domenica 20 marzo 2022

IL SENATORE BATTISTONI E LA NUOVA LEGGE SUL BIOLOGICO

Un insensato autocompiacimento a fronte della palese insostenibilità ambientale e dell’ulteriore riduzione dei livelli di autosufficienza alimentare del Paese

 

di LUIGI MARIANI 

 

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Foto Victor Tomaselli, per gentile concessione.

Leggo con sconcerto le trionfalistiche dichiarazioni del senatore Francesco Battistoni, sottosegretario con delega all’agricoltura biologica del Ministero delle politiche agricole, il quale in un’intervista apparsa su  Terra e Vita definisce la legge sul Biologico di recente approvata in via definitiva dal Senato come un “ottimo lavoro” per un settore che “ci vede tra i maggiori leader mondiali sotto ogni punto di vista” e che consentirà il “ritorno alla terra da parte delle nuove generazioni che vedono nel biologico una grande opportunità”.

Bio e scelte strategiche

Il sottosegretario Battistoni parla di una scelta strategica “da leggere nell’economia complessiva del Piano strategico nazionale della Pac, che riconosce l’importanza dell’agricoltura biologica come tecnica di produzione privilegiata per concorrere al raggiungimento di tutti gli obiettivi ambientali previsti.”.

Tale frase mostra tutti i limiti politico-culturali sottesi all’analisi di Battistoni. Se infatti l’imprenditore agricolo è libero di adottare il processo produttivo che meglio gli consente di confrontarsi con il mercato (convenzionale, biologico, biodinamico, ecc.), la classe politica di un Paese come l’Italia, che ha responsabilità a livello europeo e globale, non dovrebbe esimersi dal fare valutazioni in termini di sicurezza alimentare e di sostenibilità. Da ciò discende che è insensato il fatto che il 2 marzo 2022, quando già la crisi ucraina si stava palesando in tutta la sua crudezza e gravità, il nostro Senato abbia trovato il tempo di approvare quasi all’unanimità (con soli 4 astenuti) la legge sull’agricoltura biologica (ex DDL 988), che garantirà finanziamenti ad hoc per tale agricoltura, favorendone la diffusione in Italia e stimolando così:

  • l’ulteriore riduzione dei livelli di autosufficienza alimentare del nostro Paese
  • la diffusione di una forma di agricoltura palesemente insostenibile

Bio: scarsamente produttivo e dunque inefficiente e pertanto insostenibile

Sull’insostenibilità dell’agricoltura biologica praticata su larga scala abbiamo inviato a Deputati e Senatori documenti tecnico-scientifici sottoscritti da centinaia di colleghi agronomi impegnati nella libera professione, nell’insegnamento e nella ricerca. Tali documenti, arricchiti da una vasta bibliografia, avevano l’unico difetto di analizzare con il dovuto dettaglio fenomeni complessi e che oggi sono trattati da media e politica a colpi di slogan del tipo “il biologico è sostenibile per definizione”.

Per chi volesse leggerli, i documenti da noi redatti sono tuttora disponibili su Agrarian Sciences e in estrema sintesi informano i nostri rappresentanti in Parlamento del fatto che il biologico è scarsamente produttivo perché presenta tre difetti fondamentali: difesa inadeguata da parassiti e patogeni stante il ricorso a fitofarmaci (o se preferite “pesticidi”, perché anche il bio li usa) obsoleti, a ridotta efficacia e ad impatto ambientale elevato, insufficiente nutrizione delle colture stante il rifiuto dei concimi di sintesi e inadeguata difesa dalle malerbe stante il rifiuto dei diserbanti di sintesi. Frutto di tali inadeguatezze convergenti sono rese ettariali di pieno campo che a seconda della coltura indagata presentano cali che vanno dal 20 al 70%¹ rispetto all’agricoltura tecnologicamente evoluta (agricoltura integrata). E se si considerano le rese ettariali come indicatori di efficienza del processo produttivo agricolo, se ne deduce che incentivando l’agricoltura biologica si premia un’agricoltura inefficiente e non in grado di valorizzare le risorse del Paese, incidendo così in modo negativo sulla sua ricchezza. Tale inefficienza è peraltro colta in modo immediato dai consumatori, i quali pagano il prodotti bio il doppio rispetto a quelli da agricoltura integrata a fonte di differenze non significate in termini di salubrità e qualità organolettiche.

Da tutto ciò deriva che in caso di adozione generalizzata dell’agricoltura biologica -che immagino sia il sogno nel cassetto del Sen. Battistoni e di movimenti ambientalistici come WWF e Legambiente – e nell’ipotesi di un dimezzamento delle rese, per garantire l’approvvigionamento dei mercati si renderebbe necessario il raddoppio delle superfici coltivate, con giganteschi dissodamenti di terre ottenute abbattendo boschi e distruggendo praterie naturali. Ed è qui che emerge in modo lampante non solo la palese insostenibilità del biologico ma anche la miopia dell’ambientalismo che avalla in modo acritico le politiche di incentivazione del bio, senza rendesi conto che la superficie a bosco in Italia è più che raddoppiata dal 1910 ad oggi - passando da 5,4 a 11 milioni di ettari - grazie al fatto che l’agricoltura ha manifestato un progresso rilevantissimo nelle rese, e ciò proprio grazie a quell’innovazione che il bio rifiuta in modo apodittico.

Conclusioni

La nuova legge sul biologico, che fa il paio con la politica UE del Farm to Fork, sovverte il principio ispiratore dei trattati di Roma del 1957, i quali prevedevano che l’Europa garantisse sicurezza alimentare oltre che energetica ai propri concittadini, aspetti questi che sono stati bellamente trascurati creando dei nodi che ora, in occasione della crisi ucraina, stanno venendo tutti impietosamente al pettine.

Penso che chi ha avallato tali scelte in campo agricolo ed energetico, e il senatore Battistoni è certamente fra questi, dovrebbe essere chiamato in sede politica a rispondere di simili decisioni ma la nostra classe politica appare oggi troppo miope e priva di memoria storica per cogliere il reale significato e la portata delle proprie decisioni.


¹Un esempio per tutti: la Francia, che è il maggiore produttore europeo di grano tenero, presenta rese in biologico di 29 q/ha contro i 71 q/ha ottenuti con l’agricoltura integrata (dati 2008-2015 – fonte Academie Nationale d’Agriculture).


 

LUIGI MARIANI
Agronomo libero professionista con lunga esperienza nella modellazione matematica dell’agroecosistema. Direttore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura e vicepresidente della Società Agraria di Lombardia, attualmente insegna Agronomia all’Università degli studi di Brescia e Storia dell’Agricoltura all’Università degli Studi di Milano, dopo essere stato a lungo docente di Agrometeorologia.



1 commento:

  1. Gentile professore,
    avanzo l'ipotesi che piaccia il nome. Biologico richiama la vita, e chi può dirsi contro la vita? In ogni campo, e in particolare in agricoltura, la propaganda ha preso il posto della analisi e del ragionamento scientifico. La domanda da porsi è, come per ogni delitto, cui prodest, a chi giova?, mettere in ginocchio la nostra agricoltura e renderci sempre più dipendenti dall'estero?

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