di ALESSANDRO CANTARELLI
"Foto generata con IA " - Agrarian Sciences |
Agrarian Sciences aveva dato risalto delle iniziative inerenti l’appuntamento del Fascination of Plants Day 2022, la giornata internazionale del fascino delle piante , manifestazione internazionale di chi studia e ama le piante promossa dalla Epso, la European Plant Science Organization.
Anche quest’anno il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), ne celebra la settima edizione che si terrà giovedì 23 maggio 2024, preceduta sempre all’interno della stessa rassegna, dalla giornata dedicata alla fotosintesi clorofilliana presso il Museo di Storia dell’agricoltura di S. Angelo Lodigiano, venerdì 17 maggio (per la quale Agrarian Sciences ne ha riportato il programma).
Un’occasione davvero unica nel suo genere, dove viene data la possibilità al pubblico di visitare tutti i Centri di ricerca aderenti all'iniziativa, dove lavorano gli scienziati che si impegnano nella ricerca di varietà migliorate, così utili ad agricoltori e trasformatori per potere soddisfare la richiesta del “pane quotidiano” da parte della collettività.
Il Centro per la Genomica e la Bioinformatica di Fiorenzuola d’Arda è uno dei Centri aderenti e chi scrive aveva partecipato attivamente alla giornata 2022, apprezzandone la profondità dei contenuti e l’ottima organizzazione.
(Immagini del Fascination
of Plant Day, edizione 2022. A
sinistra, in primo piano i semi di orzo distico delle varietà Lucrezia e Pariglia, create rispettivamente nel 2021 e 2007 dal Centro
Genomica e Bioinformatica del CREA di Fiorenzuola d’Arda in mostra al pubblico.
Oltre che per la produzione di birra e whisky, l’orzo viene richiesto in questi
ultimi anni per la produzione di alimenti funzionali e scopo della ricerca
agraria, è da sempre anche quello di fornire le varietà più adatte per
soddisfare le esigenze delle industrie trasformatrici, attraverso l’impiego
delle tecnologie più avanzate (Foto Cantarelli). Nell’immagine di destra, particolare delle
parcelle sperimentali del CREA Genomica e Bioinformatica di Fiorenzuola D’Arda,
dove è stata ottenuta la varietà Atlante, un orzo ultra precoce
diventato leader nel mercato dei prodotti da biomassa (immagine da: https://creafuturo.crea.gov.it/).
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L’agricoltura attuale si trova infatti a dovere operare in un contesto di crisi climatica che incide più o meno pesantemente, a seconda delle annate e dei luoghi considerati, sulla produttività delle piante agrarie. Ad aggravare il quadro delineato, si aggiungono anche l’instabilità politica in diverse aree del pianeta e la presenza di un crescente numero di conflitti armati, che nell'insieme rendono sempre più pressante il tema della sicurezza negli approvvigionamenti alimentari.
In questo contesto attuale, l’Italia dipende -purtroppo -non da oggi-, sempre più dalle importazioni in termini di approvvigionamenti delle materie prime: (dati Ismea). Sono dati inequivocabili che segnano un arretramento del settore primario nazionale e sui quali varrebbe la pena di riflettere.
Non va sottaciuto, inoltre, il quadro legislativo nazionale ed europeo il quale, almeno negli ultimi venti anni, non ha sempre favorito il progresso scientifico in agricoltura, come testimoniano i numerosi articoli di più autori ospitati in questi anni su queste stesse pagine.Valgano infatti come esempi l’annosa questione, mai risolta, degli organismi geneticamente modificati (o.g.m.), così come quello delle prospettive offerte dalle Tecnologie di Evoluzione Assistita (T.E.A.), quali cisgenesi e genome editing, anche se per queste ultime sembrerebbe si stiano aprendo –il condizionale è d’obbligo, positivi segnali di apertura.
Come il lettore potrà facilmente intuire, è pertanto essenziale continuare a garantire all’agricoltura tutti quegli strumenti che derivano della continua ricerca scientifica e tecnologica, adeguati a fronteggiare le sfide prossimo future. Il Centro di Ricerca per la Genomica e Bioinformatica di Fiorenzuola d’Arda in provincia di Piacenza, da sempre all’avanguardia sul fronte dell’innovazione in agricoltura, anche nel corso dell’ultimo F.P.D. ha permesso agli agricoltori, alle scuole e a tutti i cittadini a vario titolo interessati, di “avvicinarsi” direttamente alla scienza agraria e subirne -grazie alla efficacia persuasiva dei ricercatori che accompagnavano i presenti, attraverso i diversi percorsi allestiti–, come recitava l’azzeccato titolo della rassegna l’indiscusso fascino.
Il ricco programma era articolato in diverse tappe, con i ricercatori del Centro che accoglievano i visitatori sia all'interno dei laboratori e delle serre, che all’esterno nella visita alle parcelle sperimentali coltivate a cereali: una vera e propria full immersion nell’introverso mondo della ricerca agraria più avanzata.
Nella prima tappa del percorso, il direttore Luigi Cattivelli mostrava una capiente borsa della spesa (del supermercato), per invitare il pubblico presente a estrarre di volta in volta i prodotti alimentari che vi erano contenuti.
Il concetto di base è che in agricoltura nessun prodotto è “naturale” e che in tema di alimenti e prodotti derivati, la cosidetta “tradizione” è una invenzione o semplicemente un trucco del marketing.
Il marketing tende a farci credere che i prodotti attuali siano come quelli del passato, ma non è affatto così.
Prima estrazione: un campione di mele e di angurie (eravamo oltre la metà di maggio, n.d.r.), in formato “mini”: questi ultimi peponidi (il termine botanico per indicare questo tipo di frutto, n.d.a.), sono una “invenzione” del miglioramento genetico di una ventina anni fa, al preciso scopo di fornire una pratica risposta alle nuove unità familiari, formate in diversi casi da singole unità. Infatti prima le miniangurie non esistevano e gli stessi nuclei familiari essendo più numerosi, apprezzavano maggiormente le angurie di taglio tradizionale pesanti anche 10-12 kg.
E le mele? Il direttore mostrava alcuni dei frutti estratti appartenenti varietà Red Delicious e Golden Delicious, specificando che effettivamente in questo caso esse risultavano tra le varietà commerciali di più antica datazione: 1861 la data di costituzione della Red e 1891 per la Golden.
Tuttavia la maggior parte delle varietà di mela che attualmente godono del maggior apprezzamento da parte del consumatore sono di più recente costituzione; solo per fare alcuni esempi la varietà Pink Lady risale alla fine degli anni settanta del secolo scorso, mentre l’Ambrosia alla fine degli anni novanta.
Tutte varietà queste ultime, caratterizzate dall’avere la polpa croccante (dovuta alle cellule di dimensioni maggiori, ricche di succhi), in confronto alle varietà più datate (le cosidette “mele antiche”), dalla polpa farinosa che però si inscuriva prima.
Seconda estrazione: una confezione di riso “Carnaroli”. La varietà Carnaroli è infatti una varietà storica iscritta nel registro nazionale nel 1946, ma il consumatore medio forse non sa che in quella confezione vi è appunto un riso del tipo Carnaroli, uguale alla famosa varietà da risotti dal punto di vista merceologico, ma con questo della originale varietà storica non ve ne è un solo chicco!
Successive estrazioni avevano riguardato un pacchetto di farina “Manitoba” (che si è iniziata a diffondere a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, in concomitanza alla diffusione del lievito di birra di produzione industriale, in sostituzione di quello madre e per il quale occorrevano grani con determinate caratteristiche di elasticità e tenacità , anche in questo caso non il nome di una singola varietà, bensì quello di una regione del Canada dalla quale provenivano le miscele dei grani cosiddetti “di forza”.
Quindi la polpa di pomodoro di una nota industria conserviera nazionale; l’introduzione grazie al lavoro di miglioramento genetico di caratteristiche quali ad es. il carattere jointless (=il picciolo che si stacca dalla bacca), la resistenza della buccia alla raccolta meccanica, così come la contemporaneità di maturazione, hanno da un lato hanno permesso la meccanizzazione della coltura del pomodoro (che fino all’inizio degli anni novanta del secolo scorso, è bene ricordarlo, si raccoglieva ancora a mano!), dall’altro hanno permesso la diffusione di prodotti di qualità ma a partire da una materia prima, le varietà di pomodoro impiegate, ben diverse da quelle che potevano essere le varietà impiegate solo negli sessanta e settanta del secolo scorso.
Partyecipando al Fascination of Plant Day 2024, si potranno apprendere i “trucchi” del marketing riguardanti altri prodotti estratti dalla borsa della spesa. Si citano come esempi e per stimolare la curiosità del lettore, la pasta “tradizionale” di Napoli fatta con grano al 100% di una varietà, dichiarata in etichetta, che poi si scopre l’avere in realtà circa dodici anni dalla sua costituzione: altro che tradizione, la varietà è (buona) ma modernissima!
Oppure l’uva apirena (=senza semi) che si trova in commercio, si scopre essere una “invenzione” israeliana degli anni ottanta del secolo scorso.
E gli spaghetti “Hammurabi” sono davvero fatti con una varietà antichissima di farro monococco oppure con una varietà moderna?
Così per i pomodori “di Pachino”, il riso “nero” (ma è davvero il tradizionale riso proveniente dall’estremo Oriente?) così come per altre domande per le quali si instilla il dubbio senza fornire volutamente una risposta, l’invito è quello di assistere direttamente in loco alle prossime interessanti estrazioni del prossimo 23 maggio.
Molto interessante anche lo stand dedicato a “il lato oscuro delle piante”, ovvero l’importanza del miglioramento genetico applicato al sistema radicale (per l’appunto “oscuro”, in quanto non si vede), al preciso scopo di selezionare le varietà di cereale più adatte ai diversi ambienti.
I ricercatori spiegavano che la domanda da porsi in primo luogo, consista in quale modo lo sviluppo radicale –a parità di specie e varietà-, possa risultare condizionato da un determinato contesto climatico.
Selezionando infatti le piante adatte maggiormente (grazie al loro apparato radicale), a parità di specie, a un determinato ambiente preso a riferimento, si persegue l’obiettivo della sostenibilità delle produzioni.
(Per studiarele varietà maggiormente adatte ad un determinato contesto climatico, si osserva il diverso angolo di radicazione nei
due rizotroni. Si noti la differenza nel grano tenero germinato, tra il seme di
una varietà irachena, ad angolo più acuto (a sinistra), con una varietà danese,
ad angolo più espanso (a destra): l’angolo più stretto consente una maggiore
profondità radicale, carattere fondamentale nei climi aridi. Assieme ad altre
caratteristiche quali il diametro della radice, il numero di radici seminali,
la densità dei peli radicali, la lunghezza degli ecc., essi costituiscono
fattori di estrema importanza per il genetista agrario, impegnato
nell’identificazione dei geni che ne determinano il fenotipo, al fine di
utilizzarli per il miglioramento varietale. Foto Cantarelli).
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A parità di lunghezza delle radici tra due varietà di grano diverse, un angolo di radicazione più stretto è funzionale ad una profondità radicale maggiore: tale caratteristica risulta essere confacente ad ambienti più siccitosi, rispetto la varietà con angolo di radicazione più largo (vedere immagine).
L’importanza della ricerca genetica è quindi fondamentale e su questo specifico lavoro afferente le radici delle piante, è stato mostrato l’utilizzo dei marcatori molecolari che risulta essere di grande aiuto nel lavoro di selezione dei caratteri desiderati.
É stato spiegato agli astanti che con il trend climatico attuale caratterizzato da temperature medie in crescita, le varietà di cereali attualmente coltivate nei nostri ambienti, tra solo poco più di un lustro rischieranno fortemente di non essere le più adatte per fornire adeguate performance produttive e qualitative. Inoltre il terreno agrario nel quale germineranno e cresceranno i futuri cereali, sarà sempre più duro a causa sia dell’elevata evaporazione, sia del calpestamento dovuto al transito delle macchine (problematica che sarà tanto più sentita nei terreni tenaci).
Il mondo della ricerca, non sempre aiutato da una legislazione italiana ed europea a favore dell’innovazione nella ricerca in agricoltura, alla luce dei suddetti aspetti si trova obtorto collo ad essere fortemente incalzato dal mondo agricolo e dal settore sementiero ad agire molto in fretta, per non rischiare di trovarsi disarmati di fronte alle sfide climatiche prossimo-future.
Presso il Centro di ricerca del CREA di Fiorenzuola d’Arda (ex sezione piacentina dell’Istituto sperimentale per la Cerealicoltura), in una giornata così particolare, non poteva ovviamente mancare il riferimento alla coltura dell’orzo da malto, la coltura simbolo di questo importante Centro di ricerca e sperimentazione.
All’interno dei laboratori, i presenti apprendevano dai ricercatori (anche attraverso l’utilizzo di poster illustrativi), come avviene il processo di produzione del malto d’orzo (erano mostrati dei campioni di malto ma anche di luppolo coltivato), ma anche quello della produzione della birra, per la quale il malto è per l’appunto la materia prima (con il luppolo quale aromatizzante). I ricercatori si erano soffermati in particolare oltre che sulla tecnologia produttiva, anche sui processi biochimici a carico dell’amido contenuto nel chicco d’orzo ed è stato spiegata la difficoltà nell'ottenimento di varietà adatte alla produzione del malto.
A questo fine, presso il Centro di Fiorenzuola d’Arda sono state ottenute le varietà Pariglia (2007) Lucrezia (2021).
Alla fine della filiera produttiva, il consumatore risulta essere nella condizione di potere scegliere tra diverse tipologie di birra, così come tra diverse tipologie di whisky: il malto d’orzo e la birra (che verrà successivamente distillata), costituiscono le materie prime per le rispettive preparazioni.
(Dicembre 2023. Nella foto di
sinistra, piantine di orzo allevate in vaso poste sui lisimetri presso le serre
del Centro, per prove sperimentali inerenti la resistenza di Hordeum vulgare (orzo) a periodi
prolungati di siccità. Gli effetti del clima mutevole (global change) sulla produttività delle colture agrarie, costituiscono
motivo di grande preoccupazione per la stessa F.A.O., che nei suoi reports raccomanda di raddoppiare le produzioni attuali arrivare
al 2050. Non solo: le varietà che potevano andare bene nei nostri ambienti ad
es. 10 anni fa, a causa di inverni e primavere tendenzialmente più calde,
rischiano di non esserlo più nell’immediato futuro. La Stazione piacentina
collabora a questo scopo da anni con Università e
Centri di Ricerca anche all’interno di Consorzi internazionali.
Nella foto di destra, piantine di orzo in camera di crescita al fine di
accelerarne il ciclo biologico, per potere effettuare i rilievi necessari al
lavoro di ricerca con una tempistica accelerata rispetto il pieno campo. Foto Cantarelli).
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Molto interessante (e divertente, oltre che originale), la rappresentazione a guisa di interviste tra ricercatori che, sottoforma di divertenti gags quanto rigorose dal lato della corretta divulgazione scientifica, catturavano abilmente l’attenzione dei presenti su quelle che sono state le diverse innovazioni che si sono avute negli ultimi 50 anni, in tema di miglioramento genetico.
Attraverso una simpatica parodia delle “paure” che negli ultimi lustri hanno trovato spazio particolarmente nell’informazione generalista (in principio la TV, poi la rete e quindi i social media), per quanto attiene le tematiche afferenti il miglioramento genetico in agricoltura gli scienziati hanno, al contrario, illustrato in maniera chiara e semplice l’evoluzione della scienza genetica dall’ultimo dopoguerra ad oggi.
Evoluzione che è stata accelerata anche dai brillanti successi e dagli entusiasmi ingenerati a seguito dei positivi risultati produttivi sulle piantine di cereali, grazie alle mutazioni intervenute nel DNA attraverso l’impiego delle radiazioni ionizzanti: esattamente come è stato fatto fino agli anni settanta del secolo scorso nei laboratori del Cnen-Enea della Casaccia a Roma. Il grano duro Creso (varietà utilizzata anche in agricoltura biologica) ne rappresenta l’esempio più noto in Italia, in quanto è stato largamente impiegato per la produzione della semola dall’industria molitoria nazionale; ma i ricercatori riportavano anche l’altro esempio inerente le sperimentazioni effettuate sul Kiwi per cercare di ottenere piante resistenti a determinati patogeni.
L’impiego dell’energia nucleare per scopi pacifici, oltre a essere un tipo di tecnica nuovo per l’epoca, era però un’applicazione di tipo massivo nella quale si “sparava” (le radiazioni) nel “mucchio” (costituito da una popolazione di semi o pianticelle appartenente determinata varietà vegetale), con l’intento di selezionare la pianta mutata che avesse eventualmente presentato le caratteristiche ricercate.
Il miglioramento delle piante coltivate parte comunque dalla ricerca delle caratteristiche migliorative, per la costituzione di nuova varietà all’interno della specie di interesse, attraverso la ricerca di quelle caratteristiche fenotipiche di interesse, grazie a quelle porzioni di DNA denominate geni.
Si spiega a questo punto l’enorme lavoro di ricerca che i breeders hanno fatto (e continuano a fare), per riuscire a trovare all’interno della moltitudine di varietà e specie presenti a livello mondiale, proprio quelle piante -siamo a Fiorenzuola D’Arda e viene subito di pensare all’orzo -, magari non interessanti dal punto di vista commerciale, ma tuttavia aventi determinate caratteristiche che possano essere di interesse per il genetista (es. la resistenza alla siccità o alla salinità del suolo). In pratica la dimostrazione del concetto di biodiversità genetica e non a caso, proprio in questo centro del CREA è presente una ricca collezione di germoplasma di cereali, in particolare orzo.
Sono stati quindi affrontati le differenze esistenti tra cultivars, landraces (popolazioni appartenenti ad una determinata specie selezionate nel tempo in circoscritti ambienti naturali, pertanto autoctone) e wild (il parente selvatico, in riferimento ad una determinata specie coltivata).
È anche stata l’occasione per ripercorrere il lavoro dell’agronomo Norman Borlaug (considerato il padre della Rivoluzione Verde, premio Nobel ), colui che grazie ai nuovi ceppi di grano creati da lui e dai suoi collaboratori al CIMMYT (Messico), ha permesso ad interi paesi di diventare da importatori a esportatori netti di cereali. Nel porre le basi per il benessere della sicurezza alimentare, lo scienziato statunitense e il suo staff sono riusciti nel generoso intento di garantire, dal dopoguerra a oggi, decenni di prosperità e pace: la dimostrazione di come il gene RhB1b abbia cambiato (in meglio) l’avvenire dell’umanità.
Un’ulteriore tappa evolutiva nel capitolo del miglioramento genetico delle piante coltivate veniva spiegato dai ricercatori, è stata indubbiamente rappresentata dall’avvento, a partire dalla fine del secolo XX°, degli organismi geneticamente modificati (o.g.m.), a loro volta di prima e seconda generazione, non è stata tralasciata ai presenti la tecnica della cisgenesi. Così come un’ulteriore frontiera evolutiva è stata raggiunta grazie alla forte implementazione delle tecnologie afferenti le next generation sequencing e next generation breeding, che hanno condotto alla possibilità di modificare sequenze genetiche in maniera estremamente mirata, attraverso la tecnica del genome editing (scoperta recente se si considera che si è concretizzata solo del 2012; scoperta che ha consentito il premio Nobel per la chimica alle due scienziate Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna).
Accompagnati dai ricercatori, presso i laboratori del Centro per la Genomica e la Bioinformatica di Fiorenzuola, si possono anche vedere le più moderne tecnologie impiegate per il sequenziamento del DNA dei campioni analizzati all’interno delle prove sperimentali.
Non potevano ovviamente mancare le vivaci prese di posizione da parte soprattutto del mondo politico e delle lobby green, a seguito delle quali sono scaturiti i provvedimenti legislativi che hanno tentato di limitare l’utilizzo di queste ultime tecnologie -nel maggio 2022 infatti, la Commissione europea equiparava gli o.g.m. alle nuove Tecniche di Evoluzione Assistita (T.E.A.).
In occasione dell’ edizione 2024 del F.P.D., il pubblico interessato sarà ulteriormente edotto oltre che su questi importanti avanzamenti scientifici (che assurgeranno ad un ruolo sempre più importante se non centrale, nell’immediato futuro, per potere continuare ad assicurare cibo a tutti), anche sui più recenti provvedimenti legislativi.
Molto interessante anche lo stand dedicato alla scoperta delle potenzialità offerte dalla coltura della canapa (si consideri che in Italia prima dell’ultimo conflitto mondiale si coltivavano annualmente circa 100.000 ettari, per arrivare ai circa 600 ettari attuali), anche attraverso una ricca quanto interessante mostra dei prodotti ottenuti dalla Cannabis sativa. Siamo al CREA e pertanto l’obiettivo è quello di creare varietà migliorate allo scopo di ottenere prodotti migliorati quali (considerando i semi): olio alimentare, alimenti nutraceutici, principi cosmetici, additivi per mangimi.
Dalle foglie invece si possono ottenere principi farmaceutici (tra questi i cannabinoidi), oli essenziali, fitofarmaci.
Dal fusto invece fibra (da impiegare pura oppure in miscela con altre fibre), ma anche steli. La fibra può essere impiegata in diverse modalità. Si consideri che questo è solo un elenco parziale degli svariati prodotti ottenibili.Questa coltura tipicamente da rinnovo, ha rappresentato per decenni il simbolo dell’agricoltura della regione Emilia Romagna (come descriveva con perizia il prof. Francesco Crescini nei suoi testi agronomici); con il superamento (almeno in parte) delle problematiche che ne avevano determinato il declino, la canapa potrebbe tornare ad offrire una interessante opportunità per gli agricoltori, sia in termini di reddito sia in termini di ottemperanza all’ordinamento colturale previsto dai requisiti della P.A.C. Non a caso questa ricerca è stata finanziata con il contributo della Regione Emilia-Romagna (progetto CATERPILLAR).
A ulteriore riprova come nella pratica agricola corrente, la scienza, la ricerca e la pratica di coltivazione risultino sempre interconnesse, come non mancava mai di ribadire in occasioni come queste l’indimenticato prof. Antonio Michele Stanca , che di questo prestigioso Centro di ricerca ne era stato per tanti anni direttore.
Per gli studiosi, gli studenti così come a tutte le persone interessate, la giornata del Fascination of Plants Day rappresenterà un’occasione insostituibile di aggiornamento direttamente in campo e allo stesso tempo, un’impareggiabile occasione di confronto con gli scienziati che operano quotidianamente per migliorare quelle piante coltivate che garantiranno proprio quella sicurezza alimentare necessaria al mantenimento della pace e del benessere tra le nazioni.
Pur tra mille difficoltà legate alla scarsità dei finanziamenti destinati alla ricerca e una legislazione non sempre aggiornata alle sfide dei tempi, così come un’informazione generalista spesso orientata a dipingere mostri inesistenti, potendo contare sull’ignoranza e sul ricorso al sensazionalismo
Nel caldeggiare l’invito a recarsi di persona a visitare il Centro in occasione del F.P.D., per motivi organizzativi si rammenta la necessità di prenotarsi ENTRO IL 30 Aprile 2024 scrivendo a : fascinationgb@gmail.com
Approfondimenti utili in preparazione del Fascination of Plants Day:
Bressanini D., La verità su ciò che mangiamo. Pane e bugie. I pregiudizi, gli interessi i miti e le paure. Chiarelettere, Milano, 2015 (VIIaediz.), pagg. 265-288.
Bressanini D. Per una spesa più consapevole. Le bugie nel carrello. Le leggende e i trucchi del marketing sul cibo che compriamo. Chiarelettere, Milano, 2016 (IXa ediz.).
Cattivelli L. Pane Nostro. Grani antichi, farine e altre bugie. Il Mulino, Bologna, 2023.
Galbiati M., Gentile A., La Malfa S., Tonelli C. (a cura di). Biotecnologie sostenibili. Scienza e innovazione in agricoltura per affrontare le sfide della sicurezza alimentare e della sostenibilità ambientale. Edagricole, Bologna, 2017.
Meldolesi A. E l’uomo creò l’uomo. CRISP e la rivoluzione dell’editing genomico. Nuova edizione ampliata. Bollati Boringhieri, Torino, 2021.
Saltini A. Storia delle Scienze Agrarie (VII° vol.). Edizioni Nuova Terra Antica, Firenze, 2013.
Saltini A. Agrarian Sciences in the West (translated by J.J. Scott). Volume seven. Edizioni Nuova Terra Antica, Firenze, 2015.
Sonnino A. La sporta consapevole. Riconoscere la qualità degli alimenti. Al di là dei miti. Tab edizioni, Roma, 2023.
Alessandro Cantarelli
Laureato in Scienze Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Piacenza, con tesi in patologia vegetale. Dal febbraio 2005 lavora presso il Servizio Territoriale Agricoltura Caccia e Pesca di Parma (STACP), della Regione Emilia Romagna (ex Servizio Provinciale), dapprima come collaboratore esterno, successivamente come dipendente. E’ stato dipendente presso la Confederazione Italiana Agricoltori di Parma. Ha svolto diverse collaborazioni, in veste di tecnico, per alcuni Enti, Associazioni e nel ruolo di docente per
Laureato in Scienze Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Piacenza, con tesi in patologia vegetale. Dal febbraio 2005 lavora presso il Servizio Territoriale Agricoltura Caccia e Pesca di Parma (STACP), della Regione Emilia Romagna (ex Servizio Provinciale), dapprima come collaboratore esterno, successivamente come dipendente. E’ stato dipendente presso la Confederazione Italiana Agricoltori di Parma. Ha svolto diverse collaborazioni, in veste di tecnico, per alcuni Enti, Associazioni e nel ruolo di docente per
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