lunedì 14 settembre 2020

LA PAC POST 2020 E LE AMBIZIONI DEL GREEN DEAL, DEL FARM TO FORK E DELLA STRATEGIA BIODIVERSITÀ

di ERMANNO COMEGNA e ALFONSO PASCALE



©Agrarian Sciences


Premessa

Il 20 maggio 2020, la Commissione europea ha presentato due comunicazioni ed un documento di lavoro per dare attuazione, nel settore agroalimentare, agli impegni per affrontare le sfide su clima e ambiente che sono state individuate nell’ambito del Green Deal europeo.
Lo stesso giorno, l’esecutivo comunitario ha diffuso un documento di lavoro che analizza i legami con la riforma della PAC in corso e contiene una serie di proposte e raccomandazioni sulle modalità con le quali quest’ultima deve tenere conto ed incorporare gli obiettivi e le azioni del Green Deal.


Il “Farm to Fork” (FtoF) e la “Strategia sulla Biodiversità” (SB) contemplano ambiziosi obiettivi di trasformazione nel segno della sostenibilità e della salvaguardia delle risorse naturali del settore agricolo e dell’intera filiera agroalimentare che implicano ampie ripercussioni sugli operatori economici e, in modo particolare, sugli agricoltori e sugli allevatori.
La proposta della Commissione prevede che tra il 2020 ed il 2024 saranno finalizzati una serie di provvedimenti legislativi, di linee guida, di piani di azione, di valutazioni per verificare l’opportunità di modifiche regolamentari che, nel loro insieme, detteranno l’agenda della transizione, anche attraverso target di tipo quantitativo da perseguire entro il 2030.
Non è difficile intravedere notevoli cambiamenti del contesto di riferimento entro il quale gli agricoltori e gli altri agenti del sistema agroalimentare saranno chiamati ad esercitare la loro attività nel futuro.
Gli obiettivi e le azioni del FtoF e della SB incidono su tre distinti piani. Prima di tutto influenzano i comportamenti e la libertà delle imprese, esigendo interventi di adattamento in termini di processi produttivi implementati, di capitali fissi e infrastrutture aziendali, oltre che sotto forma di limitazioni all’utilizzo dei fattori della produzione.
Inoltre, comportano riflessi sulle politiche da attivare e sull’impiego delle risorse finanziarie europee e nazionali. Nello specifico ci sarà un immediato impatto sulla Politica agricola comune (PAC) in via di approvazione per il post 2020. Le misure di sostegno fino ad oggi rivolte all’agricoltura professionale ed orientata al mercato, la cui finalità è la difesa dei redditi delle imprese, la stabilizzazione dei mercati ed il rafforzamento della competitività, saranno ripensate, per liberare risorse a favore di interventi che sono ritenuti funzionali all’obiettivo di migliorare la sostenibilità e la biodiversità.
Infine, le due comunicazioni agiscono sul sistema di regole che sovrintendono all’organizzazione ed al funzionamento della catena alimentare, come le norme di concorrenza, le disposizioni in materia di etichettatura, la politica commerciale nei confronti dei Paesi terzi all’Ue, la ricerca e l’innovazione tecnologica. Tali azioni sono state concepite dalla Commissione Ue per agevolare il cambiamento e offrire una sorta di risarcimento ai tanti impegni richiesti alle imprese per procedere verso la transizione ecologica del sistema alimentare europeo. L’impressione però è che i costi di adattamento siano certi, mentre i vantaggi solo probabili.
La combinazione tra restrizioni a carico delle imprese e redistribuzione delle risorse della politica di settore, seppure accompagnate dall’annuncio di qualche forma di incentivo (credito di carbonio, energie rinnovabili) e nuove regole per il funzionamento del mercato dal potenziale effetto virtuoso, potrebbero compromettere la redditività, la competitività e la sicurezza degli approvvigionamenti, senza raggiungere gli ambiziosi obiettivi stabiliti di far divenire il sistema alimentare dell’Ue un modello di sostenibilità a livello globale e di invertire la perdita di biodiversità.
I paragrafi successivi descrivono i contenuti delle due Comunicazioni e del documento di lavoro sulla riforma della PAC, evidenziando gli aspetti critici ed i possibili impatti negativi sul sistema agricolo europeo e sulle imprese.

Comunicazione Farm to Fork

L’obiettivo generale del FtoF è di migliorare le prestazioni ambientali e climatiche del sistema alimentare dell’Unione europea, facendo in modo che diventi uno standard in materia di sostenibilità a livello globale.
I contenuti della comunicazione sono classificabili in tre distinte categorie:
  1. Le misure che si riferiscono direttamente alla transizione ecologica del settore agricolo;  
  2. Le misure che riguardano la transizione ecologica di altre componenti del sistema alimentare (industria, distribuzione, elaborazione e somministrazione degli alimenti, consumatore finale);  
  3. Infine, abbiamo, una serie di misure abilitanti la transizione che, secondo il disegno comunitario, agevolano, accompagnano, rendono accettabile e sostenibile il cambiamento, fino a farlo divenire – si legge in alcuni documenti ufficiali della Ue - una fonte di benefici e di opportunità per gli agricoltori (si veda qui).
La tabella 1 riassume e schematizza i contenuti della Comunicazione FtoF. Il settore agricolo è con tutta evidenza quello verso il quale è rivolto il maggior numero di obiettivi quantitativi, declinati in modo da stabilire il risultato finale da perseguire ed un termine temporale entro il quale raggiungerlo.
Gli obiettivi quantitativi sono senza dubbio più rigorosi, puntuali e impegnativi rispetto a quelli formulati sotto forma qualitativa, perché si traducono in indicatori tramite i quali impostare le politiche a livello europeo e nazionale, misurare gli esiti in sede di attuazione e formulare le azioni correttive necessarie in caso di scostamento.
In particolare, per la componente agricola della filiera sono stabiliti ben 6 obiettivi quantitativi, a fronte di due che ricadono sotto la responsabilità dell’industria e della distribuzione ed 1 a carico delle autorità nazionali e comunitarie.
Di seguito si riportano i 6 obiettivi quantitativi della fase agricola della filiera:
  1. Riduzione del 50% dell’utilizzo e del rischio complessivo dei prodotti fitosanitari entro il 2030;   
  2. Riduzione del 50% dei prodotti fitosanitari più pericolosi entro il 2030;
  3.  Riduzione della perdita di nutrienti di almeno il 50%, garantendo nel contempo che non si verifichi una perdita di fertilità del suolo;  
  4. Riduzione dell’utilizzo dei fertilizzanti di almeno il 20% entro il 2030; 
  5. Riduzione del 50% delle vendite complessive di antibiotici negli allevamenti ed in acquacoltura entro il 2030; 
  6. Raggiungere almeno il 25% della superficie agricola dell’Ue investita in agricoltura biologica entro il 2030.  

I primi 5 riguardano le restrizioni alle modalità di utilizzo dei mezzi tecnici alla base dell’agricoltura moderna (fitosanitari, fertilizzanti e antibiotici per gli animali). Queste sono prospettate senza tangibili contropartite economiche, come potrebbe verificarsi, ad esempio, prevedendo specifici indennizzi e/o agevolazioni nell’ambito della PAC.
Gli agricoltori saranno chiamati a mettere in atto impegnative misure di adattamento, contando unicamente su un atto di fiducia circa il potenziale effetto virtuoso di alcune azioni di regolazione del mercato (etichettatura, regole di concorrenza, supporto al consumo sostenibile e consapevole), di sostegno alla ricerca ed innovazione (la Comunicazione contiene un fugace riferimento ad uno studio per esaminare il potenziale delle nuove tecniche genomiche) e di generiche quanto ardite promesse di promuovere una politica commerciale nei confronti dei Paesi, in modo da favorire la reciprocità e prevedere la compensazione alla frontiera per i prodotti importati con standard di sostenibilità inferiori a quelli europei.
L’ultimo obiettivo fissa in modo dirigistico, a prescindere da una valutazione di impatto e senza tenere conto del ruolo del libero mercato, il traguardo finale di moltiplicare per quasi 4 volte la diffusione dell’agricoltura biologica a livello europeo.
Tale orientamento si basa su una presunta superiorità del biologico in termini di sostenibilità rispetto all’agricoltura convenzionale, sebbene non ci sia consenso da parte della comunità scientifica su tale aspetto. Inoltre, ignora i dirompenti effetti in termini di ridistribuzione delle risorse della PAC, perché sottovaluta il ruolo di vorace captatore di finanziamenti pubblici ricoperto dall’agricoltura biologica (qui). 

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Comunicazione Strategia sulla Biodiversità

L’obiettivo generale della SB è di proteggere e ripristinare la natura e la biodiversità, facendo in modo che l’Ue assuma un ruolo guida per il resto del Mondo. L’ambizione è di promuovere un quadro mondiale di trasformazione post 2020 con l’intenzione di ripristinare, rendere resiliente e proteggere tutti gli ecosistemi del Pianeta.
La SB definisce le modalità con le quali l’Ue contribuisce a realizzare tale obiettivo, ponendosi come traguardo quello di riportare la biodiversità in Europa sulla via della ripresa entro il 2030.
I contenuti della comunicazione sono riassumibili in tre distinte categorie di argomenti:

  1. Le misure che si riferiscono in modo diretto o indiretto al contributo del settore agricolo alla biodiversità;
  2. Le misure che riguardano il miglioramento della biodiversità in ambiti esterni all’agricoltura (aree urbane e ambienti marini);
  3. Infine, abbiamo, una serie di misure abilitanti la transizione verso il ripristino della biodiversità che sono state selezionate per agevolare ed accompagnare il cambiamento.
La tabella 2 riassume e schematizza i contenuti della Comunicazione SB. Anche in questo caso, il settore agricolo appare come quello maggiormente coinvolto in termini di comportamenti da adottare e di obiettivi quantitativi da perseguire, sia per via diretta, in quanto ci sono azioni da realizzare sulle superfici agricole (ad esempio il set aside con elementi caratteristici del paesaggio), che per via indiretta, perché gli interventi sulle aree protette, sui corridoi ecologici e sugli alvei dei fiumi finiscono inevitabilmente per incidere sulla gestione delle imprese agricole ivi localizzate.
In particolare, per l’agricoltura sono stabiliti 5 obiettivi quantitativi che comportano un impatto diretto sulla gestione delle superfici agricole. Essi sono di seguito riportati:

  1. Destinare almeno il 10% delle superfici agricole ad elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità, come ad esempio le fasce tampone, il maggese, le siepi, gli alberi non produttivi, i terrazzamenti, gli stagni. Per avere un’idea delle potenziali conseguenze di tale azione, si consideri che la valutazione di impatto eseguita dalla Commissione Ue in occasione della riforma PAC post 2020 ha stabilito che l’attuale incidenza di tali elementi sulla superficie agricola è pari al 4% (qui);
  2. Destinare almeno il 25% della superficie agricola dell’Ue ad agricoltura biologica entro il 2030;
  3. Invertire la tendenza all’erosione della varietà genetica;
  4. Riduzione dell’uso di fertilizzanti di almeno il 20%;
  5. Ridurre del 50% il numero di specie della lista rosa minacciate dalle specie esotiche invasive.
A questi si aggiungono altri obiettivi espressi in forma quantitativa non riferiti al settore primario, ma con un potenziale impatto sulle superfici agricole e sulle regole di comportamento gravanti a carico delle imprese. Tra quelli degni di considerazione si segnalano i seguenti:
  • Impianto di almeno 3 miliardi di alberi;
  • Proteggere almeno il 30% della superficie terrestre;
  • Prevedere una protezione rigorosa per almeno il 10% della superficie terrestre;
  • Migliorare almeno il 30% delle specie e degli habitat con stato di conservazione non soddisfacente;
  • Riportare almeno 25.000 chilometri di fiumi a scorrimento libero, entro il 2030.
La SB prescrive regole che incidono sulle modalità di impiego e gestione della superficie agricola, con condizionamenti a carico dell’impresa, per i quali non sono previsti indennizzi e contropartite economiche, fatta eccezione di possibili compensazioni tramite la PAC (lo schema ecologico del nuovo regime dei pagamenti diretti e gli impegni di gestione della politica di sviluppo rurale) che, tuttavia, tenuto conto della riduzione dello stanziamento disponibile rispetto al periodo di programmazione precedente, implicano la diminuzione di altri capitoli della politica di sostegno al settore primario.
Poco concrete e difficilmente realizzabili, almeno nel medio periodo, sono gli effetti positivi prodotti dalle azioni di accompagnamento verso la transizione ecologica, come possono essere le pressioni Ue per un’agenda mondiale ambiziosa in materia di biodiversità e le nuove disposizioni per limitare l’ingresso nel mercato interno di prodotti agricoli ed alimentari derivanti da deforestazione.
Pertanto, le azioni in materia di biodiversità rischiano di generare oneri a carico delle imprese agricole che potrebbero risultare ben più consistenti rispetto ai potenziali vantaggi.


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Documento di lavoro sui legami tra Green Deal e riforma della PAC


Oltre che sui comportamenti e sulle scelte delle imprese, quanto contenuto nel Green Deal e nelle associate strategie FtoF e SB va ad incidere sull’impostazione e sulle scelte della politica agricola. A tal punto che lo scorso 20 maggio, insieme alle due comunicazioni, è stato presentato un documento di lavoro della Commissione che analizza il legame esistente tra la riforma della PAC in corso e gli orientamenti, i traguardi e le azioni del Green Deal e contiene indicazioni sulle modalità attraverso le quali la PAC post 2020 deve essere formulata nel corso dell’ultima fase di negoziato politico tra le Istituzioni comunitarie e poi applicata a livello di Stati membri, tramite il nuovo approccio del new delivery model e l’inedito strumento del piano strategico nazionale.
La preoccupazione che ha spinto i servizi comunitari ad occuparsi in modo specifico della materia nasce dalla volontà politica che vi debba essere un allineamento della PAC post 2020 rispetto agli obiettivi ed agli orientamenti sanciti nel Green Deal. È stata così eseguita una scrupolosa ricognizione, la quale ha permesso di evidenziare le sinergie esistenti e le lacune da colmare con interventi da assumere durante la fase finale per l’approvazione del pacchetto di riforma, nonché nel corso dei processi di programmazione strategica e di successiva attuazione.
Il documento di lavoro non ravvisa il bisogno di azzerare il percorso di revisione della PAC avviato nel mese di giugno 2018, ma ritiene sia sufficiente un’azione mirata e, nello stesso tempo, incisiva che fa leva su tre interventi: il mantenimento di alcune proposte iniziali della Commissione Ue, l’inserimento di un numero limitato di modifiche e l’implementazione di specifiche azioni sottoforma di assistenza e raccomandazioni rivolte alle autorità nazionali competenti in materia di programmazione.
La tabella 3 riporta in maniera sintetica i contenuti del documento di lavoro della Commissione sui legami tra il Green Deal e la riforma della PAC.


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Il giudizio sulle due Comunicazioni

Il Green Deal apre sicuramente nuove prospettive per le economie dei Paesi membri e, in particolare, per le loro agricolture, ma introduce anche nuovi gravosi vincoli che andrebbero valutati attentamente. Bisogna avere la consapevolezza che la nuova strategia europea determinerà l’utilizzo di una parte delle risorse oggi destinate agli interventi di sostegno al reddito, di stabilizzazione dei mercati agricoli e di rafforzamento della competitività delle imprese, per finanziare il percorso della transizione ecologica individuato dalla Commissione europea.
Emblematico è a tale riguardo l’esempio dell’obiettivo quantitativo che si riferisce alla crescita dell’agricoltura biologica. Come si evince nei documenti comunitari, vi è la volontà di destinare a favore dei produttori biologici vecchi e nuovi, risorse finanziarie del primo e del secondo pilastro della PAC (regime ecologico, interventi settoriali, misure a superficie ed a capo, aiuti agli investimenti).
In particolare, non deve sfuggire l’intenzione più volte ribadita dalla Commissione di utilizzare lo stanziamento riservato al regime ecologico del primo pilastro, il che rappresenta una novità di assoluto rilievo, senza precedenti nella storia della PAC, la quale fino ad oggi ha incentivato l’approccio biologico solo attraverso le misure dello sviluppo rurale.
La generosità della Commissione Ue verso il biologico non si ferma qui, ma comprende pure un trattamento privilegiato nell’impiego dei programmi di promozione, oltre alla introduzione di criteri minimi obbligatori per appalti pubblici sostenibili nel settore alimentare, l’utilizzo della leva fiscale sotto forma di incentivi e disincentivi per promuovere il consumo sostenibile.
Il tutto senza eseguire alcuna analisi comparativa basata su dati oggettivi e su evidenze scientifiche dalle quali si possa evincere incontestabilmente la superiorità dal punto di vista climatico ed ambientale del modello di agricoltura biologica rispetto ad altri approcci e trascurando ogni valutazione preventiva sui potenziali futuri equilibri del mercato.
Non appare superfluo a questo punto richiamare quanto affermato dal rappresentante del COPA - COGECA nell’ambito del gruppo di lavoro agricoltura biologica che ha criticato con solide argomentazioni la decisione della Commissione europea di aumentare considerevolmente la superficie destinata a tale approccio produttivo, utilizzando le seguenti parole: “più che da un obiettivo imposto dall’alto verso il basso, ritengo che il successo della Commissione dipenderà principalmente dalla volontà e dalla capacità dei consumatori finali di dare un impulso senza precedenti al mercato. Sono convinta che la crescita sostenibile dell’agricoltura biologica possa basarsi solo su uno sviluppo dettato dal mercato. In quanto agricoltori, dipendiamo dai consumatori che desiderano acquistare i nostri prodotti, e, in quanto agricoltori biologici, siamo completamente dipendenti dalla disponibilità dei consumatori a pagare un prezzo più elevato associato alle pratiche dell’agricoltura biologica”.
È evidente che un’operazione di sviluppo quantitativo, formulata in modo dirigistico e superficiale, a favore di un segmento produttivo fortemente dipendente dagli aiuti pubblici, produca una redistribuzione delle risorse della PAC, oggi intercettate dalle altre forme di agricoltura professionale ed orientate al mercato.
Più in generale, in mancanza di un sensibile aumento della spesa pubblica riservata al settore agricolo, nell’ambito del bilancio pluriennale dell’Unione europea, l’attuazione delle diverse misure contemplate nel FtoF e SB comporta il sacrificio dei classici strumenti della politica agraria.
Il settore primario indubbiamente ha una impronta ambientale che è possibile e auspicabile tenere sotto controllo e diminuire, tramite la combinazione di ricerca, innovazione, trasferimento delle conoscenze e comportamenti virtuosi degli operatori. Sotto tale profilo si tratta di proseguire una tendenza in atto da diversi anni.
Sorprende come le Comunicazioni della Commissione europea sembrano ignorare i progressi registrati dall’agricoltura negli ultimi anni, imputando ad essa responsabilità eccessive per quanto riguarda la pressione sulle risorse naturali, sul clima e sull’ambiente.
La ricognizione che è stata eseguita sulle aree di intervento, sugli obiettivi, sulle azioni, sulle linee guida e sulle raccomandazioni contenute nelle due Comunicazioni agricole del pacchetto Green Deal ha messo in luce un errore di valutazione da parte della Commissione Ue, la quale tende a ridimensionare il ruolo economico e sociale del settore agricolo e ne sopravvaluta le responsabilità in materia di pressione distruttiva sulla natura. Di conseguenza, giunge alla scorretta conclusione che agendo a tale livello sia possibile ottenere il miglioramento desiderato delle prestazioni.
La Commissione europea tende a porre in secondo piano il ruolo della produttività del sistema agricolo, della competitività delle imprese e della loro sostenibilità economica. Un evidente indizio che lo conferma è la volontà di procedere alla revisione della legislazione europea sulla rete di informazioni contabili in agricoltura (la cosiddetta RICA), sostituendo la parola contabilità con sostenibilità, dimostrando con ciò che l’equilibrio economico delle imprese agricole sia diventato un requisito di secondo piano da subordinare agli obiettivi della sostenibilità.
L’obiettivo più volte evidenziato nei documenti ufficiali del Green Deal di assicurare la produzione di alimenti e bevande in maniera adeguata ai fabbisogni, salutare ed a prezzi accessibili per i consumatori non potrà mai essere perseguito in assenza di un giusto ritorno economico per le imprese agricole.
Le due Comunicazioni ed il collegato documento di lavoro applicativo al settore agricolo delle strategie del Green Deal comportano una battuta d’arresto nell’avanzamento del principio insito nel new delivery model della PAC post 2020 che attribuisce maggiore peso decisionale ed autonomia alle Istituzioni nazionali nella programmazione e nella gestione degli interventi di politica agraria.
Gli obiettivi quantitativi e qualitativi stabiliti nel FtoF e nella SB dovranno tradursi in indicatori fisici di risultato ed in impegni da esplicitare nel documento di programmazione strategico nazionale. La Commissione europea vigilerà rigorosamente per valutare la coerenza e la potenziale efficacia rispetto alla sfida della transizione ecologica di ciascuna scelta operata dal Ministero, dalle Regioni e dalle Provincie autonome.
Nel documento di lavoro sui legami tra Green Deal e PAC si afferma che tutti gli interventi inclusi nel PSP devono essere oggetto di valutazione, in modo da accertare che non comportino possibili impatti negativi sull’ambiente e che risultino compatibili con la politica climatica dell’Unione europea.
In tale contesto, i servizi comunitari eseguiranno una accurata verifica di ciascuna proposta riguardante il regime del sostegno accoppiato che dovrà operare tenendo conto della prospettiva della sostenibilità.
È del tutto evidente che una scelta siffatta della Commissione, resa ancora più stringente dalla logica di Next Generation EU per l’utilizzo del Recovery Fund, impone al sistema agricolo italiano un’approfondita riflessione sulla strategia negoziale da adottare. Bisogna prendere coscienza che non si potrà più contare su deroghe e spazi di autonomia nazionali che, nelle precedenti programmazioni, hanno permesso di superare una serie di vincoli e condizionalità imposti dai documenti giuridici europei e di utilizzare, pertanto, i finanziamenti con ampi margini di flessibilità e al riparo di controlli ex post.
Sarà invece necessario già in questa fase negoziare con gli altri Paesi e con la Commissione un diverso approccio alla sostenibilità, da intendere non solo in termini ambientali, ma anche economici e sociali. E ottenere significative correzioni degli orientamenti contenuti nelle due Comunicazioni che declinano sul versante agricolo gli obiettivi del Green Deal.

Proposte

Si ritiene che la transizione ecologica dell’agricoltura europea - per fare in modo che il settore primario contribuisca al raggiungimento degli obiettivi del Green Deal - debba consistere in un impegno massiccio in ricerca e innovazione. La parte più rilevante delle risorse finanziarie nella futura programmazione dovrà essere concentrata su programmi che permettano all’agricoltura di produrre di più con meno input (intensificazione sostenibile). In particolare, la PAC e i programmi di ricerca devono puntare sulla intensificazione sostenibile delle produzioni, mediante l’utilizzo intelligente dei fitofarmaci e delle risorse genetiche.
Occorre, pertanto, investire sulle biotecnologie agrarie e l’agricoltura di precisione, e permettere agli agricoltori e alle aree rurali di beneficiare di tali investimenti, migliorando e rafforzando i flussi di conoscenza e i legami tra ricerca e sistemi produttivi. Nello stesso tempo, è necessario favorire la transizione digitale in agricoltura.
Per ottenere tali indirizzi di programmazione, si ritiene che il sistema agricolo italiano (istituzioni e mondo della rappresentanza) debba negoziare quanto prima con il Parlamento Europeo, altri Stati membri e la Commissione, una correzione significativa degli obiettivi “agricoli” del Green Deal.
La transizione ecologica deve significare per l’agricoltura poter diventare più competitiva. Essa deve, dunque, poter produrre More from Less. Più bit meno Kwatt. Più produzione, prodotti migliori con meno input. Si tratta di congiungere tutela dell’ambiente e agricoltura 4.0, con il duplice obiettivo di aumentare la produttività agricola e conservare gli ecosistemi. La sostenibilità non dovrà più essere per l’agricoltore un vincolo, ma un’opportunità per competere meglio nel mercato globale. Non dovrà prefigurare un ritorno nostalgico al passato, ma un modo virtuoso per connettere sviluppo tecnologico, intelligenza artificiale, mercati sempre più aperti e globali, con l’inclusione sociale e la tutela ambientale.
Per assicurare alla ricerca e all’innovazione le risorse adeguate bisognerebbe ridurre in modo significativo il primo pilastro della PAC (pagamenti diretti) e ridefinire le priorità dello sviluppo rurale.
Diversi studi hanno dimostrato che lo strumento dei pagamenti diretti si è rivelato in questi anni del tutto inadeguato per raggiungere qualsivoglia obiettivo. È pressoché impossibile individuare indicatori e target che permettano di premiare i virtuosi e, peggio ancora, per sanzionare gli inadempienti. Inoltre, un pagamento ad ettaro non aiuta il profitto, tantomeno la sostenibilità. Più sale la rendita, più il reddito si riduce, come sanno tutti gli affittuari che, come effetto indiretto dei pagamenti diretti, devono far fronte a canoni sopravvalutati.
Non c’è, dunque, altra strada per consentire all’agricoltura di contribuire all’obiettivo comune di raggiungere la neutralità climatica che investire in modo massiccio in ricerca e innovazione.
 
 
                   
ERMANNO COMEGNA
Già docente presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Università degli Studi di Campobasso e Università degli Studi di Udine. Attualmente svolge attività di libero professionista e di consulente nel settore agricolo ed agro-alimentare. E' iscritto all'albo dei giornalisti elenco dei pubblicisti.



ALFONSO PASCALE
Presidente dell'Accademia della Ruralità "G. Avolio" Dopo una lunga esperienza di direzione nelle organizzazioni di rappresentanza dell’agricoltura, nel 2005 ha promosso l’associazione “Rete Fattorie Sociali” di cui è stato presidente fino al 2011. Docente del Master in Agricoltura Sociale presso l’Università di Roma Tor Vergata. Ultime pubblicazioni: Cyber Propaganda. Ovvero la promozione nell’era dei social (Edizioni Olio Officina, 2019); Semestre Europeo Costituente. La democrazia oltre lo Stato (con M. Campli, Arcadia Edizioni, 2019).



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