sabato 18 febbraio 2023

LA STIMA DEI PARCHI, GIARDINI E ALBERATURE

 

di FRANCESCO FERRINI, DANIELA ROMANO, ALESSIO FINI

 

Cipressi nel paesaggio in Toscana.
Filari di cipressi in Toscana. Parco Serravalle, Empoli (FI).

 

Riassunto 

Gli spazi a verde, spesso indicati come infrastrutture verdi (green infrastructure), sono sempre più considerati come una rete di luoghi interessati da vegetazione, localizzati in ambito urbano o rurale, in grado di fornire un’ampia gamma di vantaggi ambientali e di migliorare la qualità della vita per le comunità locali. Insieme alla proliferazione di nuove tipologie di verde (da quello pensile al verde verticale, agli impianti per la regimazione delle acque, come i raingarden o le aree di bioritenzione), si registra un aumento della consapevolezza sui vantaggi che essi apportano, definiti come servizi ecosistemici, e che possono essere ricondotti a tre grandi categorie: i) approvvigionamento di risorse, ii) regolazione di fenomeni ambientali e iii) culturali, riferiti cioè alla fornitura di beni non materiali. Accanto ai benefici, gli spazi a verde, e in particolare gli alberi, possono talvolta rappresentare fattori di rischio, a causa di schianti improvvisi determinati dai sempre più frequenti fenomeni climatici anomali e da errori nella scelta della specie e/o nella modalità di impianto e gestione. Così come errori nella gestione (es. capitozzature) possono ridurre il valore dell’albero e i servizi ecosistemici forniti, anche la non corretta esecuzione di pratiche colturali, quale il rinnovamento di alberi, cui è associato un rischio non accettabile e non mitigabile, possono essere cause di azioni legali che richiedono la stima accurata del valore degli alberi compromessi o la quantità di nuovi impianti necessari per compensare gli alberi abbattuti. 

I metodi più diffusamente utilizzati a livello internazionale per la stima del valore monetario degli alberi (es. Direct Cost Technique, Trunk Formula Method) sono incentrati sul concetto di valore di sostituzione, mentre in scarsa considerazione è tenuto il valore monetario dei servizi ecosistemici forniti. Gli economisti hanno sviluppato diversi metodi di valutazione per stimare i benefici e quindi il valore economico delle risorse ambientali in termini monetari. Il trasferimento di valore è un processo in cui i valori identificati in un’area di studio sono utilizzati per dedurre il valore nell’area di interesse. Il trasferimento di valore per le infrastrutture verdi richiede la comprensione delle caratteristiche delle stesse – siano esse alberature, giardini o parchi – per definire quali vantaggi forniscano in termini economici. Nel presente articolo, in particolare, anche in considerazione della formazione culturale degli autori, dopo una breve illustrazione dei benefici ecosistemici in senso lato che le infrastrutture verdi, e in particolare gli alberi, assicurano e dei riferimenti oggettivi per poter pervenire al calcolo del loro valore, sono stati analizzati i principali vantaggi e svantaggi dei processi di stima più comunemente utilizzati per la valutazione degli alberi. L’attenzione, nello specifico, è stata posta all’ambiente urbano; in quest’ultimo, infatti, la questione della stima dei servizi ecosistemici offerti dalle infrastrutture verdi e gli eventuali danni determinati dallo schianto di alberature assumono particolare interesse. 

Premesse 

Nel primo decennio degli anni 2000 la popolazione urbana mondiale ha superato quella rurale: oggi vivono in aree urbane circa tre miliardi e mezzo di persone. Intorno al 2030, quando la popolazione mondiale sarà di otto miliardi, si calcola che circa cinque miliardi risiederanno in città. Questa sovrappopolazione determina che le città siano diventate, come ricordava Odum (1983), dei veri e propri organismi eterotrofi con un vero e proprio metabolismo (indicato per primo da Marx con il termine “Metabolismo Urbano” già nel 1848 e definito come “la somma totale dei processi tecnici e socio-economici che avvengono nelle città, con conseguente crescita, produzione di energia ed eliminazione dei rifiuti”, Pincetl et al., 2012), che basano la loro crescita ed espansione sull’uso indiscriminato di risorse (energia e materie prime, spesso non rinnovabili), favorito dal  proliferare dei mezzi di trasporto e supportato dallo sviluppo industriale e dalle odierne tecnologie. 

Gli agglomerati urbani restituiscono all’ambiente calore e inquinamento, alterano i cicli bio-geo-chimici e sono causa di perdita irreversibile e frammentazione degli habitat naturali (Fischer e Lindenmayer, 2007). Le città, inoltre, non solo consumano le risorse immediatamente disponibili entro i propri confini fisici, ma hanno un effetto pervasivo su vaste aree, legato alla produzione di beni e servizi commerciali, necessari al loro sostentamento e sviluppo. Per cercare di attenuare i guasti dell’intensa urbanizzazione, un ruolo fondamentale per il buon “funzionamento” della città è rivestito dal verde urbano. Esso riesce a riequilibrare numerosi parametri ambientali, energetici, ecologici e sociali spesso alterati dalla progressiva urbanizzazione: il suo contributo alla qualità della vita della maggioranza della popolazione è quindi notevole e destinato ad accrescersi in futuro, con l’ulteriore espandersi dell’urbanizzazione. In questo contesto assumono quindi sempre maggiore interesse l’individuazione e soprattutto la determinazione del valore dei servizi ecosistemici che le aree a verde possono assicurare. Al contempo occorre ricordare come la presenza delle aree a verde, talvolta a causa della mancata o insufficiente manutenzione, possa arrecare dei danni, primi fra tutti quelli conseguenti allo schianto di esemplari arborei con possibili nefaste conseguenze su persone o cose. In ogni caso, a diverso livello, si avverte l’esigenza di una “quantificazione” dei benefici o delle eventuali conseguenze negative che gli spazi a verde possono apportare alla città, anche per meglio orientare gli interventi che vengono fatti per progettare e mantenere gli spazi a verde all’interno del recinto urbano.

I servizi ecosistemici 

Tutto ciò che l’uomo “produce” e trasforma a suo uso e consumo deriva direttamente o indirettamente dalla natura, spesso definita come “ecosistema”. I servizi ecosistemici, dall’inglese “ecosystem services”, sono, secondo la definizione data dal Millennium Ecosistem Assessment (MA, 2005), “i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano”. Il Millenium Ecosystem Assessment descrive quattro categorie di servizi ecosistemici che, in ordine d’importanza, sono: 

  • supporto alla vita (produzione primaria, come ciclo dei nutrienti, formazione del suolo ecc.);  
  • approvvigionamento (come la produzione di cibo, materiali, combustibile o acqua potabile); 
  • regolazione (come regolazione del clima e delle maree, impollinazione, depurazione dell’acqua e controllo delle infestazioni); valori culturali (fra cui quelli, spirituali, estetici ricreativi ed educativi). 
Il Cices (Common International Classification of Ecosystem Services), e cioè l’organismo che raccoglie il lavoro sulla “contabilità ambientale” intrapreso dalla European Environment Agency (EEA), di concerto con il System of Environmental-Economic Accounting (SEEA), attualmente guidato dalla United Nations Statistical Division (UNSD), nel suo ultimo report del 2018 (Haines-Young e Potschin-Young, 2018), ha incorporato le funzioni connesse con il supporto alla vita, all’interno di quelle connesse con la regolazione. Da qualche tempo si è cercato di quantificare, dal punto di vista economico, il valore di tali servizi a livello planetario. Molto noto nel dibattito è l’intervento di Costanza et al. (1997) che hanno stimato il valore del flusso globale dei servizi ecosistemici in 33.000 miliardi di dollari l’anno. Poco dopo Toman (1998) ha fortemente criticato il dato, sottolineando come si trattava di una sottostima significativa di infinito. 

Il contributo degli spazi a verde urbani ai servizi ecosistemici 

Al di là del valore determinato a livello planetario, le aree verdi e gli alberi, in particolare, attuano innumerevoli funzioni essenziali per la salute pubblica e la qualità dell’ambiente urbano, tramite i corrispondenti servizi ecosistemici (Bolund e Hunhammar, 1999; Manes et al., 2014; Shanahan et al., 2016). Questi ultimi sono rappresentati dai numerosi benefici che vanno dagli aspetti funzionali, relativi al ciclo dei nutrienti e a quello dell’acqua, al miglioramento della qualità dell’aria, alla caratterizzazione del paesaggio, fino a comprendere aspetti ricreativi e sociali. Possono essere quindi definiti come i benefici che derivano da processi ecologici, che, direttamente o indirettamente, aumentano lo stato di benessere dagli esseri umani (Cices, 2018). In letteratura il concetto di “servizio ecosistemico” è stato più volte oggetto di varie chiavi di lettura, talvolta contrastanti; ne consegue che il modo più corretto di intenderle come un sottoinsieme dei processi ecologici e delle strutture ecosistemiche stesse. Ogni funzione è la conseguenza di un processo naturale caratteristico del sottosistema ecologico di cui esso è parte integrante. Come è noto, i processi naturali sono il frutto di una complessa interazione tra le componenti biotica, e come tale, costituita dagli organismi viventi, e abiotica, cui appartengono fattori fisico-chimici e inorganici di un ecosistema spesso negativamente influenzati dalle attività umane. Il concetto di servizi ecosistemici getta quindi le basi per la catalogazione dei vari aspetti degli ecosistemi naturali utili per l’umanità: in tal senso sono tradotte le funzioni ecosistemiche in beni e servizi ecosistemici quando si è in presenza di un potenziale valore umano, nel senso di rispondenza allo stato di benessere dell’umanità. Possedere dati sul valore economico totale delle risorse e dei beni ambientali costituisce quindi un elemento determinante per appurare la razionalità delle scelte di sviluppo, per dare un valore alle politiche di tutela dell’ambiente e individuare le regioni più vulnerabili dove il mutamento è più verosimile. Di seguito saranno brevemente richiamati i diversi benefici che le aree a verde urbano possono assicurare 

Approvvigionamento (provisioning

All’interno di questa categoria troviamo numerosi elementi, quali l’approvvigionamento di cibo e altre risorse (es. biodiversità). Le città possono diventare, grazie alla presenza di piante, una fonte preziosa di alimenti. La “food forest”, ad esempio, è una policoltura di piante legnose ed erbacee perenni, eduli, pianificata e progettata per simulare le dinamiche forestali e perciò in grado di autosostenersi (Park et al., 2018). Negli ultimi anni, inoltre, sempre maggiore rilievo assume l’agricoltura urbana (Orsini et al., 2013) e la possibilità di coniugare insieme i valori estetici con le funzioni alimentari degli spazi a verde (edible landscaping) (Fetouh, 2018). 

Regolazione (regulating) 

Sono compresi alcuni dei benefici ottenuti dalla regolazione di processi ecosistemici e includono: 

  • Miglioramento della qualità dell’aria: importantissima funzione che va dall’immissione in atmosfera di numerosi elementi chimici all’estrazione dall’atmosfera degli inquinanti. Il carente rapporto del bilancio O/CO, l’inquinamento dell’aria rappresentano una seria minaccia alla salute umana. In Europa la Commissione europea ha stimato che nel 2016 sono morte prematuramente 540.000 persone a causa dell’inadeguata qualità dell’aria, mentre in Italia, nello stesso anno, l’esposizione all’inquinamento, generato dal traffico, ha causato la morte di oltre 84.000 persone (EEA, 2019). L’impatto dell’inquinamento atmosferico nelle città italiane dal punto di vista sanitario è notevole, se si pensa che in media ogni anno 8.220 morti sono attribuibili a concentrazioni di PM10 superiori ai 20 µg/m3, valore che equivale al 9% della mortalità per tutte le cause (escludendo gli incidenti) nella popolazione oltre i 30 anni di età (Martuzzi et al., 2007). Se si considerano, tuttavia, i dati più recenti della UE-28, l’Italia ha il triste primato per morti causate da polveri sottoili, O e NO (EEA, 2018). 
  • A Chicago (Stati Uniti), è stato calcolato, per esempio, che gli alberi rimuovono ogni anno circa 5.575 tonnellate di inquinanti atmosferici, sequestrando 315.800 tonnellate di carbonio (McPherson et al., 1997). A Londra la deposizione del PM10 sulle chiome degli alberi urbani è stata valutata, invece, usando il modello UFORE (Urban Forest Effects Model), da 852 a 2.121 tonnellate per anno, il che rappresenta lo 0,7-1,4% del PM10 dell’area urbana (Tallis et al., 2011). Diversi studi dimostrano l’efficienza delle piante sempreverdi nel ridurre l’inquinamento dell’aria; gli alberi del Parco delle Cascine a Firenze, ad esempio, rimuovono ogni anno inquinanti atmosferici per 69,0-72,4 kg/ha (Paoletti et al., 2011).
  • regolazione del clima: le aree verdi urbane e le piante in genere hanno la capacità di influire positivamente sia sul clima sia sulla qualità dell’aria nel luogo circostante, limitando l’effetto “isola di calore”, aumentando l’umidità e mitigando gli eccessi microclimatici. Anche aree verdi di dimensioni contenute possono portare benefici ai residenti locali (von Stülpnagel et al., 1990), in quanto le piante utilizzano l’energia solare per i processi fotosintetici e forniscono ombra, riducendo le superfici artificiali. Il consumo energetico giornaliero per il condizionamento dell’aria, in giornate estive calde, si può ridurre da 5,56 kW a 2,28 kW, grazie alla presenza della vegetazione (Givoni, 1991).
  • regolazione delle acque: le aree a verde urbane e le piante contribuisco al controllo del deflusso delle acque in eccesso nel caso di precipitazioni intense. Le nuove tecnologie per la regimazione delle precipitazioni si basano su quella tecnica che in America prende il nome di “Low Impact Development” o LID (ad litteram, sviluppo a basso impatto ambientale) che prevede un approccio sostenibile alla progettazione con l’obiettivo di ridurre il carico delle acque superficiali in eccesso. Tuttavia, l’acqua non viene considerata unicamente come fattore da rimuovere dal sito in questione, ma piuttosto essa viene valorizzata come un’opportunità; difatti il LID si basa su un sistema a ciclo chiuso con recupero e riutilizzo dell’acqua raccolta. Inoltre, dal momento che alcuni studi fatti negli Stati Uniti hanno constatato che i metodi convenzionali di raccolta e smaltimento della pioggia in ambiente urbanizzato danneggiano la qualità delle acque degli habitat naturali, un’altra delle finalità che la tecnica si prefigge è proprio quella di prevenire questo tipo di problemi grazie a dei sistemi di depurazione (biologica e meccanica) delle acque meteoriche.
  • regolazione dell’erosione: la copertura vegetale e il sistema delle radici costituiscono aspetti fondamentali nel controllo dell’erosione; la presenza delle piante rende i suoli in grado di assorbire una consistente parte delle piogge, che poi vengono rilasciate per gradi sia nelle falde idriche sotterranee che nei corpi idrici superficiali. Ciò va a limitare l’erosione idrica superficiale e il rischio idrogeologico; le radici delle piante, infatti, trattengono il suolo, mentre la parte aerea intercetta la pioggia evitando un’eccessiva compattazione del suolo altrimenti esposto;
  • habitat per la biodiversità: gli spazi a verde sono essenziali in quanto forniscono rifugio, protezione e spazi vitali a piante e animali selvatici (soprattutto nella fase riproduttiva), siano essi specie residenziali oppure migratorie.
Valori culturali (cultural

Sono i benefici non materiali che la popolazione ottiene dagli ecosistemi, attraverso l’arricchimento spirituale, lo sviluppo cognitivo, la riflessione, le esperienze ricreative ed estetiche. Gli alberi e la natura sono da sempre fonte di ispirazione e di legame per le culture e le civiltà di tutto il mondo; in tutte le epoche numerosi sono i riferimenti sia nelle tradizioni laiche che religiose (Brosse, 1998; Ferrini e Pisani Barbacciani, 2002). 

I valori culturali includono:
  • ispirazione per cultura, arti, valori educativi e spirituali, senso di identità: gli ecosistemi sono fonte primaria e insostituibile di ispirazione per arte, folklore, simboli nazionali, architettura, pubblicità e forniscono le basi per l’educazione formale e informale in molte società; 
  • valori estetici: paesaggi e aree naturali rappresentano motivo di estetica sempre più ricercata; ciò si riflette nella preferenza che molte persone manifestano per vivere in ambienti esteticamente piacevoli e nella demarcazione delle “strade panoramiche” nel supporto ai parchi e nella selezione dei luoghi residenziali;
  • valori ricreativi: attraverso le numerose qualità e varietà della scena visiva, gli ambienti naturali forniscono molte opportunità per attività turistiche ricreative, del tempo libero e sportive: passeggiate, escursioni, campeggio, pesca, nuoto e studio della natura. Si può quindi facilmente dedurre che gli ecosistemi forniscono all’umanità una grande varietà di servizi essenziali e di vantaggi; ciononostante il loro valore reale nel lungo periodo non sempre è stato “contabilizzato” nelle previsioni economiche della società.

Il valore dei servizi ecosistemici 

Se il valore dei servizi ecosistemici relativi alla produzione di beni e risorse può essere quantificato abbastanza agevolmente come resa ettaro di prodotti eduli o biomassa di legno raccolta (Grohmann et al., 2019; Skrøder Nytofte e Henriksen, 2019), la determinazione del valore dei servizi ecosistemici culturali e di regolazione spesso non è semplice e univoca. Si pensi per esempio a servizi ecosistemici di regolazione quali la rimozione della CO e del particolato dall’aria, oppure al miglioramento del microclima dovuto all’azione combinata dell’ombreggiamento e della traspirazione (tab. 1). Elmqvist et al. (2015), in una review che ha analizzato i lavori prodotti sull’argomento, hanno evidenziato come il valore dei servizi ecosistemici delle aree a verde possano essere considerati pari a circa 9700 dollari per ettaro e per anno, escludendo il valore del sequestro di CO  e degli effetti positivi sulla salute, di più difficile determinazione.



La ricerca ha sviluppato diverse classi di modelli per la quantificazione dei benefici di regolazione e, di conseguenza, del loro valore, ma la loro applicazione a contesti urbani è ancora carente. I modelli empirici stimano il beneficio in base a relazioni ottenute fittando empiricamente un largo numero di osservazioni sperimentali con uno o più parametri della pianta. Tali modelli sono spesso utilizzati per la stima del carbonio stoccato (ovvero tutto quello che si libererebbe in atmosfera se si bruciasse la pianta) e del carbonio sequestrato (ovvero l’incremento di stoccaggio annuale) in base al diametro del fusto e all’altezza della pianta (McHale et al., 2009). Essendo privi di una solida base teorica, questi modelli sono difficilmente trasferibili al di fuori dell’ambiente e delle specie per cui sono stati sviluppati, quindi poco applicabili ad ambienti forestali e urbani, così come a città appartenenti a diverse aree climatiche.

Al contrario, i modelli process-based calcolano i benefici sulla base di processi fisiologici e biochimici conclamati, per esempio stimando la crescita sulla base della fotosintesi e di modelli di allocazione del carbonio (Le Roux et al., 2001). Tali modelli, maggiormente trasferibili perché imperniati su leggi biologiche, richiedono però input complessi, ancora poco noti per la maggior parte delle specie urbane. La maggiore semplicità ha portato alla vasta diffusione dei modelli empirici, ma a volte la ricerca eccessiva della semplificazione può indurre errori, anche concettuali, e significative sottostime del beneficio. Per esempio, nel modellizzare il contributo degli alberi alla riduzione della CO atmosferica, si fa spesso riferimento allo stoccaggio e al sequestro, ignorando il processo fisiologico che sta alla base del beneficio, cioè la fotosintesi, i cui prodotti non sono esclusivamente dedicati alla crescita di biomassa legnosa, ma anche di quella effimera, al metabolismo di difesa e alla riproduzione. In modo analogo, la stima del contributo delle piante al miglioramento del microclima è spesso incentrata sull’intercettazione della radiazione incidente da parte delle chiome (ombreggiamento) (Massetti et al., 2019), mentre è quasi sempre ignorato il contributo della traspirazione, che può essere rilevante visto che ogni grammo di acqua traspirato dissipa 2,46 kJ come calore latente e considerando che, in una giornata estiva, una pianta matura può traspirare oltre un centinaio di litri di acqua. Alcuni progetti di ricerca, finanziati a livello europeo, stanno cercando di migliorare la quantificazione dei servizi ecosistemici offerti dalle piante in ambito urbano, al fine di promuovere una pianificazione e una gestione del verde finalizzate a massimizzare di tali benefici. Tra questi, il progetto LIFE Urbangreen ha lo scopo di misurare in situ alcuni parametri fisiologici direttamente correlati con i servizi di regolazione su dieci specie arboree presso le città di Rimini e Cracovia (www.lifeurbangreen.eu). 

I risultati preliminari del progetto hanno mostrato come, a parità di area fogliare, esistano profonde differenze tra le specie nella capacità di assimilare CO atmosferica e raffrescare il microclima con la traspirazione. Per esempio, a Rimini, 1 m2 di area fogliare di farnia (Quercus robur) assimila circa 2 g di CO all’ora, mentre la stessa area fogliare di Acer negundo ne assimila solo 1,05 g all’ora. Analogamente, 1 m² di area fogliare di farnia traspira, in una giornata estiva, circa 3 litri d’acqua, dissipando 8000 kJ, mentre la stessa area fogliare di ippocastano (Aesculus hippocastanum) ne traspira un litro e mezzo, dissipando solo 3500 kJ (www.lifeurbangreen.eu). 

La diversa capacità funzionale delle specie arboree dovrebbe avere un impatto sul valore dell’albero, soprattutto per individui maturi che sviluppano vasta area fogliare, ma servono ulteriori ricerche per espandere le conoscenze per ora limitate a un ridotto numero di specie e per condividere un protocollo univoco per la misurazione dei servizi ecosistemici. I servizi ecosistemici fisici e culturali sono spesso stimati indirettamente, per esempio misurando cambiamenti nella mortalità e nella morbilità che seguono a variazioni nella copertura arborea (Donovan et al., 2015). Anche il decorso post-ricovero è stato utilizzato come indicatore degli effetti terapeutici legati alla presenza di aree verdi. A seguito di una indagine, Roger Ulrich (1984), dell’Università del Texas, constatò che i pazienti che godevano di una “vista verde” si riprendevano molto più rapidamente dall’operazione chirurgica, essendo meno stressati e più carichi psicologicamente”. Lo studio, durato 10 anni e basato solo su un tipo di intervento (colecistectomia) su pazienti che non soffrivano di altre patologie ha mostrato una relazione tra durata dell'ospedalizzazione, uso di farmaci antidolorifici e possibilità di vedere la natura attraverso una finestra dell’ospedale. 

I pazienti con accesso a una vista “verde” si ripresero più velocemente (7,96 giorni contro 8,70) ed ebbero bisogno durante la degenza di meno farmaci antidolorifici. A seguito di tali studi, Ulrich (1991) ha formulato la teoria di riduzione dello stress grazie alla distrazione positiva offerta a persone stressate dalla vista della Natura. La capacità di giardini e piante di aumentare la soddisfazione sia di pazienti che del personale medico, oltre a ridurre lo stress, sta attirando notevole attenzione da parte degli amministratori ospedalieri degli Stati Uniti (Ulrich, 2002). Soprattutto in questo Paese in cui vi è un mercato altamente competitivo dell’assistenza medica, investire nei giardini è visto come un valido strumento per migliorare i risultati economici o finanziari delle strutture ospedaliere (Sadler, 2001). Negli USA è stato stimato, infatti, che costruire un ospedale in un luogo piacevole, circondato da un giardino può comportare un risparmio annuale di circa 15-20 milioni di dollari per una struttura da 300 letti. Un ambiente gradevole, inoltre, consente agli ospedali americani, che sono in competizione fra loro, di attrarre un maggior numero di pazienti (Coile, 2002).

Il valore degli alberi 

Il valore degli alberi in ambito urbano non è semplice da stabilire. I metodi più comuni e utilizzati per stabilire il valore di singoli alberi in tutto il mondo ricorrono all’uso due tipi fondamentali di formule. Il primo stabilisce un valore iniziale basato principalmente sulle dimensioni, quindi regola questo valore (di solito verso il basso se meno che perfetto) per fattori quali condizione (vigore, struttura, salute ecc.), posizione (ambiente, valore immobiliare, funzione, visibilità ecc.), qualità delle specie e situazioni speciali (significato storico ecc.). L'altro tipo di formula utilizza un sistema di valutazione di punti per questi fattori (i punti possono essere sommati o moltiplicati insieme) con un fattore monetario introdotto alla fine. Con questo approccio, la dimensione è solitamente uno dei tanti fattori ugualmente pesati e ha meno influenza sul valore stimato. Anche altri fattori, come le condizioni di salute, la posizione nel paesaggio e fattori speciali, vengono enfatizzati in modo diverso nelle varie formule. Le formule sono generalmente collegate alle condizioni del mercato nazionale e/o regionale attraverso l’incorporazione del costo della pianta da vivaio. Ciò presuppone che esista una relazione diretta tra il costo del vivaio e il valore degli alberi più grandi. Quando nella formula è specificato un valore monetario non legato ai prezzi dei vivai, questo viene determinato per consenso (Helliwell, 2000). Purtroppo, non sono molte le pubblicazioni di rigore scientifico su questo argomento e il valore attribuito ai singoli individui è ancora alquanto soggettivo ed influenzato dalla preparazione specifica del valutatore. 

Eppure, capire il valore di una foresta urbana o di un singolo albero può dare a manager e pianificatori una base su cui sviluppare e valutare i programmi per la gestione degli alberi urbani. Nel Nord America, il metodo di stima più utilizzato è il valore compensativo degli alberi sviluppato dal Council of Tree and Landscape Appraisers (ultima edizione 2018). I valori compensativi rappresentano un compenso ai proprietari per la perdita di un singolo albero e possono essere utilizzati per stimare la compensazione per le perdite di alberi, giustificando e la gestione delle risorse e/o l’impostazione delle politiche relative alla gestione degli alberi urbani. Secondo quanto affermato da Sani et al. (2008), la necessità di ricorrere alla stima dei valori connessi alla presenza di un albero è in linea con gli sviluppi della pratica estimativa, alla quale viene richiesto sempre più spesso di fornire valutazioni in merito a benefici intangibili della più svariata natura (valore estetico di un bene, valore della funzione ricreativa di un parco ecc.). Le ragioni per cui è necessario formulare la stima possono essere numerose e rivestono il campo sia pubblico sia privato: il risarcimento dovuto a causa dell’eliminazione o del danneggiamento della pianta, la determinazione del valore di una proprietà in cui si trova l’albero in esame, la valutazione fra alternative progettuali, l’indennizzo in caso di esproprio, la determinazione del valore funzionale del vegetale, l’assicurazione contro i rischi di cedimento o di morte del soggetto arboreo e altro ancora. Per quanto riguarda i metodi essi si dividono in empirici che stimano la crescita e la biomassa in base a osservazioni sperimentali e parametrici. Le relazioni empiriche come prima sottolineato, mancano di una robusta base teorica ma possono contare su un vastissimo numero di osservazioni su una molteplicità di specie, soprattutto in ambiente forestale (Pilli et al., 2006; McPherson et al. 2016, Forrester et al., 2017). Il problema è che essi valgono per gli ambienti in cui sono stati sviluppati per cui è difficile una loro applicazione generale. I metodi parametrici sono diversi e sono da tempo utilizzati. Fra i più diffusi troviamo il Procedimento svizzero (Union Suisse des Services des Parcs et Promenades) nel quale, oltre al prezzo base, sono tre gli indici che concorrono a formare il valore ornamentale di un albero:  

  • l’indice di dimensione – ID;  
  • indice di posizione – IP;  
  • l’indice estetico e delle condizioni sanitarie – IES.

È previsto inoltre il caso in cui l’albero da stimare non sia stata abbattuto, ma solo danneggiato, per cui viene proposto anche un quarto indice, ovvero l’indice di riduzione per danni al legno e al cambio (IR).

Il valore ornamentale complessivo si ottiene moltiplicando un decimo del prezzo di acquisto al vivaio di un albero di particolari dimensioni, come specificato dal metodo (il cosiddetto prezzo base Pb), per il valore dei tre primi indici: 

VC = Pb•ID•IP•IES (•IR) 

dove 

ID = Indice di dimensione; IP = Indice di posizione; IES = Indice estetico e delle condizioni sanitarie; IR = Indice di riduzione per danni al legno e al cambio (si applica solo nel caso di piante danneggiate, non abbattute). 

Il Metodo tedesco è più articolato rispetto al metodo svizzero. Il valore base, ricavato anch’esso dal mercato vivaistico, pur essendo calcolato in modo diverso, praticamente coincide con il prezzo base del metodo svizzero, mentre gli indici sono i seguenti: 

  1. dimensione; 
  2. posizione; 
  3. inserimento ambientale; 
  4. condizione; 
  5. diminuzione dell’età; 
  6. riduzione per danni al legno e al cambio. 

L’esperienza operativa italiana ha suggerito alcune modifiche al metodo svizzero (Pirani e Fabbri, 1988), che ne hanno migliorato l’applicazione pratica. 

Il metodo svizzero (e sue modifiche) tende a sottovalutare il valore degli alberi, pur se più applicativo e speditivo. Il metodo tedesco tende a dare valutazioni più elevate, ma è stato, ad esempio, utilizzato e accettato per il risarcimento dei danni causati da un evento meteorico all’Orto Botanico di Firenze (Sani, com. pers.). Negli Stati Uniti è utilizzato C.T.L.A. Method (Council of Tree & Landscape Appraisers) proposto nel 1951 nella prima edizione della Guide for Plant Appraisal (ultima edizione del testo, la decima, è stata pubblicata nel 2012 con un aggiornamento nel 2018). Questo metodo, più articolato ma sempre parametrico, attribuisce un valore monetario di base all’albero, moltiplicando le dimensioni del tronco per un costo unitario ipotetico (Unit Tree Cost). Il valore ottenuto viene successivamente modellato sulla base della specie della pianta, del suo stato di salute e della sua localizzazione. Per effetto di queste modifiche, il valore monetario di base può solo diminuire. Nel caso di alberi di straordinario e riconosciuto pregio può, al massimo, rimanere invariato. La Guide for Plant Appraisal descrive tre metodi di base per la valutazione degli alberi: 

  1. Costo (cost approach), non necessariamente ciò che si pagherebbe per l’albero);
  2. Reddito (income approach), in caso di stima del valore piante forestali, del costo dell’affitto con o senza alberi ecc.; 
  3. Mercato (market approach), differenza nel prezzo di vendita di immobili con e senza alberi di pertinenza (Donovan e Butry, 2008). 

Il metodo usato dal CTLA è indicato come “Trunk Formula Method” (CTLA TFM) perché si basa sulla misurazione dell’area della sezione trasversale del tronco, che viene moltiplicata per il valore monetario per pollice quadrato. Questo valore di base è poi ammortizzato o ridotto da fattori per specie, condizione e posizione dell'albero. Il Trunk Formula Method estrapola il valore dell’albero in base a quello del numero di individui della stessa specie, della dimensione massima disponibile in vivaio, necessario per ottenere un’uguale area basale del fusto.

Ha il vantaggio di essere di facile applicazione ed è largamente accettato tra gli arboricoltori. Di contro presenta il problema che il valore dell’unità di area basale del fusto è considerato costante per tutta la vita dell’albero, assunzione poco supportata da evidenze empiriche. È trascurato, inoltre, il valore associato ai servizi ecosistemici forniti dalla pianta. 

Il Metodo inglese C.A.V.A.T. Method (Capital Asset Value for Amenity Trees) è stato proposto per la prima volta nel 2008 con il preciso intento di fornire, ai privati, agli uffici giudiziari ma, soprattutto, agli enti pubblici, un metodo professionale di stima del valore economico degli alberi). Il procedimento C.A.V.A.T non è specie-specifico (a differenza degli altri), cioè non tiene conto della specie dell’albero e stima il valore dell’albero stesso usando una formula grazie alla quale è possibile calcolare il valore economico degli alberi: Valore economico = dimensioni della pianta x valore economico di base x densità di popolazione x accessibilità al luogo x stato di vigore e di salute della pianta x “special factors” x aspettativa di vita della pianta. 

Il Metodo australiano Burnley Method Revised è stato proposto per la prima volta da McGarry e Moore nel 1988 e, tre anni più tardi, rivisto dallo stesso Moore e da Arthur (1991). Concettualmente è identico al C.T.L.A. Method. Infatti, tutti i parametri presi in considerazione concorrono a ridurre un valore di base generico dell’albero. Nel Burnley Method Revised questo valore viene modellato sulla base dell’aspettativa di vita della pianta, dell’aspetto complessivo, della localizzazione e dello stato di salute della stessa. Il Metodo danese VAT03 Method è stato proposto da Randrup nel 2005 per la precisa esigenza di creare un modello di valutazione adatto agli alberi, al clima e al territorio specifico della Danimarca. I parametri utilizzati per la valutazione economica sono il costo della giovane pianta in vivaio, l’età, lo stato di salute e l’inserimento della stessa nel contesto paesaggistico. Nel 2017 è stato rivisto da ricercatori norvegesi usando le reti Bayesiane, che sono uno strumento molto versatile e, per questo, impiegate per studiare fenomeni di diversa natura. 

Il Metodo neo-zelandese S.T.E.M. (Standard Tree Evaluation Method) è stato pubblicato da Flook nel 1996 e segue un procedimento a punti per attribuire un valore economico all’albero oggetto della stima. Le caratteristiche che questo metodo impone di prendere in esame sono: aspetto complessivo, rarità della specie, vigore e vitalità, importanza e ruolo nel contesto, età, altezza, visibilità, presenza di altri alberi e adattamento al clima. In questo caso, la stima del valore economico si raggiunge moltiplicando i punti ottenuti per il prezzo di vendita della pianta in vivaio e sommando, al risultato conseguito, i costi di messa a dimora e di manutenzione. 

Metodo spagnolo Norma Granada è stato pubblicato in Spagna nel 1990 dall’associazione spagnola dei parchi e dei giardini pubblici. Il concetto che lo ha ispirato è lo stesso del C.T.L.A. Method e del Burnley Method Revised. Anche in questo caso il valore di base generico dell’albero è regolato da fattori specifici, quali il tasso di crescita, la longevità, le dimensioni, lo stato di salute e l’inserimento dell’albero nel contesto paesaggistico specifico. 

Il metodo A.G.E.M. (Analitycal Green estimation Method) è il metodo innovativo ideato da Frontini (http:// www.metodoagem.it/), in collaborazione con L’Università di Bologna, che permette di stimare il valore economico, paesaggistico e ambientale di un’infrastruttura verde. Il metodo di valutazione basa i suoi algoritmi sui criteri di stima dell’estimo classico, vanno inseriti una serie di dati che lo rendono specie-specifico e soprattutto tengono conto delle caratteristiche tipiche di ogni singolo individuo, come la trasparenza della chioma, le dimensioni di fusto e chioma, la specie e la forma. Per la sua complessità, tuttavia, esso non sempre si presta per una pratica estimativa a carattere orientativo. 

Orebla semplificato, questo metodo, sviluppato da Sani (2020) dà un giudizio di qualità ornamentale adimensionale, nell’ambito di un campo di valori fra 0 (cui è associato un giudizio di qualità assente) e 1 (cui si riferisce un albero che raggiunge la massima qualità ornamentale possibile). Questo giudizio sulla qualità ornamentale di un albero è il frutto dell’integrazione, mediante metodi euristici, di un insieme di variabili strettamente dipendenti o esplicative di quegli aspetti che l’osservazione e l’analisi teorica hanno messo in evidenza come variabili in grado di condizionare l’entità del valore ornamentale di un esemplare arboreo. Successivamente alla determinazione del giudizio di qualità ornamentale, questo viene trasformato in una somma di danaro, cioè nel valore ornamentale dell’albero, per il tramite di una funzione di trasferimento euristicamente predeterminata. Il metodo è stato sviluppato su un foglio elettronico di Excel® e fa parte integrante della scheda di rilevamento della valutazione di stabilità (Sani, com. pers.) 

Considerazioni sui metodi 

Il messaggio che dovrebbe passare è che gli alberi hanno un valore. Il paesaggio vale. I proprietari di immobili, le amministrazioni pubbliche devono saperlo e tenerne conto in tutti quei contesti in cui si ha a che fare con gli spazi a verde (decisioni politiche relative alla progettazione e/o manutenzione dei parchi e dei giardini, compravendite di immobili ecc.). I valori stimati con i diversi metodi di valutazione dovrebbero riflettere differenze di dimensioni, condizioni, longevità e altri fattori, ma una cosa che tutti i metodi sembrano avere in comune è che vengono revisionati o sostituiti regolarmente. Questo può essere un riflesso della difficoltà di stabilire un valore per qualcosa che normalmente non viene acquistato e venduto. Il valore del bene deriva dal “beneficio” che il bene stesso apporta: la stima quanto più accurata dei servizi ecosistemici dovrebbe essere la direzione verso cui si dovrebbero muovere, in maniera sinergica, i ricercatori delle discipline sia estimative che biologiche al fine di giungere a modelli, non solo empirici, ma process-based, per i quali servono numerose informazioni che solo una sperimentazione ampia e continua può fornire, ma per la quale servono quelle risorse che, per la stessa sottostima della questione, non sempre sono rese disponibili. 


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Atti convegno  FIDAF: "Estimo Scienza del Metodo".

 



Francesco Ferrini
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (Dagri) – UNIFI

Daniela Romano
Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiante (Di3A) – UNICT

Alessio Fini
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia (DISAA) – UNIMI

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