venerdì 20 marzo 2020

URGE UN’INCHIESTA SENATORIALE SUL BIOLOGICO. LA FRANCIA L’HA CONDOTTA, ECCO I PUNTI SALIENTI


di ALBERO GUIDORZI 


Le istituzioni francesi, come si afferma in questo passaggio, hanno preso atto del fatto che le statistiche non supportano l’euforia sul biologico: " Se si guardano gli studi che fieramente dicono che 3/4 dei francesi consumano regolarmente dei prodotti bio, si vede subito l'imbroglio. In realtà questo “regolarmente” significa ...almeno una volta al mese, cioè il 71% dei francesi consumerebbe almeno una volta al mese un prodotto bio. Solo che se si guarda il consumo quotidiano si passa al 12% e ancora, se si prendono in considerazione coloro che vi consacrano più dei 3/4 delle loro spese alimentari si precipita al 3%. Insomma solo il 3% dei francesi dichiarano (e il dato sarebbe da verificare) che si nutrono essenzialmente di prodotti derivati da agricoltura biologica"( QUI).
Inoltre si sono sentite in dovere di verificare se i sostanziosi fondi stanziati per ottenere entro il 2022 la conversione a biologico del 15% della SAU e portare il consumo di cibo biologico nelle mense pubbliche al 20% stava per raggiungere lo scopo. Accoratisi che probabilmente si era di fronte a scenari non coerenti con i dati e gli scopi, hanno affidato alla commissione delle finanze del Senato francese l’esecuzione di un’indagine. Il testo è stato registrato il 29/1/2020 e le risultanze sono state pubblicate nei giorni scorsi. La commissione ha redatto un testo di ben 300 pagine (Senato Francese). I due senatori relatori dell’indagine (Alain Houpert e Yannick Botrel ) hanno riferito in Senato che: “il piano è stato lanciato con un importante concorso mediatico, però oggi si deve constatare che ad un anno dalla scadenza del programma solo il 7,5% della SAU è stato convertito a superfici bio, mentre nelle mense collettive si è ancora al 3% di consumo e quindi nel 2022 gli obiettivi non saranno raggiunti”.
L’indagine, però, va oltre e prende in considerazione tutto il mondo del biologico. I due relatori pur esprimendosi in “politichese”, non lesinano le critiche sul come è strutturata l’agricoltura biologica (AB) del loro paese e sul come agisce la lobby che la regge. Ecco una sintesi dei passaggi più salienti.

1° Il biologico si basa su fondamenti distorti.
Ricordano innanzitutto che l’AB non porta benefici per la salute e affermano: " È essenziale sottolineare, tenuto conto dell'immagine riduttiva dell'agricoltura biologica generalmente diffusa nell'opinione pubblica, che quest'ultima non ha solo, e senza dubbio principalmente, una vocazione alimentare. Il consumatore crede più nel presunto aspetto salutare e naturale. Ribadiscono poi che: «essa segue una logica di obblighi di mezzi impiegati, ma non offre nessuna garanzia di risultati” e continuando non sottacciono anche che spesso le deroghe accordate ai protocolli di coltivazione fanno molto vacillare i fondamenti teorizzati dal coltivare biologico

2° I dati statistici non sono affidabili e le coltivazioni biologiche non sono orientate a soddisfare la domanda.
Per esplicitare l’incongruenza dei dati statistici disponibili riportano che: "I conteggi delle superfici sono stati considerati così approssimativi dalla Commissione europea che la Francia ha dovuto affrontare rettifiche finanziarie su vasta scala". Per quanto riguarda invece il non soddisfacimento della domanda dicono: “Infatti il 60% della superficie a bio sono delle foraggere e dei prati pascoli e solo il 2,7% delle superfici sono sfruttate a biologico nelle grandi coltivazioni che producono derrate. Incidono di più le piante aromatiche e medicinali nel far crescere la superficie a biologico che non le specie di grande coltivazione”.

3° si tratta di un modello economico che prospera solo su sovvenzioni supplementari e su dei prezzi al consumo elevati.
A pag. 31 del testo dell’indagine si legge: "…  In breve, sin dall'inizio, l'agricoltura biologica è stata integrata in una miscela di cultura (civiltà?) e sistemi fisici, miscela che è certamente un'espressione frequente dello spirito del tempo non privo di legittimità, ma anche di debolezze. Per ovviare a questi ultimi, i vostri relatori speciali non possono non raccomandare caldamente lo sviluppo di esplorazioni obiettive, ancora troppo rare, dei contributi fisici dell'agricoltura biologica…”  I relatori poi si chiedono: “…fino a quando i consumatori saranno disponibili a pagare il 94% in più per un pomodoro bio o il 151% per una pesca bio”. Se fino ad oggi i sovrapprezzi dei prodotti bio non hanno impedito il dinamismo della domanda, non bisogna, però, perdere di vista che il prezzo rappresenta un fattore limitativo dell’aumento delle quantità consumate, è, infatti, un fattore che rende incerta la progressione della domanda…”.

4° - L’incredibile complessità delle sovvenzioni.
Si afferma che la complessità e la periferizzazione nell’elargizione delle sovvenzioni nasconde azioni clientelari.

5° - Il contributo all’ambiente è incerto.
Circa poi gli aspetti ambientali , i relatori esprimono chiaramente i loro scetticismo quanto alle virtù dell’AB, specialmente se comparata ai volumi di produzione. Inoltre auspicano una più ampia accessibilità ai dati. Si legge pure che il solfato di rame “presenta addirittura dei profili tossicologici più sfavorevoli dei prodotti fitofarmaceutici usati in agricoltura non biologica”, oppure che le minori rese produttive del biologico “sono in contraddizione con una domanda di maggiori superfici coltivabili a causa dell’aumento demografico”. (pag. 48 e 49 dell’indagine). Prima (a pag. 43) circa le esternalità positive associate alle coltivazioni bio si legge : ”Le stime dei benefici monetari dell'agricoltura biologica sono spesso controverse, esse dipendono dalle scelta di valorizzazione della vita umana e animale che possono variare considerevolmente e sono legati a dati ambientali ed epidemiologici che, allo stato delle conoscenze, sembrano essere più un dubbio ragionevole che un fatto verificato”.

6 - Dunque gli obiettivi sono da rivedere
A pag. 53 si legge anche: “Per dirla semplicemente, non è certo che i guadagni ambientali attesi dal calo dei raccolti nelle grandi pianure dei cereali o nelle aree di allevamento dell'Europa settentrionale superino i costi derivanti dalla mobilitazione di terreni destinati a compensare le perdite di produzione associate nelle regioni del mondo in cui il disboscamento sta guadagnando superfici quotidianamente". Inoltre si afferma che non si può non riflettere sul fatto che la Francia importa il 31% dei suoi bisogni in cibo biologico, questo, per giunta, è gravato da un lungo trasporto con dovizia di sovra imballaggi e spesso la produzione nei paesi da cui si importa non risponde ai protocolli dei regolamenti europei, che, come si è visto, già di per sé non sempre sono del tutto ecocompatibili e troppo spesso derogati.

7 – L’Agenzia del biologico non opera per l’interesse pubblico ed andrebbe cancellata
Infine viene fatta una riflessione sulla lobby che gestisce il biologico affermando che: «Per quanto riguarda L’Agenzia del Bio, le sue missioni sono composite e spesso contraddittorie. L’Agenzia consacra una parte considerevole delle sovvenzioni pubbliche che riceve per favorire la « promozione » dell’agricoltura biologica, a spese, però, dell’interesse pubblico maggiore [...] »: Nella parte conclusiva del rapporto poi si arriva a dire: “L’Agenzia alla quale è affidata la gestione del biologico presenta dei punti deboli istituzionali ai quali sarebbe doveroso apportarvi modifiche, al limite l’eventualità della soppressione dell’Agenzia non deve essere scartata a priori, a condizione che i suoi compiti, alcuni di essi tra l’altro meritano di essere rivisti, siano affidati a delle strutture già esistenti”

In conclusione, in Francia hanno promulgato una legge per poi accorgersi che ha fatto cilecca, In Italia, dove per fortuna una legge ad hoc non è stata ancora definitivamente votata, perché non si fa tesoro di quanto emerso oltralpe e prima di votare la legge 988 non si dota anche il parlamento italiano, prima che si proceda alla votazione definitiva, di un’indagine conoscitiva? Eppure gli elementi di criticità nel settore del biologico italiano non mancano, anzi, oserei dire che sono più rilevanti che in Francia.
Perché non indagare:

- sui dati statistici italiani che sono ancor meno affidabili e parziali di quelli francesi? In Francia almeno rilevano quanto producono le superfici a biologico, mentre in Italia il dato è tenuto appositamente nascosto da 20 anni. Quando poi si vanno a fare delle estrapolazioni si ottengono risultati totalmente fuori dalla realtà. Un esempio? La superficie biologica olivicola certificata della Sicilia dovrebbe produrre più olio di quanto in realtà se ne produce realmente tramite le superfici certificate bio e convenzionali assommate;

- conseguenza del punto precedente è che non sappiamo quanto gli 1,5 milioni di ettari italiani sovvenzionati bio concorrono a soddisfare la domanda dei consumatori di biologico e di conseguenza quanta è la percentuale di prodotto importato che integra questa domanda, tra l’altro molto sostenuta. Sono importazioni che tra l’altro sono frutto di produzioni con gli obblighi di mezzi impiegabili diversi dai nostri e spesso da noi proibiti.

- I dubbi sull’operato della lobby del biologico e relative clientele (agenzie, uffici periferici, enti di certificazione) sono ben più fondati rispetto a quelli francesi. Si pensi che il regolamento attualmente in vigore ammette che un ente certificatore possa essere anch’esso produttore di biologico e che possa entrare in concorrenza con i soggetti da lui controllati. Come può essere accettabile che il conflitto d’interessi, già evidente per il fatto che sia il controllato che paga il controllore, possa essere ulteriormente aggravato dal fatto che l’ente certificatore può rifornire, a pagamento ben s’intende, di mezzi tecnici l’azienda controllata?




ALBERTO GUIDORZI
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
 




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