Traduzione di Alberto Guidorzi di un report di Pierre Pagesse* apparso su European Scientist**
Nei dibattiti sul riscaldamento globale, l'agricoltura è spesso accusata del suo significativo contributo alle emissioni di CO₂. Si sottace però che la produzione di carboidrati contenuti nelle colture è invece tanta CO₂ rimossa dall'atmosfera per il bene di tutti, e che l'impronta di carbonio dell'agricoltura, facendo la sommatoria degli effetti positivi e negativi, è ampiamente favorevole.
Si deve tenere presente che la CO₂ è un gas raro nell'atmosfera. In un secolo, la sua proporzione è aumentata da 300 ppm (parti per milione) a 400 ppm, cioè dallo 0,03% allo 0,04%.
L'IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) stima che l'aumento della CO₂ atmosferica sia determinato dalle emissioni antropogeniche durante l'era industriale. Queste emissioni sarebbero responsabili del riscaldamento globale, anche se altre voci ci stanno dicendo che l'aumento della temperatura, specialmente sulla superficie degli oceani, è la principale fonte dell'aumento di CO₂ nell'atmosfera ed a cui competerebbe il riscaldamento dovuto al ciclo del nostro sistema interplanetario.
Questa è la storia di chi è nato prima tra gallina e uovo. Non ho la competenza per decidere su questo dibattito tra esperti. Penso solo che se potessimo ridurre le nostre emissioni e risparmiare combustibili fossili, che per definizione non sono illimitati, contribuiremmo al problema. Penso in particolare all'energia nucleare, l'unica produzione di energia decarbonata in grado di fornirci idrogeno per elettrolisi dell'acqua e sostituire nei motori i combustibili fossili, e naturalmente anche agricoltura e chimica verde; senza tralasciare che la CO₂ ha un ruolo di nutriente per i vegetali. Nota del traduttore: il progetto idrogeno verde vorrebbe produrre elettricità da energie rinnovabili e usare questa esclusivamente per elettrolizzare l’acqua e ricavarne idrogeno da usare come combustibile non emettente CO₂. Un gruppo di ingegneri e scienziati ha però fatto notare questo: "Il problema è che la produzione di elettricità dall'idrogeno ricavato dall'elettricità eolica o solare ha solo un'efficienza del 28%, una perdita di oltre il 70% dunque. Inoltre, a causa del vento intermittente, come pure del sole, gli enormi elettrolizzatori che dovrebbero essere costruiti avrebbero anche loro un funzionamento intermittente ad efficienza molto variabile, equivalente a circa dieci settimane all'anno (20% del tempo totale)".
Si afferma che l'agricoltura è responsabile in Francia del 18% delle emissioni di gas a effetto serra, il che, però, è notoriamente una controverità notoria. Lasciatemelo spiegare: l'agricoltura - attraverso la fotosintesi vegetale è il primo dei pozzi di assorbimento del carbonio della nazione. Dei 14 milioni di ettari di tutte le specie coltivate in Francia, l'agricoltura cattura in media 295 MT di CO₂, pari a 21 T/ettaro. Questo è il risultato della fotosintesi, che combina il carbonio della C0₂ dell'aria con gli atomi di idrogeno dell'acqua del suolo, e quindi forma i composti di base dell'architettura della pianta qualunque essa sia e concorre a formare le sue riserve che migrano nei semi raccolti (nota del traduttore: un ettaro di grano convenzionale (72 quintali) cattura 21 tonnellate di CO₂ e 1 ettaro di grano biologico (27 quintali) ne cattura otto tonnellate. Nonostante si tenga conto di una tonnellata di emissioni di CO₂ aggiuntive dovute alla differenza di input rispetto al convenzionale, il saldo positivo resta in media di 12 tonnellate a favore dell'agricoltura convenzionale ragionata. Lo sviluppo dell'agricoltura biologica è quindi controproducente rispetto alla cattura della CO₂). L'energia totale e gli input utilizzati per raggiungere la produzione rappresentano in media 23 MT, o 1.650 tonnellate di CO₂/ettaro. Se si aggiunge l'effetto serra del protossido di azoto, il totale è equivalente a 40 MT. Questo protossido di azoto deriva principalmente dalla nitrificazione dell'azoto della materia organica o dei fertilizzanti azotati. A mio parere, alcune di queste perdite si svolgerebbero nel ciclo naturale di decomposizione della biomassa dei terreni incolti. In ogni caso, anche con la considerazione del protossido di azoto, la somma netta delle tonnellate di CO₂ catturate è di 255 MT (295-40), che può essere paragonata ai 165 MT sequestrati dalla foresta francese su 16 milioni di ettari. (nota del traduttore: "se poi una foresta è matura, cioè i suoi alberi sono arrivati a maturità come nella foresta amazzonica, i 165 MT non li capterebbe più”). Ci si chiede perché si vuole gravare l’agricoltura di un onere aggiuntivo per la sua attività, minacciandola di farle pagare dei certificati di carbonio?
In effetti, la produzione agricola - direttamente o indirettamente - nutre i nostri cittadini e questo consumo obbligatorio è all'origine di un rilascio, anche sotto forma di gas a effetto serra (evito di dettagliare ...). Inoltre, i residui colturali - paglia, foglie e radici - rappresentano la metà della biomassa prodotta nei campi e sono spesso sepolti, il che alimenta il contenuto di materia organica dei suoli. Durante i miei 40 anni di agricoltura, ho aumentato il mio tasso di humus dell'1%, che rappresenta tra il 25 e il 30% di sequestro aggiuntivo del carbonio. Questa efficienza può essere ulteriormente aumentata con forme di agricoltura conservativa (non aratura) e con colture di copertura, se, però, la climatologia e soprattutto le precipitazioni estive lo consentono. Per i prati pascoli stabili, l'INRA di Clermont Theix ha da tempo dimostrato che la biomassa prodotta da un ettaro di erba più lo stoccaggio radicale della materia organica compensa - o in tutti i casi è neutro - le emissioni degli animali che nutre, comprese le emissioni di metano. La superficie dei prati pascoli stabili francese è di circa 10 milioni di ettari. In tali circostanze, come si può incolpare l'agricoltura del 18 per cento delle emissioni del paese? Tra l’altro nessuno divulga che le emissioni che intervengono tra l'azienda agricola e la tavola dei consumatori, compresi i trasporti e la trasformazione intermedia, arbitrariamente sono tutte messe a carico dell’agricoltura poiché essa è all'origine del flusso. Addirittura viene addebitata la C0₂ rilasciata dal consumatore finale; è come se al petroliere dovessero essere addebitate le tasse sul carburante usato dagli automobilisti! Questa interpretazione dei dati è falsa, ingiusta e abusiva. Deve essere denunciato con forza e la comparsa di certificati di carbonio a spese dell'agricoltura dovrebbero essere portati in tribunale. E se vogliamo che la PAC sia verde, essa deve riconoscere il ruolo fondamentale della decarbonizzazione associata a quella della sicurezza della nostra sovranità alimentare e quindi assegnarci una compensazione per il carbonio sequestrato o addirittura catturato. Ciò, però, richiede un'agricoltura efficiente che mantenga i suoi mezzi di produzione perché, come avete capito, questa efficienza è direttamente correlata alla resa. È così che l'agricoltura e gli agricoltori troveranno opportunità fornendo soluzioni alle grandi sfide di oggi e di domani.
Auspico che i nostri decisori se ne rendano conto e non ascoltino dei piagnoni incompetenti o mal intenzionati che professano falsità. Scommetto che alla fine prevarrà il buon senso. (Nota del traduttore: sembra però che a Bruxelles il buon senso non l’abbiano ancora inventato!!).
*Pierre PAGESSE è nato il 18 settembre 1946. È sposato e ha 3 figli. Agricoltore in pensione. Ha consegnato la sua fattoria a suo figlio.Presidente del Gruppo Cooperativo LIMAGRAIN , 4 ° più grande produttore di sementi al mondo, dal 1992 a dicembre 2011. Presidente del MOMAGRI (Movimento per un'Organizzazione Mondiale dell'Agricoltura), dal suo lancio nel dicembre 2005 fino a gennaio 2016. Pierre Pagesse è Presidente di GNIS (Gruppo Interprofessionale Nazionale Semi e Piante), da marzo 2014; Presidente della Sezione Mais e Sorgo di GNIS, dal 2011; - Direttore dell'AGPB (Associazione Generale dei Produttori di Grano) in qualità di "membro ospite per le organizzazioni che rappresentano GNIS", da gennaio 2016, Presidente del Consiglio di Amministrazione del "Centro Studi, Formazione e Sviluppo" "Action Paysans", associazione editrice la rivista francese "Paysans", dal 2009 e membro del comitato direttivo dell'HCCA (Consiglio superiore per la cooperazione agricola) e della Commissione economica dell'HCCA, dal 2011.
**CO₂: climat et agriculture (europeanscientist.com)
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
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