domenica 23 luglio 2023

MUTANTI E MIGLIORAMENTO GENETICO

 di CARLO POZZI e TOMMASO MAGGIORE 

 

 



Riassunto

La mutazione genetica spontanea è alla base del miglioramento genetico fin da quando questa era un’attività non strutturata e praticamente casuale. La sindrome da domesticazione delle piante è stata causata da mutanti spontanei, e poi sono state mutazioni selezionate dai breeder a determinare il miglioramento della resa, delle resistenze e della qualità delle colture. Il processo è sempre stato più o meno causale, anche quando si sono usati metodi chimico-fisici per indurre mutazioni. Negli ultimi 10 anni sono stati messi a punto metodi per l’induzione mirata e controllata di mutazioni, che stanno già rivoluzionando il miglioramento genetico agrario.



Summary

Mutants and breeding Spontaneous genetic mutation is the basis of genetic improvement since this was an unstructured and practically random activity. The plant domestication syndrome was caused by spontaneous mutants, and then it was mutations selected by the breeders that led to the improvement in yield, resistance, and crop quality. The process has always been causal, even when chemical-physical methods have been used to induce mutations. In the last 10 years, methods have been developed for the targeted and controlled induction of mutations, which are already revolutionizing agricultural genetic improvement.



INTRODUZIONE

Le mutazioni genetiche spontanee delle piante sono, da millenni, il materiale di base per l’attività umana di miglioramento genetico, così come per la selezione naturale. Le mutazioni de novo (incluse le mutazioni gemmarie e somatiche), selezionate dai primi agricoltori, hanno consentito la nascita e lo sviluppo delle attività agricole. Valutare quanto le mutazioni naturali siano benefiche e aumentino la fitness di una popolazione è complesso, soprattutto in specie con cicli vitali lunghi, com’è il caso per molte piante. In un recente esperimento si sono usati campioni da erbario per calcolare il tasso mutazione e valutare quanto alcune mutazioni siano importanti per la capacità di una specie di invadere l’ambiente. Risulta che alcuni caratteri importanti per la capacità di colonizzazione - per esempio il tasso di crescita radicale, il gravitropismo ed il tasso di crescita apicale - sono significativamente ereditabili (Exposito-Alonso et al., 2018). Il tasso di mutazione spontanea è basso, e i miglioratori delle piante hanno sviluppato procedure per indurre le mutazioni in modo artificiale. La creazione di mutanti si è spesso accompagnata con l’insorgenza di mutazioni nascoste e deleterie o peggiorative. 
Solo a partire dagli anni ’80 del secolo scorso i ricercatori sono stati in grado di introdurre modificazioni genetiche più precise e mirate, ricorrendo all’uso di piante geneticamente modificate. Questo processo ha trovato un ulteriore e sofisticato strumento nell’ultimo decennio, grazie all’impiego della tecnologia CRISPR. Ora è possibile indurre mutazioni in posizioni precise del genoma, riducendo al minimo le variazioni indesiderabili (Ma et al., 2021, Reichert, 2021). È oggi evidente che molte delle mutazioni che hanno contribuito a sviluppare nuove varietà di piante coltivate sono recessive, sia quelle naturali che quelle indotte. I mutanti dominanti, molto più rari, hanno affascinato i genetisti per la loro capacità di svelare il ruolo di mutazioni letali recessive, così contribuendo allo studio della ridondanza genica, e a rompere i vincoli posti dalla pleiotropia, condizioni che complicano il breeding per “forme” delle piante più compatibili con l’agricoltura. Le moderne pratiche agronomiche per meglio adattare le piante all’ambiente di coltura richiedono significative alterazioni dell’architettura delle stesse e della loro morfologia, un insieme di fenotipi che ha cominciato ad essere selezionato agli albori dell’agricoltura e che è noto come “sindrome da domesticazione”. Nel caso del mais, per esempio, i cambiamenti morfologici sono stati così drammatici che la forma domesticata è così poco simile a quella selvatica da rendere difficile credere che il mais si sia evoluto dal teosinte.


MUTANTI DELLA SINDROME DA DOMESTICAZIONE

La perdita di alcune caratteristiche selvatiche a causa di mutazioni spontanee è stato il principale driver per la creazione dell’agricoltura. L’identificazione e l’analisi dei loci della sindrome da domesticazione in specie diverse (soprattutto graminacee) hanno prodotto risultati sorprendenti. Per esempio, si è osservato che esistono divergenze funzionali significative tra geni ortologhi (il caso del mais e di altre graminacee) e, nonostante questo, gli stessi geni sono stati oggetto di selezione in specie diverse, in virtù dei loro effetti positivi sulla resa. In alcuni casi, la diversità funzionale può essere stata dovuta a rare mutazioni dominanti, che riprogrammano drammaticamente l’espressione ed il funzionamento dei geni coinvolti (Reichert, 2021).
I determinanti genetici che controllano la domesticazione potrebbero essere relativamente pochi. In mais, per esempio, i geni che controllano la transizione tra teosinte e mais sono quattro. Il locus teosinte branched 1 (tb1) è fondamentale, agendo in modo epistatico sull’accestimento, la determinazione del sesso dell’infiorescenza e la durezza delle glume. Il clonaggio di tb1 ha dimostrato che codifica per un fattore di trascrizione di tipo TCP, sovraespresso nel mais domesticato, e indotto dalla luce nel rossolontano. Ad una mutazione di questo gene si devono l’elevata ramificazione e accestimento del teosinte, così come la sostituzione delle spighe femminili da parte di pennacchi maschili (Doebley et al., 1995). Tb1 è un regolatore di altri geni coinvolti nella domesticazione. Un altro locus coinvolto è Grassy tiller 1 (gt1), che incrementa il numero di accestimenti. La variazione allelica nel promotore di questo gene è responsabile del carattere che controlla la produzione di spighe sullo stesso nodo (Whipple et al., 2011). Il mutante tassels replace upper ears1 (tru1) produce delle ramificazioni ascellari allungate, terminanti in pennacchi maschili invece che spighe femminili (Dong et al., 2017). Infine, teosinte glume architecture1 (tga1) è responsabile per l’ammorbidimento e riduzione delle glume nel mais domesticato (Dorweiler et al., 1993) ed è direttamente regolato da tb1 (Fig. 1) (Studer et al., 2017). 


Figura 1. Geni e fenotipi della domesticazione in mais. I mutanti che hanno facilitato il clonaggio dei geni della domesticazione sono indicati (tb1, gt1, tru1, tga1), insieme con il loro livello di espressione nella transizione tra teosinte e mais. Tratto da (Dong et al., 2019).

I geni citati hanno ortologhi in altre graminacee, con funzioni correlate e spesso diverse. Tb1 è un repressore la cui funzione è conservata tra specie e i cui effetti dipendono dalla specie e dal tessuto dove è espresso: in mais reprime la ramificazione ascellare durante la crescita vegetativa, in frumento reprime l’identità fiorale e in orzo reprime la fertilità della spighetta (Rendon-Anaya and Herrera-Estrella, 2018). Non è noto perché, in specie diverse, la selezione sia stata condotta sia su varianti gain-of-function che su varianti lossof-function del gene. Il mutante di orzo loss-of-function dell’ortologo di tru1, uniculme4 (cul4) mostra un fenotipo completamente diverso da quello di mais (Tavakol et al., 2015): cul4 rende le foglie distali fenotipicamente prossimali, un fenotipo non osservato in mais. Inoltre, ha una riduzione del numero delle ramificazioni laterali e degli accesti, l’opposto di quanto osservato in mais (Terzi et al., 2017). Questa differenza potrebbe essere dovuta al fatto che tru1 in mais è dominante mentre in orzo è recessivo. 
I mutanti gain-offunction sembrano essere un fenomeno piuttosto diffuso tra i geni della domesticazione. Gli strumenti attuali (per esempio quelli basati su CRISPR) per l’ottenimento di fenotipi loss-of-funcion in specie correlate promettono di fornire una migliore comprensione del funzionamento dei relativi pathways metabolici, anche in contesti evolutivamente diversi. La ramificazione (del fusto e dell’infiorescenza) è un carattere che deve essere accuratamente modulato: la mancanza di ramificazione riduce la resa, ma anche la ramificazione indeterminata causa fiori non fertili. In specie poliploidi le mutazioni lossof-function sono compensate, e si creano fenotipi intermedi che possono effettivamente aumentare la resa. Nei diploidi, come il riso, i mutanti parzialmente loss-of-function potrebbero raggiungere lo stesso effetto. 
Un carattere importante selezionato durante la domesticazione dei cereali controlla la deiscenza della spiga. I mutanti che influenzano la dispersione dei semi sono un elemento essenziale per la selezione di varietà adattate alle pratiche agricole. Le spighe di specie selvatiche, a maturità, disarticolano ogni nodo del rachide, con conseguente dispersione dei semi (Maity et al., 2021). Nelle Poaceae l’architettura dell’infiorescenza si riduce da una forma ancestrale a pannicolo, alla spiga ed alle spighette tipiche delle varietà domesticate. Nelle specie di orzo selvatico, le tre spighette sono una unità facilmente staccabile, funzionali alla dispersione del seme. Sempre in orzo selvatico (Hordeum spontaneum) è stato identificato un locus dove risiede il carattere della deiscenza, e i geni candidati identificati (Brt1 e Brt2) controllano la composizione della parete cellulare (Pourkheirandish et al., 2015). 
Anche in frumento le mutazioni che controllano la deiscenza sono state importanti nel processo di domesticazione. Nei frumenti selvatici, le glume delle spighette sono tenaci e racchiudono il seme, il rachide è fragile e disperde le singole spighette. Nel frumento domesticato, il rachide non è fragile e le glume sono morbide, cosicché i semi si staccano facilmente dalla spighetta durante le operazioni di trebbiatura. Sono stati identificati molti loci che controllano la facilità di trebbiatura. Uno di questi è il carattere dominante Q, co-localizzato con un gene di tipo AP2, un fattore di trascrizione ortologo al gene di mais indeterminate spikelet1 (Zhang et al., 2021). Q controlla anche altri caratteri agronomici, quali l’anticipo di fioritura, la riduzione della taglia e la maggiore densità del seme e compattezza della spiga. La mutazione nel gene che contribuisce alla sindrome di domesticazione è stata identificata e l’allele recessivo è responsabile dell’allungamento della spiga e della copertura della cariosside, mentre l’allele dominante (tipico dei frumenti domesticati) conferisce compattezza alla spiga e rende le cariossidi prive di tegumenti. 
Recenti studi hanno dimostrato che l’allele dominante è dovuto ad una mutazione al sito di legame di un microRNA (miR172), che funziona come soppressore (Debernardi et al., 2017, Liu et al., 2018).Altri mutanti dei cereali sono importanti per regolare la quantità di semi che la pianta produce, mediante il controllo del numero di spighette fertili. Nell’orzo distico, è il gene Vrs1 che controlla la riduzione della fertilità delle spighette laterali (che alla fine risultano fiancheggiate da due spighette sterili). Nell’orzo moderno polistico (a sei file) le spighette laterali sono fertili. Il gene Vrs1 è un fattore di trascrizione di tipo HD-zip, omologo a gt1, e funziona come repressore; infatti, nel mutante loss-of-function le spighette laterali sono fertili (Komatsuda et al., 2007). Il carattere “due file” è dominante, ed è evolutivamente vantaggioso. L’attività di Vrs1 è modificata da altri geni, inclusa una istone-demetilasi e un fattore di trascrizione di tipo LOB, ortologo di ramosa2 di mais (dove promuove la crescita determinata delle ramificazioni). 
La funzione dei geni LOB sembra essere conservata in orzo e mais, perché i mutanti loss-of-function in entrambe le specie hanno un’attività indeterminata del meristema dell’infiorescenza. Un altro modificatore di Vrs1 in orzo è int-c, ortologo di tb1, che produce un fenotipo intermedio tra il due- ed il seifile. Il mutante loss-of-function di int-c riduce l’accestimento in orzo, diversamente da quanto fa tb1 in mais (Ramsay et al., 2011): i mutanti continuano a produrre accesti, anche dopo essere stati esposti ad ombreggiamento (Wang et al., 2022a). Recentemente è stato isolato un mutante di frumento che mostra spighette extranumerarie, aumentando sia il numero di cariossidi per spiga che la resa in condizioni di campo. Mentre il tipico frumento tenero esaploide ha una spighetta per rachide, il mutante DUO-B1 mostra molteplici spighette con un numero anomalo di file (Wang et al., 2022b). Anche il gene di frumento ortologo di Tb1 (TaTB1) contribuisce a determinare la resa, soprattutto attraverso le modificazioni dell’infiorescenza, sebbene in modo opposto a quanto avviene in mais. Infatti, copie extra del gene conducono alla formazione di spighette appaiate ad ogni nodo. In frumento, inoltre, il gene regola negativamente la proteina FLOWERING LOCUS 1 (FT1), prolungando l’attività di ramificazione della spighetta. Questa serie di studi dimostra che, a seconda della specie e dello stadio di sviluppo considerati, sia l’aumento che la diminuzione della attività di Tb1 e ortologhi possono aumentare la ramificazione della spiga. 
Anche in pomodoro, la domesticazione ed il successivo miglioramento genetico hanno condotto alla selezione di genotipi più adatti alle pratiche agricole. In particolare, le varietà attuali hanno perso il carattere selvatico che comporta la rottura del pedicello, facilitando la dispersione dei semi. Nelle varietà jointless – derivanti da un mutante selezionato negli anni Cinquanta - il calice si stacca solo alla raccolta, perché viene eliminata la zona di abscissione sul picciolo, riducendo la cascola dei frutti e i danni postraccolta meccanica. Il carattere è controllato dal locus j2, che però è epistatico al locus ej2, che controlla la dimensione del frutto e che è stato anch’esso attivamente selezionato. Quando i due geni sono presenti nella stessa varietà, la loro interazione causa una ramificazione eccessiva dell’infiorescenza e sterilità. 
I breeder hanno sopperito a questo difetto selezionando per varietà con soppressori degli effetti epistatici, diminuendo però i potenziali incrementi di resa. È stato dimostrato che è possibile modulare l’espressione dei due geni coinvolti mediante la selezione di mutanti naturali o indotti, per produrre una gamma di tipi di infiorescenze, con potenziali benefici (Lee and Hutton, 2021, Soyk et al., 2017). La tecnologia CRISPR ha facilitato l’ottenimento di serie alleliche (discusso più avanti), mimando l’effetto dose anche di mutazioni con effetti non facilmente individuabili (Soyk et al., 2019). La perdita o riduzione della deiscenza è un esempio di evoluzione fenotipica convergente durante la domesticazione. Tuttavia, i mutanti per questo carattere hanno diversi gradi di penetranza: per esempio, tutti i fagioli coltivati sono deiscenti (per facilitare la sgranatura), mentre alcune varietà locali e semi-selvatiche sono indeiscenti (Di Vittori et al., 2019). Gli studi indicano che il carattere è controllato da geni ortologhi in specie diverse, con funzioni conservate. 
Tuttavia, la perdita della deiscenza può essere dovuta a geni diversi in specie diverse (Rau et al., 2019). È quindi possibile che il modello di evoluzione convergente si possa applicare ai cereali, per esempio, ma non a tutti i legumi. Anche in riso, i mutanti che favoriscono la raccolta sono stati oggetto di selezione. La specie selvatica Oryza nivara ha uno strato di abscissione continuo tra il seme ed il pedicello, mentre nel domesticato O. sativa lo strato è incompleto. Esistono anche diversità nella intensità di deiscenza: la selezione umana in riso ha favorito i mutanti che riducono la deiscenza, sebbene lo strato di abscissione sia presente – in minore quantità – anche nelle varietà scarsamente deiscenti. Questo processo riduce la perdita della granella, ma la parziale conservazione dello strato di abscissione facilita la trebbiatura. 
Nei cereali, i mutanti per la deiscenza sono dovuti a varianti di molti geni (Maity et al., 2021); pochi di questi sono parte di programmi di breeding, per esempio in riso. In particolare, mutazioni nelle regioni regolatrici di un gene omeotico (qSH1) conferiscono facilità di trebbiatura (Konishi et al., 2006) e, recentemente, la tecnica CRISPR è stata utilizzata su questo gene per creare varietà di riso ad elevata trebbiabilità (Sheng et al., 2020). In mais, sono stati individuati mutanti che potrebbero essere importanti per le applicazioni agronomiche. L’angolo di inserzione delle foglie è diverso in mais e in teosinte e questo ha permesso di mappare e clonare i loci responsabili. Due dei geni responsabili del carattere quantitativo – Upright Plant Architecture 1 e 2 – sono stati clonati. Questo ha permesso di fare luce sulla relazione tra questi geni ed i brassinosteroidi, responsabili dell’aumento dell’angolo di inserzione delle foglie durante la domesticazione. La manipolazione dei geni identificati e dei loro partner può portare a modificare l’architettura della pianta, rendendola più adeguata all’aumento della densità di semina richiesta dalla moderna maiscoltura (Tian et al., 2019).


MUTANTI PER LE RESISTENZE 

La mutazione del gene Mildew resistance locus O (MLO) è stata originariamente identificata, a cavallo degli anni ’30 del secolo scorso, come variante naturale in una landrace di orzo etiope. Questa mutazione loss-of-funcion conferisce, in orzo, la resistenza all’ascomicete fitopatogeno Blumeria graminis, ed è impiegata da 40 anni in orzo e più recentemente in molte altre specie dove il gene ortologo sia presente. Diversamente dalla resistenza tipica mediata dai geni R, che conferisce resistenza razza-specifica ed è dominante o semidominante, la resistenza conferita da mlo non è razza-specifica. Esistono molti alleli mutanti per mlo in orzo e di questi la mutazione naturale mlo-11 e quella indotta da mlo-9 sono quelle maggiormente usate a partire dagli anni ’70 del secolo scorso (Acevedo-Garcia et al., 2014). Oggi, più della metà degli orzi primaverili in commercio nell’Europa centrale sono immuni all’oidio, grazie all’introgressione della resistenza mlo. Sono ancora poche invece le varietà di orzo invernale introgredite. I geni Mlo sono presenti in piccole famiglie nei genomi delle piante superiori. Il ruolo regolativo negativo di particolari membri nella definizione dell’immunità è conservato evolutivamente e questo è dimostrato dal fatto che sono descritti mutanti resistenti mlo in Arabidopsis, pomodoro e pisello, solo per citare alcune specie (Fig. 2) (Kusch and Panstruga, 2017).

Figura 2. Il fenotipo mlo in diverse specie, ottenuto con una varietà di metodi, incluse le mutazioni naturali e quelle dovute a interferenza con RNA. Da (Kusch and Panstruga, 2017).


L’uso di piante resistenti mlo è associato ad alcune limitazioni. I parassiti biotrofici, come l’oidio, sono adattati alla fisiologia dell’ospite e questo fa sì che una mutazione che implichi la perdita della suscettibilità al patogeno molto probabilmente comporti effetti pleiotropici per la pianta. Prima di tutto, in assenza del patogeno, le piante resistenti formano delle papille (cellule ricche di callosio), soprattutto sulla epidermide della foglia. Inoltre, le cellule del mesofillo vanno incontro a morte spontanea, un indicatore di senescenza precoce. È anche possibile che insorga suscettibilità a malattie prima non rilevate come conseguenza dell’uso di geni di resistenza singoli in programmi di breeding. Per esempio, l’orzo mlo è suscettibile al fungo emibiotrofico Magnaporthe oryzae e mostra una maggiore sensibilità alla tossina di Bipolaris sorokiniana. Esiste una correlazione negativa tra la suscettibilità all’oidio e l’estensione dei fenotipi pleiotropici, correlazione che dipende dal genotipo della pianta. Inoltre, lo stadio di sviluppo e le condizioni di idratazione della pianta sono importanti nella definizione dell’entità degli effetti pleiotropici. 
Per esempio, le varietà mlo hanno una suscettibilità (dipendente dall’ambiente) all’ascomicete Ramularia spp. (Hoheneder et al., 2021). Inoltre, sono state registrate aumentate suscettibilità ad altri patogeni, in orzo primaverile. Per questi motivi, è stato un obiettivo primario del breeding l’identificazione di genotipi con il minor numero di effetti pleiotropici. La landrace di orzo Eth295 ha una variante di mlo-11 e mostra resistenza senza i fenotipi pleiotropici comunemente osservati (Ge et al., 2020). Inoltre, gli orzi resistenti mlo sono meno colonizzati dalle benefiche micorrize arbuscolari, anche se non è ancora del tutto chiarita la relazione causa-effetto. I breeder cominciano a capire che è necessario selezionare piante resistenti ai patogeni e contemporaneamente in grado di ospitare una microflora benefica, a tutto vantaggio della sostenibilità delle colture (Hilbert et al., 2019). In frumento si è scoperto che gli zuccheri apoplastici facilitano la relazione tra ospite e patogeno, promuovendo lo sviluppo della malattia. Quando il patogeno è riconosciuto dai recettori cellulari, si attivano i trasportatori di esosi che prelevano gli zuccheri dall’apoplasto, sottraendoli al patogeno. In risposta, il patogeno secerne degli effettori che bloccano la risposta immunitaria. In mutanti mlo di frumento, gli zuccheri sono presi dall’apoplasto ed accumulati nel citoplasma, dove vengono percepiti da una esochinasi-1, che attiva la glicolisi. La esochinasi, in presenza di quantità crescenti di glucosio, viene traslocata nel nucleo, dove interagisce con alcuni fattori di trascrizione per innescare la senescenza precoce e reprimere l’espressione di geni fotosintetici, portando ad una diminuzione di resa nei mutanti. Esistono altri mutanti di frumento (Tamlo-R32) dove gli esosi vengono invece accumulati nel vacuolo, creando un gradiente che facilita l’assunzione di esosi citoplasmatici in eccesso, bypassando gli effetti tossici dell’accumulo di zucchero. Il risultato è che le piante resistenti sono meno soggette ad una riduzione della crescita (Najafi and Palmgren, 2022).

MUTANTI PER LA QUALITÀ

Durante gli ultimi ‘50 anni sono state condotte molte ricerche per aumentare il livello di micronutrienti in specie agrarie fondamentali, quali mais e frumento, soprattutto per migliorare la qualità nutrizionale a vantaggio delle popolazioni più povere che non hanno accesso a fonti alternative di proteine. Più di due miliardi di persone in Asia, Africa ed America Latina soffrono per la carenza di uno o più micronutrienti. Il CIMMYT si è distinto in quest’opera, come prova il successo di Villegas e Vasal, ai quali è stato conferito il World Food Prize nel 2000 per il loro lavoro sulla qualità proteica del mais (Vasal, 2016). Sono state realizzate molte varietà quality protein maize (QPM), che portano fino ad un raddoppiamento della quantità di triptofano (fino a 0.08% nella farina), di lisina (fino a 0.4% nella farina), rispetto alle varietà convenzionali di mais (Prasanna et al., 2019). Questi miglioramenti sono dovuti ad una mutazione spontanea di mais, scoperta negli anni ’20 del secolo scorso, che porta ad avere granelli teneri ed opachi (Fig. 3). Nel 1961, i ricercatori della Purdue University hanno scoperto che questi mais sono mutanti omozigoti recessivi per il gene opaque2 che porta ad aumenti di lisina e triptofano nell’endosperma (Wang et al., 2019). 
Tuttavia, non è sufficiente avere la mutazione per ottenere livelli amminoacidici più alti. Occorrono anche dei loci modificatori e questo rende necessario effettuare un breeding molto accurato nella misurazione dei livelli amminoacidici. La selezione del mutante implica anche effetti negativi che includono la riduzione fino al 25% della resa (a causa della minore densità della granella) e un aumento della suscettibilità ai marciumi della spiga e dello stocco ed agli insetti durante lo stoccaggio. Gli effetti pleiotropici, soprattutto la minore resa e la maggior tenerezza della granella, restringono l’utilizzabilità di questa mutazione nel breeding. Nonostante questo, i programmi di miglioramento hanno avuto successo nell’identificazione di varietà opaque2 a granella dura (Pukalenthy et al., 2020). Gli attuali programmi di miglioramento sono indirizzati all’ottenimento di popolazioni di mais opaque adattate ad ambienti subtropicali e tropicali e all’ottenimento di varietà a cariosside dura, che mantengano i livelli di elevata qualità proteica, aumentata resa e resistenza ai marciumi. In Asia, sono state sviluppate più di 40 QPM. Recentemente, è stato scoperto un mutante recessivo – opaque16 – che combina performance agronomiche con qualità alimentare (Sarika et al., 2018b). Il miglioramento genetico utilizza ora marcatori molecolari in associazione con opaque2 e opaque16 per piramidare entrambi gli alleli in un solo background genetico (Sarika et al., 2018a).

Figura 3. Fenotipo mutante, opaque-2 e QPM in mais. Sono indicati in tabella alcuni valori nutrizionali del mais comune e QPM. Inoltre, sono illustrate le diverse colorazioni dell’amido in mais opaque-2 e normali. Da (Parsons et al., 2020).


Altri esempi di mutanti per la qualità sono stati descritti in specie arboree, dove viene praticata la selezione di mutazioni gemmarie. Queste mutazioni sono correlate con la variabilità presente nelle cellule somatiche, ma i meccanismi che le originano non sono noti. Un recente esempio è fornito dalla forma del frutto della pesca. La pesca viene classificata come “a frutto piatto” o “rotondo”, dove la forma piatta è dominante. La forma del frutto è controllata da un S-locus, che è stato geneticamente e molecolarmente mappato. È stato identificato un polimorfismo di un singolo nucleotide che permette di discriminare la forma del frutto (Cao et al., 2016). Il risequenziamento del genoma di un clone vegetativo mutante ha fornito evidenze che la forma del frutto è associata alla perdita di eterozigosi. Nel caso, l’aplotipo che porta il gene o i geni che controllano il frutto piatto viene perso nel mutante, portando alla transizione a frutto rotondo (Tan et al., 2019).


MUTANTI E SERIE ALLELICHE

I miglioratori delle specie agrarie hanno sempre cercato di ottenere variabilità genetica inducendo mutanti mediante mutagenesi di vario tipo (Reichert, 2021). La tecnologia CRISPR (una versione di successo del genome editing) ha migliorato la situazione con il permettere di ottenere mutanti in modo rapido e preciso (Gaillochet et al., 2021). La integrazione di genetica diretta ed inversa attraverso la creazione di librerie di mutanti con mutagenesi mirata è uno strumento rapido e preciso per la validazione di geni importanti, soprattutto in specie con genomi complessi. Nelle librerie di mutanti tradizionali, la relazione tra genotipo e fenotipo è di solito molto debole ed è difficile identificare e clonare i geni che sottendono i fenotipi individuati. 
Le librerie di mutanti CRISPR permettono invece uno screening molto efficiente. Sono state create librerie di mutanti originati mediante CRISPR in riso (Lu et al., 2017), mais (Liu et al., 2020) e pomodoro (Jacobs et al., 2017). Inoltre, la tecnologia si adatta anche a screening in specie poliploidi quali Brassica napus (Li et al., 2018) e soia (Bai et al., 2020). La creazione di librerie CRISPR permette di identificare la funzione genica determinando il fenotipo dei mutanti loss-of-function. Il processo di genome editing ad alta efficienza può essere applicato a migliaia di geni candidati, ed è ottimo per la validazione di fenotipi legati a caratteri genetici, ma anche per l’identificazione di nuovi geni; la comparazione di fenotipi ottenuti con l’editing di alleli con quelli di alleli naturali e per la scoperta di geni che risultino in cambiamenti fenotipici inattesi. Si tratta di una piattaforma tecnologica efficace e precisa, che richiede però molto lavoro per la individuazione di modificazioni off-target ed on-target, e per la rimozione dei transgeni nella progenie di piante editate. Per superare le limitazioni connesse con lo screening di mutanti sono state messe a punto varie tecniche, che includono la PCR “annealing at critical temperature”, l’analisi di melting ad alta risoluzione e l’uso di elettroforesi in poliacrilamide (Huang et al., 2022). 
Certamente i mutanti con fenotipo evidente possono essere individuati più facilmente: per esempio, in riso e tabacco un fenotipo albino si origina quando viene editato il gene per la fitoene desaturasi. Inoltre, lo screening fenotipico può essere facilitato usando marcatori quali erbicidi o antibiotici. Il protocollo per lo screening delle collezioni di mutanti è basato sul sequenziamento ad alta efficienza di campioni raggruppati (pooled), abbattendo così i costi di screening. L’RNA guida del CRISPR deve essere disegnato in modo da avere un unico target nel genoma, diminuendo quindi la possibilità di off-target. Esempi in riso sono basati sulla targhettizzazione di esoni vicini all’inizio dell’ORF, in prossimità del codone di inizio. La piattaforma CRISPR in riso è basata su più di dodicimila geni altamente espressi nel germoglio. L’inserimento di una libreria di molecole di RNA-guida in Agrobatterio e la successiva trasformazione ha permesso di ottenere più di quattordicimila linee trasformate indipendenti. Queste linee sono state fenotipizzate e sono state isolate una cinquantina di linee “mutanti”. Il sequenziamento di queste linee ha permesso di identificare quelle correttamente editate. Questo esperimento indica che genotipo e fenotipo sono più efficientemente correlabili in questo tipo di screening che in altre piattaforme, quando l’obiettivo è di identificare i mutanti indotti. Inoltre, l’identificazione del gene candidato per un fenotipo è semplificata dal fatto che esiste una relazione uno-a-uno tra sequenza guida e gene target nelle linee mutanti. Infine, questo approccio permette di identificare molteplici alleli mutanti per lo stesso gene, e questo evita i test di complementazione. Recentemente, lo screening di librerie CRISPR è stato applicato anche a famiglie di elementi genetici quali i miRNA, come testimoniato dallo studio condotto in cotone sulle isoforme di miR482, implicato nella resistenza a Verticillium dahliae (Zhu et al., 2022). Lo screening ad alta efficienza con CRISPR è facilitato dalla progressiva maggiore disponibilità di pangenomi: in riso, ad esempio, sono state risequenziate le cultivar che hanno originato il pedigree della varietà semi-nana IR8, e sono stati così identificati dei tratti genomici conservati dalla selezione. Queste regioni contengono geni candidati per esperimenti di knockout e knockdown, alla ricerca di mutanti in fenotipi di interesse agronomico (Huang et al., 2018). La specificità di CRISPR apre nuove possibilità allo studio, in un background genetico noto, degli effetti di piccole varianti alleliche e rende possibile accertare l’effetto del dosaggio genico generando serie alleliche di mutanti. È, tuttavia, ancora difficile validare piccole varianti ottenute mediante lo screening di librerie di mutanti. 
Questo è stato realizzato in medicina umana, mediante una tecnologia chiamata “saturation editing”, che ha permesso di analizzare la funzione di SNPs individuati negli esoni del gene BRCA1 (Erwood et al., 2022). L’editing genomico mediante CRISPR consente di creare serie alleliche e viene applicato a complessi caratteri agronomici quali la resa (Herbert et al., 2020). Per esempio, sono state create serie alleliche in riso per studiare la funzione del gene OsIAA23, quando una semplice inattivazione del gene non aveva prodotto alcun fenotipo. La maggior parte delle applicazioni è basata sui regolatori negativi, avendo come target regioni codificanti e promotrici per creare mutanti null o dei deboli loss-of-function. Tuttavia, caratteri di interesse agronomico possono essere anche dominanti o conferiti da alleli gain-of-function. Per esempio, uno studio recente si è concentrato sui membri della famiglia genica CYP78A, regolatori positivi del peso e della dimensione degli organi delle piante. L’editing, in questo caso, è avvenuto sul promotore di un gene di pomodoro, il gene KLUH, attorno ad un SNP associato con il carattere “peso del frutto”. Lo SNP mappa in una regione contigua a un elemento di cis regolazione. Sono stati ottenuti vari mutanti, alcuni dei quali hanno mostrato un aumento del peso del frutto ed una diminuzione nella quantità di frutti piccoli (Li et al., 2022). Questo metodo permette di creare mutanti con fenotipi utili, anche nel caso in cui i mutanti inattivati costitutivi abbiano fenotipi sterili o difettosi. 
Le mutazioni in regioni cis-regolatorie sono quindi utili per il breeding, perché creano una continuità locus specifica nella variabilità genetica, con pochi o nessun effetto negativo (Rodriguez Leal et al., 2017). Questo esperimento dimostra il potenziale per il breeding dell’editing genomico di precisione: la presenza di geni come KLUH, in specie quali patata, peperone, soia, riso, frumento e mais, fa presagire che anche in queste specie sarà possibile ingegnerizzare la dimensione degli organi attraverso l’accesso a serie alleliche. La tecnologia CRISPR si presta anche al breeding basato sull’accumulo di più QTL, come dimostrato da Zhou e colleghi (Zhou et al., 2019). In questo caso sono stati scelti geni che controllano negativamente QTL per la resa e sono state ottenute combinazioni di mutanti singoli, doppi e tripli in background di élite. Quanto riportato descrive un avanzamento della ricerca basata su CRISPR in alcune colture di grande rilevanza economica. Recentemente, la National Science Foundation americana ha supportato il progetto Plant Genome Editing Database, descritto da Zheng e collaboratori (Zheng et al., 2019), che contiene dati su mutanti originati in otto specie: Brachypodium distachyon, Fragaria sp., Manihot sp., Medicago truncatula, Nicotiana benthamiana, Physalis sp., riso e pomodoro. L’ottenimento di mutanti loss-of-function in specie poliploidi è molto complesso, a causa della ridondanza funzionale dei genomi. In erba medica (Medicago sativa), questo si accompagna con la depressione da inbreeding che rende ulteriormente complessa l’attività del miglioratore genetico. Per questo, in specie poliploidi è utile indurre mutazioni dominanti. Una possibilità è offerta dalle microProteine, cioè piccole proteine che si originano da geni che codificano per proteine più grandi. In medica, i geni target per questo approccio potrebbero essere quelli che regolano la fioritura e quindi il rapporto tra foglie e fusto e in ultima analisi la resa e digeribilità della foraggera. La tecnologia CRISPR può essere usata per arrivare alla sintesi di microProteine derivanti da parti troncate di unità di trascrizione. Queste possono eterodimerizzare con la proteina intera, inattivandola producendo mutanti dominanti negativi (Chiurazzi et al., 2022). I candidati ideali per questo approccio sono i geni della famiglia CONSTANS/CO-LIKE e, nel caso dellamedica, ci si attende di ottenere un ritardo di fioritura, a vantaggio della biomassa e della qualità del foraggio.




CONCLUSIONI

L’ottenimento di mutazioni senza l’intervento diretto umano ha permesso alle piante di adattarsi ai nuovi ambienti. Questo processo viene ora affiancato dalla possibilità di generare in modo preciso nuove mutazioni, un approccio utile anche al miglioramento di caratteri di interesse per l’uomo.




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Comunicazione presentata al Seminario:
"Gregor Mendel, il mendelismo e la genetica agraria" organizzato dal Museo di Storia
il 14 ottobre 2022 a Sant'Angelo Lodigiano.


 


Carlo Pozzi
E' Professore associato di Genetica Agraria presso il  Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia - Università degli Studi di Milano.




Tommaso Maggiore 
Già  Docente di Agronomia Generale presso la Facoltà di Agraria dell' Università degli studi di Milano, è stato anche Direttore del corso di Agronomia, Presidente del Corso di laurea Magistrale di Scienze della Produzione e protezione delle piante e Direttore del dipartimento di Produzione Vegetale. E' autore di centinaia di pubblicazioni a carattere scientifico.

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