lunedì 7 settembre 2020

DALLA CREAZIONE DI NUOVE VARIETÀ AL COMMERCIO DELLE SEMENTI: IL “SISTEMA STRAMPELLI” NELLA GRANICOLTURA D’INIZIO ‘900

di SERGIO SALVI

 

 



grani antichi, Crea

"Strampelli, oggi celebrato nel web in maniera alquanto ripetitiva sulla scia della moda dei “grani antichi”, merita di essere ricordato e conosciuto non solo come il precursore della Green revolution, ma anche come fondatore, direttore e quindi vero e proprio organizzatore di due enti pubblici di ricerca che hanno fatto la storia dell’agricoltura italiana: la Stazione Sperimentale di Granicoltura di Rieti e l’Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura di Roma."



Un aspetto poco conosciuto di Nazareno Strampelli è quello relativo alle sue doti di organizzatore. Non perché esse non siano state mai descritte, ma semplicemente perché sono passate in secondo piano di fronte all’ascesa del personaggio dopo il suo sdoganamento, avvenuto alle soglie del XXI secolo grazie alla riscoperta della sua opera scientifica e del ruolo da lui giocato nella nascita della Rivoluzione verde degli anni ’60 del Novecento.

Strampelli, oggi celebrato nel web in maniera alquanto ripetitiva sulla scia della moda dei “grani antichi”, merita di essere ricordato e conosciuto non solo come il precursore della Green revolution, ma anche come fondatore, direttore e quindi vero e proprio organizzatore di due enti pubblici di ricerca che hanno fatto la storia dell’agricoltura italiana: la Stazione Sperimentale di Granicoltura di Rieti e l’Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura di Roma.

La Stazione di Rieti, sorta nel 1907 come evoluzione dell’iniziale Cattedra Ambulante di Granicoltura (istituita nel 1903 dal ministro Guido Baccelli e diretta per la prima volta dallo stesso Strampelli), fu il teatro delle fasi più importanti del lavoro di ibridazione e selezione delle nuove varietà di frumento create dal genetista e restò sempre un punto di riferimento fondamentale per la ricerca agraria strampelliana.

Nato nel 1919, l’Istituto di Roma - all’epoca una novità assoluta in Europa - diventò non solo il perno intorno al quale ruotò il meccanismo della Battaglia del grano (inaugurata dal regime fascista nel 1925), ma anche la “prima pietra” sulla quale fu edificato un vero e proprio sistema che - nella mente del visionario agronomo di Castelraimondo - dalla ricerca e creazione di nuove varietà di frumento doveva condurre fino alla distribuzione e vendita delle relative sementi agli agricoltori. Il tutto attraverso una serie di step comprendenti la sperimentazione varietale in campo, la moltiplicazione della semente e il controllo della sua qualità.

La costruzione di questa particolare filiera fu possibile anche grazie all’impianto di una rete territoriale di stazioni fitotecniche periferiche afferenti all’Istituto romano, aventi la finalità di sperimentare e selezionare le varietà da destinare alla coltivazione nel Meridione (Stazione fitotecnica per le Puglie, ricavata nella masseria Manfredini di Foggia), nell’Italia centrale (Stazione fitotecnica per il Lazio, presso la tenuta Inviolatella Borghese di Roma) e nelle  Isole (Stazione fitotecnica per la Sardegna, in provincia di Cagliari). A queste prime stazioni seguirono altre strutture dislocate in Sicilia, nelle Marche e soprattutto in Emilia-Romagna e in Veneto, in modo da completare, estendendola agli ambienti colturali dell’Italia settentrionale, la sperimentazione su base territoriale inizialmente limitata al Centro-Sud.

Alla moltiplicazione in purezza delle sementi su vasta scala fu destinata l’Azienda “San Pastore”, ubicata nella campagna reatina. Di proprietà del principe Potenziani, sostenitore strampelliano della prima ora, fu acquisita dall’Istituto di Roma diventando il punto di partenza ed il presupposto necessario per la costituzione, nel 1926 e sempre a Rieti, dell’Associazione Riproduttori Sementi (ARS), avente la funzione di distribuire ai soci la semente da moltiplicare nei terreni di loro proprietà e che sarebbe stata successivamente ritirata dall’Associazione per essere lavorata e venduta agli agricoltori di tutta Italia. Un grande stabilimento per il ricevimento e la selezione dei frumenti, dotato di silos e ogni altra struttura atta alle sue finalità, completava l’azienda.
Al centro di questa rete di stazioni fitotecniche, campi di prova e di moltiplicazione e delle annesse strutture, brillava una vera e propria “punta tecnologica” ricavata all’interno della sede centrale dell’Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura. Per apprezzarne il livello tecnico-scientifico - ovviamente facendo riferimento agli standard dell’epoca - vale la pena leggere la suggestiva e puntuale descrizione fornita, in una sua pubblicazione del 1932, dallo stesso Strampelli:
«Nel grande fabbricato centrale sono installati, al piano terreno, il laboratorio chimico, con annesse sale per gli apparecchi e le vetrerie, per i prodotti chimici e per le bilance di precisione; ed il laboratorio tecnologico composto di due sale: in una è installato il molino sperimentale e nell’altra il forno elettrico sperimentale, con gli annessi macchinari e apparecchi; sempre al piano terreno si trovano i grandi saloni destinati a museo, il quale accoglie una esposizione delle forme e qualità di pane di tutte le parti del mondo.
Al primo piano, una grande galleria dà accesso ai vari ambienti destinati alla presidenza, alla direzione, al Consiglio di Amministrazione, agli uffici di segreteria, contabilità, archivio, ecc., nonché alla grande sala per congressi, conferenze, ecc., dotata di schermo e apparecchio per proiezioni. Alla direzione sono annessi piccoli laboratori di chimica, microscopia e fotografia. Nella parte posteriore del fabbricato, sempre al primo piano e rivolti ad est, sono allogati il laboratorio di microscopia e quello di biologia ed elettrogenetica, con annessa sala per gli assistenti, ecc.; fra i due laboratori, la grande sala della Biblioteca.
Le adiacenze del fabbricato centrale, tolti gli accessi e le piccole aree a giardino, sono occupate da tre grandi gabbie di rete metallica per la protezione delle sottostanti colture sperimentali; e dal padiglione del molino, panificio e pastificio dimostrativi».

Con l’alienazione di gran parte del patrimonio immobiliare operata dal CREA, ultimo depositario di una larghissima parte delle infrastrutture in cui è nata e si è sviluppata la ricerca agraria del nostro Paese, oggi di tutto questo rimane ben poco. Certamente la concretizzazione del “sistema Strampelli” fu favorita dalla spinta autarchica impressa sulla cerealicoltura dalla politica dell’epoca, generando un controverso mix tra innovazione e strumentalizzazione propagandistica che oggi, per ovvi motivi, sarebbe di ben difficile attuazione.
Tuttavia, ciò non vieta di guardare al sistema di “filiera totale” ideato da Strampelli come a un modello da cui trarre degli spunti utili per un nuovo approccio organizzativo e funzionale che sia in grado di migliorare la capacità d’innovazione del sistema agricolo nazionale.



SERGIO SALVI

Biologo libero professionista, già ricercatore in genetica, è biografo di Nazareno Strampelli e cultore di storia agroalimentare. Si dedica alla divulgazione scientifica su temi d’interesse storico e di attualità. È Socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.


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