di ERMANNO COMEGNA
L’agricoltura italiana sta reggendo all’onda d’urto dell’emergenza sanitaria globale del Covid-19, anche se si sono manifestati diversi problemi nel corso delle prime 7 settimane dall’inizio della crisi (20 febbraio 2020). Gli agricoltori, l’industria di trasformazione e di commercializzazione, i servizi logistici e tutte le diverse professionalità impegnate a far funzionare correttamente la catena della fornitura degli alimenti e delle bevande sono riusciti fino ad oggi a soddisfare le esigenze di accesso al cibo della popolazione. È questo un segnale incoraggiante che dimostra la capacità di resistenza di un sistema produttivo che è fondamentale per la società, almeno quanto quello sanitario.
Piuttosto che una carenza di offerta agricola ed alimentare, in questi giorni, si è verificata la paradossale situazione opposta e cioè la presenza di eccedenze in alcuni specifici settori che hanno avvertito da subito il contraccolpo del blocco della movimentazione delle persone e delle attività economiche. I miei amici agricoltori con in quali cerco di stabilire contatti in remoto, mi dicono che l’attività produttiva continua normalmente, sia per le colture vegetali che per la zootecnia.
Si fa sentire tuttavia il problema della carenza di manodopera, soprattutto quella stagionale, in settori ad alta intensità di lavoro, come l’ortofrutticoltura. In prospettiva tale problema potrebbe presentarsi anche per altri comparti, come ad esempio quello del vino per la vendemmia e l’olivicoltura per la raccolta delle olive. Si spera però che da qui a poche settimane, la situazione rientri nella ordinarietà, in modo che tutto possa ritornare come prima.
C’è qualche diffusa preoccupazione nel nostro paese circa la tenuta dei servizi logistici e la possibilità che certe attività possano subire una interruzione per effetto delle restrizioni e delle condizioni di salute del personale.
Un caso di cui si è discusso in questi giorni nel nord Italia riguarda il sistema dell’utilizzo del siero di latte. In Lombardia, Veneto e Piemonte, si è verificata la chiusura di qualche impianto di trasformazione di questo sottoprodotto, per carenza di personale. Di conseguenza, molti caseifici non hanno più trovato i canali di sbocco ed hanno dovuto stoccare per qualche giorno la materia prima, fino a che non sono intervenute delle deroghe alle normative ambientali che hanno consentito l’utilizzo del siero liquido negli impianti di biogas.
Gravi problemi sono derivati dal blocco pressoché totale delle attività del canale Horeca che ha influito in modo incisivo per alcuni comparti produttivi, come quello dei prodotti freschi.
Le imprese agricole, industriali e commerciali con una elevata quota di fatturato verso questa tipologia di sbocco stanno soffrendo molto ed hanno bisogno di rapidi ed efficaci interventi di sostegno.
Gli operatori italiani le cui vendite dipendono in maniera consistente dalle esportazioni non nascondono timori in questa fase. Si segnalano difficoltà di vendita sia all’interno dell’Unione europea che nei Paesi terzi e questa situazione non può essere tollerata a lungo per diversi settori dell’agroalimentare nazionale, come i cibi e le bevande di qualità.
Dal lato delle importazioni, molti operatori segnalano la difficoltà ad approvvigionarsi di materie prime ed integratori per l’alimentazione zootecnica e di cereali ad uso alimentare.
Alcuni agricoltori mi parlano delle difficoltà a reperire il materiale di ricambio per i macchinari aziendali, anche se negli ultimi giorni le imprese fornitrici si stanno organizzando, con l’utilizzo di procedure e sistemi alternativi.
Intanto, sono state pubblicate delle analisi di mercato che cercano di descrivere e misurare le conseguenze dell’emergenza coronavirus sull’economia nazionale (si veda qui e qui).
Una fonte di informazioni utile per conoscere quello che sta accadendo nel mercato agroalimentare italiano proviene dai numerosi articoli che sono quotidianamente pubblicati sui media di natura specialistica o generalista.
Le situazioni di disagio più acuto sono tempestivamente poste all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni, alle quali gli operatori economici si rivolgono per chiedere interventi tali da salvaguardare la capacità produttiva.
Il Governo italiano e le Regioni si sono mobilitate per mettere a disposizione fondi pubblici e misure di sostegno a favore delle imprese, dei lavoratori e dei cittadini.
Molti interventi sono tempestivi ed efficaci, perché la loro attivazione non richiede complicate procedure amministrative (ad esempio la sospensione delle scadenze fiscali e delle rate dei mutui e prestiti). Altre misure invece non lo sono perché non progettate in maniera da essere immediatamente e direttamente fruibili da parte dei destinatari (ad esempio i regimi di aiuto pubblici per mutui e prestiti a tasso agevolato o per gli indennizzi per i danni diretti ed indiretti).
Personalmente ritengo che sia necessario attivare uno scrupoloso sistema di monitoraggio della situazione a livello settoriale e territoriale, in modo da isolare celermente le situazioni problematiche ed allestire delle risposte mirate.
Tale approccio è essenziale in quanto l’emergenza in corso è assolutamente inedita e nessuno sembra in grado di prevedere quali possano essere le reali conseguenze e avvertire in anticipo dove e quando si verificano situazioni di disequilibrio.
Sono convinto pertanto che sia necessario mantenere i nervi saldi, non utilizzare in un sol colpo tutte le risorse disponibili e custodire delle riserve da utilizzare in caso di necessità.
I decisori politici devono inoltre tenere presente che il disagio e la sofferenza non sono omogenee e quindi occorre sviluppare le capacità per individuare dove albergano le situazioni critiche ed intervenire di conseguenza in maniera mirata.
Dopo una fase di inerzia, l’Unione europea si è mobilitata e sta dando risposte convincenti ed opportune, benché non abbia ancora predisposto specifici interventi eccezionali per affrontare l’emergenza. La maggiore flessibilità in termini di utilizzo della leva degli aiuti di stato è una misura di interesse per i Paesi membri con una solida posizione della finanza pubblica; lo è meno per un partner come l’Italia che deve tenere conto di una minore capacità di mobilitare risorse pubbliche ad hoc. Questa dura esperienza ha fornito l’insegnamento che la nostra società è fragile. Nonostante il grande sviluppo raggiunto in vari campi, grazie alla scienza, alla tecnologia ed alle capacità organizzative umane, ha dei nemici occulti contro i quali mostra qualche difficoltà nel difendersi.
Ritengo che in futuro sia necessario programmare azioni preventive per affrontare turbative come quella in corso. Inoltre, per quanto riguarda in modo specifico le politiche settoriali agricole, appare sempre più evidente procedere lungo due direzioni fondamentali. La prima è la semplificazione degli interventi, in modo da liberare risorse umane, finanziarie ed organizzative da compiti burocratici ripetitivi e poco utili, la seconda esigenza è quella di favorire il sistema della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura.
Già docente presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Università degli Studi di Campobasso e Università degli Studi di Udine. Attualmente svolge attività di libero professionista e di consulente nel settore agricolo ed agro-alimentare. Iscritto all'albo dei giornalisti elenco dei pubblicisti è Direttore della Rivista I TEMPI DELLA TERRA.
Ce la faremo a mangiare esclusivamente italiano, come siamo invitati a fare?
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