di MICHELE LODIGIANI
Destino davvero bizzarro quello di Alexander von Humbolt (1769 –
1859)! Celebrato in vita fino all’esaltazione, definito dai
contemporanei “l’uomo più famoso al mondo dopo Napoleone“ e
dal Re di Prussia addirittura “Il più grande di tutti gli uomini
dal diluvio universale”, venne poi frettolosamente dimenticato dai
posteri, proprio mentre trovavano conferme molte delle sue più
brillanti intuizioni. La bella, intelligente e completa biografia
della Wulf riempie quindi un vuoto nella biblioteca degli
appassionati di divulgazione scientifica, con un volume monografico
che rende merito ad un personaggio che essi spesso hanno incontrato
in citazioni frammentarie, utili più a suscitare curiosità sul suo
conto che a soddisfarle.
Di famiglia benestante, frequentò le migliori università
prussiane dotandosi di una cultura estesa, solida e
multidisciplinare. In seguito alla morte della madre, Alexander e il
fratello Wilhelm, a sua volta notevole personaggio (linguista,
diplomatico, filosofo, fondatore dell’Università di Berlino che
tutt’ora porta il suo nome), poterono disporre di un patrimonio non
rilevantissimo ma sufficiente a coltivare le proprie vocazioni.
Quella di Alexander era ossessivamente rivolta alla conoscenza del
vasto mondo e si concretizzò in una serie di viaggi, di raggio
sempre più esteso: quello che gli diede fama planetaria lo portò ad esplorare, negli anni a cavallo
fra XVIII e XIX secolo, il Sud America. Seguì un lungo periodo di
elaborazione e classificazione dell’immenso materiale raccolto –
trascorso in buona parte a Parigi - che portò alla pubblicazione,
nei decenni successivi, di ben 34 volumi. Le condizioni economiche
precarie (Humboldt non aveva “sponsor” e dissipò nei viaggi il
proprio patrimonio) lo costrinsero nel 1827 ad accettare l’invito –
o piuttosto l’intimazione – di Federico Guglielmo III a ritornare
in Prussia, ad un ambiente culturale che sentiva, rispetto a quello
francese, assai più conservatore e asfittico. Successivamente, nel
1829, lo Zar di Russia gli finanziò un viaggio finalizzato alla
valutazione delle potenzialità minerarie degli immensi territori
dell’Impero, i cui esiti furono raccolti nella pubblicazione “Asia
Centrale”. Gli ultimi decenni della sua vita furono dedicati alla
stesura dell’opera più ambiziosa che, nei suoi intenti,
rappresenta la “summa” della sua visione del mondo, “Kosmos”:
un saggio che, sulla base delle più avanzate conoscenze scientifiche
dell’epoca, rappresenta, secondo le sue stesse parole, “… la
natura come un unico e grande complesso”. I 5 volumi di Kosmos
(l’ultimo pubblicato postumo) vendettero 87.000 copie, un numero
per allora inimmaginabile!
Il libro ha diversi piani di lettura. Il primo e più immediato è
quello della letteratura di avventura. Le cronache di viaggio di
Humboldt valgono, da questo punto vista, quanto i romanzi di Jules
Verne, dai quali si distinguono per il merito non secondario di non
essere frutto della fantasia. Nel viaggio in Sud America Humboldt
percorse 2.775 km nel bacino inesplorato dell’Orinoco, scoprendo
(tra le altre cose) il canale che collega questo fiume al Rio Negro,
a sua volta affluente del Rio delle Amazzoni; scalò il vulcano
Chimborazo (6.310 m.) senza raggiungerne la cima, ma stabilendo un
record di altitudine (5.600 m.) che restò imbattuto per un
trentennio. Nel viaggio in Asia percorse, in 6 mesi, circa 15.000 km
in carrozza. Nell’uno e nell’altro, come in tutti quelli
relativamente meno importanti, raccolse campioni, identificò piante
sconosciute, teorizzò ed applicò la fitogeografia, descrisse pesci,
fece esperimenti chimici, cartografò interi territori, misurò
altitudini, temperature e campi magnetici, descrisse correnti marine,
si affacciò su crateri attivi.
Un secondo piano di lettura è di carattere storico/ filosofico.
L’autrice descrive assai bene l’ambiente culturale entro il quale
Humboldt si affermò. Egli ne era indubbiamente un rappresentante
anomalo, per personalità e scelte di vita, ma lo spirito del tempo
orientò grandemente la sua vocazione e i contemporanei furono assai
pronti nell’accogliere e nel fare proprie le sue formidabili
scoperte: mai come allora (né prima né dopo) la conoscenza
scientifica è stata considerata parte della cultura “tout court”,
concetto che trova una paradigmatica rappresentazione nella figura di
Goethe, “padre della patria” della letteratura germanica, uomo di
scienza, estimatore e buon amico di Humboldt.
Un terzo piano di lettura del libro è più specificatamente scientifico. Si è già detto della gran messe di conoscenza
raccolta da Humboldt e delle scoperte, classificazioni e intuizioni
che ne conseguirono. Basterebbe questo a fare di lui un protagonista
della storia della scienza. Egli tuttavia ha fatto anche di più: ha
aperto una nuova finestra sul mondo dalla quale, dopo di lui, si sono
affacciati molti altri (a partire da Darwin) e dalla quale lo sguardo
di tutti noi può spaziare libero e curioso alla ricerca di nuovi ed
inesauribili orizzonti per la scienza e la conoscenza.
L’ultima annotazione sul libro riguarda infine il suo
protagonista: la straordinarietà del personaggio non fa velo
all’autrice, che ne descrive oltre alle imprese anche le debolezze,
le incoerenze, le manie. Non ne esce un “santino”, ma piuttosto
la figura di un uomo calato nel suo tempo, da cui è stato forgiato
ma che insieme ha contribuito a cambiare, certamente figlio
dell’Illuminismo (nella sua inesausta sete di conoscenza), fratello
del Romanticismo (frequentava gli imperatori, ma il suo cuore era più
vicino ai rivoluzionari) e padre dell’ecologismo (il concetto di
“Gaia”, la teoria che considera la Terra come un unico essere
vivente, è in tutta evidenza parente stretta della tesi portante di
Kosmos).
Quanto ai nostri tempi, ci sarebbe da interrogarsi sul perché, da
cotanti avi, sia infine derivato l’ambientalismo di oggi, nipotino
degenere, che alla scienza sembra preferire il pregiudizio.
Michele Lodigiani
Agronomo, è agricoltore a Piacenza da più di quarant’anni. Per curiosità intellettuale e vocazione imprenditoriale è stato spesso pioniere nell’adozione di innovazioni di prodotto e di processo, con alterne fortune. Ha un rapporto di fiducia con la Scienza, si commuove di fronte alle straordinarie affermazioni dell’intelligenza umana (quando è ben impiegata), osserva con infinito stupore la meravigliosa armonia che guida i fenomeni naturali.
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