domenica 14 luglio 2024

ADATTAMENTO URBANO AL CLIMA CHE CAMBIA

 Un esempio da non seguire

 
di LUIGI MARIANI 
 
 

 

Giusto un anno fa mi trovavo a commentare con amici la tempesta di vento che il 25 luglio 2023 aveva abbattuto moltissimi alberi a Milano: non so dire se sia stata la peggiore tempesta degli ultimi duemila anni, posso solo dire che in effetti si è trattato del vento più forte registrato a Linate dal 1973 e che inoltre in città giocano un grosso ruolo gli effetti di incanalamento, per cui un vento massimo di 90 km/h diventa magari di 120 nei canyon urbani più esposti.
Come chicca aggiungo che leggendo le “cronache varesine” di Giulio Tatto che coprono il periodo 1540-1620 o giù di lì, si trova la descrizione di una tempesta di vento estiva che il 26 agosto 1609 a Milano abbatté una quantità enorme di alberi - in calce trovate la citazione esatta (*) - a riprova del fatto che i temporali, oltre al foehn, sono un pericolo costante per le alberature urbane della città di Milano, pericolo che si trasforma in rischio se le alberature stesse sono rese vulnerabili dall’incuria nella gestione.
A fronte di ciò la logica del buon padre di famiglia richiederebbe di fare quelli che tecnicamente si chiamano tagli di ritorno (**) e cioè di ridurre in altezza, per abbassarne il baricentro, di alberi esageratamente alti e che per di più godono di pochissima terra, per cui l’effetto di ancoraggio delle radici è oltremodo precario. Peraltro si tratta di alberi che avendo poche radici (e quelle poche rese malandate per attacchi da funghi patogeni come l’armillaria) rischiano di cadere a ogni episodio di foehn alpino (e di foehn a Milano ne abbiamo per 24 giorni l'anno) o a ogni temporale estivo (e in estate una giornata su tre è a rischio temporali), e c’è solo da augurarsi che a fronte di una tale realtà non ci scappi prima o poi il morto.

Ora se si gira per Milano ci si accorge che:

  • dopo la tempesta di vento del 2023 non c'è stato alcun taglio di ritorno e gli alberi potati l’inverno scorso svettano più alti dello scorso anno 
  • le piantumazioni fatte sul tracciato della nuova linea metropolitana hanno previsto vasche di dimensioni mignon (25-30 cm di terra di coltivo poste sopra al “magrone”) e che in queste vasche sono stati posti a dimora dei poveri alberi (figura 1), il che dimostra ancora una volta che l’albero per l’amministrazione comunale non è un essere vivente ma un complemento d’arredo 

Figura 1 – Vasche per alberature stradali sul tracciato della nuova linea metropolitana (Via Vincenzo Foppa, 3 aprile 2024).


  • qualche illuminato amministratore ha deciso che l’erba nei parchi pubblici non dev’essere tagliata perché è tutta biodiversità…., per la gioia dei nostri cani e dei nostri concittadini, visto che fra l’erba si annida di tutto, dalle zecche alle bottiglie rotte dai vandali che imperversano in città (ma anche questa per l’amministrazione è biodiversità da tutelare) 
  • la rinuncia all'uso dei diserbanti in città ha reso i nostri giardini qualcosa di rivoltante per chiunque abbia senso estetico e amore per il verde (figure 2 e 3).

Figura 2 – Lo stato dei giardini pubblici di Piazzale Vesuvio, nel centro di Milano (6 luglio 2024).




Figura 3 – Lo stato dei giardini pubblici di via Vepra, in pieno centro a Milano, fra aiuole trascurate, muri imbrattati e alberature in cui gli alberi morti non sono mai stati sostituiti (25 gennaio 2024).



In compenso il municipio ha istituito un comitato per la gestione della crisi climatica, il che per noi cittadini è di enorme conforto perché ci sentiamo tutti più protetti. 
Qual morale trarre da tutto ciò? Che alla grassa borghesia milanese non interessa per nulla l’adattamento al clima che cambia; molto meglio la demagogia gretina della “crisi climatica”, tanto in vacanza al mare o ai monti ci si va comunque, magari con il jet privato. E si che basterebbe prendere spunto da città vicine (e qui penso a Brescia di cui ho conoscenza diretta) che in fatto di gestione razionale del verde sono a mio avviso un esempio positivo e meritevole di essere seguito… ma per prendere spunto da esempi in casa altrui bisogna essere umili, cosa che il milanese per tradizione non è, tant’è vero che alla gente del contado è noto come “bauscia”.

Concludo segnalando che il verde urbano trascurato, oltre a costituire un pessimo biglietto da visita per una città moderna e a peggiorare lo stato d’animo della popolazione, vanifica opportunità di lavoro creativo per molte figure professionali (agronomi, geometri, periti agrari, ecc. ecc.) il che costituisce un ulteriore danno per l’intera collettività.


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(*) Dalle cronache varesine di Giulio Tatto - 27 agosto 1609 – la giornata è stata tale che non posso non tacerla, hebbe essa inizio alle sette hore di notte et alle nove sequì con estravaganza, venne con lampi tuoni e saette e sì gran furia dei venti che pareva s’udissero i strepitti del teremotto […] Nella città di Milano fu tale che diede un guasto irrimediabile, estirpando particolarmente infinite moltitudine di piante cosa che indusse non minore meraviglia che spavento et timore universale

(**) più saggio ancora che far tagli di ritorno sarebbe a mio avviso sostituire le alberature urbane troppo alte e/o con troppo poca terra o ancora affette da malattie con specie più piccole (alberi di seconda e terza grandezza) o con cespugli. Vallo però a spiegare ai milanesi, che si incatenano agli alberi per impedirne l’abbattimento (non per niente il termine “pirla” nasce qui e non in Sicilia…). In ogni caso penso che un’amministrazione seria dovrebbe avere il coraggio di operare scelte razionali e di spiegare le stesse ai propri amministrati.



Luigi Mariani
E' professore associato di Agronomia all’Università degli Studi di Brescia ove insegna Agronomia generale, Coltivazioni erbacee e Storia dell’Agricoltura. Vicepresidente della Società Agraria di Lombardia è Direttore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura presso il quale dirige la sezione di Paleoclimatologia, impegnata in ricerche sulle relazioni fra clima e evoluzione dell’agricoltura. Per nove anni presidente dell'Associazione Italiana di Agrometeorologia, dal 2010 al 2018 è stato membro del RA VI - Task Team Agrometeorology della World Meteorological Organization. Membro ordinario dell'Accademia della vite e del vino e membro corrispondente dell'Accademia dei Georgofili, ha al proprio attivo oltre 500 pubblicazioni scientifiche e divulgative, di cui 86 su riviste peer review con un h index di 18.


4 commenti:

  1. HA PERFETTAMENTE RAGIONE

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  2. Analisi valida anche per tante altre città italiane!!!! Ma ormai c'è il cambiamento climatico a giustificare le tante scelte scellerate......

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  3. Osservazioni generiche ,animate da un pregiudizio politico fuori luogo.

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  4. La gestione del verde in ambiente urbano è sicuramente materia complessa, che richiede professionalità e risorse. A Milano e in molte altre città i bravi professionisti ci sono, le risorse per molti altri fini si trovano (ad es. per i più svariati comitati): ciò che manca quasi sempre è la razionalità e perfino il più elementare buon senso.

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