L’agitazione che travaglia il mondo produttivo agricolo italiano ed europeo impone alcune riflessioni, tanto più doverose per una istituzione culturale ed accademica come la nostra. Aderendo ad un invito dell’amico Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto “Bruno Leoni” -che giustamente ricorda come ad accademie e centri studio compete il dovere di cercare di mettere al centro del dibattito politico temi concreti e progettualità realistiche, da cui la propaganda partitica spesso rifugge per inseguire slogan tanto facili quanto vuoti- abbiamo cercato di fare un poco di chiarezza su una situazione molto complessa nel webinar che si è tenuto 12 febbraio scorso.
Non abbiamo la pretesa di essere riusciti nell'intento, anche perché alla “protesta dei trattori” è sotteso un quadro molto stratificato, in cui è facile perdere di vista le questioni di fondo per focalizzarsi su dettagli marginali. A qualcuno può anzi risultare conveniente cercare di attirare l’attenzione su dettagli marginali, per distoglierla da quello che è il vero problema, che pure dovrebbe emergere con chiarezza agli occhi dell’osservatore indipendente ed imparziale.
In tutta l’Unione Europea esiste una grave “questione agricola” che -come tutte le “questioni” epocali- pone problemi di ordine economico, politico, sociale, civile, ambientale e financo culturale e morale di estrema complessità. Essa si può riassumere nello smantellamento di un intero sistema produttivo (e quindi economico e sociale) che alcuni decisori politici vorrebbero imporre in nome di un “malinteso ambientalismo”, cui non sono forse estranei elementi ideologici e convenienze di parte.
Ma la “questione agricola” non si limita a questo aspetto.
Nella variegata molteplicità delle doglianze degli agricoltori europei (che pure può ingenerare confusione e fuorviante speculazione) emerge con chiarezza e regolare costanza un filo conduttore comune: la richiesta di rispetto per chi in agricoltura lavora, investe, rischia e produce.
Duole constatare come ad una rivendicazione così profondamente “civile” (nel senso più alto ed ampio del termine) siano corrisposte espressioni sprezzanti nella forma e persino agghiaccianti nel significato, come quel “nuovi kulaki” utilizzato da qualche sedicente “tuttologo” che certo nulla capisce di agricoltura, e probabilmente anche di lavoro.
In effetti la “questione agricola” potrebbe essere solo un aspetto di una più ampia “questione” che attanaglia una Unione Europea in evidente crisi. Essa sembra derivare da quella “presunzione fatale” (dal titolo di un magistrale saggio di Friedrich von Hayek sugli errori del socialismo) per cui alcuni regimi ed alcune parti politiche vorrebbero imporre dall’alto strumenti e percorsi forzati con cui ridisegnare la società per propri fini, talvolta non del tutto “nobili” come li si vorrebbe far apparire. Tutto ciò senza badare troppo alla storia ed alla realtà che hanno determinato la formazione di quel tessuto sociale, economico, istituzionale e persino ambientale, e che ne costituiscono gli imprescindibili fondamenti esistenziali.
Forte della “socratica ignoranza” di cui siamo consapevoli (e che rivendichiamo con una punta di orgoglio, in mezzo a tanti che credono di sapere tutto e parlano a sproposito soprattutto sui temi agricoli) la nostra Società Agraria sarà fedele -nell’ambito delle iniziative accademiche e culturali coordinate dall’UNASA- alla sua missione di ricerca e di studio fondata sul metodo scientifico, oltre che di apertura al libero confronto delle idee e delle proposte concrete per il progresso dell’agricoltura e delle scienze ad essa attinenti, che costituiscono patrimonio ed interesse generale.
La lectio magistralis che l’amico e maestro prof. Dario Casati ha pronunciato il 15 febbraio 2024 in apertura del 163° Anno Accademico della Società Agraria di Lombardia costituisce in tal senso un fondamentale punto di riferimento per cercare di far capire che un “dirigismo malsano” conduce al sottosviluppo agricolo, economico e sociale, oltre che al degrado del territorio e dell’ambiente.
Per questo, nella confusione che qualcuno vorrebbe alimentare, nel bailamme di aggettivazioni più o meno sensate intorno al sostantivo “agricoltura”, il compito delle nostre istituzioni accademiche e culturali resta quello di difendere l’agricoltura produttiva, quella vera, libera ed efficiente, non quella “da cartone animato” con cui forse si fa propaganda ma…non si mangia.
Articolo uscito in origine sul portale Fidaf.
E' Presidente della Società Agraria di Lombardia, Accademico aggregato dei Georgofili e dott. Agronomo.
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