Agricoltura contadina, sostenibile, familiare, industriale, piccola agricoltura… Non staremo per caso parlando di concetti non ben definiti sul piano quantitativo e che hanno scarso valore in termini interpretativi? Il sospetto è che questo fiorire di concetti alimenti uno tsunami di retorica che fa male al settore agricolo dilapidando risorse e impedendone il reale progresso.
di LUIGI MARIANI, ALBERTO GUIDORZI,
SILVANO FUSO e OSVALDO FAILLA
Dedichiamo questo scritto al professor Gaetano Forni,illustre storico dell'agricoltura e fondatore delMuseo di Storia dell'agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano,che tanti contributi scientifici ha prodotto e sta tuttoraproducendo sul tema della semantica agricola e agronomica.Molti di questi contributi sono oggi disponibili in rete,il che invita tutti noi a fruirne.
Gli autori
L'asino in molte realtà contadine è stato sinonimo di lavoro e di mezzo di trasporto, al giorno d'oggi il suo impiego nell'agricoltura contadina si potrebbe definire "sostenibile". Costituzione permettendo... Foto: Lombardia beni culturali. |
Della lettera inviata da due lettori e riferita all’articolo che uno di noi ha di recente pubblicato sulla rivista Micromega (qui e qui) ci ha colpito particolarmente la frase seguente: “le agricolture biologiche e contadine … attualmente nutrono il 70% della popolazione mondiale”.
Abbiamo così deciso di provare a fare un po’ di chiarezza sull’argomento tentando una definizione più stringente di alcuni concetti, a partire da quello di agricoltura. Lungi dall’essere esaustiva, questa analisi si propone di offrire un piccolo contributo in termini interpretativi.
1. AGRICOLTURA
L’agricoltura è l’arte e la pratica di coltivare la terra per ottenerne prodotti per l’alimentazione delle persone e degli animali e anche materie prime per numerose industrie (cotone, lino, semi oleosi e così via); in senso più ampio, la parola agricoltura include anche l’allevamento del bestiame e la coltivazione dei boschi (fonte: https://www.treccani.it/vocabolario/agricoltura/).
- gli esseri umani presentano una tolleranza al lattosio (mutazione sopravvenuta dopo che l’allevamento rese disponibile il latte) e una tolleranza a diete ricche di amidi (mutazione sopravvenuta quando l’agricoltura intensificò la presenza nelle diete di alimenti molto ricchi di amidi come i cereali).
- piante e animali domestici presentano enormi differenze morfologiche rispetto ai progenitori selvatici. A titolo di esempio si ricordi la differenza fra mais coltivato (spighe con varie centinaia di cariossidi facilmente accessibili) e il progenitore selvatico teosinte (spighe con poche cariossidi racchiuse in un guscio lignino-cellolosico). Tale differenza si traduce peraltro le varietà di mais coltivato non sono più in grado di riprodursi senza l’intervento dell’uomo.
2. AGRICOLTURA CONTADINA
2.1 Un concetto desueto e ambiguo
Il termine “contadino” risale probabilmente al basso Medioevo allorché il contado (dal latino comitatus) indicava l’area rurale su cui si esercitava la podestà comunale. Se dunque nelle altre aree si praticavano le attività secondarie e terziarie, nel contado si svolgeva l'attività primaria volta a produrre beni per l'autoconsumo del contadino e per rifornire di alimenti e beni di consumo l'agglomerato urbano (si pensi ad esempio al fieno per gli equini, a quei tempi protagonisti incontrastati del sistema dei trasporti).
Particolare del contado ne "L’Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo" di Ambrogio Lorenzetti (Siena 1290 – Siena 1348). |
- forma di governo della Signoria fondiaria (laica o religiosa)
- regime fondiario dominicale con forti vincoli del dominus sulle scelte colturali
- ordinamento comunitario dei villaggi
- produzione del manso contadino per autoconsumo e vendita dei surplus (quando disponibili)
- integrazione delle risorse attraverso gli usi civici di godimento collettivo della terra (legnatico, pascolo, raccolta di fieno, erbe, castagne, ghiande, pesca fluviale, sfruttamento di cave di sabbia, ghiaia, pietre, salgemma).
Dall’analisi del temine “contadino” proposta al sito Lo Stato dei Luoghi si nota un utilizzo del termine come sinonimo di agricoltore e dunque decontestualizzato rispetto alla collocazione al passato che ne abbiamo fin qui fatto, il che ci da modo di cogliere tutta l'ambiguità del termine. D'altronde come fa notare Werner Heisenberg in Fisica e filosofia “Il linguaggio si è formato in epoche preistoriche come mezzo di comunicazione fra gli esseri umani e come base per pensare. Sappiamo poco dei vari passaggi della sua formazione ma il linguaggio contiene ora un gran numero di concetti che sono uno strumento adatto per una comunicazione più o meno ambigua. […] Questa intrinseca incertezza del significato delle parole comporta la necessità di definizioni che stabiliscano i confini all’utilizzo di un certo termine.”. Le parole di Heisenberg chiariscono il senso dell’operazione da noi fatta in questo paragrafo e che ha posto in luce quanto di anacronistico e di ambiguo vi sia nel termine “contadino”. La nostra definizione trova peraltro conforto nella definizione di “peasant” (traduzione fedele del termine “contadino” in inglese) riportata nel dizionario Cambridge:
2.2 Il Parlamento italiano e l’agricoltura contadina
Quanto di anacronistico e ambiguo vi è nel termine “contadino” non ha impedito alla Camera dei Deputati di approvare il 20 maggio scorso un disegno di legge a sostegno dell’agricoltura contadina (qui) e di cui riportiamo un breve brano.
1. Ai sensi della presente legge sono definite « aziende agricole contadine » le aziende agricole che posseggono tutti i seguenti requisiti:
a) sono condotte direttamente dal titolare, dai familiari, anche nella forma di società semplice agricola o società di persone, o dai soci di una cooperativa costituita esclusivamente da soci lavoratori, attraverso il loro apporto di lavoro prevalente sia con riguardo al tempo dedicato alla produzione contadina sia con riguardo all’eventuale collaborazione di lavoratori stagionali o di dipendenti fissi;
b) praticano modelli di produzione agroecologici favorendo la biodiversità animale e vegetale, la diversificazione e gli avvicendamenti colturali, le tecniche di allevamento attraverso l’utilizzo prevalente o parziale della pratica del pascolo o, in caso di impossibilità del pascolo, mantenendo elevati livelli di benessere degli animali, in conformità alle Linee guida volontarie sulla gestione responsabile della terra, dei territori di pesca e delle foreste e ai Dieci elementi dell’agroecologia, e curano il mantenimento delle varietà vegetali e animali locali nonché delle relative tecniche di coltivazione e di allevamento;
c) favoriscono la tutela e la conservazione del territorio nei suoi aspetti ambientali e paesaggistici fondamentali, sostenendo la manutenzione idrogeologica e il ripristino dell’ambiente e dei paesaggi originari;
d) trasformano le materie prime prodotte nell’azienda, anche con strumenti, prodotti e metodologie tradizionali di uso locale, senza effettuare lavorazioni in serie prevalentemente automatizzate, privilegiando forme di economia solidale e partecipata;
e) producono limitate quantità di beni agricoli e alimentari, ivi compresi i prodotti del bosco, destinati al consumo immediato e alla vendita diretta ai consumatori finali ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
f) rientrano nella disciplina del coltivatore diretto, come definito dall’articolo 2083 del codice civile, o delle forme associative o cooperative.
Il disegno di legge recita inoltre che:
Quel che colpisce del suddetto articolato è l’assenza di elementi quantitativi atti ad individuare con chiarezza le aziende che rispondono ai requisiti di legge, il che ne renderà a nostro avviso ardua un’applicazione non arbitraria.
2.3 Un’ulteriore definizione di agricoltura contadina
Segnaliamo inoltre la voce “peasant farming” ossia “agricoltura contadina” (Esteve et al., 2019). Tale voce ci presenta l’agricoltura contadina come un modo di produzione agricolo definito da dieci regole fra cui la ricerca dell'autosufficienza in tutte le operazioni aziendali, il rispetto dell'ambiente circostante (comprese le comunità locali) e il risparmio di risorse scarse come gas e acqua. Contrariamente al modello agricolo industriale, l'agricoltura contadina è condotta come un progetto politico, in cui ci si propone di creare un sistema agricolo alternativo ad alta intensità di manodopera, scarsa meccanizzazione, ridotte dimensioni aziendali, merci vendute in sistemi alimentari locali che mirano all'autosufficienza all'interno del territorio, ricorso a specie animali e vegetali locali e a sementi autoprodotte, uso di pratiche e competenze tradizionali. Conservazione dell’ambiente, sostenibilità, richiamo ai concetti dell’agroecologia, sviluppo della solidarietà degli attori rurali e aspirazione alla redditività economica delle produzioni.
3. PICCOLA AGRICOLTURA
4. AGRICOLTURA SOSTENIBILE
Quello di sostenibilità è un concetto complesso che coinvolge aspetti sociali, economici e ambientali. A fronte di ciò colpisce l’idea oggi molto diffusa secondo cui l’agricoltura biologica (in inglese “organic farming”) sarebbe sostenibile per definizione. Tale preconcetto traspare dalla stessa definizione di agricoltura biologica che offre l’Unione Europea secondo la quale “l'agricoltura biologica è un metodo agricolo che mira a produrre cibo utilizzando sostanze e processi naturali. Ciò significa che l'agricoltura biologica tende ad avere un impatto ambientale limitato in quanto incoraggia l’uso responsabile dell'energia e delle risorse naturali, il mantenimento della biodiversità, la conservazione degli equilibri ecologici regionali, il miglioramento della fertilità del suolo e il mantenimento della qualità dell'acqua. Inoltre le regole dell'agricoltura biologica incoraggiano un elevato standard di benessere degli animali e richiedono agli allevatori di soddisfare le esigenze comportamentali specifiche degli animali.”
E’ anzitutto chiaro che la sostenibilità di un processo produttivo debba essere valutata alla luce dell’impatto ambientale per unità di prodotto e su questo una vasta bibliografia evidenzia la minor sostenibilità dell’agricoltura biologico rispetto a quella convenzionale. Limitandoci ai gas ad effetto serra, le emissioni espresse in kg di CO₂ equivalenti per kg di sostanza secca prodotta sono di 0.20 per il frumento tenero convenzionale contro 0.35 per il biologico (+75%), di 0.32 per il pisello convenzionale contro 0.50 per il biologico (+56%) (Searchinger et al., 2018) e di 0.75 per il riso convenzionale contro i 3.27 per il riso biologico (+335%) (Bacenetti et al., 2016).
Crediamo però che l’elemento chiave per dirimere la questione della sostenibilità del biologico con argomentazioni di immediata comprensibilità risieda nella sostanziale inefficienza dell’agricoltura biologica, la quale presenta cali di resa rispetto all’agricoltura convenzionale che vanno dal 20 al 70% a secondo della coltura. All’origine di tali cali di resa sono in primis l’insufficiente nutrizione delle piante coltivate e nella poco efficace difesa da parassiti, patogeni e malerbe, il che discende dal rifiuto preconcetto della chimica di sintesi nel settore dei concimi e dei fitofarmaci (ammesso e non concesso che possano definirsi non di sintesi alcuni fitofarmaci ammessi in biologico come il solfato di rame di origine industriale o lo zolfo, frutto della desolforazione dei derivati del petrolio).
Un esempio emblematico dei cali di resa propri del biologico è dato dalla coltura del frumento tenero in Francia, primo produttore europeo con 30 milioni di tonnellate contro i 7 dell’Italia e che nel periodo 2008-2018 (Academie d’Agriculture, 2021) ha presentato per la produzione bio una media produttiva di 29 q/ha e cioè il 40% rispetto all’agricoltura convenzionale che ha prodotto 71 q/ha. E qui si badi che se si produce il 40%: (a) i prezzi al consumatore saranno forzatamente assai più elevati (basta guardare i prezzi sui banchi di vendita per cogliere l’insostenibilità sociale di agricolture bio, che nonostante i sempre più rilevanti contributi pubblici scaricano sul consumatore gran parte della propria inefficienza) (b) si dovrà usare una superficie terriera 2,5 volte più ampia per ottenere la stessa quantità di prodotto, il che rende il bio insostenibile su piano ecologico in quanto la sua espansione (peraltro prevista dalla nuova politica europea Farm to fork) porterà inevitabilmente alla distruzione di praterie naturali e foreste, magari non in Europa ma nel resto del mondo e cioè nei Paesi che saranno chiamati a nutrire noi europei, rifornendoci di quanto non saremo più in grado di produrre.
5. AGRICOLTURA FAMILIARE
Scrive la FAO che quelle a conduzione familiare rappresentano oltre il 90 percento di tutte le aziende agricole mondiali e producono circa l'80 percento - in termini di valore - del cibo consumato al mondo. Più nello specifico Lowder et al. (2014) affermano che dei 570 milioni di aziende presenti al mondo circa 500 milioni sono classificate come familiari.
Ad esempio nel caso della Francia in mezzo secolo (dal 1951 al 2000) la popolazione è aumentata del 42% e sono raddoppiati i consumi. Tuttavia il dato più interessante è che nel 1960 la Francia importava il doppio di ciò che esportava, mentre a fine secolo le esportazioni superavano del 40% le importazioni. In assoluto l’eccedente esportato era di 50 miliardi di franchi ogni anno. Tutto ciò è avvenuto senza che l’attività agricola perdesse la sua caratteristica familiare, con il capo dell’impresa che fornisce almeno il 50% del lavoro, cifra che sale all’80% grazie al contributo degli altri famigliari. In termini di UTA ciò corrisponde a 965.000 unità di lavoro annuale, cioè 1/3 meno di ciò che si aveva alla fine degli anni ’50. In concomitanza con tale exploit vi è stato un aumento della superficie aziendale media (giunta oggi a 100 ettari in Francia, contro ad esempio i 200 ettari degli USA e i 10 dell’Italia) e lo sviluppo della meccanizzazione.
6. AGRICOLTURA INDUSTRIALE
Nel capitolo precedente abbiamo evidenziato l’insostenibilità ambientale dell’agricoltura biologica. E’ curioso che l’accusa di insostenibilità venga invece rivolta da molti movimenti ecologistici all’agricoltura industriale, da intendere come agricoltura intensiva e che utilizza in modo razionale i mezzi tecnici al fine di ottenere rese elevate e costanti in quantità e qualità (meccanizzazione e motorizzazione, concimi di sintesi, fitofarmaci, ecc.). Al riguardo si rifletta sul fatto che è proprio grazie all’avvento dell’agricoltura industriale che la superficie agricola italiana si è concentrata nelle aree piè vocate consentendo al bosco di espandersi in modo rilevantissimo, passando da 4,5 milioni di ettari del 1910 agli oltre 11 milioni di ettari odierni, con enormi vantaggi in termini di biodiversità negli areali collinari e montani.
7. RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Il proliferare di aggettivi accostati alla parola agricoltura crea inevitabilmente parecchia confusione. Qualcosa di simile è accaduto negli ultimi anni alla medicina che ha visto contrapporre alla medicina impropriamente qualificata come “ufficiale” una pletora di medicine “complementari o alternative” dai nomi suadenti. Tali contrapposizioni hanno però, a nostro parere poco senso. L’unica distinzione sensata è infatti quella tra pratiche mediche che hanno dimostrato la propria efficacia e quelle che invece non l’hanno mai dimostrata. Lo stesso riteniamo che valga per l’agricoltura. Esiste un’agricoltura razionale, fondata su solide basi scientifiche, la cui efficacia (in qualità dei prodotti, resa e sostenibilità) è dimostrata e altre agricolture la cui definizione, al pari della loro efficacia, è vaga e incerta. Le espressioni formate dal termine agricoltura + qualche altro aggettivo, appaiono sicuramente accattivanti ma sembrano nascondere in realtà una scarsità di idee. E, ci venga concesso, ricordano espressioni vuote come la famosa virtus dormitiva, attribuita all’oppio, di molièriana memoria. In ambito scientifico, come noto, occorre introdurre definizioni operative. In altre parole ogni nuovo concetto o grandezza che vengono introdotti devono contenere in sé le indicazioni pratiche per misurarli. Le molte “agricolture+aggettivo” non sembrano soddisfare questo requisito fondamentale e appaiono un flatus vocis di cui francamente non si sente affatto la necessità.
¹Ci segnala
Francesco Marino che La frase “le
agricolture biologiche e contadine … attualmente nutrono il 70% della
popolazione mondiale” è anche riportata nel libro di Vandana
Shiva e Lionel Astruc " La terra ha i suoi diritti. La mia lotta
di donna per un mondo più giusto”. Edizione Corriere della Sera, 2020.
²Il saggio di Einaudi fu scritto come prefazione al libro dell’imprenditore agricolo inglese George Henderson “L’ascesa al possesso della terra”, Edizioni agricole, Bologna, 1955 (traduzione di Giuseppe Medici).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. Bonifiche e irrigazione, Catalogo della mostra, Biblioteca centrale di Agraria “Gabriele Goidanich”, a cura di Federica Rossi e Francesco Casadei, http://amsacta.unibo.it/6238/1/Catalogo_mostra_bonifiche_irrigazione.pdf
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Bacenetti J., Fusi A., Negri M., Bocchi S., Fiala M., 2016. Organic production systems: Sustainability assessment of rice in Italy, Agriculture, Ecosystems and Environment, 225 (2016), 33–44.
Einaudi L., 1948. Esiste una frontiera? In Lo scrittoio del Presidente (1948-1955), Einaudi, Torino, 1956, pp. 520-550 8 (https://www.luigieinaudi.it/doc/esiste-una-frontiera/).
Esteve G., Herve M., Giuliano S., 2019. Peasant farming : Definition. Dictionnaire d'Agroecologie, https://dicoagroecologie.fr/en/encyclopedia/peasant-farming/
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Lowder, S.K., Skoet, J. and Singh, S. 2014. What do we really know about the number and distribution of farms and family farms worldwide? Background paper for The State of Food and Agriculture 2014. ESA Working Paper No. 14-02. Rome, FAO (http://www.fao.org/docrep/019/i3729e/i3729e.pdf).
Maas Wolfenson, K.D., 2013. Coping with the food and agriculture challenge: small-holders' agenda. In: Proceedings of the 2012 United Nations Conference on Sustainable Development. 47.
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Rösener W. 2008 I contadini nella storia d'Europa. Laterza, p. 346
Searchinger R.D., Wirsenius S., Beringer T., Dumas P., 2018. Assessing the efficiency of changes in land use for mitigating climate change, Nature, Vol. 564, pp. 249–253.
Shiva V., Astruc L., " La terra ha i suoi diritti. La mia lotta di donna per un mondo più giusto”, EMI, 207 pp.
Dottore di ricerca in scienze chimiche, è docente di chimica e si occupa di didattica e divulgazione. Collabora con diverse riviste e siti Internet e ha pubblicato numerosi saggi, tra cui: Naturale = buono? (2016), Energie misteriose (2016), Le ragioni della scienza(2017), Strafalcioni da Nobel (2018), L’alfa-beto della materia (2019). È Socio effettivo del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Afferma-zioni sulle Pseudoscienze), della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, della Società Chimica Italiana.
Docente di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree presso l’Università degli studi di Milano. E' Presidente del Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia. Attualmente la sua attività di ricerca è rivolta soprattutto alle tematiche della fisiologia della maturazione e qualità enologica dell'uva e alla caratterizzazione e conservazione del germoplasma di vite
Della correttezza terminologica e della tentazione del suo (ab)uso c’è grande necessità di conoscenza.
RispondiEliminaNon solo “agricoltura + aggettivo” ma “alimento + aggettivo” pare essere una tentazione irresistibile del marketing: free from, rich in, naturale, hanno colonizzato lo spazio disponibile sia della confezione sia dello scaffale.
Un plauso agli estensori dell’articolo.
gl mazzolari
"Rozzi giochi di prestigio" di termini defraudati alla SCIENZA: "L' ecologia come molti altri rami fondamentali della biologia, si occupa dei principi, cioè dei fondamenti comuni a tutte le forme di vita. La fisiologia, la genetica, l'embriologia (biologia dello sviluppo) e l'evoluzione sono esempi di altri rami fondamentali...Dunque l'ecologia è un ramo fondamentale della biologia". Ecologia di Eugene P. Odum.