La rivoluzione neolitica
La storia dedotta dall’analisi di sassi e ossa scavate dagli archeologi e dallo studio di comunità umane “primitive”, racconta la difficoltà di interpretare uno dei periodi più cruciali dell’avventura umana, quello che caratterizza il passaggio tra lo stile di vita di chi si nutriva cacciando e raccogliendo frutti od erbe e di chi organizzò la produzione di cibo inventando l’agricoltura. Il contributo degli studi archeologici si basa sul ritrovamento di resti paleobotanici trovati negli strati, databili con precisione, di antichi insediamenti umani. I reperti indicano che questo è il periodo temporale in cui l’uomo rinuncia all’incessante bisogno di muoversi per seguire le mandrie di animali e raccogliere piante selvatiche, e adotta, invece, la stanzialità fondando villaggi di case. Tutto ebbe probabilmente inizio quando fu scoperto il valore del seme: può essere conservato e consumato come cibo ma può anche produrre un nuovo raccolto. Secondo Vere Gordon Childe (1936), che coniò il termine Rivoluzione neolitica, gli elementi caratterizzanti la rivoluzione sono: agricoltura basata su piante ed animali addomesticati; sviluppo esponenziale della popolazione; accumulazione e ridistribuzione dei surplus; sedentarietà; rete di commerci; coordinamento delle attività collettive; tradizioni magico-religiose a sussidio della fertilità; sviluppo di strumenti di pietra e di ceramica; manifattura di tessuti (riassunto in Zender, 2011).Circa 10 millenni prima dell’invenzione dell’agricoltura, alcune comunità umane già tendevano a uno stile di vita sedentario (Bar-Yosef, 2002): durante l’ultimo massimo glaciale (23 mila anni prima del presente), a Ohalo II, nel corridoio palestinese, venivano consumati una grande varietà di semi di cereali e leguminose selvatici (Nadel et al., 2012). Ad Abu Hureyra, località posta sull’Eufrate, gli scavi relativi a periodi pre-agricoli hanno prodotto resti di semi che i paleobotanici hanno assegnato a 157 specie vegetali diverse. Nella regione, lo stile di vita sedentario e poi l’adozione dell’agricoltura sono stati stimolati da cambiamenti climatici, dalla diminuzione delle grandi prede animali, e dai rischi connessi alla caccia. L’adozione dell’agricoltura è stata anche anticipata da una intensificazione dello sfruttamento delle risorse ambientali e da nuove preparazioni del cibo. Diminuì l’efficienza del tempo dedicato a procurarsi risorse alimentari e la sedentarietà impose la costruzione di magazzini per lo stoccaggio dei prodotti agricoli; aumentarono le nascite, la densità della popolazione, la stratificazione sociale. Il dato che riassume sinteticamente la spiegazione del passaggio all’agricoltura è che il terreno coltivato può nutrire da 10 a 100 volte più uomini di quanto la stessa superfice potrebbe offrire ai cacciatori-raccoglitori (Diamond, 1988).
La rivoluzione sociale
La rivoluzione agricola del neolitico fu preceduta da milioni di anni durante i quali la specie e i suoi antenati praticarono la caccia e la raccolta, e di conseguenza le interazioni tra individui finalizzate alla caccia e alla divisione della preda influirono sull’evoluzione fisica e sociale della specie (Leakey e Lewin, 1977). Poi, nel PPNA, 5 mila anni dopo il periodo freddo noto come Younger Dryas, lungo tutta la Mezzaluna fertile individui, comunità e loro confederazioni svilupparono nuove azioni sociali, incluso l’accesso a elementi di tecnologia ed economia. L’inizio di questo processo, a differenza di quanto propose Childe, ha preceduto l’inizio dell’agricoltura: le comunità natufiane che abitavano la fascia di territorio tra il mare Mediterraneo e il corridoio palestinese con il suo entroterra, vivevano già in villaggi prima di adottare l’agricoltura che andava diffondendosi dal Sud-Est della Turchia (Hillman, 1996). La loro sedentarietà si basava sul controllo distributivo delle risorse e sui contatti sociali; l’evoluzione culturale di queste popolazioni ha indubbiamente contribuito a creare le condizioni per l’adozione sia della sedentarietà che dell’agricoltura (Creanza et al., 2017; Smith e Zender, 2012). Economie agricole completamente sviluppate emergono solo nel neolitico medio-tardivo (PPNB 10-9 mila BP) e la rivoluzione si estese verso Est (India) e Ovest (Mediterraneo ed Europa centrale lungo il Danubio): nel 9 mila BP raggiunse la Grecia e nel 6 mila le isole britanniche.La velocità di diffusione dell’agricoltura in Europa (0,5-1 Km/anno) è compatibile con l’ipotesi che gli agricoltori, non solo la loro tecnologia, migrarono e resero possibile la formazione di società agricole (diffusione indicata come demica; Ammerman e Cavalli-Sforza, 1971; 1984; Cavalli-Sforza, 2002)². Il concetto di diffusione demica dell’agricoltura è alla base dell’ipotesi che le lingue indo-europee si siano spostate con le migrazioni degli agricoltori neolitici. Colin Renfrew, nello specifico, si chiese cosa c’era alla base della diffusione delle lingue indo-europee e individuò la causa più probabile nel rapido sviluppo demografico dei contadini tra il Mesolitico e il Neolitico (Bellwood, 2002; Diamond e Bellwood, 2003). Più tardi, la proposta è stata confermata dall’esistenza di una correlazione geografica tra la regione madre di sviluppo agricolo e la patria delle famiglie linguistiche indo-europee più importanti.
Due sviluppi contrapposti caratterizzano l’emergere delle società neolitiche: tensione verso il possesso di case singole autonome e sviluppo urbano a favore della coesione sociale. Nel Natufiano precoce compare il rito della sepoltura che già le comunità Neandertaliane avevano da tempo praticato. L’edificio dei teschi di Cayonu (PPNB) è una necropoli di 3-400 individui, dei quali almeno 90 con scheletro disarticolato, con segni di sacrifici animali e forse umani (Zender, 2009). A partire dal Neolitico, la complessità delle società umane rappresentate da bande di cacciatori–raccoglitori (egualitarismo; leadership assegnata in base al coraggio; decisioni prese nelle cerimonie pubbliche, o religiose o nelle feste), evolve nelle Signorie o Chiefdoms³. Sono società gerarchiche, governate da elites rimpiazzabili da familiari o da pari rango, con capi munificenti ma anche repressivi; durano fino all’inizio della storia scritta. Da loro emergono gli Stati con l’imposizione di una autorità centrale su un territorio esteso. Stati primordiali si organizzarono in tutti i continenti in periodi temporali relativamente convergenti (da 5500 a 500 anni fa). I processi di aggregazione hanno generato una forte stratificazione sociale, con specializzazione del lavoro e delle responsabilità, l’economia, il commercio, la moneta, la scrittura, e con essa quello che ci è noto come “storia”, “civiltà”, “cultura” (Cavalli-Sforza e Cavalli-Sforza, 2006).
La socialità, intesa come rete di interazioni tra individui (Foley, 1995), si è accentuata durante il percorso culturale che ha generato lo sviluppo delle società moderne (Ridley, 1996). Tuttavia, essa è stata in parte delegata all’economia e allo stato con le sue regole: tra gli uomini, la divisione del lavoro, caratteristica primaria delle società animali eusociali, ha generato numerosissime specializzazioni che, di fatto, limitano i rapporti tra gruppi sociali e che spesso sfociano nella comparsa di nuove minoranze. La caccia, che ha contribuito all’evoluzione sociale dei progenitori dell’uomo, nelle società neolitiche complesse ha perso pratica e ruolo.
Destino e storie di perdenti
Nella Mezzaluna Fertile, la rivoluzione neolitica si completò in diversi millenni. L’aumento degli agricoltori generò la colonizzazione o l’allontanamento, se non lo sterminio, dei cacciatori-raccoglitori (le famiglie stanziali di agricoltori potevano generare anche un figlio ogni anno, mentre presso i cacciatori-raccoglitori, l’allevamento dei figli era compatibile con un intervallo tra i parti di 3-4 anni). Alla frontiera tra agricoltori e cacciatori-raccoglitori, confine via via spostato a favore dei primi, si sono intrattenuti scambi anche stabili, soprattutto di bestiame. Questi riguardavano anche il passaggio di donne dei cacciatori-raccoglitori agli agricoltori, casi di iperginia di questi ultimi che consideravano i gruppi di cacciatori-raccoglitori inferiori e in dissoluzione (Harris, 1996). I contatti tra i due diversi modi di vivere hanno determinato la sostituzione dei cacciatori-raccoglitori con comunità agricole (fino all’eliminazione: la produzione intensiva di cibo poteva anche mantenere un esercito professionistico), o l’assimilazione nelle comunità agricole, o l’adozione, da parte dei cacciatori-raccoglitori, di pratiche agricole, o il loro isolamento con il movimento forzato (Skoglund, 2012)⁴. I processi descritti possono essere considerati positivamente quando hanno dato vita a società “
La transizione neolitica nel delta del Reno ha riguardato i territori a sud, fertili e colonizzati dagli agricoltori attorno a 7 mila BP, mentre i cacciatori-raccoglitori occupavano le terre a nord. Pur esistendo contatti tra le due comunità, i gruppi mantennero le loro identità separate. Gli agricoltori sostituirono o integrarono molto rapidamente i cacciatori-raccoglitori, forse utilizzandoli come pastori. La ragione suggerita per la transizione è che l’agricoltura modificò radicalmente l’ambiente, tanto che il territorio non fu più in grado di offrire risorse animali e vegetali spontanee. La colonizzazione iniziò circa 6500 anni fa e si concluse rapidamente dopo 250 anni (Scarre, 2002). La colonizzazione può anche essere stata quasi istantanea: nel Novembre del 1835, 400 Maori assaltarono un’isola delle Chatman abitata dai Moriori. Fu un genocidio di massa: i Moriori furono uccisi a centinaia e i sopravvissuti seguirono la stessa sorte in pochi anni. I Maori commentarono che tutto fu fatto secondo i loro costumi.
La regione baltica è da considerare un caso particolare (Zvelebil,1996; Thomas, 1996). Qui il processo di passaggio dal Mesolitico al Neolitico è stato, apparentemente, anche associato all’adozione di pratiche agricole da parte dei cacciatori-raccoglitori. Esisteva una frontiera agricola che avanzava gradualmente e la sostituzione durò 3 mila anni (tra 6 e 3 mila anni prima del presente). Il caso illustra un tipo di interazione tra i due stili di vita che non ha generato guerre e guerriglie, ma che, probabilmente, era guidato dal controllo sociale da parte dei gruppi agricoli.
La California, a est del fiume Sacramento, ospitava il popolo Yahi che si nutriva di cacciagione, pesce e di pane di ghiande. La corsa californiana all’oro creò una pista (il Lasse trail) nel territorio Yahi. Dei 2-3000 indiani presenti nella regione nel 1850, ne rimanevano 20-30 nel 1872, nessuno allo stato originario. Tra i cercatori d’oro (giunti in California fino a 100 mila in un anno) era sentimento diffuso che l’indiano fosse una creatura inferiore da utilizzare come schiavo o operaio o concubina. Tra il 1852 e il 1867, da 3 a 4 mila bambini indiani furono rapiti per essere venduti come schiavi o utilizzati come forza lavoro; migliaia di indiane furono rapite e avviate alla prostituzione. Spesso, le piccole società degli Yahi sono state eliminate da gruppi di privati cittadini: una tribù Yahi fu distrutta in sei incursioni di bianchi armati. A partire dal 1859, qualcuno fece notare a Washington la necessità di proteggere gli indiani del Rio Sacramento. Venne messa a disposizione una riserva dove gruppi di indiani vennero forzati a migrare. Nel 1861 la riserva fu chiusa. Tutti gli indiani furono obbligati alla migrazione forzata, o morirono, o fuggirono (Kroeber, 1961). Nella storia dell’uomo queste soluzioni radicali si sono spesso ripetute. Per esempio, in un periodo di 400 anni (1400-1700 dC), nel corso di quattro grandi tratte, circa 18 milioni di schiavi furono imbarcati in Africa e diretti a diverse mete, per essere utilizzati in piantagioni agricole (Nathan, 2010).
I Travellers in Irlanda (20.000 persone in tutto) sono nomadi con interessi commerciali. Si muovono frequentemente da un sito a un altro in gruppi di 2-3 famiglie. Praticano l’endogamia più degli altri irlandesi e parlano una loro lingua. La loro origine è incerta, se irlandese o da migrazioni dall’Europa. Le comunità non-Travellers non gradiscono che i siti Travellers siano posti vicino alle loro case. Inoltre, le autorità locali tendono a fondare per loro siti di soggiorno permanenti. Nonostante questo, i gruppi Travellers sopravvivono (similmente ai gruppi Rom in altre regioni europee).
Al tempo dell’arrivo in Europa degli agricoltori neolitici, esistevano popolazioni i cui discendenti sono ancora presenti nella regione basca. Parlano una lingua diversa da quelle indoeuropee. Le evidenze disponibili indicano che i baschi discendono da popolazioni paleolitiche-mesolitiche coeve dell’uomo di Cro-Magnon, al tempo presenti nel sud-ovest della Francia e nel nord della Spagna (Cavalli-Sforza, 2006). Evidentemente, i baschi rappresentano un caso di accettazione delle pratiche agricole contestuale al mantenimento di una loro identità genetica e linguistica.
………Un caso in parte misterioso ha preceduto la rivoluzione agricola. Homo heidelbergensis, che ha poi generato in Africa H. sapiens e in Asia i denisoviani (Manzi, 2017), era presente in Europa 400 mila anni fa dove generò Neandertal (H. neanderthalensis). Neandertal passò attraverso 3 grandi cicli glaciali-interglaciali e viveva in gruppi di cacciatori che utilizzavano anche frutti e vegetali. Possono essere stati cannibali (a Krapina, in Croazia le ossa di 30 neandertaliani avevano segni di macellazione; Condemi e Savatier, 2016), ma comunque inumavano i morti. Homo sapiens lasciò l’Africa in due ondate e nel corso della seconda, quaranta mila anni fa, raggiunse l’Europa dall’Asia e venne a contatto con Neandertal nel corridoio levantino. Dieci mila anni dopo, Neandertal si estinse. Le cause non sono certe ma si può supporre che abbiano giocato un ruolo la concorrenza alimentare, le interazioni ostili con i nuovi arrivati, l’ibridazione con H. sapiens che gli sottraeva le donne. Il DNA di ogni europeo possiede l’1-4% di geni Neandertal (la frazione arriva al 20% se si sommano i geni presenti in uomini diversi)⁵. Questo DNA è assente nel sapiens africano, ma era già presente nella popolazione arrivata in Europa. La cultura dei sapiens è certamente stata una sfida persa per i Neandertal (Condemi e Savatier, 2016; Gilpin et al., 2016): di certo, quando in Europa entra in scena con prepotenza l’uomo moderno il Neandertal scompare (Darnton. 1996).
In sintesi. I due stili di vita cacciatori-raccoglitori e agricoltori furono alternativi e in competizione, e in tutti i continenti le loro interazioni sono sempre state unidirezionali: la strategia agricola è risultata vincente. In tutte le situazioni di coesistenza, almeno temporale, tra agricoltori e cacciatori-raccoglitori, questi ultimi sono descritti come cattivi, brutali, di vita breve. Luigi Cavalli-Sforza riporta che gli agricoltori locali considerano i pigmei del Centro Africa – cacciatori-raccoglitori – come una razza inferiore.
I destini dei soccombenti sono stati in qualche caso commentati da scrittori e saggisti che hanno messo in evidenza la loro natura inevitabilmente negativa; parole toccanti sono state scritte da uno scrittore statunitense, Corman McCarthy (1965) “Se ne sono andati tutti, ormai. Scappati, banditi nella morte o nell’esilio, perduti, rovinati. Sole e vento percorrono ancora questa terra, per bruciare e scuotere gli alberi, l’erba. Di quella gente non rimane alcuna incarnazione, alcuna traccia. Sulle labbra della stirpe estranea che ora risiede in quei luoghi, i loro nomi sono mito, leggenda, polvere”
Stile di vita e libertà di praticarlo
Sebbene la formazione di minoranze sia inevitabile (perché causata dall’evoluzione sociale), può essere utile indagare le ragioni che hanno limitato le minoranze nei loro diritti di libertà. In questo, la considerazione del destino delle minoranze di cacciatori-raccoglitori si presta a una discussione allargata a quelle minoranze che, nelle nostre società, esistono da tempo o via via si stanno formando. Nell’oceano di carta scritta attorno al concetto di libertà, tre brevi saggi aiutano ad avvicinarsi al problema della libertà delle minoranze sociali.Il primo è il Saggio sulla libertà (On liberty; 1858) di Stuart Mill⁶. L’autore ritiene che “è necessario proteggersi dalla tirannia del sentimento predominante che ostacola lo sviluppo di individualità discordanti”, ritenendo così necessario limitare la “majority rule” quando affronta pratiche sociali che danneggiano le minoranze. L’invocata volontà del popolo, in realtà è, nei fatti, la volontà della parte più numerosa del popolo. Nella sua biografia (citata nella prefazione di Giulio Gioriello e Marco Mondadori), John Stuart Mill ribadisce che è “utile che vi siano differenti esperimenti di vita e che la validità di modi di vivere diversi sia verificata nella pratica”. Per il filosofo ogni uomo nasce senza attitudini preordinate - come una tabula rasa -, concetto poi sviluppato dal modello Standard delle Scienze sociali che non concede alle componenti biologiche innate il controllo del comportamento. La psicologia associa Stuart Mill, insieme a John Locke, a concetti educativi da adottare, e questo approccio, indicato come behaviorismo, l’ha dominata dal 1920 al 1960 (Pinker, 2002).
Il secondo saggio “La libertà di essere diversi” è di Lamberto Maffei (2011), già presidente dell’Accademia dei Lincei. L’autore si chiede se possiamo essere liberi di distinguerci nelle nostre attività fino a essere unici e diversi da tutti gli altri. Cita i risultati di esperimenti che dimostrano che il cervello di ciascuno di noi è plastico, cioè cambia funzione e struttura durante la vita, plasticità che lo rende capace di produrre sempre una interpretazione personale del mondo, libero cioè di scegliersi un suo modo di vivere. Aggiunge ai concetti di Stuart Mill l’importante conferma sperimentale che l’unicità del sistema nervoso di ogni individuo lo rende soggetto di diritti esercitabili (con la limitazione, già esplicitata da Stuart Mill, “purchè non ledano la libertà di altri”).
Il terzo saggio è lo scritto del 1762 di Jean-Jaques Rousseau Du contrat social. Ou principes du droit politique, titolato nella traduzione italiana “Il Contratto sociale”. Nella prefazione, Antonio Burgio inquadra Il Contratto nell’ambito della discussione, al tempo di Rousseau vivace, sul passaggio da una condizione pre-politica dell’uomo (“stato di natura”), all’inizio di un ordine politico (“società civile”). Per Rousseau, ogni uomo ha interessi privati diversi da quelli degli altri, e solo lo Stato li può regolare con un contratto. Sul tema, si avvicina a Thomas Hobbes: nello stato di natura la vita degli uomini è la “guerra di tutti contro tutti (homo homini lupus)”. La soluzione, per Hobbes, è ancora la creazione dello Stato, con tutte le sue negatività (il Leviatano) (Blackburn, 2011; Ridley, 1996). Rousseau descrive un sistema democratico razionale dove la sovranità inalienabile del popolo è basata sul numero dei voti e che non considera i diritti delle minoranze. La sua visione diventerà un riferimento teorico, prima per i Giacobini e poi per altri esperimenti sociali del secolo scorso.
Una conclusione di questa parte dello scritto suggerisce che nelle comunità umane il concetto di libertà debba includere i diritti delle minoranze. Il giudizio sulla loro presenza ed esistenza implica che nella società non solo esse vengano riconosciute, ma anche siano comprese e rispettate. In questo senso, un accenno merita la considerazione che una certa inclinazione a dubitare è positiva per affrontare una discussione sulla democrazia dei sistemi politici e sui rapporti maggioranza-minoranze. Sul tema, si può citare Il Racconto di Lamia (Anatole France, 1902). Lamia incontra una donna di Gerusalemme, prostituta in una bettola. La segue ovunque trascinato da amore passionale. Un giorno la donna scompare. Gli dicono che si era unita a un gruppo che seguiva un taumaturgo della Galilea noto come Gesù il Nazareno, poi crocefisso. Dopo tanti anni, Lamia incontra a Roma e chiede a Ponzio Pilato, suo amico, se si ricorda di quell'uomo. Pilato risponde “Gesù? Gesù il Nazareno? No, non ricordo”. Leonardo Sciascia nella prefazione al testo commenta che il racconto è un apologo e un’apologia dello scetticismo e della tolleranza che ne è figlia.
Zingari e dintorni
Ritorniamo ai cacciatori raccoglitori. Esistono ancora: sono circa 300 mila, distribuiti in tutti i continenti in percentuali molto piccole della popolazione, dal deserto del Kalahari, in Sud Africa, al ghiaccio artico. Vivono in gruppi di circa 25 persone e praticano l’esogamia. Non sono né brutti, né cattivi né hanno una vita breve. Sono però ancora visti con occhi non simpatici e non è un caso se occupano aree marginali del pianeta (Leakey e Lewin, 1977).Le discussioni di filosofia sociale del passato avevano assegnato allo “stato di natura” una connotazione di inferiorità, specie quando era contrapposto a uno “stato di civiltà” figlio dell’accumulazione di cultura. Questa visione è stata, in parte significativa, smentita da nuove conoscenze relative al Paleolitico e al Neolitico umano. Nelle ere succedutesi tra 100 e 50 mila anni fa, un evento di natura genetica permise agli umani di sviluppare un cervello con funzionalità pari a quella di noi moderni, inclusa l’attitudine ad apprendere un linguaggio⁷ (Diamond, 1988). In Europa, 40 mila anni fa l'arte⁸ e il senso religioso fanno la loro comparsa (Foley, 1995; Wilson, 2004). Un uomo già moderno, Cro Magnon⁹, produce affreschi, statue, strumenti musicali. E’ il trionfo degli artisti che hanno ritratto i bisonti e i cavalli di Lascaux (Nougier, 1974). E’ certo che, tra i sentimenti, quelli nobili che celebriamo - l’altruismo, la compassione, l’empatia, l’amore, il senso del giusto - hanno una forte base genetica ed erano già patrimonio dell’uomo paleolitico ancora cacciatore-raccoglitore (Ridley, 1996; Wright, 1994; Hauser, 2006). Chi considera l’uomo capace di andare oltre la sua natura biologica solo utilizzando la cultura, nega il determinismo biologico di parte del comportamento¹⁰,¹¹. Ma, tra molte altre evidenze (Bendesky e Bargmann, 2011), la scoperta dei neuroni specchio suggerisce che i codici sociali hanno uno sfondo chiaramente biologico¹⁴ (Iacoboni, 2008). Si può concludere che già nell’alto paleolitico la mente dell’uomo cacciatore-raccoglitore possedeva la chiave per comprendere e adattarsi, nelle interazioni sociali, alle intenzioni degli altri. Il loro stato di natura non era, e non si deve considerare, inferiore a quello degli agricoltori poi sopravvenuti, con i quali i cacciatori-raccoglitori condividevano le basi biologiche e genetiche.
Si possono, infatti, citare importanti manifestazioni di matura socialità di quelle popolazioni: esempi di attività pubbliche comuni di natura rituale nel Vicino Oriente durante il PPNA pre-agricolo sono le mura e la torre di Gerico e i templi di Nevali Cori e di Gobekli Tepe. Gli scavi di Göbekli Tepe hanno modificato la nostra visione del Neolitico (Schmidt, 2011). Il sito, la più antica architettura monumentale della storia dell’umanità, data al Neolitico pre-ceramico, tra 11 mila e seicento e 10 mila anni fa, 5 mila anni prima delle piramidi dell’Egitto. Non è un villaggio, ma un insieme di edifici di culto costruito quando non erano ancora praticati l’agricoltura e l’allevamento animale. La sua costruzione durò più di un secolo, e, si presume, richiese grandi risorse alimentari, all’inizio derivate anche dalla raccolta di cereali selvatici. La frequentazione degli edifici terminò 10 mila anni fa con il loro seppellimento intenzionale. La lunga durata di questo centro religioso, probabilmente, dipese da una rete sopra regionale di contatti, mantenuti regolarmente, tra gruppi (Dietrich et al., 2012a). Sopra tutto, la regione testimonia che, prima dell’introduzione dell’agricoltura, gli uomini disponevano già di un patrimonio simbolico, tradotto in templi e figure (Dietrich et al., 2012; Salamini, 2014). Nel tardo Paleolitico, quindi, individui, comunità e confederazioni avevano elementi di economia, urbanistica, azione sociale e ideologica. Göbekli Tepen¹² è enigmatica e unica, ma tutta la Mezzaluna Fertile è stata un’area geografica che ha ospitato importanti eventi del divenire delle società moderne.
Si può concludere che gli uomini dei quali abbiamo parlato, geneticamente e socialmente sono stati e sono come noi, o come l’uomo di Cro Magnon: tempi e storia li hanno destinati cacciatori raccoglitori (e allora erano maggioranza). Cosa è cambiato? Gli uomini, più o meno organizzati in comunità, tendono a beneficiare di quanto altri gruppi o popolazioni hanno sviluppato, una saggezza mediata dall’esperienza. Per questo, secondo Jared Diamond, la storia di una società umana non dipende dalla diversità genetica o dal caso ma dalla sua tendenza a adottare le innovazioni di altri, insieme a vicissitudini geografiche ed ecologiche. La rivoluzione industriale, nata pochi secoli fa, ha imposto nuovi rapporti tra agricoltori e ceti industriali e creato, di conseguenza, minoranze agricole (in Italia la forza lavoro, attiva in agricoltura, scende dal 45% del secondo dopoguerra all’attuale 4%; sono lontani i tempi quando Diodoro Siculo scriveva che nessun nemico che incontra un agricoltore in campagna gli recherebbe danno, anzi, ritenendolo un benefattore, si asterrebbe da qualsiasi offesa). L’esempio dei cacciatori-raccoglitori si presta a una logica conclusione: essere minoranza non dipende dal possesso per eredità o cultura di limitate capacità sociali o di incapacità di gestire la propria esistenza.
Questa ruota della storia che gira e genera effetti anche radicali è una presenza immanente in sé, da accettare di necessità, ma con la consapevolezza dell’esistenza dei limiti che già Stuart Mill aveva messo in evidenza: le minoranze aumentano e descrivono possibili alternative di evoluzione sociale e di essere, per questo, libere di proporsi. Tuttavia, da un pò di tempo è stato ripetutamente affermato che chi ha vinto ai voti ha il diritto di decidere, una situazione che, nel nome del cambiamento pur necessario, con una frequenza che dovrebbe preoccupare, si sta traducendo in soluzioni gradite alla maggioranza che dimenticano o sono contrarie alle attese dei gruppi più o meno numerosi di minoranza¹³. La sensibilità politica e sociale di ciascuno di noi può valutare se i concetti di libertà di Stuart Mill, Maffei e financo di Rousseau, riferiti a minoranze sociali siano oggi poco considerati se non ritenuti inutili.
Si può andare oltre. L’intera storia degli ultimi 2 milioni di anni del genere Homo è una successione di migrazioni e di diffusioni geografiche (Manzi, 2017). Inevitabilmente, il materializzarsi delle migrazioni dei popoli contribuisce a formare minoranze, temporanee fino a quando si impongono, o si integrano, o si estinguono. Non si vuole qui discutere la decisione di accettare o respingere nuovi migranti: riguardo a questo problema un governo decide quale delle due alternative praticare. Sarebbe però necessario che alle minoranze storiche già presenti, o eventualmente in via di formazione, o in arrivo da altri continenti, non sia - di fatto o imponendo normative - assegnato uno status di inferiorità rispetto a quello dei residenti. Che la maggioranza dei cittadini possa nutrire sentimenti di intolleranza verso i diversi è comprensibile, è una reazione innata, purtroppo in questo caso negativa, della nostra natura, reazione che genera aggressività e territorialità (Lorenz, 1963; Hauser, 2006). Si suggerisce, come antidoto, di uscire da noi stessi e considerare come fobie il sospetto verso il diverso, l’inviolabilità dei confini, il nazionalismo, le guerre tra ed entro gruppi, la considerazione di essere affini solo al gruppo di appartenenza (una forma di tribalismo parte della nostra eredità ma da evitare, specialmente da parte dei politici e dei diplomatici; Ridley, 1996). E’ da auspicare che le comunità di uomini adottino i cambiamenti culturali necessari¹⁴, accertato che la parte istintuale della natura umana è poco flessibile nell’adattarsi ai bisogni emergenti di società in evoluzione¹⁵ (Pinker, 2002). Non sono cambiamenti impossibili: esistono casi dove anche la genetica della specie è stata guidata dalla cultura; nella nostra epoca, sensibili modifiche dell’ecosistema, delle produzioni alimentari e delle tecnologie vengono guidate da contributi culturali (Creanza e Feldman, 2016; Creanza et al., 2017; Rendell, 2010). In questo processo, la responsabilità maggiore è della politica, ma anche la scuola e i media hanno spazi per riflettere e contribuire. La presenza sulla strada di mendicanti, saltimbanchi e suonatori, zingari e immigrati, mi appare positiva: comunica che la libertà di essere diversi è permessa e non repressa dalla società¹⁶.
Note
§) dC: anni dopo Cristo. BP: before present (nella letteratura specialistica, cal BP indica gli anni prima del presente calibrati in base alla datazione con ¹⁴C, tarata con analisi dendrologiche; le datazioni riportate nel testo e nella figura sono calibrate). La datazione basata sul decadimento dell’isotopo del carbonio ¹⁴C a ¹²C considerava costante nel tempo il rapporto atmosferico tra i due isotopi assorbiti dalle piante come CO₂. Questo rapporto venne verificato misurando il livello di ¹⁴C negli anelli di legno databili dei tronchi di piante pluricentenarie. Sono così stati sviluppati algoritmi correttivi che consentono datazioni più precise. Vengono anche utilizzati altri metodi che in casi particolari sono superiori a quello basato sul ¹⁴C.
Nota n1. Questa regione, dove sono concentrate le forme selvatiche delle piante addomesticate, è stata chiamata il Triangolo d’oro o The cradle of agriculture o Core Area (Dietrich et al, 2012a).
Nota n2. Parte dei geni degli europei è arrivata dal Vicino Oriente con gli agricoltori. Un contributo precedente aveva forse la stessa origine (Cavalli-Sforza, 2006). Colin Renfrew (2002) ritiene che il contributo dell’espansione agricola al genoma degli europei si sia attenuato proporzionalmente all’allontanamento dalla Mezzaluna Fertile. Lazaridis et al. (2016) riportano che nella Mezzaluna Fertile i cacciatori-raccoglitori, diventati localmente i primi agricoltori, appartenevano a tre distinti gruppi genetici (del Levane, Anatolia, Iran). Il gruppo anatolico si è poi espanso in Europa.
Nota n3. I raggruppamenti umani vengono descritti come Banda (circa 12 membri), Tribù (100), Chiefdom (migliaia), Stato (più di 50 mila). Chiefdom: uno o pochi villaggi; linguaggio centralizzato; qualche livello burocratico; soluzione dei conflitti centralizzata; religione; produzione di cibo intensiva; lavoro in parte diviso; tributi presenti; società stratificata; schiavitù marginale.
Nota n4. Nel Medioevo i folli, cioè i diversi, compresi gli omosessuali e gli accattoni, venivano imbarcati su una nave e trasportati senza meta allo scopo di farli scomparire dalla città (Maffei, 2011).
Nota n5. Le unioni uomo sapiens e donna neandertaliana erano fertili; sterili quelle uomo neandertaliano donna sapiens (si basa sul non ritrovamento di DNA neandertaliano sul cromosoma Y di sapiens; è possibile che anche la selezione sessuale abbia giocato un ruolo). Manzi (2017) ritiene che anche l’incrocio reciproco si sia verificato. I sapiens arrivati in Europa avevano un genoma con DNA neandertaliano (Condemi e Savatier, 2016).
Nota n6. Utilitarismo, l’etica di John Stuart Mill: la morale dipende dalla felicità e dal dolore. Se in una popolazione qualcosa fa prevalere la felicità, è moralmente buona. Trattare benevolmente gli altri è fondamentale per il “bene comune” perché contribuisce a massimizzare la felicità. Sfocia nei dettati del Cristianesimo (Wright, 1994).
Nota n7. L’apprendimento del linguaggio è sostenuto da reti neuronali modificate dalla mutazione genetica di 50-100.000 anni fa (il grande balzo in avanti). Le reti esistono già alla nascita ed il bambino è predisposto ad apprendere qualsiasi lingua (Manzi e Piazza, 2009).
Nota n8. La psicologia evoluzionistica sostiene che nel cervello la rete di cellule sensibili all’estetica è innata e pre-programmata (Cappelletto, 2009).
Nota n9. Gli uomini di Cro-Magnon sopravvissero al minimo termico di circa 22.000 anni fa e si stabilirono nelle regioni europee meridionali. Il loro fisico e le capacità intellettuali erano comparabili ai nostri. Tra 15 mila e 12 mila anni fa produssero molte pitture rupestri. Erano cacciatori che attendevano gli animali ai guadi, o li chiudevano in valli senza uscita, o li spingevano nel vuoto dai dirupi (Tattersal,1998). Con loro si esaurirono le società ugualitarie del Paleolitico.
Nota n10. Le scoperte sulla base biologica di parte della natura umana si pensò potessero mettere in dubbio ideali sociali progressisti. Dopo la pubblicazione di Sociobiology, (Wilson, 1975), che trattava della selezione a favore dei comportamenti sociali come la comunicazione, l’altruismo, l’aggressività, il sesso, la parentela, Wilson fu pesantemente attaccato. Robert Trivers reagì descrivendo quanto di positivo la sociobiologia aveva sviluppato relativamente all’effetto della selezione a favore dell’altruismo umano.
Nota n11. Attraverso i neuroni specchio possiamo capire le intenzioni degli altri. Sono neuroni premonitori che fanno sentire sentimenti e compiere azioni in empatia con altri; sono anche parte di un meccanismo neurobiologico che può favorire la violenza imitativa (Iacoboni, 2008).
Nota n12. Gobekli: ombelico. Tepe: collina. Non è un villaggio. E’ un grande santuario del Neolitico, forse dedicato al culto dei morti (Schmidt, 2007). Nella Mezzaluna Fertile, i pilastri a T di Göbekli Tepe e un ricco arsenale di simboli comuni, si ritrovano in molti siti scavati. Caratteristiche condivise sono la divisione delle aree di lavoro, gli edifici speciali, le aree destinate a scopi rituali (Dietrich et al., 2012).
Nota n13. Si possono citare esempi: vaccinazioni; critiche all’Ordine dei giornalisti; opposizione all’auto-governo della magistratura; condizionamento della Banca centrale; rapporti tra regioni e governo; scienziati, economisti e tecnologi ignorati; pensioni di malati mentali e handicappati non considerate; decisioni di altri governi bandite; castrazione chimica.
Nota n14. Creanza et al (2017) discutono il ruolo della modellistica nel definire il contributo della trasmissione culturale (social learning) all’evoluzione delle società. La dinamica dei cambiamenti che dipendono dall’innovazione è sostenuta dall’incrocio tra genotipi diversi che genera nuova variabilità, dalla migrazione e dai contatti culturali. L’adozione dell’agricoltura è stata una innovazione culturale che ha contribuito ad aumentare le popolazioni, facilitando così la diffusione del nuovo stile di vita.
Nota n15. Le ragioni citate sono: la famiglia conserverà il primato in tutte le società umane; gli scambi gratuiti e i contributi al bene comune sono assenti se la reciprocità non è evidente; la violenza e l’etnocentrismo; l’ostilità tra gruppi dovuta a componenti ereditarie negative; meccanismi di difesa che prevalgono su saggezza e integrità; senso morale che concede ancora la preferenza a parentela ed amici (Pinker, 2002).
Nota n16. Vivono della carità di altri, inconsciamente seguendo l’istinto di raccogliere senza seminare, eredi moderni di maggioranze pre-agricole.
L'articolo è tratto da "I TEMPI DELLA TERRA"
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