di ALBERTO GUIDORZI
Dopo il mio stage in Francia presso la Florimond Desprez dal 1966 al 1968, avrei dovuto rimanere nel Nord francese a cercare di fare il miglioratore vegetale. Situazioni famigliari e il venir meno per la F. Desprez della rappresentanza in Italia, mi hanno, invece, portato ad accettare di divenirne io il rappresentante generale in Italia. A quel tempo erano solo le varietà di barbabietola da zucchero che potevano essere trasferite dalla Francia all’Italia, per il grano tenero era impossibile in quanto le varietà francesi avevano un ciclo troppo lungo anche per gli areali italiani a Nord del Po. Era in parte così anche per gli orzi, ma il ciclo di questa specie era naturalmente più precoce dei frumenti teneri e quindi permetteva, facendo uno screening appropriato, di intravvedere delle possibilità di introdurre materiale più adattabile.
Infatti una nostra varietà di orzo sperimentata presso la società Sisforaggera di Bologna, che era un’emanazione della Federconsorzi, aveva dato ottimi risultati. La varietà si chiamava ARMA ed era un orzo esastico. Subito la società bolognese se ne accaparrò l’esclusiva di vendita e di moltiplicazione. Tuttavia esisteva anche altro materiale genetico che poteva essere convenientemente testato per le condizioni italiane e fu allora che mi recai a Fiorenzuola d’Arda e conobbi Michele Stanca. Gli spiegai il mio progetto che consisteva nel cercare introdurre nelle piattaforme sperimentali varietali di enti pubblici e società private che agivano nell’ambito sementiero, delle varietà di orzo distico ed esastico proveniente da vari paesi (io potevo procurare il materiale francese evidentemente). Lo scopo era quello di verificare l’adattabilità ai climi italiani e l’interesse agronomico quanti-qualitativo per gli areali nostrani di questi materiali ed al limite usarli come parentali. Dalle risultanze potevano venire proposte nuove da segnalare, per quanto riguardava gli enti pubblici, o da proporre alle società private sotto forma di esclusiva di vendita o, dal confronto, dare impulso alla creazione varietale italiana.
Il risultato fu che l’unico ente pubblico che accettò di includere il materiale francese nelle prove parcellari del proprio autonomo lavoro di breeding fu la Stazione di cerealicoltura di Fiorenzuola d’Arda. Guarda caso questo lavoro di apertura permise alla stazione ed a Michele Stanca di portare a termine programmi di creazione varietale, di cui un esempio fu la creazione da parte della stazione della varietà di successo ARDA, un orzo distico. Per quanto riguarda invece le società private potei collaborare con le più importanti ditte sementiere dell’epoca: Sisforaggera, Produttori sementi di Bologna e APSOV di Voghera con le quali la collaborazione sfociò in vari contratti di esclusiva di vendita. Ciò mi permise anche di conoscere da vicino le varie realtà sementiere private italiane.
E’ da questo primo contatto che con Michele si stabilì un rapporto di amicizia vero e di reciproca stima, ciò ci permise, durante gli incontri nei vari congressi e manifestazioni, di scambiare impressioni sugli impieghi della genetica a livello di creazione varietale in Italia. Ci trovammo subito d’accordo che senza una ricerca genetica di base fatta dagli enti pubblici e senza che questa fosse poi finalizzata dalle società private, la nostra agricoltura sarebbe sempre stata a rimorchio della costituzione estera, con tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate.
Ricordo che quando gli spiegai il programma “grano duro” messo in atto dai francesi nel 1985 su iniziativa di Victor Desprez rimase estasiato e la sua amara considerazione fu: “ma perché queste cose non si fanno anche in Italia”. Quando poi agli inizi del 2000 gli delineai il progetto “Aker2” sulla genomica della bietola da zucchero organizzato in Francia dalla Società Desprez unitamente a tutta la filiera pubblico-privata, vidi i suoi occhi luccicare, perché si trattava appunto del suo nuovo campo di studio.
Un altro argomento che discutemmo assieme fu quello di quando le multinazionali chimiche fecevano incetta di ditte sementiere. Gli spiegai che era inevitabile visto che eravamo in presenza: - di massima indifferenza del potere politico circa la strategicità del mantenere una creazione varietale nazionale; - l’insopportabile aumento dei costi delle innovazioni da apportare al lavoro di costituzione varietale; - infine i prezzi che pagavano queste società della chimica erano di gran lunga superiori al valore obiettivo delle aziende oggetto di offerta d’acquisto. Tuttavia aggiunsi che non vi era di che preoccuparsi per noi italiani in quanto nessuna delle nostre società sementiere purtroppo era appetibile, anzi aggiunsi che in esse la creazione varietale autonoma si sarebbe esaurita per decrepitezza. Quando Syngenta comprò la Produttori Sementi di Bologna ed ebbi modo di incontralo mi disse: “avevi ragione, è la fine”. La stessa cosa avvenne quando la filiera zucchero italiana si disarticolò e mi dette atto che l’avevo previsto 10 anni prima.
Ricordo che quando gli spiegai il programma “grano duro” messo in atto dai francesi nel 1985 su iniziativa di Victor Desprez rimase estasiato e la sua amara considerazione fu: “ma perché queste cose non si fanno anche in Italia”. Quando poi agli inizi del 2000 gli delineai il progetto “Aker2” sulla genomica della bietola da zucchero organizzato in Francia dalla Società Desprez unitamente a tutta la filiera pubblico-privata, vidi i suoi occhi luccicare, perché si trattava appunto del suo nuovo campo di studio.
Un altro argomento che discutemmo assieme fu quello di quando le multinazionali chimiche fecevano incetta di ditte sementiere. Gli spiegai che era inevitabile visto che eravamo in presenza: - di massima indifferenza del potere politico circa la strategicità del mantenere una creazione varietale nazionale; - l’insopportabile aumento dei costi delle innovazioni da apportare al lavoro di costituzione varietale; - infine i prezzi che pagavano queste società della chimica erano di gran lunga superiori al valore obiettivo delle aziende oggetto di offerta d’acquisto. Tuttavia aggiunsi che non vi era di che preoccuparsi per noi italiani in quanto nessuna delle nostre società sementiere purtroppo era appetibile, anzi aggiunsi che in esse la creazione varietale autonoma si sarebbe esaurita per decrepitezza. Quando Syngenta comprò la Produttori Sementi di Bologna ed ebbi modo di incontralo mi disse: “avevi ragione, è la fine”. La stessa cosa avvenne quando la filiera zucchero italiana si disarticolò e mi dette atto che l’avevo previsto 10 anni prima.
Ho la presunzione di credere che quando in tutte le conferenze Michele affermava che non si poteva far senza la genetica, questa sua convinzione fosse il frutto della sua conoscenze internazionali sulla ricerca genetica, dei suoi studi di scienziato e molto più modestamente dei nostri scambi di idee tra noi due durati più di 40 anni.
D’altra parte era lo stesso Dante ad ammonirci che “Non sien le genti ancor troppo sicure a giudicar, sì come quei che stima le biade in campo pria che sien mature.”
Nessun commento:
Posta un commento