di ALBERTO GUIDORZI
“Passiamo all’agricoltura biologica e mettiamo al bando i pesticidi…”(è il mantra che si sente ripetere ormai ovunque. La gente ci crede, ma è una panzana).
1° Solfato di rame: sua presunta naturalità, preservazione della biodiversità e sostenibilità ambientale.
Sicuramente le immagini sono molto più incisive delle parole e credo che per far comprendere siano sufficienti alcune fotografie.
Commento: Innanzitutto si fa notare come in agricoltura non si usi rame naturale, come si vuol far credere, bensì del solfato di rame che non si trova libero in natura, ma è il frutto di una sintesi tra acido solforico e rame in un impianto chimico. Inoltre il
rame è un elemento essenziale per la vita degli organismi viventi,
ma è la dose che ne fa un veleno. La foto mostra un vecchio sito
agricolo in Ardèche (Francia) dove era impiantato un antico vigneto
che ha ricevuto per parecchi anni irrorazioni continuative di
poltiglia bordolese e che da qualche anno è stato estirpato e
investito a colture erbacee.
Sono visibili i luoghi dove erano
impiantati i filari perché la vegetazione cresce stentata giallastra
per evidente clorosi. La spiegazione è che quantitativi di rame
eccessivi accumulatisi nel terreno hanno ucciso funghi, semi in
germinazione, lombrichi e altra microfauna (il rame si lega alle
proteine cellulari causando la morte delle cellule). Pertanto la vita
del suolo ne è talmente alterata che le piante che vi crescono sopra
non possono ricevere una nutrizione conveniente e l’eccesso di rame
influenza il contenuto in clorofilla delle parti verdi e quindi
incide sulla fotosintesi. Il risultato è una clorosi (ingiallimenti)
evidente laddove insisteva il filare di viti. Il rame metallico poi
può essere trascinato dalle piogge nei corsi d’acqua e qui
manifesta la sua azione nefasta sulla floro-fauna acquatica (un
esempio facilmente constatabile anche dai profani è la capacità che
ha il rame di impedire la formazione delle alghe nelle piscine di
nuoto e di conseguenza è usato a tale scopo).
Per gli addetti chiamati a individuare
particolari fenomeni che si verificano nei campi e spesso di
difficile spiegazione, si riporta una serie di fotografie per
valutare la sintomatologia degli effetti del rame sul frumento:
Foto di dettaglio: 1a ( foto ARVISAL - Institut du végétal ) |
Foto di dettaglio 1b ( foto ARVISAL - Institut du végétal )
|
Foto di dettaglio 1C ( foto ARVISAL - Institut du végétal ) |
Foto di dettaglio 1d ( foto ARVISAL - Institut du végétal ) |
Foto di dettaglio 1 e ( foto ARVISAL - Institut du végétal ) |
Per chi non è addentro ai lavori riporto questo calcolo:
- 15 kg di poltiglia bordolese = 3 kg di rame metallo. 10 irrorazioni medie/anno x 50 anni (durata di un vigneto) = 1500 kg di rame accumulati nel terreno
- La soglia di tossicità del rame e di 50 mg/kg di terra, quando si raggiungono gli 80 mg/kg la tossicità è elevata.
Commento: Come dice la presentazione in francese, la foto (scattata dallo stesso che l’ha postata) mostra un terreno precedentemente coltivato a prato ed a vigneto trattato con rame. Quindici anni fa è stato rimboschito completamente, la foto mostra dove vi era il vigneto (mancanza di alberi) e dove invece vi era il prato. Gli alberi non hanno sopportato la tossicità dovuta all’accumulo del rame laddove vi era stato il vigneto e sono scomparsi.
2° Circa la favola che si possono abolire tutti i pesticidi in agricoltura
Nella foto sotto vi sono tre appezzamenti a vigneto: quello in centro è stato protetto come si conviene e se ne osserva il persistere della vegetazione ancora verde e quindi la possibilità di raccogliere uva, mentre ai lati vi sono altri due vigneti che non hanno subito nessun trattamento e se ne vede il fogliame completamente bruciato e di conseguenza nessun raccolto d’uva.
Per dare un’idea di cosa capiterebbe se nel mondo si abolisse l’uso di pesticidi per proteggere i raccolti delle produzioni alimentari dai parassiti, una equipe di ricercatori internazionali ha eseguito una vasta inchiesta a livello mondiale. Essa è stata realizzata con l’appoggio della società internazionale di fitopatologia (ISPP) unitamente ad un vasto insieme di istituzioni internazionali del mondo. L’inchiesta è stata condotta tra il 1° novembre 2016 e il 31 gennaio 2017 (qui) .
L’inchiesta ha ricevuto circa 1000 risposte provenienti 219 specialisti in fitopatologia di 67 nazioni per cinque coltivazioni (frumento, riso, mais, soia e patata). I 67 paesi assicurano l’87% della produzione mondiale delle 5 coltivazioni. Le perdite dichiarate si riferiscono a 137 patogeni.
- Il FRUMENTO potrebbe perdere da un minimo del 10,1% ad un massimo del 28,1%
- Il RISO potrebbe perdere da un minimo del 24,6% ad un massimo del 40,9%
- Il MAIS potrebbe perdere da un minimo del 19,5% ad un massimo del 41,1%
- La PATATA potrebbe perdere da un minimo del 8,1% ad un massimo del 21,0%
- La SOIA potrebbe perdere da un minimo del 11,0% ad un massimo del 32,4,0%
Un altro studio (qui) non si discosta molto dai dati precedenti.Purtroppo le perdite più importanti si hanno proprio laddove si riscontrano deficit alimentari e sono legate a parassiti emergenti o riemergenti. I danni maggiori li fanno i parassiti animali (da un 30% ad un 50% per le 5 colture), poi vengono le malerbe (34%), il resto è dovuto alle crittogame. Infine ecco un powerpoint molto istruttivo (qui).
Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Ottimo come sempre, Alberto, geazie.
RispondiEliminaPappagallorosa.
bellissimo Alberto
RispondiEliminaci possiamo aspettare un articolo simile sul glifosato?
Antonio
RispondiEliminaSul gliphosate ho già mostrato criticità e caratteristiche in altri articoli.