giovedì 24 settembre 2020

POPOLAZIONI DI LUCCIOLE E PESTICIDI

 

di LUIGI MARIANI

 


 Larva di Lampyris nell’atto della predazione. Foto: Francesco Tomasinelli  
              (fonte: https://www.lampyridae.it/).
 
 

In una trasmissione di Quark del 26 agosto u.s. il noto divulgatore scientifico Piero Angela ha affermato che "oggi le lucciole non si vedono più nelle nostre campagne a causa dei pesticidi". Debbo confessare che la frase mi ha insospettito per il tono apodittico con cui è stata pronunciata, per cui, al fine di comprendere meglio il peso che i fitofarmaci hanno nella diminuzione delle popolazioni di lucciole e quanto invece dipenda da altri fattori, ho cercato si riflettere sull’argomento coinvolgendo anche gli amici agronomi Ermanno Comegna, Osvaldo Failla, Alberto Guidorzi, Flavio Barozzi, Francesco Marino e Lodovico Alfieri. Qui di seguito riporto quanto emerso e le conclusioni del tutto provvisorie cui sono fin qui pervenuto, sperando possano essere di qualche interesse  per i lettori.

Le lucciole

Dalla loro origine evolutiva (circa 297 milioni di anni fa, i coleotteri hanno avuto un grande successo tanto che oggi rappresentano il 38% delle specie di insetti conosciute. Le lucciole (Coleoptera Lampyridae) sono tra i coleotteri più noti, in virtù della caratteristica bioluminescenza utilizzata per scopi di corteggiamento e che le rende immediatamente visibili all’osservatore (Lewis et al., 2020).  

Con oltre 2000 specie in tutto il mondo, le lucciole mostrano un’etologia sorprendentemente diversificata ed habitat ecologicamente assai diversi e che comprendono zone umide (mangrovie, risaie, paludi, ecc.), praterie, foreste, campi agricoli e parchi urbani. Le loro larve predatrici, possono essere acquatiche, semiacquatiche o terrestri e trascorrono mesi o anni a nutrirsi di chiocciole, lumache, lombrichi e altre prede dal corpo molle. Al contrario, gli adulti delle lucciole sono tipicamente a vita breve e non si nutrono. Alcuni taxa sono assai specializzati in termine di habitat e dieta, mentre altri sono assai più generalisti (Reed et al.2020).  

La fauna italiana, pur meno ricca di quella delle aree tropicali, comprende ben 21 specie di lucciole  (Audisio et al., 1995) e fra le più comuni troviamo Luciola italica L. Lampyris noctiluca L. (Servadei et al., 1972), i cui adulti volano fra giugno e luglio manifestando la caratteristica luminescenza. Per avere un’idea di come la presenza delle specie di lucciola cali all’aumentare della latitudine si consideri che nel Regno Unito le specie segnalate sono solo due (Tyler, 2002).

La localizzazione, la forma e la grandezza degli organi luminosi, come pure il colore della luce emessa, sono molto diversi nei diversi generi e specie di lucciole e anche fra i due sessi della stessa specie. Ad esempio in Luciola italica gli organi sono localizzati negli sterniti 6 e 7 dell’addome e sono presenti nei due sessi mentre in Lampyris noctiluca la femmina, che è priva di ali, emette una luce viva da organi fotogeni localizzati negli sterniti 5, 6, 7, 8 mentre il maschio emette una luce molto più debole (Magni, 1975; Tyler, 2011). 

Il sito web (quiè dedicato alle lucciole italiane ed è particolarmente interessante sia a livello documentale che iconografico. Nel sito è fra l’altro riportato l’elenco delle specie italiane (qui) e si propone una scheda osservativa specifica invitando i lettori a fornire segnalazioni di avvistamenti (qui).

Segnalo anche l’articolo di Picchi et al. (2013) in cui si analizza la presenza delle specie Luciola italica L. nel contesto urbano di Torino, città che come noto presenta vaste aree verdi collinari adatte alla presenza delle lucciole.

La luminescenza notturna delle lucciole ha attratto l’attenzione dei nostri progenitori e sarebbe dunque interessante approfondire la presenza di tali insetti nelle fonti letterarie classiche. Al riguardo rammento che cicendula è il termine latino con cui si designano le lucciole e con tale nome le troviamo citate da Plinio il Vecchio (Como 29 d.C. – Stabia 79 d.c.) nel suo Naturalis historia (lib. 18. cap. 26) che curiosamente le indica come segnali della maturità di miglio e panico (Lucentes vespere Cicindelas signum esse maturitatis panici et milii). Tenendo però conto che miglio e panico si raccolgono nella tarda estate sorge il sospetto che le lucciole cui si riferisce Plinio fossero di specie diverse rispetto a quelle che oggi vanno per la maggiore in Italia (Lampyris noctiluca e Luciola italia) e nelle quali come abbiamo visto il volo si concentra fra giugno e luglio. Nel medioevo Alberto Magno (1206-1280) nel suo De animali bus identifica le lucciole con il fuoco (cicendula […] extensis alis magis lucet: similiter spiritu intermotu lucidior efficitur sicut scintilla vento suflata) mentre nel rinascimento le lucciole sono ad esempio citate in un’ecloga del poeta Giovanni Pontano (1429-1503), nel trattato entomologico Dies caniculares di Simone Maioli (1520-1597) e nel libro IX del trattato De subtilitate di Gerolamo Cardano (1501-1576).

I fattori che incidono negativamente sulle popolazioni di lucciole

Un sondaggio condotto a livello globale (Lewis et al., 2020) e a cui hanno risposto 49 esperti è giunto ai dati di sintesi riporti in tabella 1, da cui si possono dedurre alcuni fra i principali fattori di pressione sulle popolazioni di lucciole. A ciò occorre aggiungere che poiché le larve di questi insetti sono predatrici, la loro presenza è strettamente legata alla dinamica spazio-temporale delle prede, analogamente a quanto ad esempio accade per le specie di coccinelle predatrici di afidi. Inoltre l’entità delle popolazioni di lucciole è influenzata dalla dinamica spazio-temporale di parassiti, patogeni e predatori, con questi ultimi che possono peraltro essere guidati dalle emissioni luminose delle lucciole, le quali a loro volta si difendono con strategie di difesa quali il mimetismo, la tanatosi, l’aposematismo e l’emissione di sostanze chimiche (Day, 2011).



Mi sembra chiaro comunque che per poter parlare a ragion veduta dell’entità delle popolazioni delle diverse specie di lucciole in Italia occorrerebbe quantomeno disporre di censimenti delle popolazioni stesse nei diversi areali del territorio nazionale. Tali censimenti dovrebbero essere riferiti all’intero territorio, il quale nell’ultimo secolo ha subito rilevantissime modifiche fra cui:

  • l’espansione della superficie a bosco, che dal 1910 ad oggi passata da 4,5 a 11 milioni di ettari (+144%).
  • la diminuzione della Superficie agricola utilizzata (SAU), che secondo dati ISTAT è passata dai 21,6 milioni di ettari del 1922 ai 12 milioni di ettari odierni (-41%).
  • l’espansione delle aree soggette a illuminazione notturna che ha probabilmente subito dinamiche simili a quelle dell’urbanizzato.
  • la modificazione degli habitat in ambito rurale (si pensi al sensibile aumento della dimensione dei campi con la contemporanea riduzione delle alberature e delle siepi) e la frammentazione degli habitat in ambito urbano, periurbano e rurale.

Le considerazioni degli amici coinvolti

Gli amici che ho coinvolto in queste mie riflessioni sulle lucciole mi hanno inviato le loro considerazioni che riporto qui di seguito.

Scrive anzitutto Osvaldo Failla: sono convinto che la "chimica" c'entri poco con le dinamiche popolazionali delle lucciole. Penso vi siano cicli pluriennali legati a fenomeni difficili da studiare e che spesso caratterizzano gli insetti e non solo.

Alberto Guidorzi invita a usare la logica e segnala che l’età gli ha consentito di vivere il periodo delle  tante lucciole e il periodo delle poche lucciole. Tra questi due periodi la cosa che più è cambiata è a suo avviso la vegetazione arbustivo-arborea nei campi, molto presente negli anni 50/60 perché funzionale alla raccolta della legna (fascine per accendere il fuoco e residui di potatura per far legna da ardere e cuocere i cibi) e alla realizzazione di tutori per le viti. A quei tempi il lavoro era manuale o al massimo a trazione animale per cui questa specie di "bocage" non era di impedimento alle lavorazioni agricole. Dobbiamo però ammettere che queste piante creavano nei campi coltivati delle tare non indifferenti che limitavano le produzioni delle colture erbacee, il che ha spinto alla loro eliminazione, favorita anche dal fatto che la meccanizzazione agricola, che notoriamente necessita di campi di dimensioni elevate, si andava espandendo a seguito dell’espulsione di manodopera dalle campagne. Ecco, la spiegazione della sparizione delle lucciole sta tutta qui. I pesticidi non c'entrano nulla anche perché si tratta di insetti notturni e non si nutrono di piante coltivate ed i pesticidi ai tempi della loro sparizione erano di contatto e certamente non si sono mai fatti trattamenti fitosanitari notturni e tanto meno su siepi di sanguinella, biancospino o maclura oppure su olmi e aceri....gli agricoltori del tempo dormivano di notte perché erano troppo stanchi.

Scrive Ermanno Comegna: provengo da un borgo abruzzese di 6000 abitanti, situato a 350 metri di quota e con un’agricoltura differenziata: ortaggi e frutta nella vallata (abbiamo una pesca gialla tipica che è una delizia) oggi ormai quasi interamente occupata da fabbricati artigianali e commerciali; poi vi sono le foraggere, gli oliveti ed i seminativi in collina, con scarso o nullo impiego di prodotti fitosanitari. Negli ultimi 60 anni c’è stata urbanizzazione, ma non posso affermare ci sia stato una diminuzione di vegetazione arborea e boschiva e neppure di quella a filari e piccoli gruppi di piante. I mei ricordi di bambino ed adolescente mi riportano alle tiepide e calde serate estive con molte lucciole, le quali ad un certo punto sono scomparse, anche se non del tutto. Pertanto, pure nel caso di aree di collina interna, ad agricoltura parcellizzata e con basso impiego della chimica, dove gli alberi sono aumentati e non diminuiti (si fa sentire il fenomeno dell’abbandono di terreni marginali e spezzettati), si è constatata la scomparsa o l’abbattimento della presenza di lucciole.

Scrive Flavio Barozzi: per quel che può valere l’esperienza personale ricordo che quando da ragazzino vivevo in Oltrepo Pavese le lucciole erano davvero numerose, anche se per un periodo molto breve. Trasferitomi in Lomellina, a fine anni '70 , ne ho sempre viste pochissime. Solo da un paio d'anni ne osservo qualcuna in più da me in cascina. Tutto questo mentre in risicoltura negli ultimi anni si è diffuso (anche troppo, per i  motivi che dirò) l'uso di insetticidi piretroidi (anche se attualmente è autorizzata la sola lambda-cialotrina) per il controllo del "punteruolo acquatico", uso che generalmente sconsiglio in quanto i maggiori danni sono arrecati a livello radicale (e solo su semina in sommersione) dalle larve dell'insetto che vivono nel terreno e contro cui l'unico efficace mezzo di lotta consiste in un'asciutta energica e sufficientemente prolungata, mentre le rosure dell'adulto a livello fogliare solo eccezionalmente superano una soglia tale da giustificare il trattamento. Tuttavia molti agricoltori trattano "di default" in maniera a mio avviso criticabile... E' possibile che vi sia una correlazione tra questi trattamenti (in genere effettuati tra fine maggio e metà giugno) e le modificazioni che si osservano nella popolazione delle zanzare, la cui comparsa risulta da qualche anno sempre più "tardiva"...con innegabile sollievo per la nostra pelle. Mi sentirei invece di escludere o ritenere  trascurabile una correlazione con la popolazione di lucciole, che ripeto aver sempre riscontrato come scarsa ed anzi in leggero aumento da qualche anno a questa parte. 

Scrive Lodovico Alfieri: Ho una casa in provincia di Varese nel comune di Viconago Cadegliano, il cui territorio si colloca sulle pendici collinari sovrastanti il lago di Lugano. Nelle sere d’estate è frequente ammirare in mezzo ai prati o lungo i fossati e i corsi d’acqua, le lucine minuscole ed intermittenti di questi insetti che rappresentano un vero e proprio spettacolo della natura. Sono facilmente catturabili e la curiosità più grande è quella di percepire sulle mani il leggero calore emanato dalla loro luminescenza. 

Conclusioni

Alla luce degli svariati elementi di incertezza sopra evidenziati penso che l’individuare sic et simpliciter nei “pesticidi”² la causa della scomparsa delle lucciole risulti quanto meno prematuro. Viceversa per una reale conoscenza delle ciclicità nelle popolazioni di questi insetti sarebbe quanto meno indispensabile disporre:

  • di una migliore conoscenza della biologia, dell’ecologia e dell’etologia delle 21 specie di lucciole presenti in Italia
  • di censimenti delle singole specie, delle specie da esse predate e dei loro nemici naturali.
  • di valutazioni quantitative sugli effetti degli altri fattori di pressione (modificazione e frammentazione degli habitat, espansione delle aree urbane e più in generale delle aree soggette a illuminazione notturna, espansione della superficie a bosco e riduzione della superficie agricola utilizzata, ecc.).

In termini più generali penso si possa affermare che le politiche di tutela degli animali selvatici non possono in alcun modo prescindere dall’incremento nei livelli di conoscenza sugli stessi, altrimenti si rischia di far solo della demagogia.

 

 

Post scriptum:
 
il professor Luciano Süss, già ordinario di Entomologia all'Università degli studi di Milano, ha letto in anteprima l'articolo sottopostogli dall'amico prof. Tommaso Maggiore e ha scritto il seguente commento che ritengo importante condividere con il lettori.
 

Ho letto l'articolo del prof. Mariani: perfetto, molto ben documentato! Io abito a Baggio in una villetta con poco giardino; mai visto lucciole in 50 anni, poi 2 anni fa, ecco le lucciole, per pochi giorni. Ora non più!!! Nessuno ha studiato, credo, molto bene la dinamica di questi insetti. Io ovviamente non uso insetticidi...., le considerazioni di diversi collaboratori di Mariani sono da me perfettamente condivise. Il dr Angela, tanto esaltato in TV, farebbe bene, prima di divulgare notizie allarmistiche, che certo fanno presa sul pubblico generico, a  documentarsi a fondo!

 

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¹I curatori del sito sono indicati qui: https://www.lampyridae.it/contatti-e-ringraziamenti/
 
²Uso le virgolette perché da parte mia mi ostino a chiamarli fitofarmaci.
 

Riferimenti bibliografici

Audisio P., Gobbi G., Liberti G., Nardi G., 1995. Coleoptera Polyphaga IX (Bostrichoidea, Cleroidea, Lymexyloidea). In: Minelli A., Ruffo S. & La Posta S. (eds.): Checklist delle specie della fauna italiana. 54. Calderini, Bologna, 27 pp

Tyler J., 2002. The Glow-worm. Tyler-Scagell.

Lewis S. et al., 2020. A Global Perspective on Firefly Extinction Threats, BioScience,  Oxford University Press on behalf of the American Institute of Biological Sciences, doi:10.1093/biosci/biz157

Magni F., 1975. Bioluminescenza, in Enciclopedia del novecento, Treccani, https://www.treccani.it/enciclopedia/bioluminescenza_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/

Picchi M.S., Avolio L.,  Azzani L., Brombin O., Camerini G., 2013. Fireflies and land use in an urban landscape: the case of Luciola italica L. (Coleoptera: Lampyridae) in the city of Turin, Journal of Insect Conservation, DOI 10.1007/s10841-013-9562-z

Reed JM, Nguyen A, Owens ACS, Lewis SM. 2020. Linking the seven forms of rarity to extinction threats and risk factors: An assessment of North American fireflies. Biodiversity Conservation 20: 57–75.

Servadei A., Zangheri S. e Masutti L., 1972. Entomologia, Cedam, Padova, 733 pp.

Tyler J., 2011. A study of the male fight season in the glow-worm Lampyris noctiluca (L.) (Coleoptera: Lampyridae), Lampyrid 2011. 1:32–38.

 




LUIGI MARIANI

Agronomo libero professionista, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura e vicepresidente della Società Agraria di Lombardia. Presso la Facoltà di Agraria di Milano insegna Storia dell’Agricoltura dopo essere stato docente a contratto di Agrometeorologia e Agronomia generale. 
 
 
 
 

3 commenti:

  1. Ottimo articolo ma per quanto riguarda le denominazioni, a mio modestissimo parere, preferisco chiamarli agrofarmaci. La battaglia contro i finto-ambientalisti continua.....

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  2. Per vedere le lucciole occorre essere nel buio completo. La maggior parte della popolazione vive nelle città, ovvio che non vede le lucciole!

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  3. Potrebbe entrarci l'inquinamento luminoso? Penso sia il cambiamento più macro nelle nostre campagne... Ed è stato dimostrato che svonvolge le abitudini di altri insetti notturni...

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