di SERGIO SALVI
Un momento dell'introduzione alle visite guidate |
Tra i protagonisti delle Giornate FAI di Autunno appena concluse c’è stato anche un pomodoro, per l’esattezza il pomodoro “Varrone” di Nazareno Strampelli, che adesso, grazie alla collaborazione tra Università Politecnica delle Marche e Fondo per l’Ambiente Italiano cresce, a scopo dimostrativo, nell’Orto sul Colle dell’Infinito, primo Bene del Fondo nelle Marche inaugurato nel 2019 alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Giovani piante di Varrone |
È stata anche l’occasione per fare il punto della situazione sul “Varrone” a cinque anni dal suo recupero, avvenuto dopo la scoperta dei suoi semi presso la banca del germoplasma del VIR di San Pietroburgo, istituto fondato nel 1924 dall’agronomo, botanico e genetista russo Nikolai Ivanovic Vavilov (1887-1943).
Ricordiamo che il pomodoro “Varrone” è stato costituito da Nazareno Strampelli, verosimilmente alla fine degli anni ’10, nel tentativo di migliorare la varietà inglese “Sutton’s Best of All” tollerante la siccità ma fortemente attaccata dalla peronospora. Mediante ibridazione con non meglio precisate “varietà nostrane resistenti alla peronospora”, Strampelli riuscì a selezionare una varietà resistente alle crittogame, tollerante la siccità, dotata di elevata adattabilità all’ambiente e altamente produttiva. Dopo alcuni anni di sperimentazione sia in ambiente irriguo (provincia di Parma) sia in ambiente caldo-arido (provincia di Bari), il “Varrone” entrò in coltura come varietà da industria per la produzione di conserva. Soppiantato dopo la Seconda guerra mondiale dalle moderne varietà da industria, continuò a fare mostra di sé fino agli anni ’60 a livello di orti domestici, per poi sparire completamente dalla circolazione e, almeno in Italia, anche dalle banche del germoplasma. Al VIR di San Pietroburgo, il “Varrone” è stato conservato continuativamente dal 1925, anno in cui furono bancati i semi probabilmente inviati a Vavilov dallo stesso Strampelli (i due agronomi, com’è noto, si conoscevano).
Piantina di Varrone con bacche a vari stadi di maturazione |
Il resto è storia recente, comprese le notizie che possiamo dare oggi sul “Varrone” mettendo insieme gli esiti delle prove condotte da quando la varietà è tornata in Italia. Tali esiti evidenziano due dati di fatto: la perdita della resistenza alla peronospora (come ci si poteva attendere dopo un secolo di evoluzione dei ceppi del patogeno verso forme non più tollerabili da una pianta anch’essa centenaria) e il mantenimento della tolleranza alla siccità, accompagnata da una produttività valutata come soddisfacente perlomeno dal giardiniere dell’Orto dell’Infinito, il quale ha dovuto combattere contro una stagione secca che ha creato non pochi problemi alla gestione del sito. Allo stato attuale, pertanto, la tolleranza alla siccità del “Varrone” può essere vista come il punto di partenza di una nuova ed auspicabile fase di studio di questa varietà, nel solco della valorizzazione della diversità genetica e dei suoi potenziali utilizzi, soprattutto in epoca di cambiamento climatico.
SERGIO SALVI
Biologo libero professionista, già ricercatore in genetica, è biografo di Nazareno Strampelli e cultore di storia agroalimentare. Si dedica alla divulgazione scientifica su temi d’interesse storico e di attualità. È Socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.