lunedì 21 febbraio 2022

TEA E TRANSGENESI SONO TECNICHE CHE SI CONTRAPPONGONO?


 di ALBERTO GUIDORZI


Ingegneria genetica



Per scrivere questo report mi sono avvalso di una intervista rilasciata da Agnès Ricroch (docente presso AgroParisTech) assieme a Marcel Kuntz (direttore presso il CNRS di Grenoble); che appunto sono gli autori di uno studio sulle innovazioni varietali vegetali. Successivamente analizzerò un altro articolo che in sostanza dice che lo stallo dell’Europa sull’applicazione di queste tecniche è l’incertezza giuridica. In questo contesto ciò significa che la giurisprudenza è inadeguata e che occorrerebbe quindi adeguarla. A consuntivo si vedrà che l’impasse ha determinato un tale ritardo dell’UE che sarà difficile colmare e che si pagherà caro.

Le TEA, spesso presentate come un'alternativa alla transgenesi, non intendono sostituirla
⧫ Come sono arrivati a questa conclusione?
Essi hanno preso in considerazione tutte le innovazioni varietali realizzate nel mondo dal 2015 ad oggi approvate almeno in un paese e ciò significa che sono commercializzabili, a queste vi hanno aggiunto quelle che hanno fatto oggetto di un deposito di brevetto. Le innovazioni sono state distinte in due categorie: quelle “vecchie” che hanno usato la transgenesi (vecchie perché le tecniche datano 40 anni fa e perché sono coltivate estesamente da 25 anni) e quelle “nuove” (tutte frutto dell’editing genetico). La distinzione vuole appunto mostrare se le TEA hanno sostituito la transgenesi. Infatti l’avvento delle TEA aveva fatto sperare che nell’UE si potesse ovviare al divieto di ottenere innovazioni vegetali transgenetiche, solo che la loro analisi dei dati ha mostrato che le TEA sono più un complemento alla transgenesi che una sostituzione, infatti le vecchie società dedite alla transgensi sono state affiancate da altre come ad esempio Cibus, JR Simplot Company, Evogene, Calyxt, Nexgen Plants Pty Ltd, Soilcea. Certo ciò ha moltiplicato le costituzioni create con l’editing genetico, però nel 2020 il 70% dei tratti genetici che hanno ottenuto l'autorizzazione, o sono stati commercializzati dal 2015, provengono dalla transgenesi. Ci si sarebbe aspettati che i brevetti concessi all’editing genetico avessero preso il sopravvento, invece non è così, essi rappresentano solo il 14% dei brevetti mondiali. Insomma, quando si tratta di aggiungere un gene, la transgenesi resta d'attualità (in particolare per via dei suoi protocolli consolidati), mentre quando si vuole modificare un gene per apportare modifiche specifiche, l'editing del genoma si impone rapidamente come lo strumento più adatto. L’editing genetico è stato molto applicato per modificare varietà già coltivate e questi cambiamenti riguardano il 74% (resistenza a parassiti e malattie, la tolleranza a stress come la siccità, è il caso del grano HB4 dove la Florimond Desprez residente in Francia ha dovuto prestare ad una società argentina (Bioceres) le sue varietà di grano per essere modificate. Oggi sono coltivate su larga scala in Argentina ed il Brasile ha dato l’ok per l’importazione dall’Argentina di grano geneticamente modificato). Non si può dimenticare l’ottenimento anche di tratti terapeutici – ad esempio i vaccini contro il Covid-19 ottenuti per transgenesi.

In conclusione: Il trasferimento genico per transgenesi convenzionale rimane quindi oggi il metodo più utilizzato al mondo (75% dei brevetti compilati), mentre CRISPR-Cas è stato utilizzato nel 14% di questi brevetti e RNAi è rappresentato nell'11%.
 
È interessate anche vedere come queste percentuali si spalmano nei vari paesi e continenti.

La Cina è molto avanti, con oltre il 90% dei brevetti elencati per applicazioni che coinvolgono le piante. Inoltre il suo settore pubblico domina in modo schiacciante il panorama dei brevetti. I brevetti riguardanti la tecnica CRISPR-Cas, infatti, sono stati depositati principalmente dalla Cina (92,5% per 235 famiglie di brevetti), seguita dagli Stati Uniti (4% per 10 famiglie di brevetti). Segue l'Europa con un modesto 2,4% per 6 famiglie di brevetti. Il riso è la coltura dominante con il 36% di questi brevetti, seguito da mais (11%), tabacco (11%, di cui la metà riguarda il tabacco come pianta modello), soia (8,6%), cotone (8%), grano (6%), pomodoro (5,1%) e Brassica (tutte le specie, 4,6%). Qui bisogna ricordare che depositare brevetti è un modo per proteggere preventivamente il mercato interno, infatti, per il momento, questa egemonia non si è tradotta in prodotti immessi sul mercato, o autorizzati ad esserlo; in questo campo resta ancora rilevante il dominio degli Stati Uniti con il 76% di prodotti immessi sul mercato.

L’UE è perdente in ambedue le categorie perché ha una normativa obsoleta e inadeguata
 
La colpa è delle normative ancora in essere (leggasi Direttiva sugli OGM 18/2001).

I dati confermano appunto che le normative hanno scoraggiato molti sviluppatori, compreso il settore pubblico, e questo include le prove sul campo. A tutto ciò si è aggiunta la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2018 che interpellata sulle TEA ha detto che, stante la normativa vigente, le tecniche di editing del genoma venute dopo la direttiva europea sugli OGM del 2001 dovevano essere assoggettate a tale direttiva, elemento molto dissuasivo per il loro utilizzo. L’iniziativa che ha originato il permanere in questa situazione di stallo molto penalizzante è stata presa dal Consiglio di Stato francese che interpellato ha passato la patata bollente alla Corte di giustizia europea, riconoscendo così che trattasi di interpretazioni da dirimere in sede europea e non a livello di stato membro (cosa che io ho sempre sostenuto visto che le sementi sono solo materia comunitaria e tutti gli stati membri che hanno legiferato in merito, contravvenendo alla direttiva sulle sementi, sono stati stoppati dalla Commissione dell’UE, vedi gli interventi dei ministri Zaia e Pecoraro Scanio). Comunque sia, e cito solo il dato francese: il 38% delle piccole e medie aziende sementiere ha cessato o ridotto il lavoro di R&S relativo alle TEA. In Italia le poche imprese sementiere che si potevano cimentare in questo campo sono praticamente scomparse e quindi resta solo il settore pubblico, ma a questo sono praticamente negati i finanziamenti. Senza dimenticare che chi si cimentasse comunque in questo campo rischia di vedersi vandalizzato da sedicenti “guardiani dell’ambiente” sia l’istituto che le installazioni, grazie anche ad una giustizia che cavalca le mode e non usa i codici. 

Interessante sarebbe anche sapere quanto tempo occorrerebbe per vedere varietà vegetali frutto dell’applicazione delle TEA immesse sul mercato se le normative europee cambiassero.

Per rispondere devo fare ricorso ad una ricerca di Euroseeds che ci dice che tra il 17 e il 30% delle aziende punta a portare i prodotti sul mercato nei prossimi cinque anni. Una quota che raggiunge il 67% per le grandi imprese nei prossimi cinque-dieci anni, e il 50% per quelle medie oltre i dieci anni. Infatti, il 47% delle piccole imprese ha già attività di ricerca e sviluppo legate agli NBT. Questo vale anche per oltre l'86% delle medie imprese e il 100% delle grandi imprese. L'indagine si è concentrata anche sulle direzioni principali di questa ricerca: il 25% della R&S è dedicato a questioni legate al valore agronomico, come l'aumento della resa; per il 23% si tratta di lavori sulla resistenza agli stress biotici (parassiti e malattie, ad esempio); per il 18%, la qualità degli alimenti per l'uomo e gli animali; per il 15%, resistenza agli stress abiotici (siccità, caldo); e molto indietro vengono gli scopi industriali, come la tolleranza agli erbicidi o la produzione di amido, ad esempio, con rispettivamente il 5 e il 9%.
 
 
 
ALBERTO GUIDORZI
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.  
 
 
 

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