Berlino. Di lì in avanti l’innevamento è sensibilmente inferiore.
Figura 7 – Neve fresca caduta a Milano dal 1990 al 2024. Misure eseguite dall’autore. |
Figura 8 – Neve fresca caduta a Varese e Campo dei Fiori dal 1968 al 2021. L’analisi visuale evidenzia un minor innevamento a seguito di un breakpoint che si colloca nell’anno 1987. |
Da notare che Il 1987 è un anno peculiare per il clima europeo perché proprio in quell’anno le temperature europee subiscono un brusco aumento di circa 1°C che segue a due decenni di cali e si apre una fase climatica del tutto nuova e con la quale stiamo tutt’oggi confrontandoci. Circa poi il futuro delle nevicate in pianura, l’interpretazione che danno vari colleghi è riassunta nel paragrafo finale del pregevole scritto apparso sul blog di Meteosvizzera (2025) e dedicato alle nevicate del gennaio 1985: “Non si può sapere se e quando si verificherà una nuova grande nevicata. Non si può escludere che un importante evento nevoso si ripeta in futuro ma, per effetto del riscaldamento climatico, è sempre meno probabile che si creino i presupposti per una nevicata come quella del 1985. Dando uno sguardo all’evoluzione della somma annuale del numero di giorni in cui si misura neve fresca, si nota negli ultimi decenni una diminuzione significativa a tutte le quote, quindi anche in pianura. Ciò è dovuto all’aumento delle temperature in atto, che fa sì che le precipitazioni anche in inverno cadono sempre più spesso sotto forma di pioggia.”
Personalmente ritengo che gli elementi che sono alla base di una grande nevicata come quella del 1985 (strutture circolatorie, masse d’aria) siano ancor oggi tutti presenti sulla scena del nostro clima, per cui mi sento di raccomandare di non abbassare la guardia: la Siberia è sempre dietro l’angolo. Devo anche aggiungere che secondo il Servizio meteorologico britannico (UK Metoffice, 2025) il Sudden stratospheric warming può essere oggi previsto con una settimana d anticipo e una volta verificatosi impiega alcune settimane per influenzare il tempo atmosferico al suolo.
Figura 9 – La rilevante anomalia negativa delle temperature minime registrata sull’Italia dal 3 al 12 gennaio 1985. |
Amarcord
Fin qui la sommaria descrizione dell’evento critico del 1985, cui si legano vicende personali che si conservano impresse nella memoria. Io cito la mia e quelle di due amici con cui ho dialogato in questi giorni.
Nel 1985 ero da poco dipendente dell’Ersal (Ente Regionale di Sviluppo Agricolo della Lombardia) che su incarico della Regione Lombardia stava predisponendo il progetto di servizio meteorologico regionale. Il 15 gennaio del 1985 (proprio all'apice della grande nevicata) presentammo al Palazzo Pirelli di Milano, allora sede della Regione, il progetto del servizio meteorologico regionale, struttura che ho poi diretto fino al 2001 e che è tuttora attiva presso ARPA Lombardia. Di quel giorno ricordo la fatica che tutti i convenuti fecero per raggiungere la sede del convegno e la difficoltà riscontrate da noi organizzatori per far pervenire i materiali necessari. Mi piace citare l’episodio anche per ricordare con affetto il mio direttore da anni scomparso (Ervinio Sturani) e i miei collaboratori di quei tempi (Edgardo Tavazza, Piero Scioli, Sergio Borghi, Ignazio Cannizzaro e altri che si aggiunsero in seguito, a rafforzare una struttura che ebbe sempre una forte impronta di operatività).
Racconta l’amico Flavio Barozzi, risicoltore e presidente della Società agraria di Lombardia: “Il mio ricordo da 19enne è quello della misurazione della coltre nevosa, che qui al Molinetto ha raggiunto i 93 cm, e delle difficoltà nella pulizia delle strade. Il tratto di vicinale dalla cascina alla statale l’ho tenuto praticabile io, utilizzando il trattore in retromarcia perché a marcia avanti c'erano slittamenti pericolosi. La Provincia di Pavia era riuscita in qualche modo a mantenere una praticabilità accettabile del suo tratto di competenza mentre la Provincia di Novara non aveva mandato subito mezzi per cui al confine Pavia-Novara c'era un "muro" di neve ghiacciata assolutamente impraticabile. La strada verso Novara diventò percorribile solo intorno al 20 gennaio, quando arrivarono i carri Leopard con apripista inviati dal comando della Centauro".
Racconta ancora l’amico toscano di adozione Francesco Marino, docente di agronomia e animatore di Agrarian Sciences, che “in Toscana i vecchi olivicoltori ricordano molto bene la gelata del 1985: da allora il sistema di allevamento adottato per le piante d' olivo colpiti dalle gelate del 1985 è stato quello a vaso cespugliato " alla Morettini" sistema ideato negli anni ' 50 dal professor Alessandro Morettini, preside di Agraria a Firenze, per ricostruire gli oliveti distrutti dalla precedente gelata del 1956. Questo sistema di allevamento ha modificato e non di poco il paesaggio agrario toscano e questo spinse a organizzare in Toscana il “Campionato Nazionale di Potatura degli alberi d' olivo allevati a vaso cespugliato” (https://www.lanazione.it/empoli/2008/03/14/72276-campionato_italiano.shtml).
¹ Anche se sono spesso usati come sinonimi, in meteorologia l’aggettivo “polare” si riferisce a masse d’aria con sede a latitudini medio alte (50-60°N) mentre l’aggettivo “artico” si riferisce a masse d’aria con sede oltre il circolo polare artico.
² Con tale fenomeno per quel che ad oggi ne sappiamo (molto poco, per il vero) l’Anthopogenic Global Warming non c’entra.
³ La troposfera è sede dei corpi nuvolosi ed è lo strato chiave per determinare il tempo atmosferico al suolo (nubi, pioggia, vento, neve, ecc.).
Bibliografia
Arsuffi R., 2025. Milano Storia – 40 anni fa la nevicata del secolo,
https://blog.urbanfile.org/2025/01/12/milano-storia-40-anni-fa-la-nevicata-del-secolo/
Betti G., 2023. 15 gennaio 1985: la nevicata del secolo, Il mulino, https://www.rivistailmulino.it/a/15-gennaio-1985-br-la-nevicata-del-secolo
Collegio degli Ingegneri di Milano, 1986. Milano - gennaio 1985. Milano. Meteosvizzera blog, 2025. Gennaio 1985 - il ricordo di una nevicata storica, https://www.meteosvizzera.admin.ch/chi-siamo/meteosvizzera-blog/it/2025/01/nevicata-gennaio-1985.html
UK Metoffice, 2025. Sudden Stratospheric Warming, https://www.metoffice.gov.uk/weather/learn-about/weather/types-of-weather/wind/sudden-stratospheric-warming
Luigi Mariani
È Professore Associato di Agronomia e coltivazioni erbacee presso il Dipartimento Dicatam dell'Università degli Studi di Brescia. Direttore del Museo di Storia dell'Agricoltura e Vicepresidente della Società Agraria di Lombardia.
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