di ALBERTO GUIDORZI
L’AGG ha emesso il suo documento, composto da be 11.000 pagine, e che l’EFSA, contrariamente alla prassi, ha deciso di rendere pubblico da subito. Il documento conclude che “il gliphosate non può essere considerato mutageno né a livello del fegato che dei polmoni o del sistema nervoso; Non è un perturbatore endocrino e neppure cancerogeno. Non è neppure reprotossico (tossico per le funzioni riproduttive)”.
Tutto ciò da un punto di vista della scienza dovrebbe aprire le porte alla riautorizzazione alla commercializzazione dell’erbicida anche dopo il 2022. Il condizionale è d’obbligo in quanto ormai assistiamo che i politici di molte nazioni e dell’UE stessa fa carta straccia dei documenti scientifici e decide spesso in base alle opportunità di non ledere il proprio consenso elettorale, benché sappia che la posizione degli elettori è precostituita.
Di un comportamento del genere proprio sul gliphosate ne è un esempio quanto capitato negli USA dove degli agitatori anti-gliphosate hanno fatto da spalla a gabinetti d’avvocati che hanno semplicemente sfruttato la sfiducia e l’ignoranza del pubblico verso questo prodotto per indire “class actions”. Prova ne sia che in nessun processo intentato negli USA contro il gliphosate viene richiesta l’abolizione dell’uso dell’erbicida, ma sono solo vantati presunti danni causati dall’erbicida a persone aventi avuto contatti con la sostanza diserbante. La disinformazione del pubblico è dimostrata dal fatto che è stata indotta a dare credito ad un solo parere di probabile cancerogenicità emesso più di 6 anni fa dallo IARC. Nei sei anni successivi lo IARC non ha più ribadito il suo responso benché fossero uscite altre pubblicazioni tendenti a provare la cancerogenicità; tutte, però, subito screditate dalla revisione di altri scienziati vuoi per difetti procedurali che per conclusioni che i dati non supportavano. Il parere dello IARC si è basato solo su alcuni lavori pubblicasti nel 2015, scartandone altri che, benché già pronti per la pubblicazione dicevano il contrario. In sintesi: è stata data più importanza al parere di uno IARC, la cui decisione si è rivelata essere stata influenzata da Christopher Portier, divenuto poi consulente (per la “modica” cifra di 160.000 $) di un gabinetto di avvocati in un processo contro il gliphosate in California. Insomma moltissima gente è stata indotta dalla propaganda di molte ONG ( e lo è ancora…) a dare più credito ad un solo parere rimasto isolato nel tempo, che non a 23 pareri di altrettante autorità sanitarie nel mondo che subito hanno contestato le affermazioni dello IARC e oggi appunto questi pareri sono supportati dalle conclusioni del gruppo AGG all’uopo costituito.
Evidentemente è già scattato il battage di disinformazione da parte degli stessi personaggi delle ONG per sminuire o addirittura contestare i protocolli sperimentali utilizzati nelle ricerche e subliminalmente paventare un intervento corruttivo delle ditte produttrici del diserbante presso gli enti pubblici di controllo, come se fosse credibile che in blocco e contemporaneamente tutti componenti delle autorità sanitarie nazionali di tanti paesi del pianeta fossero conniventi con gli interessi delle multinazionali chimiche. Le stesse ONG vogliono far credere che il gliphosate ha già dei sostitutivi come ad esempio con l’acido pelargonico (un acido grasso definito di biocontrollo). Solo che non si dice che trattasi di un semplice disseccante della parte aerea e quindi non facendo morire le radici, come invece fa il gliphosate, le piante poi ricacciano. Inoltre la scheda di sicurezza ci dice che è molto più tossico: “È una molecola corrosiva che provoca gravi ustioni alla pelle e danni agli occhi fino alla perdita della vista! Se inalato può causare danni alle vie respiratorie. I dati eco-tossicologici, anche se frammentari, indicano un pericolo maggiore per gli ecosistemi acquatici rispetto a quello del glifosato (Daphnia test: EC50 da 64 a 119 mg/l per acido pelargonico contro 243 mg/l per Roundup)! L'acido pelargonico è anche classificato come pericoloso per l'ambiente da alcuni fornitori in Nord America. Si tacciono anche in costi, purtroppo: per diserbare un chilometro lineare con il gliphosate occorrono 92,50 €, mentre se lo si sa fa con l’acido pelargonico ne occorrono 234, 38.
IN CONCLUSIONE: la Commissione nel 2022 potrebbe anche decidere di non riautorizzare il gliphosate e, invece, continuare a far usare a tutto spiano i prodotti rameici (l’uso surrettizio di concimi rameici è l’escamotage per superare i 4 kg di rame annuo consentiti in biologico), quando nelle seguenti tabelle di confronto tra i due esistono queste differenze tutte a favore del primo:
A proposito di un accumulo nel suolo, vale la pena osservare la carta della Francia riportata sotto che mostra i tassi di rame totale dei terreni individuati pedologicamente su un orizzonte pari a 0-30 cm. Come si osserverà i dipartimenti più vinicoli d’oltralpe, quali il bordolese ad ovest, la zona mediterranea al centro e la Borgogna, l’Alsazia e la Champagne ad est mostrano tenori di rame superiori a 100 mg/kg di terreno, e non infrequenti sono valori intorno a 500 mg (ossia 500 parti per milione) che massimizzano le conseguenze che l’immagine sopra mostra.
A certi livelli i rame diventa fitotossico, ma questa dipende dal pH (a pH 4 la fitotossicità si manifesta già con 25 mg/kg, mentre a pH 8 occorre salire a 100 mg/kg), dalla presenza di sostanze colloidali ecc. Tuttavia difficilmente si nota fitotossicità nelle coltivazioni arboree in quanto le radici esplorano i terreni in profondità dove i tenori di rame sono molto più bassi che negli strati superficiali che sono invece esplorati dalle piante erbacee; è, infatti, su queste che si riscontrano effetti fitotossici visibili se coltivate su terreni precedentemente investiti per tanto tempo a colture arboree. L’aspetto visivo della fitotossicità è una clorosi diffusa come si nota in questi campi francesi del Languedoc-Roussillion prima ospitanti vigneti.
Ma cosa capiterebbe se per il gliphosate fosse sospettata l’azione di un inadeguato ripiegamento del prione ossia della proteina PrP (implicata nelle encelopatie spngiformi, alias vacca pazza) come invece si sospetta per il rame? L’immagine, purtroppo in lingua francese, ci dice in sintesi che lo ione rame quando si lega all’estremità della proteina questa si piegherebbe male e diverrebbe infettiva. Una notizia così e che implicasse il gliphosate farebbe gridare al “ SI SALVI CHI PUO’ “, mentre nel caso del rame essa non è meritevole di menzione.
A CONFERMA:
RispondiElimina“ Il glifosato è l'ingrediente attivo negli erbicidi non selettivi a marchio Roundup® e i test sui residui alimentari sono stati eseguiti come parte dei normali processi normativi. Ulteriori test sono stati effettuati da ricercatori accademici e agenzie non governative.
La presenza di residui dovrebbe essere vista nel contesto delle norme di sicurezza. Inoltre, per interpretare correttamente i dati sui residui, i test analitici devono essere convalidati per ogni matrice del campione alimentare.
I sondaggi delle agenzie di regolamentazione indicano che il 99% dei residui di glifosato negli alimenti è al di sotto dei limiti massimi di residui europei (LMR) o delle tolleranze dell'Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti . Questi dati supportano la conclusione che i residui complessivi non superano gli LMR/tolleranze dovuti a pratiche agricole o all'uso di glifosato su colture geneticamente modificate (GM).
Tuttavia, è importante comprendere che gli LMR e le tolleranze sono limiti all'uso legale dei pesticidi. Gli LMR forniscono informazioni sanitarie solo quando la somma degli LMR per tutti gli alimenti viene confrontata con i limiti stabiliti da studi tossicologici, come la Dose Giornaliera Accettabile (DGA).
I risultati dei modelli dietetici che utilizzano residui alimentari effettivi, o gli stessi LMR, combinati con i dati sul consumo indicano che l'esposizione alimentare al glifosato rientra nei limiti di sicurezza stabiliti.
Le misurazioni del glifosato nelle urine possono essere utilizzate anche per stimare l'esposizione al glifosato ingerito e gli studi indicano che l'esposizione è <3% dell'attuale DGA europea per il glifosato, che è 0,5 mg di glifosato/kg di peso corporeo.
Le conclusioni delle valutazioni del rischio, basate su modelli dietetici o dati sulle urine, sono che le esposizioni al glifosato dalla dieta sono ben al di sotto della quantità che può essere ingerita giornalmente per tutta la vita con sicurezza ragionevole.
tRATTASI DEL SUNTO DI QUESTO LAVORO:
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/1541-4337.12822