di FRANCESCO MARINO
I quaderni de I TEMPI DELLA TERRA
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Se c’è una competenza che contraddistingue chi ha conseguito un diploma in materie agrarie o una laurea in questa nobile disciplina è quella di eseguire delle valutazioni tecniche ed economiche e metterle a disposizione di chi poi da esse deve attivare un processo decisionale.
Non è facile impostare una stima in modo corretto, originale, rigoroso, imparziale, aderente alla realtà. Il professionista che ci riesce è un virtuoso, come un solista nella musica ed onora la nostra professione, creando utilità per le imprese, per le istituzioni e per la società in generale.
Purtroppo, da tempo la disciplina estimativa in agricoltura è stata accantonata, relegata in secondo piano, quasi del tutto esclusa dal dibattito culturale, dove si preferisce seguire le mode del momento, perché rendono di più in termini di immagine, visibilità e prestigio.
Ho svolto una personale riflessione del perché ciò si sia verificato ed ho individuato almeno una ragione essenziale.
Mi riferisco alla deriva burocratica alla quale il settore agricolo è sottoposto per effetto delle politiche formulate a livello europeo e nazionale.
Oggigiorno, i tecnici agricoli tendono sempre meno ad essere utilizzati per promuovere l’innovazione, favorire il trasferimento delle conoscenze, migliorare le prestazioni economiche e tecniche delle imprese e sempre più come ingranaggi della pervasiva macchina burocratica, creata per veicolare gli aiuti pubblici e sottomettere le imprese ad un asfissiante e molto spesso inutile catena di controllo.
Potrei citare numerosi esempi, per giustificare la mia tesi. Mi limito a qualche casuale citazione. Decenni fa, il personale tecnico degli ispettorati agrari svolgeva una nobile funzione di consulente delle imprese e di facilitatore del progresso agricolo. Andare nelle aziende, era una attività ordinaria ed il contatto con l’imprenditore consentiva un utile scambio di conoscenze, oltre che alimentare un sano e fecondo rapporto umano.
Oggi, lavorare presso gli uffici agricoli regionali e nelle relative appendici, quali i cosiddetti CAA e gli organismi pagatori, significa passare quasi tutto il tempo davanti al computer, per inserire fascicoli, verificare l’esistenza di anomalie e svolgere mansioni di fredda e sterile comunicazione rivolte agli utenti.
Il sopralluogo in azienda e la valutazione dello stato delle colture e degli allevamenti, della congruità degli investimenti, della validità delle tecniche produttive attuate, dei progressi o dei peggioramenti registrati non è più contemplato.
Forse esagero, ma gli stessi agronomi, periti agrari ed agrotecnici rischiano di cadere in questa deriva, di assecondarla e di contribuire alla perdita delle competenze, oltre che del fascino e del prestigio che le nostre professioni hanno tradizionalmente avuto.
La redazione della rivista trimestrale di cultura agraria I Tempi della Terra ha accolto con favore la proposta di pubblicare un volume dove raccogliere le relazioni del convegno ideato ed organizzato dalla FIDAF.
L’ha fatto consapevole che questa operazione rappresenti un primo passo per ridare smalto all’estimo agrario e per toglierlo dallo scaffale dei “libri dimenticati”, dove è stato inopinatamente relegato.
Non è facile impostare una stima in modo corretto, originale, rigoroso, imparziale, aderente alla realtà. Il professionista che ci riesce è un virtuoso, come un solista nella musica ed onora la nostra professione, creando utilità per le imprese, per le istituzioni e per la società in generale.
Purtroppo, da tempo la disciplina estimativa in agricoltura è stata accantonata, relegata in secondo piano, quasi del tutto esclusa dal dibattito culturale, dove si preferisce seguire le mode del momento, perché rendono di più in termini di immagine, visibilità e prestigio.
Ho svolto una personale riflessione del perché ciò si sia verificato ed ho individuato almeno una ragione essenziale.
Mi riferisco alla deriva burocratica alla quale il settore agricolo è sottoposto per effetto delle politiche formulate a livello europeo e nazionale.
Oggigiorno, i tecnici agricoli tendono sempre meno ad essere utilizzati per promuovere l’innovazione, favorire il trasferimento delle conoscenze, migliorare le prestazioni economiche e tecniche delle imprese e sempre più come ingranaggi della pervasiva macchina burocratica, creata per veicolare gli aiuti pubblici e sottomettere le imprese ad un asfissiante e molto spesso inutile catena di controllo.
Potrei citare numerosi esempi, per giustificare la mia tesi. Mi limito a qualche casuale citazione. Decenni fa, il personale tecnico degli ispettorati agrari svolgeva una nobile funzione di consulente delle imprese e di facilitatore del progresso agricolo. Andare nelle aziende, era una attività ordinaria ed il contatto con l’imprenditore consentiva un utile scambio di conoscenze, oltre che alimentare un sano e fecondo rapporto umano.
Oggi, lavorare presso gli uffici agricoli regionali e nelle relative appendici, quali i cosiddetti CAA e gli organismi pagatori, significa passare quasi tutto il tempo davanti al computer, per inserire fascicoli, verificare l’esistenza di anomalie e svolgere mansioni di fredda e sterile comunicazione rivolte agli utenti.
Il sopralluogo in azienda e la valutazione dello stato delle colture e degli allevamenti, della congruità degli investimenti, della validità delle tecniche produttive attuate, dei progressi o dei peggioramenti registrati non è più contemplato.
Forse esagero, ma gli stessi agronomi, periti agrari ed agrotecnici rischiano di cadere in questa deriva, di assecondarla e di contribuire alla perdita delle competenze, oltre che del fascino e del prestigio che le nostre professioni hanno tradizionalmente avuto.
La redazione della rivista trimestrale di cultura agraria I Tempi della Terra ha accolto con favore la proposta di pubblicare un volume dove raccogliere le relazioni del convegno ideato ed organizzato dalla FIDAF.
L’ha fatto consapevole che questa operazione rappresenti un primo passo per ridare smalto all’estimo agrario e per toglierlo dallo scaffale dei “libri dimenticati”, dove è stato inopinatamente relegato.
Francesco Marino
Dott.Agronomo e Zootecnico (UniFI). Diploma di maturità in: Tecnico dell' Industria Enologica (Istituto Sperimentale Agrario, F. Todaro - Rende "Cs" ). Presidente dell'Associazione AgronomiperlaTerrA e già Presidente dell' UGC-CISL Firenze/Prato e di Copagri Toscana, organizzazione Sindacale che tutela gli interessi della aziende agricole aderenti all'UGC Cisl, UIMEC-UIL e UCI. E' Vicedirettore della rivista I TEMPI DELLA TERRA, Responsabile del Blog Agrarian Sciences e del sito biblioteca di Agrarian Sciences.
Dott.Agronomo e Zootecnico (UniFI). Diploma di maturità in: Tecnico dell' Industria Enologica (Istituto Sperimentale Agrario, F. Todaro - Rende "Cs" ). Presidente dell'Associazione AgronomiperlaTerrA e già Presidente dell' UGC-CISL Firenze/Prato e di Copagri Toscana, organizzazione Sindacale che tutela gli interessi della aziende agricole aderenti all'UGC Cisl, UIMEC-UIL e UCI. E' Vicedirettore della rivista I TEMPI DELLA TERRA, Responsabile del Blog Agrarian Sciences e del sito biblioteca di Agrarian Sciences.
Vi è una conditio sine qua non. occorre avere "le palle agronomiche", altrimenti si combinano solo guai. Basta frequentare qualche tribunale dove sono previste perizie estimative per rendersene conto.
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