giovedì 28 novembre 2019

ALLEVAMENTO ANIMALE = ATTENTATO ALL’AMBIENTE?

di ALBERTO GUIDORZI 





E’ certo che se guardiamo i numeri o le affermazioni accettate e diffuse dai media l’equazione non fa una grinza in quanto si legge:

  • La produzione di carne e latticini concorre per il 18% all’emissione dei gas serra (GES). Tra l’altro superiore all’incidenza dei trasporti
  • Per produrre un kg di carne occorrono 15.000 litri d’acqua
  • Gli USA potrebbero nutrire 800 milioni di persone con i cereali che mangiano i suoi animali.
Vogliamo analizzare la fonte e la rispondenza fattuale delle divulgazioni sopra esposte e che purtroppo sono ormai un dato indiscutibile da parte dell’opinione pubblica, indotta a ciò dalla continua ripetizione dei dati sopraccitati come fossero dei mantra? Altra considerazione da fare è che i dati non sono scaturiti da misurazioni, bensì da algoritmi e modelli. Insomma la produzione di carne e latticini è proprio un novello “eco-vandalo”?

Emissione di GES
  • Innanzitutto diciamo che la fonte del 18% di GES emessi è la FAO, che l’ha diffusa nel 2006, ma che subito dopo l’ha ridotta al 14,5% perché molti hanno segnalato un errore di calcolo. Tuttavia la percentuale comprende anche i trasporti, la trasformazione dei prodotti carnei, la loro distribuzione, la produzione dei concimi per l’alimentazione animale, mentre nel dare il dato dei trasporti vi include solo le emissioni dovute ai combustibili consumati. Inoltre nel calcolo si imputa all’allevamento gli effetti della deforestazione che, però, avviene per sfruttare il legname da opera, la cui superficie poi, mediante il fuoco, la si ripulisce e la si sfrutta o come terra arabile oppure per l’allevamento. In altri termini bisogna considerare prima la C02 emessa imputabile alla deforestazione e solo dopo all’allevamento perché esso s’insedia dopo. Insomma se anche smettessimo di mangiare carne la deforestazione continuerebbe. Inoltre questo non è un dato da estendere a tutto il pianeta ed è imputabile ai soli paesi in via di sviluppo, mentre nei paesi sviluppati la riforestazione è cominciata da tempo (l’UE ha rimboschito una superficie pari al Portogallo). Secondo uno studio dell’Università di Helsinki tra il 1990 ed il 2015 nei paesi ad alto e medio reddito la superficie forestale è cresciuta rispettivamente di 1,31% e 0,5% /anno, mentre in 22 paesi a basso reddito è calata dello 0,72%.            
  • Infatti se limitiamo ai soli Stati Uniti l’analisi dei GES dell’allevamento la letteratura ci dice che non si va oltre il 2,8%. Quest’ultimo dato è grosso modo in linea con: - Word Resource Institute (WRI) che dice che i trasporti incidono per il 23%, mentre l'allevamento per il 5,4%; - EPA (agenzia americana per la protezione dell'ambiente) che dice che davanti a tutti c'è la produzione dell'elettricità ed i trasporti a pari merito, poi viene l'industria con il 22%, mentre l'agricoltura la colloca al 9%, assegnando all'allevamento il 4% (vedi grafico); - Frank Mitloehner, professore dell'università di Davis in California e specialista in scienze animali e ambientali, ha stimato per “Science Alert” che la rinuncia collettiva della carne non farebbe abbassare l'emissione di GES che del 2%, ma provocando, di conseguenza, effetti molto nefasti che analizzeremo in seguito. Ci si dimentica anche di un altro fatto ed è quello che l’allevamento si nutre di vegetali che non sono altro che una forma di stoccaggio di carbonio sottratto all’atmosfera (si ricorda che in una foresta matura gli alberi non crescendo più non captano più CO2 e quindi i vegetali a ciclo annuale e pascolati continuano ogni anno a captare CO2 e a trasferirla nella carne degli animali). Certo quando mangiamo questa carne o quando l’animale muore o si decompone la CO2 ritorna nell’atmosfera, ma vi ritorna anche quella degli alberi quando muoiono e si decompongono o li bruciamo per ricavarne energia calorica. Il grafico sotto mostra le Percentuali imputabili ad ogni attività e la fonte è appunto l’EPA. 

1) A proposito dell’impatto dell’agricoltura nel sequestro del carbonio rispetto alle foreste, ci pare che anche qui si discuta su notizie che alla verifica si dimostrano non pertinenti per sostenere una determinata tesi; Vogliamo vedere quale contributo dà un ettaro di foresta ed un ettaro di mais?
  • Un ettaro di foresta non matura produce annualmente 6,6 mc di legno che deumidificato si riduce a 5 t sotto forma di idrati di carbonio che corrispondono a 250 kg di carbonio, ossia 915 kg di CO2 (coefficiente di conversione 3,66).
  • Un ettaro di mais non irrigato produce 8,3 t di mais umido (30% di umidità) che seccato si riduce a 6,83 t a cui bisogna aggiungere dalle 6 alle 10 t di fusti e radici che sono poi incorporate nel terreno. In totale diciamo circa 15 t per fare il conto pari. Se su queste viene applicata la formula usata sopra abbiamo: 15 t diviso 2 per 3,66 = 27, 46 t di CO2

Grazie dunque al lavoro degli agricoltori ogni anno un ettaro coltivato, in questo caso a mais, ma si potrebbe fare lo stesso discorso sul frumento e soprattutto sulla bietola da zucchero, stocca 16,31 t di CO2 in più di un ettaro di foresta (27,46 – 9,15 – 2, le due t di CO2 sono quelle emesse per produrre il mais)


2) Altra notizia scioccante che ormai è ampiamente citata da chi è contrario all’allevamento animale ed al mangiar carne è il consumo d’acqua per produrre un chilogrammo di carne. Di dati ne sono divulgati due: 15.000 litri d’acqua (grosso modo equivalenti a 300 docce) o addirittura 100.000 (vale a dire 1000 volte più che per ottenere un kg di frumento). Tuttavia ambedue sono viziati da un metodo di calcolo molto opinabile: esso include l’acqua di pioggia necessaria alla crescita dei vegetali consumati dagli animali. L’opinabilità dipende dal fatto che quest’acqua è assorbita naturalmente dall’ambiente con o senza presenza di animali che se ne nutrono. I 100.000 litri sono stati calcolati da David Pimentel che in aggiunta ha usato il dato pluviometrico più elevato che ha trovato e ha desunto i dati su animali pascolanti su grandi ranch, cioè ampliando molto le superfici e le quantità d’acqua meteorica caduta e trasferendo il tutto al totale del bestiame allevatovi sopra. Per chiarire meglio, il lettore deve sapere che l’acqua viene classificata in tre categorie assegnando ad ognuna un colore: 
  • Acqua blu: acqua realmente consumata dagli animali e per l’irrigazione artificiale delle coltivazioni.
  • Acqua grigia: Stima dell’acqua occorrente per diluire le deiezioni animali e poterle riciclare.
  • Acqua verde: l’acqua piovana captata dai terreni e che ritorna nel ciclo naturale dell’acqua. Questo ciclo esiste comunque con e senza animali

Simon Fairlie (ex-redattore di The Ecologist dunque una fonte più che neutra) ha rifatto i calcoli dettagliandoli: un manzo vive in media 500 giorni prima di essere macellato e si ricavano 125 kg di carne (quindi se usassimo il parametro di Pimentel quell’animale nella sua vita consuma 12 milioni di litri di acqua, ossia un recipiente di 4000 mq di base e 3 metri di altezza). In realtà però quel manzo ha bevuto solo 50 litri di acqua/giorno che rapportata al kg di carne significa 200 litri (0,2% delle quantità di Pimentel), se poi ci mettiamo anche l’acqua grigia saliamo a 550 L/kg carne come media mondiale, che è minore dove l’allevamento è più professionale. In altri termini più del 95% dei consumi idrici nella produzione della carne è dato da acqua piovane che comunque cadrebbe con o senza allevamento.

Nel 2008 in una pubblicazione dell’AFIS ( Association Françaises pour l’Information scientificque) www.afis.org mostrava come nella produzione di latte allevamento convenzionale, senza o con somministrazione di bST -somatropina bovina, e allevamento biologico, fosse quest’ultimo più eco-vandalo. L’allevamento lattifero con la somministrazione di somatropina puo aumentare la produzione di latte del 15% e quindi rispetto all’allevamento convenzionale il numero di vacche può diminuire dell’8% e la superfice per l’alimentazione del 5%. Per contro nell’allevamento in condizioni biologiche il numero di vacche, per mantenere lo stesso livello di produzione di latte, deve essere superiore del 25% ed utilizzare una superficie di +30%. Azoto e fosforo, elementi inquinanti degli allevamenti, diminuirebbero rispettivamente del 6 e 5% con la bST, ma aumenterebbero del 34 e 15% in caso di allevamenti biologici. Se guardiamo il confronto a livello di effetto serra e eutrofizzazione essi diminuiscono del 6 e 5% con bST, ma aumenterebbero del 13 e 28% in biologico. www.pnas.org
Sempre Pimentel ha affermato in un congresso in Canada che L’allevamento USA priva di cibo 800 milioni di persone a causa dei cereali che sono sottratti agli umani per destinarli agli animali. Da subito dobbiamo dire che l’affermazione è un po’ tirata perché i cereali non sono la base, anzi sono una minima percentuale dell’alimentazione animale; la parte preponderante è costituita da erba e da fieno perché le percentuali di animali allevati in stalle d’ingrasso sono una netta minoranza come si riferirà sotto e quindi gli animali non mangiano 20 kg di cereali per produrre un kg di carne come si evince dal dato di Pimentel, bensì solo 1 kg se la quantità è spalmata su tutti gli animali. Questo è confermato dalla FAO stessa che dice che l’87-93% della carne prodotta deriva da animali che mangiano per l’86% erba che cresce su suoli dove non si produce cibo per l’uomo e che se non fosse mangiata finirebbe decomposta ogni anno. Il bestiame utilizza 2,5 miliardi di terre a pascolo, di cui, però, solo 700 milioni di ettari potrebbero divenire arabili, ma con una immissione di CO2 in ambiente non indifferente. Dunque gli allevamenti intensivi sono solo il 7-13% ed è questa percentuale che mangia i 20 kg di cereali e che in astratto è anche cibo per l’uomo. Da questo discende che praticamente per produrre 1 Kg di proteine animali si consumano solo 0,6 kg di proteine vegetali ricavate da alimenti che sono anche umani. Altra considerazione a supporto è quella per la quale i cereali e le leguminose destinati agli animali non sono sottratti del tutto agli umani, vuoi perchè inadatti alla loro alimentazione (soia, orzo), oppure qualitativamente scadenti o tecnologicamente inadatte ad altre utilizzazioni (frumento foraggero). La FAO inoltre aggiunge che modesti miglioramenti nella ratio di conversione degli alimenti zootecnici negli allevamenti intensivi sarebbero sufficienti per limitare in modo sostanziale la messa in coltura di nuove terre per alimentare questi animali. www.sciencedirect.com. Come ultimo il vedere gli animali allevati dall’uomo solo come produttori di carne è limitativo, perché non si tiene conto di tutti i sottoprodotti che gli animali ci danno: cuoio, lana, grasso, sangue e ossa che oltre ad alimentare filiere industriali, vanno a costituire fertilizzanti (sangue, ossa e peli) proprio per l’agricoltura biologica. Infatti come detto sopra la differenza tra i 500 kg di un manzo vivo ed i 125 kg di carne commestibile, cioè 375 kg, sono i sottoprodotti di macellazione. Come farebbe a sopravvivere l’agricoltura biologica se sparissero gli allevamenti che ammassano il letame che è indispensabile per questo tipo di agricoltura, visto che non vi è l’obbligo per l’agricoltura biologica di associare sempre un allevamento animale per autoprodursi il letame? 

Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.



3 commenti:

  1. sempre chiaro ed interessante

    bravo Alberto

    Antonio

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  2. http://www.fao.org/3/a-i4737o.pdf
    Sequestro del carbonio.
    Guidorzi, ma cosa scrive? Il mais? Fa parte del normale ciclo del carbonio, che comprende pure la respirazione. È impensabile considerare il mais e altre colture come una forma di sequestro di carbonio.


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  3. Scusa sai (ma non hai un nome e cognome, quindi se non sei un figlio di N.N. per favore rivelati) ma mi pare che di biologia ne macini poca, infatti se io coltivo in Italia 700.000 ettari di mais tutti gli anni non continuo a mantenere stoccata sempre la stessa quantità di carbonio del primo anno di semina dei 700.000 ettari? Mi pare semplice da comprendere se uno conosce le funzioni biologiche dei vegetali la Co2 catturata un anno viene riemessa in atmosfera "bruciando" il mais, ma nello stesso tempo la stessa quantità di Co2 la risequestro coltivando altri 700.000 ettari l'anno dopo. Mi sembra lapalissiano. Ti faccio altres' notare che una foresta matura smette di stoccare Co2 in quanto non cresce più.

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