giovedì 25 agosto 2022

UN REPORTAGE SUI PASCOLI ALPINI E SULLE MALGHE DALLA “VETTA D’ITALIA”

VALLI AURINA (AHRNTAL), TURES (TAUFERER) E SELVA DEI MOLINI (MÜHLWALDER TAL).

 

di ALESSANDRO CANTARELLI 
 
 
Bovini pascolanti in Val di Selva dei Molini. Da sinistra si vedono rispettivamente capi di razza Simmental, Pusterlaler, Pinzgauer, Grigio alpina (al centro), ed ancora Simmental all’estremità destra. Foto A. Cantarelli.



Con i suoi 2911 m di altitudine, la Vetta d’Italia è insieme la cima montuosa e il punto cardinale più a settentrione dell’intera penisola italiana, oltre il 47° parallelo. Situata lungo la splendida cornice delle Alpi Aurine-Zillertaler Alpen che oltre che per l’incomparabile bellezza, presentano diverse cime sopra i 3.000 m con anessi ghiacciai; queste cime delimitano più in basso la Valle Aurina (Ahrntal), quella di Selva dei Molini (Mühlwalder Tal), e la Valle di Turer (Tauferer).
Il presente lavoro si focalizzerà su alcune caratteristiche dell’agricoltura montana di questa estrema area nord-orientale dell’Alto Adige o Südtirol, in provincia di Bolzano.
Nell’inquadrare l’area rurale in oggetto, è opportuno richiamare alcuni concetti specialistici quali alpicoltura, alpeggio, maso, malghe e transumanza.
Il Borgioli (1952), definisce l’alpicoltura quella “branca speciale dell’agricoltura che studia gli aspetti economici, agronomici e zootecnici dell’esercizio delle tipiche aziende pastorali della montagna alpina costituite prevalentemente da pascoli e prati pascoli estivi; che detta le norme tecniche per la conservazione, il miglioramento e la bonifica di questi pascoli; che indica e propone mezzi idonei per attuarne il riordinamento delle forme di proprietà e godimento, al fine di incrementare quantitativamente e qualitativamente l’industria zootecnica bovina e ovina e talune colture agrarie, che rappresentano le basi della vita delle popolazioni alpigiane”.
Nel periodo che oscilla indicativamente da un minimo di due mesi (luglio e agosto), ad un massimo di 100 giorni circa (dalla primavera avanzata al termine della stagione estiva, anticamente il giorno di S. Bartolomeo), corrispondente al periodo centrale della lattazione degli animali, il bestiame di queste terre viene condotto al pascolo da quote (o dal “piede”) di circa 1.000 m fino a 2.300/2.500 m.
Come riporta il Saltini (2010) riferendosi al ciclo dell’allevamento lombardo del Cinquecento nel documentato dialogo tra lo Scaltrito e messer Avogadro, gli alpeggi se da una parte sono ricchi di foraggi nutrienti nei mesi estivi, non offrono alcuna possibilità di sostentamento nella rimanente parte dell’anno: gli animali portati attraverso l’esercizio della transumanza, verranno ricondotti nei masi più a valle, dove verranno alimentati dai foraggi conservati prodotti sui terreni coltivati a prato ed il periodo dell’alpeggio.
La transumanza in queste zone è dettata dalla convenienza di sfruttare i più ubertosi terreni di valle o i primi rilievi per altre colture o, più frequentemente, per costituire le scorte foraggere per l’inverno.
La durata dell’alpeggio (denominato anche monticazione o estatatura del bestiame), dipende da fattori quali l’altitudine, l’esposizione, la giacitura e la ricchezza dei pascoli (Pilla, 1985).
Tale antichissima pratica (forse già in uso presso le popolazioni reto-celtiche), risponde nel contempo a necessità tecniche ed economiche: il suo esercizio razionale si traduce in un notevole beneficio per la salute del bestiame bovino che rappresenta la maggior parte dei capi monticati e specialmente dei vitelli, che migliorando la loro conformazione, si irrobustiscono per il prolungato soggiorno all’aria pura ed al sole di montagna.
L’elemento tecnico più importante da considerare risulta essere quello del bestiame da monticare, il quale deve essere proporzionato alla estensione e produttività dei pascoli e alla durata dell’alpeggio; il Borgioli considerava un dato medio quello di 0,5 capi bovini /ha o 3 capi ovini.
Su un totale di 1.842 pascoli riportati nella provincia di Bolzano che si compone di ben 116 comuni, sulla BDN di Teramo al 30/06/2020, n. 27 si trovano nel comune di Campo Tures, n. 31 nel comune di Predoi e n. 65 in quello di selva dei Molini.
Consultando la stessa fonte, risulta nel mese di giugno il picco degli animali pascolati, nel 2020 rispettivamente n. 729 a Campo Tures (n. 681 nel 2019); n. 135 a Predoi (n. 124 nel 2019) ed infine n. 419 a Selva dei Molini (n. 356 nel 2019). In totale nel Sudtirolo risultavano movimentati nel 2020 verso i pascoli ben. 50.616 capi.
Caricando poco, gli animali lasciano intatte le erbe foraggere più scadenti quali ad es. l’erba cervina (Nardus stricta) e la Festuca ovina, che così tendono ad invadere i pascoli, e la quantità di deiezioni e letame non risulta essere sufficiente a mantenere la fertilità del terreno (il rimando è anche alla pratica della mandratura o stabbiatura); caricando troppo si ha un calpestamento eccessivo dei pascoli migliori che si degradano rapidamente, coprendosi di sentieri sui quali esercitano la loro azione erosiva le acque di ruscellamento.
In queste zone vi è da annotare che nel percorrere i numerosi sentieri che conducono ai rifugi alpini, non prima di avere incrociato le malghe sparse nelle vallate, l’osservatore è portato a rilevare un carico di bestiame perlopiù equilibrato.
I pascoli migliori corredati da locali di ricovero per gli uomini ed il bestiame nel periodo estivo, denominati “alpi” o “malghe” (corrispondente al tedesco alm, al singolare), condotte dal malghese, rappresentano in queste zone un tratto peculiare dell’economia contadina, che ai numerosi turisti del periodo estivo offrono ospitalità e ristoro, anche attraverso la vendita dei sempre più apprezzati formaggi d’alpeggio o di malga, oltre al fragrante burro che provenendo da latte di bovini che brucano l’erba fresca, risulta di un bel colore giallo. 
 
In queste vallate alpine e sui pendii più ripidi, si trova ancora la fienagione attuata mediante l’essicazione dell’erba sui graticci (Schwedenreiter a destra). A sinistra invece imballatura del fieno mediante moderna rotopressa. Foto A. Cantarelli.

 

Il carico o la portata di ogni malga, si indica generalmente con il numero dei capi bovini normali (paga, vaccata), che pascolano per la durata dell’alpeggio: conta per un capo bovino normale tanto la vacca, quanto la manza di due anni; per mezza “paga”, la manzetta da dieci mesi a due anni; per un quarto, il vitello sotto i due mesi; per un quinto, la pecora.
In queste malghe, in particolare quelle delle Valli adiacenti la Vetta, oltre ai tipici formaggi di casera presenti in diverse stagionature, si produce anche un formaggio aromatico, ma non per questo meno richiesto da un turismo sempre più alla ricerca di cibi genuini e tipici: il Graukäse.
L’origine di questo sistema agrario alpino caratterizzato dalla piccola proprietà coltivatrice dei terreni arativi e prativi del fondovalle, della proprietà collettiva indivisa o comunale (zechend) delle alpi o malghe, ossia dei pascoli e prati-pascoli della media ed alta montagna, deve essere ricercata nella lenta evoluzione storica delle popolazioni autoctone e nelle particolari esigenze tecniche, che hanno imposto particolari forme nell’esercizio del dominio e del godimento dei pascoli.
Le malghe appartengono nella maggioranza dei casi ai comuni (anche se ne trovano di proprietà privata oppure collettive o in comproprietà), sono perlopiù pascolate dal bestiame del luogo, con un contratto di affitto concluso da un unico imprenditore.
Il Volanti (1972) riporta una forte incidenza del costo della manodopera all’interno del ciclo di lavorazione del latte, tale da consigliare di riunire a valle la materia prima delle malghe, per soddisfare le esigenze della popolazione o per fabbricare formaggi molli di pronto consumo. Tali prodotti sono molto graditi dai cittadini che salgono a villeggiare in montagna.
Attualmente, a distanza di quasi cinquant’anni, si rileva che in zona non sono infrequenti malghe che lavorano direttamente in loco il latte prodotto dai capi al pascolo, in locali completamente rimodernati secondo le più recenti normative, integrate - lo si diceva prima - dall’offerta di ristorazione con prodotti tipici locali (tra i tanti esempi, lo speck e il pane di segale).
Latte di malga che come rileva lo stesso Volanti per profumo, colore, titolo lipidico e proteico, è indubbiamente superiore a quello che d’estate giunge in montagna dalle centrali del latte di pianura.
Accanto al sistema dell’alpeggio propriamente detto, si stanno tuttavia sempre più sviluppando forme di allevamento stanziali o stabili, dove il bestiame rimane nelle stalle anche d’estate e viene nutrito con i foraggi aziendali.
In queste tre valli come d’altra parte in tutto l’Alto Adige, il podere agricolo è denominato maso e consiste nell’insieme delle costruzioni adibite ad abitazione, il granaio, le stalle e i campi coltivati della famiglia che vi abita. Il Medici (1972) fa risalire l’origine normata del maso chiuso alla patente sovrana di Maria Teresa d’Austria del 1770, premettendo però che la trasmissione dei diritti enfiteutici al maggiore dei figli per mantenere la solidità del maso, risalirebbe addirittura all’ordinamento provinciale (Landesordnungen) del 1532.
Fin dal Medioevo perdura l’istituzione del maso chiuso o Geschlossener Hof, ossia del maso non divisibile per eredità. Il podere viene in questo modo tramandato al figlio primogenito senza che i fratelli possano pretenderne una parte; il Morocutti riferendosi al maggio 2013 riporta in 13.410 il totale dei masi chiusi dell’Alto Adige e per confronto, si consideri che a fine 2016 il totale delle imprese agricole e forestali riportate dall’Istituto di Ricerca Economica (IRE) erano pari a 16.707 (erano 17.133 nel 2011).
Questa consuetudine (normata da apposite leggi, l’ultima delle quali è la Legge provinciale 17 del 28/11/2001 e succ. modifiche), ha il vantaggio di evitare l’eccessivo frazionamento della proprietà fondiaria (che determinerebbe attraverso il frazionamento del fondo, la creazione delle risultanti aziende più piccole), permettendo così alle aziende agricole familiari di sopravvivere grazie alla sola attività svolta presso il maso o in complementarietà con altre attività connesse. Ma ha anche l’obiettivo di impedirne il latifondo.
Attraverso la salvaguardia dell’istituzione del maso chiuso, si garantisce nel tempo la sussistenza delle aziende agricole che ha come risultante l’utilizzo agricolo capillare del territorio; è infatti attraverso la cura della terra che si crea e mantiene l’inconfondibile paesaggio tirolese.
Interrogando la Banca Dati Nazionale Zootecnica, si apprende che al 30/06/2020 in tutto l’Alto Adige il numero di codici aziendali di allevamento bovini erano ben 7.942 (per n. 8.172 attività), con 124.783 bovini allevati (comprensivi della tipologia da latte, carne e mista).
Alla medesima data, il patrimonio zootecnico sudtirolese era invece così composto, in ordine di importanza e riportando le razze più significative: Pezzata Rossa Italiana- Simmental n. 38.342 capi; Bruna n. 28.317 capi; Frisona n. 20.125; Grigio Alpina n. 17.751; Meticcio/Incrocio n. 14.177; Pinzgauer n. 1.917; Jersey n. 1.148; Highland n. 829; Sprinzen Pustertaler n. 754 (dati forniti dalla BDN dell’Anagrafe Zootecnica istituita dal Ministero della Salute presso il CSN dell’Istituto “G. Caporale” di Teramo).
Da notare che anche grazie al lavoro della Federazione Sudtirolese Allevatori Razze Bovine (Südtiroler Rinderzuchtverband) e Federazioni Provinciali di Razza, sono state mantenute razze autoctone di minore diffusione ma molto importanti ai fini delle caratteristiche qualitative del latte e per il mantenimento della biodiversità, quali la Grigio Alpina (pure nella variante Grigia val d’Adige), Pinzgauer e Sprinzen Pustertaler che non sono infrequenti vedere nei pascoli delle vallate anzidette, quindi la stessa Bruna nella variante originaria Bruna Alpina.
Ma il supporto all’allevamento autoctono del bestiame giovane, nato e cresciuto nel comprensorio in modo da ottenere ottime vacche lattifere fa parte anche delle politiche della Federazione delle latterie, come si riporterà poco oltre.
Masi chiusi, malghe, pascoli, un sistema virtuoso e plurisecolare che si è mantenuto nel tempo, attraverso le svariate vicende storiche e politiche: si è passati dalla territorializzazione austro-ungarica a quella del Regno d’Italia dopo la prima guerra mondiale, quindi il ventennio fascista con l’abolizione formale dell’istituzione del maso chiuso (perché nelle consuetudini locali esso non era fortunatamente mai cessato), quindi il secondo conflitto mondiale ed il successivo accordo De Gasperi-Gruber del 1949, per giungere sempre semplificando fino ai giorni nostri.
Un sistema che ancora oggi distingue le aziende agricole altoatesine per i pagamenti diretti della PAC (comprensivi delle misure a superficie), che non incidono più del 12% sul loro reddito netto (dato medio), in confronto ad una media nazionale del 27%, con punte dal 66 all’83% per il reddito netto da seminativi rispettivamente in Piemonte e Lombardia (indagine di Frascarelli del 2018 su un campione di 10.325 aziende agricole italiane). Indagine che evidenzia come in taluni settori o aree geografiche, la maggior parte dei redditi agricoli dipenda proprio dai finanziamenti comunitari: così non è invece nel Sudtirolo, nonostante nel Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 (Reg. (UE) n. 1305/2013), siano presenti specifici premi per le colture foraggere (intervento 10.1.1), l’allevamento di razze minacciate di abbandono (int. 10.1.2), uno specifico premio per l’alpeggio (int. 10.1.3) e per la tutela del paesaggio (int. 10.1.4), la stessa agricoltura biologica (sottomisura 11.1), nonché il pagamento compensativo per le zone montane (sottomis. 13.1).
Prendendo a riferimento i tre comuni di Campo Tures (Sand in Taufers), Predoi (Prettau) e Selva dei Molini (Mühlwald) si riportano, seguendo lo stesso ordine, i dati relativi ai capi allevati e tra parentesi il n. degli allevamenti per comune (sommatoria delle tipologie intensiva, estensiva, transumante e semibrado), alla data del 30/06/2020 (dati BDN): 2.145 (130); 341 (33); 1.234 (103).
La zootecnia è componente fondamentale dell’economia rurale ed in questi tre comuni, l’allevamento ovicaprino è presente in misura marginale.
Ripartendo invece la consistenza degli allevamenti bovini per le classi numeriche maggiormente significative, Campo Tures che è il comune più esteso come superficie di fondovalle possiede il 10,12 % degli allevamenti nell’intervallo 6-9 capi; 26,23 % nell’intervallo 10-19 capi, il 33,24 % nell’intervallo 20-49 capi, il 15,80 % in quello 50-99 capi ed il 10,30 % in quello 100-449 capi.
Predoi presenta invece la seguente ripartizione: 18,18 % nell’intervallo 6-9 capi, 50,15 % nell’intervallo 10-19 capi e 26,69 % in quello 20-49 capi.
Infine il comune di Selva dei Molini con il 49,76 % degli allevamenti nell’intervallo 10-19 capi ed il 35,41% in quello 20-49 capi. Nessuno dei tre comuni possiede allevamenti con un numero di capi superiore a 500.
Ma il ritiro della maggior parte del latte prodotto dai masi e dalle malghe dei tre comuni, quindi la filiera completa lattiero-casearia, è assicurata dalla Latteria Mila Südtirol-Latte Montagna Alto Adige Soc. Agr. Coop di Brunico (Bruneck), che assieme alle altre 9 latterie del Sudtirolo formano la Federazione delle Latterie Alto Adige (insieme hanno raggiunto nel 2019 un fatturato complessivo di 525 milioni di euro, per 399,10 milioni di kg consegnati di latte vaccino e 1,54 milioni di kg di latte di capra, provenienti da 4.509 fornitori). Il prezzo medio pagato nel 2019 è stato di 51,23 € al q.le (inclusa IVA) di latte lavorato. 
 
 
La raccolta del latte vaccino dei masi avviene ancora oggi attraverso l’uso di teleferiche per il trasporto dei bidoni nei punti di raccolta a valle, come nella foto a sin., in Valle Aurina. A destra, punto di raccolta lungo la strada principale in Val di Selva dei Molini. Foto A. Cantarelli.

 

La Latteria è il vero perno produttivo che consente ai masi e alle malghe del territorio di esercitare con profitto la propria attività. Non a caso nel sito internet di presentazione della Latteria Mila viene riportato che il “latte al 100% é proveniente dai masi dell’Alto Adige”.
I prodotti delle latterie altoatesine (in primo luogo svariati formaggi freschi e da taglio, yogurt, latte, burro e mascarpone), si fregiano del marchio Qualità Alto Adige-Südtirol, importante nella creazione di valore aggiunto, in quanto si legge nella presentazione dei prodotti della latteria, garantisce latte e latticini di altissima qualità e “privi di OGM” (quest’ultima affermazione, non é immune dalla retorica “ecologista”che ritiene evidentemente che tale claim perentorio paghi a livello di marketing, ma ci si chiede fino a quando?), infine un’attenzione particolare al benessere animale.
Questo noto marchio identificativo, può essere comunque esibito solo da prodotti agricoli e alimentari provenienti dall’Alto Adige la cui qualità si collochi nettamente al di sopra degli standard previsti dalla legge.
Per rimanere nel comprensorio di Brunico, l’esercizio 2018 si era comunque chiuso con 198,5 milioni di kg di latte vaccino conferiti dai soci della cooperativa, che nel marzo del 2016 ha acquisito il marchio comunitario di Specialità Territoriale Garantita (STG) per un proprio prodotto: il “Latte Fieno dell’Alto Adige”.
Attraverso questo prodotto di qualità, le Latterie altoatesine tentano di rilanciare sul mercato la produzione del latte tradizionale, in considerazione che la produzione deve seguire regole ben precise, quali ad es. il divieto di utilizzare foraggi insilati.
Il latte caprino dell’Alto Adige è invece lavorato presso la Latteria Lagundo (Algund), nell’omonimo comune nei dintorni di Merano.
Invece nella Latteria Mila Südtirol-Latte Montagna Alto Adige Soc. Agr. Coop di Brunico dove lavorano circa 400 addetti (compresi tutti gli stabilimenti), si compone di circa 2400 soci conferenti (nel sito di questa cooperativa come in altri siti afferenti al marchio di Qualità Alto Adige, il riferimento al termine di “contadino” è frequente e sostituisce quello di agricoltore o imprenditore agricolo, con una media di 14 vacche per stalla.
A supportare ulteriormente l’attività zootecnica di questo incantevole comprensorio alpino, dal 2016, ci sono gli “indennizzi dei costi del trasporto latte”, erogati dalla Provincia di Bolzano alle malghe attraverso un’apposita misura del P.S.R. (il primo territorio a beneficiare di questo aiuto all’interno della Comunità europea), consentendo alle aree di raccolta del latte logisticamente svantaggiate di beneficiare di una compensazione.
Il forte e responsabile spirito cooperativistico dei contadini di queste vallate alpine, si attesta anche dalla completa “tracciabilità” di prodotto quando vengono adeguatamente pubblicizzati nel sito della Latteria, tutti i masi e le malghe del territorio che offrono ospitalità e permettono al turista di apprezzare i processi produttivi per la produzione di latte e latticini e la natura incontaminata che fa da contorno.
Nel sito si trovano i collegamenti internet ad ogni unità produttiva del socio conferente e questo è un esempio emblematico e riuscito di quello che significa “fare sistema”.
Se il reddito netto degli agricoltori (orgogliosamente contadini secondo la corrente dizione locale), dipende in misura inferiore alla media nazionale dai contributi PAC (nonostante il P.S.R. 2014-2020 della Provincia autonoma di Bolzano abbia stanziato ben 366.405.380,00 € a favore degli aiuti agricoli), oltre che dal valore aggiunto delle produzioni come richiamato in precedenza, lo si spiega anche dal reddito derivante dall’ospitalità turistica rurale declinata nelle varie forme. In questo contribuendo alla virtuosa valorizzazione dell’intero territorio rurale, come auspicato in precedenti interventi o contributi (cfr. Cantarelli 2015, Frazzi, 2003).

 


Bibliografia essenziale

Amministrazione Provincia Bolzano. Agricoltura e foreste. Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020. Disponibile su: http://www.provincia.bz.it/agricoltura-foreste/agricoltura/programma-sviluppo-rurale-2014%20-2020.asp
Bartolini R. La PAC incide per il 27% sui redditi netti delle aziende agricole. Il Nuovo Agricoltore, 24/07/2020. Disponibile su: https://www.ilnuovoagricoltore.it/la-pac-incide-per-il-27-sui-redditi-netti-delle-aziende-agricole/
Bonciarelli F., Bonciarelli U., 1998. Coltivazioni Erbacee, Edagricole, Bologna, cap. 8, Foraggere, pagg. 179-223.
Borgioli E., 1952. Alpeggio. Enciclopedia Agraria Italiana, Vol. I, REDA, Roma, pagg. 381-382.
Borgioli E., 1952. Alpicoltura. Enciclopedia Agraria Italiana, Vol. I, REDA, Roma, pagg. 382-388.
Cantarelli A. L’evoluzione dell’agricoltura italiana: la trasmissione del patrimonio di valori ambientali, etici sociali punto di forza per la ricostruzione di un modello di sviluppo (quarta parte). Agrarian Sciences, 09/10/2015. Disponibile su: https://www.agrariansciences.it/2015/10/levoluzione-dellagricoltura-italiana-la_9.html.
Cavallero A., Rivoira G., Talamucci P., 2002. Pascoli. In: Giardini L., Baldoni R. (coord.). Coltivazioni erbacee. Foraggere e tappeti erbosi. Patron Editore, Bologna, pagg. 239-293.
Frascarelli A. L’incidenza della PAC sul reddito dell’agricoltore. Terra e Vita, n. 34/2018. Disponibile su: https://terraevita.edagricole.it/pac-e-psr/reddito-agricolo-incidenza-della-pac/
Istituto di ricerca economica. Economy in figures. L’economia altoatesina. Dati attuali, indicatori e sviluppi. 9/19. Documento scaricabile: https://www.wifo.bz.it/media/a80bd059-2c2a-4073-b1d6-352ea9f44298/2019-web-economyinfigures-ita.pdf
Istituto di ricerca economica. Economy in figures. L’economia altoatesina. Dati attuali, indicatori e sviluppi. 9/17. Documento scaricabile: https://www.handelskammer.bz.it/sites/default/files/uploaded_files/Scuola_economia/economy_in_figures_2017_09_27_it.pdf
Frazzi E., 2003. Agricoltura, Ambiente e Paesaggio. I complessi rapporti che intercorrono fra l’attività più antica dell’uomo e l’ambiente terrestre. Pubblicazioni dell’I.S.U. università cattolica, Milano.
Gusmeroli F., 1988. Fondamenti per una moderna apicoltura nelle malghe alpine. Supplemento al n. 5/6 1988 di Rezia Agricola e Zootecnica.
Medici G., 1972. Maso Chiuso. Enciclopedia Agraria Italiana, Vol. VII, REDA, Roma, pagg. 261-264.
Michieli I., Michieli M., 2004. Il maso chiuso. In: Trattato di Estimo. Valutazioni finanziarie, legali, urbane, rurali, industriali, catastali e ambientali. Edagricole, Bologna, cap. 45, par. 45.3, pag. 385
Morocutti G. Maso Chiuso…e la montagna non si spopola. Disponibile su: https://www.prospettivegeometri.it/maso-chiuso%E2%80%A6e-la-montagna-non-si-spopola
Pilla A.M., 1985. Transumanza. Enciclopedia Agraria Italiana, Vol. XII, REDA, Roma, pag. 673.
Saltini A. Storia delle Scienze Agrarie. Museo Galileo. Istituto e Museo di Storia della Scienza. Fondazione Nuova Terra Antica, Firenze, 2010, cap. XXVI, Il primo trattato moderno di tecnica casearia, pagg. 419-428.
Volanti U., 1972. Malga. Enciclopedia Agraria Italiana, Vol. VII, REDA, Roma, pagg. 109-112.

Sulle Latterie dell’Alto Adige-Südtirol e sulle produzioni casearie

Amministrazione Provincia Bolzano. Consegna di latte di qualità in zone di montagna - Concessione di aiuti per compensare gli svantaggi logistici. Disponibile su: http://www.provincia.bz.it/agricoltura-foreste/servizi.asp?bnsv_svid=1035144
Cibo 360. GrauKase, (pagina visitata il 29/12/2020). Disponibile su: https://www.cibo360.it/alimentazione/cibi/formaggi/graukase.htm
Federazione Latterie Alto Adige, positivo il bilancio del 2019. Alimentando-il quotidiano del settore alimentare-, 10/06/2020. Su: https://www.alimentando.info/federazione-latterie-alto-adige-positivo-il-bilancio-del-2019/
Latte Alto Adige, 192 milioni di Kg nel 2017. AltoAdigeinnovazione, 11/05/2015. Su: https://www.altoadigeinnovazione.it/latte-alto-adige-192-milioni-di-kg-nel-2017/
Latte Fieno Alto Adige: Su: https://www.lattefienoaltoadige.it/
Marchio Qualità Alto Adige-Südtirol, (pagina visitata il 29/12/2020). Disponibile su: https://www.qualita-altoadige.com/it/marchio-di-qualita.html
Martinelli L. In Alto Adige, dove le latterie salvano il territorio. Altraeconomia, giugno 2016. Disponibile su: https://altreconomia.it/in-alto-adige-dove-le-latterie-salvano-il-territorio/
Mila Südtirol, (pagina visitata il 29/12/2020). Disponibile su: https://www.mila.it

Siti internet di interesse turistico e territoriale:

Associazione turistica Valle Aurina/Tourismusverein Ahrntal. Disponibile su: https://www.ahrntal.com
 
 
 L'articolo è uscito in orgine su "I TEMPI DELLA TERRA "
 
 
 
Alessandro Cantarelli

Laureato in Scienze Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Piacenza, con tesi in patologia vegetale. Dal febbraio 2005 lavora presso il Servizio Territoriale Agricoltura Caccia e Pesca di Parma (STACP), della Regione Emilia Romagna (ex Servizio Provinciale), dapprima come collaboratore esterno, successivamente come dipendente. E’ stato dipendente presso la Confederazione Italiana Agricoltori di Parma. Ha svolto diverse collaborazioni, in veste di tecnico, per alcuni Enti, Associazioni e nel ruolo di docente per la formazione professionale agricola. Iscritto all’Ordine dei dottori Agronomi e Forestali ed alla FIDAF parmensi.
 

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