di ALBERO GUIDORZI
Le istituzioni francesi, come si
afferma in questo passaggio, hanno preso atto del fatto che le
statistiche non supportano l’euforia sul biologico: " Se si
guardano gli studi che fieramente dicono che 3/4 dei francesi
consumano regolarmente dei prodotti bio, si vede subito l'imbroglio.
In realtà questo “regolarmente” significa ...almeno una volta al
mese, cioè il 71% dei francesi consumerebbe almeno una volta al mese
un prodotto bio. Solo che se si guarda il consumo quotidiano si passa
al 12% e ancora, se si prendono in considerazione coloro che
vi consacrano più dei 3/4 delle loro spese alimentari si
precipita al 3%. Insomma solo il 3% dei francesi dichiarano (e il
dato sarebbe da verificare) che si nutrono essenzialmente di prodotti
derivati da agricoltura biologica"(
QUI).
Inoltre si sono sentite in dovere di verificare se i sostanziosi
fondi stanziati per ottenere entro il 2022 la conversione a biologico
del 15% della SAU e portare il consumo di cibo biologico nelle mense
pubbliche al 20% stava per raggiungere lo scopo. Accoratisi che
probabilmente si era di fronte a scenari non coerenti con i dati e
gli scopi, hanno affidato alla commissione delle finanze del Senato
francese l’esecuzione di un’indagine. Il testo è stato
registrato il 29/1/2020 e le risultanze sono state pubblicate nei
giorni scorsi. La commissione ha redatto un testo di ben 300 pagine (Senato Francese). I due senatori
relatori dell’indagine (Alain Houpert e Yannick Botrel ) hanno
riferito in Senato che: “il piano è stato lanciato con un
importante concorso mediatico, però oggi si deve constatare che
ad un anno dalla scadenza del programma solo il 7,5% della SAU è
stato convertito a superfici bio, mentre nelle mense collettive si
è ancora al 3% di consumo e quindi nel 2022 gli obiettivi non
saranno raggiunti”.
L’indagine, però, va oltre e prende
in considerazione tutto il mondo del biologico. I due relatori pur
esprimendosi in “politichese”, non lesinano le critiche sul come
è strutturata l’agricoltura biologica (AB) del loro paese e sul
come agisce la lobby che la regge. Ecco una sintesi dei passaggi più
salienti.
1° Il biologico si basa su fondamenti
distorti.
Ricordano innanzitutto che l’AB non
porta benefici per la salute e affermano: " È essenziale
sottolineare, tenuto conto dell'immagine riduttiva dell'agricoltura
biologica generalmente diffusa nell'opinione pubblica, che
quest'ultima non ha solo, e senza dubbio principalmente, una
vocazione alimentare. Il consumatore crede più nel presunto aspetto
salutare e naturale. Ribadiscono poi che: «essa segue una logica di
obblighi di mezzi impiegati, ma non offre nessuna garanzia di
risultati” e continuando non sottacciono anche che spesso le
deroghe accordate ai protocolli di coltivazione fanno molto vacillare
i fondamenti teorizzati dal coltivare biologico
2° I dati statistici non sono
affidabili e le coltivazioni biologiche non sono orientate a
soddisfare la domanda.
Per esplicitare l’incongruenza dei
dati statistici disponibili riportano che: "I conteggi delle
superfici sono stati considerati così approssimativi dalla
Commissione europea che la Francia ha dovuto affrontare rettifiche
finanziarie su vasta scala". Per quanto riguarda invece il non
soddisfacimento della domanda dicono: “Infatti il 60% della
superficie a bio sono delle foraggere e dei prati pascoli e solo il
2,7% delle superfici sono sfruttate a biologico nelle grandi
coltivazioni che producono derrate. Incidono di più le piante
aromatiche e medicinali nel far crescere la superficie a biologico
che non le specie di grande coltivazione”.
3° si tratta di un modello economico
che prospera solo su sovvenzioni supplementari e su dei prezzi al
consumo elevati.
A pag. 31 del testo dell’indagine si
legge: "… In breve, sin dall'inizio, l'agricoltura
biologica è stata integrata in una miscela di cultura (civiltà?) e
sistemi fisici, miscela che è certamente un'espressione frequente
dello spirito del tempo non privo di legittimità, ma anche di
debolezze. Per ovviare a questi ultimi, i vostri relatori
speciali non possono non raccomandare caldamente lo sviluppo di
esplorazioni obiettive, ancora troppo rare, dei contributi fisici
dell'agricoltura biologica…” I relatori poi si
chiedono: “…fino a quando i consumatori saranno disponibili a
pagare il 94% in più per un pomodoro bio o il 151% per una pesca
bio”. Se fino ad oggi i sovrapprezzi dei prodotti bio non hanno
impedito il dinamismo della domanda, non bisogna, però, perdere di
vista che il prezzo rappresenta un fattore limitativo dell’aumento
delle quantità consumate, è, infatti, un fattore che rende incerta
la progressione della domanda…”.
4° - L’incredibile complessità
delle sovvenzioni.
Si afferma che la complessità e la
periferizzazione nell’elargizione delle sovvenzioni nasconde azioni
clientelari.
5° - Il contributo all’ambiente è
incerto.
Circa poi gli aspetti ambientali , i
relatori esprimono chiaramente i loro scetticismo quanto alle virtù
dell’AB, specialmente se comparata ai volumi di produzione. Inoltre
auspicano una più ampia accessibilità ai dati. Si legge pure che il
solfato di rame “presenta addirittura dei profili tossicologici più
sfavorevoli dei prodotti fitofarmaceutici usati in agricoltura non
biologica”, oppure che le minori rese produttive del biologico
“sono in contraddizione con una domanda di maggiori superfici
coltivabili a causa dell’aumento demografico”. (pag. 48 e 49
dell’indagine). Prima (a pag. 43) circa le esternalità positive
associate alle coltivazioni bio si legge : ”Le stime dei
benefici monetari dell'agricoltura biologica sono spesso controverse,
esse dipendono dalle scelta di valorizzazione della vita umana e
animale che possono variare considerevolmente e sono legati a dati
ambientali ed epidemiologici che, allo stato delle conoscenze,
sembrano essere più un dubbio ragionevole che un fatto verificato”.
6 - Dunque gli obiettivi sono da
rivedere
A pag. 53 si legge anche: “Per dirla
semplicemente, non è certo che i guadagni ambientali attesi dal calo
dei raccolti nelle grandi pianure dei cereali o nelle aree di
allevamento dell'Europa settentrionale superino i costi derivanti
dalla mobilitazione di terreni destinati a compensare le perdite di
produzione associate nelle regioni del mondo in cui il disboscamento
sta guadagnando superfici quotidianamente". Inoltre si afferma
che non si può non riflettere sul fatto che la Francia importa il
31% dei suoi bisogni in cibo biologico, questo, per giunta, è
gravato da un lungo trasporto con dovizia di sovra imballaggi e
spesso la produzione nei paesi da cui si importa non risponde ai
protocolli dei regolamenti europei, che, come si è visto, già di
per sé non sempre sono del tutto ecocompatibili e troppo spesso
derogati.
7 – L’Agenzia del biologico non
opera per l’interesse pubblico ed andrebbe cancellata
Infine viene fatta una riflessione
sulla lobby che gestisce il biologico affermando che: «Per quanto
riguarda L’Agenzia del Bio, le sue missioni sono composite e spesso
contraddittorie. L’Agenzia consacra una parte considerevole delle
sovvenzioni pubbliche che riceve per favorire la « promozione »
dell’agricoltura biologica, a spese, però, dell’interesse
pubblico maggiore [...] »: Nella parte conclusiva del
rapporto poi si arriva a dire: “L’Agenzia alla quale è affidata
la gestione del biologico presenta dei punti deboli istituzionali ai
quali sarebbe doveroso apportarvi modifiche, al limite l’eventualità
della soppressione dell’Agenzia non deve essere scartata a priori,
a condizione che i suoi compiti, alcuni di essi tra l’altro
meritano di essere rivisti, siano affidati a delle strutture già
esistenti”
In conclusione, in Francia hanno
promulgato una legge per poi accorgersi che ha fatto cilecca, In
Italia, dove per fortuna una legge ad hoc non è stata ancora
definitivamente votata, perché non si fa tesoro di quanto emerso
oltralpe e prima di votare la legge 988 non si dota anche il
parlamento italiano, prima che si proceda alla votazione definitiva,
di un’indagine conoscitiva? Eppure gli elementi di criticità nel
settore del biologico italiano non mancano, anzi, oserei dire che
sono più rilevanti che in Francia.
Perché non indagare:
1°- sui dati statistici italiani che
sono ancor meno affidabili e parziali di quelli francesi? In Francia
almeno rilevano quanto producono le superfici a biologico, mentre in
Italia il dato è tenuto appositamente nascosto da 20 anni. Quando
poi si vanno a fare delle estrapolazioni si ottengono risultati
totalmente fuori dalla realtà. Un esempio? La superficie biologica
olivicola certificata della Sicilia dovrebbe produrre più olio di
quanto in realtà se ne produce realmente tramite le superfici
certificate bio e convenzionali assommate;
2° - conseguenza del punto precedente
è che non sappiamo quanto gli 1,5 milioni di ettari italiani
sovvenzionati bio concorrono a soddisfare la domanda dei consumatori
di biologico e di conseguenza quanta è la percentuale di prodotto
importato che integra questa domanda, tra l’altro molto sostenuta.
Sono importazioni che tra l’altro sono frutto di produzioni con gli
obblighi di mezzi impiegabili diversi dai nostri e spesso da noi
proibiti.
3° - I dubbi sull’operato della
lobby del biologico e relative clientele (agenzie, uffici periferici,
enti di certificazione) sono ben più fondati rispetto a quelli
francesi. Si pensi che il regolamento attualmente in vigore ammette
che un ente certificatore possa essere anch’esso produttore di
biologico e che possa entrare in concorrenza con i soggetti da lui
controllati. Come può essere accettabile che il conflitto
d’interessi, già evidente per il fatto che sia il controllato che
paga il controllore, possa essere ulteriormente aggravato dal fatto
che l’ente certificatore può rifornire, a pagamento ben s’intende,
di mezzi tecnici l’azienda controllata?
ALBERTO GUIDORZI
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
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