lunedì 2 ottobre 2023

IL RUOLO DEI MUTANTI NELLA SCOPERTA DEGLI ELEMENTI TRASPONIBILI

 di GIUSEPPE GAVAZZI 


Barbara McClintock per i suoi studi pionieristici sugli elementi trasponibili del mais ricevette il premio Nobel per la "Fisiologia o Medicina", 1983.

 
Articolo tratto dagli atti del convegno organizzato dal MULSA

 

Riassunto

La scoperta dei trasposoni e della loro capacità di spostarsi nel genoma è stata preceduta da osservazioni che in qualche modo ne hanno favorito l’individuazione In questa breve presentazione cechiamo di riprodurre le tappe che hanno preparato la strada alla scoperta dei trasposoni mediante l’uso di mutanti e di illustrare come l’uso dei trasposoni abbia portato alla mutagenesi inserzionale come metodo per clonare i geni.

Summary

The role of mutant in the discovery of trasposons 
In this report we briefly describe the intellectual framework where the discovery of transposons, a milestone in the history of genetics, was achieved. We go through the analysis of crosses in maize that led McClintock to the discovery of the transposons. We then describe how the advent of recombinant DNA technology allowed the use of gene tagging as a tool to achieve gene cloning. In addition, the genetic and molecular characteristics of the transposons are presented along with their capacity to modulate the expression of genes including those agronomically interesting.

PRODROMI DELLA SCOPERTA DEI TRASPOSONI

La scoperta dei trasposoni rappresenta una pietra miliare nella storia della Genetica. Ciò nonostante, quando McClintock presentò il suo lavoro a Cold Spring Harbor, sede di uno dei più prestigiosi laboratori del mondo scientifico di allora, venne accolto con poco entusiasmo e una certa incredulità e fu solo quando elementi simili vennero identificati nei microorganismi che gli scienziati cominciarono a considerare con più attenzione e a rivalutare il lavoro della McClintock. La scoperta dei trasposoni, come tutte le scoperte a forte impatto, non appare sulla scena improvvisamente come i funghi dopo una pioggia ma va inserita in una cornice ntellettuale ampia, comprendente molteplici osservazioni precedenti. Alcune di queste, seppure non mostrino un nesso evidente con la scoperta dei trasposoni, se viste retrospettivamente appaiono come facenti parte di un continuum nel progredire dell’acquisizione di conoscenza dei fenomeni sotto studio. In questa cornice va senz’alto inserito il lavoro di Rhoades che dieci anni prima della identificazione dell’elemento trasponibile Dissociation (Ds) descrisse le proprietà di un gene instabile. Geni instabili erano stati studiati molto prima dell’analisi di Barbara McClintock sia in fiori di piante ornamentali che in Drosofila senza però capire la base genetica dell’instabilità. Piante con fiori che mostrano variegazione nella pigmentazione sono frequenti in specie come Mirabilis jalapa e Antirrhinum e già nel 1905 De Vries studiando questa caratteristica in Antirrhinum aveva accertato l’ereditabilità della variegazione stabilendo che la caratteristica era riconducibile a un solo gene. Più tardi Emerson studiò la variegazione del pigmento rosso nel pericarpo del seme di mais osservabile in alcune varietà e riconducibile all’attività di un singolo gene simbolizzato p, notando che oltre a una certa variabilità nel pattern di variegazione, comparivano anche, in bassa frequenza, semi incolori o con colorazione rossa uniforme. Notò inoltre che selezionando semi con più tessuto rosso, aumentava nella progenie il numero di spighe con semi rossi. Sulla base di queste osservazioni Emerson propose che un cambiamento somatico poteva verificarsi in un fattore mendeliano divenendo un cambiamento ereditabile che obbediva a semplici principi mendeliani. Sulla base di queste osservazioni Emerson propose che la variegazione rappresentasse un cambiamento reversibile di un gene che si differenziava rispetto ad altre mutazioni per la sua alta frequenza. Il lavoro che probabilmente ispirò maggiormente la McClintock nella sua ricerca fu quello di Rhoades con l’analisi di un allele instabile di a1 che si manifesta nel seme come macchie di pigmento su sfondo incolore. Rhoades riuscì a dimostrare che la frequente mutabilità somatica di a1 nel seme è riconducibile a un secondo fattore che egli denominò Dotted (Dt) localizzabile su un cromosoma diverso rispetto ad a1. Quando Dt va perso per segregazione il gene a1 perde la sua instabilità e si comporta come l’allele recessivo nullo che determina seme incolore. Quindi Rhoades identificò un gene in grado di destabilizzare una mutazione apparentemente stabile e nello specifico suggerì che Dt producesse qualcosa capace di accelerare la mutazione da a1 ad A1

IDENTIFICAZIONE DEI TRASPOSONI IN MAIS

Anche McClintock osservò instabilità somatica di geni del colore in genotipi che portavano rotture cromosomiche ed eterozigoti per più geni marcatori dell’endosperma del seme di mais. Il parametro usato dalla McClintock per individuare la inserzione di un trasposone in uno specifico gene marcatore dell’endosperma è l’insorgenza di variegazione mentre l’evento traspositivo viene inferito dal cambiamento nella sequenza di scomparsa dei marcatori dell’endosperma. L’evidenza sperimentale di questi eventi si basa sull’analisi genetica della progenie dell’incrocio di maschi omozigoti per i marcatori C-I sh Bz Wx con femmine C sh bz wx (fig.1).
 

Fig. 1- Incroci per dimostrare l’interazione Ac-Ds e la trasposizione dell’eleemnto Ds. Vedi testo per spiegazione. Da: Salaimni (1984).

Nella F1 si osservano semi variegati (incolori con macchie bronzee dove si manifestano l’allele C e gli alleli recessivi sh bz wx). Questa osservazione portò la McClintock a postulare l’esistenza di un elemento prossimale rispetto al centromero a cui attribuire la rottura cromosomica e che venne designato Ds (Dissociation). Ds può rompere il cromosoma o trasporre solo in presenza di un secondo elemento genetico chiamato Activator (Ac), l’elemento autonomo che può anche promuovere la propria trasposizione. La comparsa, nella progenie dell’incrocio su menzionato, di rare cariossidi che non presentavano perdita simultanea di tutti i marcatori distali rispetto a Ds ma solo dell’ultimo nella sequenza (C-I) venne interpretato come evidenza che Ds si sposta nel genoma occupando diverse posizioni. Sia Ac che Ds possono indurre mutazioni inserendosi in altri geni. Le mutazioni dovute a inserzione di Ac sono instabili e determinano un fenotipo mosaico mentre quelle dovute a inserzione di Ds sono stabili, divenendo instabili in presenza di Ac. Assieme Ac e Ds costituiscono una famiglia che include elementi autonomi (Ac) e non autonomi (Ds) derivati dai primi per delezioni. Contributo dell’analisi molecolare alla conoscenza dei trasposoni Successivi studi molecolari hanno mostrato che Ac è un elemento lungo 4.6 kb con terminazioni terminali invertite di 11 paia di basi. Ac e Ds generano duplicazioni d 8 paia di basi del sito bersaglio in seguito a inserzione che rimangono, in parte o integre, in seguito a escissione (footptrint). Altre famiglie di elementi trasponibili vennero successivamente identificate oltre che in mais anche in altre piante e animali. In tutti i casi esse rappresentano elementi a DNA o di classe 2. Questo gruppo è caratterizzato da ripetizioni terminali invertite (TIR) e trasposizione non replicativa attraverso intermediario a DNA. Esiste inoltre un gruppo di elementi, i retroposoni o elementi di classe 1 in cui l’intermediario per la trasposizione è l’RNA (Feschotte et al. 2002). Comprendono diversi elementi quali i LTR (long terminal repeat retrotransposons). Questi ultimi, presenti nel genoma delle piante in un alto numero di copie, sono presumibilmente alla base del cosiddetto C value-paradox che si riferisce alla mancanza di correlazione tra l’aumento nel contenuto di DNA e la complessità di un organismo. La percentuale del genoma attribuibile a trasposoni è del 50-80% in mais e frumento e più del 70% in orzo. 

SIGNIFICATO E FUNZIONI DEI TRASPOSONI 

Inizialmente i trasposoni sono stati visti come DNA spazzatura o DNA egoista mentre ora sono considerati come componenti funzionali dei genomi con il ruolo nel determinare dimensioni e riarrangiamenti del genoma, nel generare mutazioni, nell’alterare l’architettura dei cromosomi e nel regolare l’espressione genica. La maggior parte di questi elementi è inattiva, non è cioè in grado di trasporre. Si ipotizza che la loro nattivazione rappresenti una modalità di regolazione genica evolutasi come meccanismo di difesa contro DNA invasivo quali i virus e i trasposoni.


COME SFRUTTARE LA TRASPOSIZIONE PER INDURRE MUTAZIONI SPECIFICHE AD UN SITO BERSAGLIO 

Durante l’evento traspositivo Ac tende a spostarsi e reinserirsi in regioni cromosomiche vicine al sito di partenza. Lo stesso vale per Ds. Kermicle e Coll. per primi sfruttarono questa caratteristica per sviluppare una strategia appropriata per indurre mutagenesi in uno specifico gene. A questo fine si avvalsero del fatto che l’inserzione di Ds nel gene Rsc ha un fenotipo. R-sc determina infatti un’intensa colorazione del seme mentre in seguito a inserzione di Ds al suo interno si ottiene seme incolore. In presenza di Ac si osserva il passaggio da seme incolore a seme variegato dovuto a molteplici eventi traspositivi di Ds durante lo sviluppo del seme. Nella progenie di r-sc:m isolarono diversi revertenti self-colored. Sulla base di precedenti osservazioni ci si aspetta che un terzo dei revertenti mantenga Ds nella posizione occupata dopo la trasposizione. In questi casi introducendo Ac nella progenie dei revertenti dovrebbe essere possibile osservare la ricomparsa del fenotipo instabile come effetto del reinserimento di Ds in un sito del gene R e isolare così nuove varianti di r-sc:m (Fig. 2). Gli Autori riuscirono in questo modo a isolare 40 nuovi casi di variegazione. Che questo fenotipo sia il risultato di reinserzione di Ds nel gene R è confermato dall’osservazione che rimuovendo Ac dal genoma al posto della variegazione si osserva pigmentazione debole o assente.
 

Fig. 2- Mutagenesi sequenziale di r-sc:me mediata da Dissociation. Da: Kerimcle et al. 1989.


 

I TRASPOSONI COME STRUMENTO PER CLONARE I GENI

Quando un trasposone si sposta nel genoma e si inserisce in un gene ne altera l’attività determinando una mutazione. Lo studio molecolare dei trasposoni ha permesso di sfruttare la loro mobilità non solo per determinare nuove mutazioni ma anche per “pescare” il gene visitato e clonarlo. Un esempio paradigmatico di come ciò sia fattibile è il brillante lavoro di Steve Dellaporta e coll. (1988) che portò all’isolamento del locus r in mais. Gli studi genetici di r, che è un regolatore della sintesi degli antociani, avevano dimostrato che R è un locus complesso(Fig.4) che consiste di due duplicazioni, una che porta S responsabile della pigmentazione del seme e una seconda con P che conferisce pigmentazione a specifici tessuti della pianta (Stadler, 1951).Per clonare r Della Porta e Coll. si sono avvalsi del trasposone Ac e della disponibilità di una traslocazione T1-10 che avvicinava R ad Ac in modo da sfruttare la tendenza di Ac a muoversi nelle vicinanze, rendendo così più facile ottenere una sua inserzione in r. Partendo da R-nj, un allele di r con una caratteristica colorazione nel seme della porzione apicale e dell’asse embrionale, isolarono, attraverso opportuni incroci, semi con fenotipo variegato e dimostrarono con l’analisi genetica che il fenotipo osservato era riconducibile a inserzione di Ac nel locus r. L’allele mutabile fu definito r-nj:m. La dimostrazione molecolare si ottenne attraverso un’analisi Southern che mostrava cosegregazione del fenotipo r-nj:m e uno specifico frammento di DNA. Il loro lavoro ha permesso di ottenere una sonda molecolare specifica per il gene r e successivamente di evidenziare le componenti P ed S del locus e, inattesa, una terza che venne denominata Q, probabilmente uno pseudogene nella regione r e silente a livello fenotipico. 

FUNZIONE REGOLATIVA DEI TRASPOSONI 

I trasposoni oltre alla caratteristica di permettere l’isolamento dei geni sono anche molto utili per studiare la regolazione genica. Questo viene bene illustrato dallo studio del comportamento di un altro trasposone scoperto da McClintock e analizzato a livello molecolare dalla Federoff, denominato Spm (Suppressor Mutator). Oltre all’elemento autonomo Spm capace da solo di trasporre vi è l’elemento non autonomo, il recettore, simbolizzato dSpm, che indica un Spm difettoso, cioè mancante di una porzione di quello autonomo e quindi incapace di muoversi in assenza di un Spm attivo. Originariamente l’inserzione dSpm fu identificata analizzando l’inserzione in un gene (a1) responsabile della pigmentazione del seme, che determina riduzione ma non soppressione del colore in assenza di un elemento autonomo. In presenza di quest’ultimo, si osserva invece un fenotipo a mosaico dovuto alla completa soppressione della pigmentazione (suppressor-) e presenza di macchie colorate che rappresentano cloni cellulari originati da escissioni di dSpm indotte dall’elemento autonomo (mutator). La completa soppressione dell’attività genica per effetto della presenza di un elemento autonomo trans-attivante è presumibilmente mediata dal legame della transposasi codificata dall’elemento autonomo con le ripetizioni terminali. In questo caso si parla di allele sopprimibile. In seguito furono identificati alleli in cui il gene non è espresso in seguito a inserzione di dSpm, mentre l’introduzione mediante incrocio dell’elemento autonomo determina la sua espressione. Nel primo caso il gene è sopprimibile, nel secondo è inducibile e si parla di allele Spm dipendente. Quindi un elemento Spm trans-attivante determina un prodotto genico che può attivare o inibire l’espressione di un gene che contiene l’inserzione di un dSpm. Presumibilmente, nel caso di un allele sopprimibile, l’elemento dSpm, inserito in un esone all’interno della regione trascritta del gene visitato, ne impedisce parzialmente l’attività. Lo splicing dell’elemento dal trascitto del gene mutante spiega il perché dell’espressione genica degli alleli sopprimibili, mentre una proteina codificata dall’elemento autonomo impedisce lo splicing, il che spiegherebbe come mai l’espressione dell’allele dSpm sopprimibile si arresta in presenza dell’elemento autonomo. Nel caso di un allele Spm dipendente, l’inserzione del dSpm avviene in un sito a monte della regione trascritta del gene: in questo caso il dSpm si comporta come una sequenza enhancer Spm-dipendente. La localizzazione dell’inserzione di dSpm determina quindi le modalità con cui Spm controlla il gene in cui dSpm si è inserito (Fedoroff, 1989). Un elemento Spm autonomo può subire mutazioni che alterano il pattern di mutabilità somatica (Fig.3) o la capacità di trasporre (dSpm). Inoltre, può subire delle epimutazioni che lo rendono inattivo. Operativamente un Spm inattivo si differenzia da un dSpm per la sua capacità di riacquistare uno stato attivo. L’inattivazione reversibile di Spm è associata alla sua metilazione nella regione 5’ dell’elemento.
 
Fig. 3- Semi con il fenotipo osservabile in seguito a inserzione di Spm al locus a1. La variegazione più (seme a s.) o meno (seme a d.) intensa è riconducibile a “stati” diversi di Spm. Foto dono di B.M.

 

ESPRESSIONE DI AC IN UN SISTEMA ETEROLOGO 

Ac è stato introdotto in specie che ne sono prive quali tabacco, pomodoro, carota, riso e Arabidopsis thaliana. Usando una sonda del trasposone e enzimi di restrizione che non digeriscono l’elemento stesso è stato possibile visualizzare nuovi eventi inserzionali. Il saggio per la visualizzazione si basa sulla escissione di Ac da un gene chimerico SPT::Ac. In presenza di streptomicina, plantule transgeniche che hanno il gene SPT che conferisce resistenza alla streptomicina, sono verdi mentre quelle con il costrutto SPT::Ac mostrano foglie con macchie verdi su sfondo albino. In presenza di streptomicina nel substrato di crescita gli eventi somatici di escissione sono riconoscibili come settori verdi in cotiledoni albini mentre escissione germinali danno luogo a plantule verdi. 

LA VARIABILITÀ INDOTTA DAI TRASPOSONI E FENOTIPI DI INTERESSE AGRONOMICO 

Tramite trasposizione i trasposoni creano nuove mutazioni e contribuiscono significativamente alla variabilità genetica. In alcuni casi questa variabilità interessa caratteristiche importanti da un punto di vista agronomico come nel caso della mutazione tb1 in mais (Fig. 4). 
 
Fig. 4- Domesticazione del mais. Il teosinte, progenitore del mais, ha un aspetto cespuglioso e ogni seme è racchiuso dentro un involucro rigido. La selezione operata dall’uomo durante la domesticazione ha eliminato questi caratteri creando una pianta monoculmo e a semi nudi (credito: Nicolle Rager Fuller, National Science Foundation).

 
 
Il mais è il risultato della domesticazione del teosinte, la sua forma ancestrale caratterizzata da una crescita cespugliosa. Il gene tb1 codifica per un regolatore con azione di repressione della crescita. In mais, l’espressione di tb1 è elevata rispetto a teosinte, il che è in linea con la soppressione della crescita dei polloni. Questo cambiamento nell’espressione di tb1 è collegabile alla presenza di una regione del DNA, 60 kb a monte del gene. In questa regione è stato identificato un retroposone responsabile dell’intensificazione dell’espressione di tb1. Quindi l’inserzione del retroposone contribuisce a un cambiamento nella morfologia della pianta cruciale per la domesticazione. Questa capacità dei trasposoni di spostarsi nel genoma influenzando l’espressione genica delle regioni dove si inseriscono ha importanti implicazioni evolutive oltre che in alcuni casi effetti sulla fitness.




BIBLIOGRAFIA

Dellaporta S., I. Greenblatt e Coll. (1988) Molecular cloning of the maize R-nj allele by transposon tagging with Ac. From: Chromosome structure and function Ed. by P Gustafson ad R. Appels. Plenum Publishing Corp.
Federoff Nina V. Maize transposable elements. (1989) in Mobile DNA. Berg D. and M.M. Howe Eds. pp 375-411
Feshotte C., N. Jiang and S. Wessler (2002) Plant transposable elements: where genetics meet genomics. Nature Reviews Genetics 3:329-341
Kermicle J., M. Alleman, S. Dellaporta (1989) Sequential mutagenesis of a maize gene, using the transposable element Dissociation. Genome 31:712-716
Klein S.P. and S.N. Anderson (2022) The evolution and function of transposons in epigenetic regulation in response to the environment. Curr. Op. in Plant Biol.69:102277
Rhoades M.M. (1938) Effect of the Dt gene on the mutability of the a1 allele in maize. Genetics23:377-397
Salamini F. (1984) Il concetto di trasposizione genica e la sua rilevanza negli studi applicativi. In: Genetica degli elementi trasponibili e sue applicazioni. Monografie di Genetica Agraria
Stadler L.J. (1951) Spontaneous mutation in maize. Cold Spring Harbor Symp. Qant. Biol. 16:49-63


Giuseppe Gavazzi

Già professore di Genetica Agraria presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. Si interessa di genetica dello sviluppo con particolare attenzione al seme e alla plantula. La sua attività scientifica è documentata da numerose pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali.


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