di ROBERTO DEFEZ e LUIGI MARIANI
Farina di Mais Bianco OGM, commercializzata regolarmente in Italia. Foto Francesco Marino
Quasi fosse un riflesso condizionato, alla parola OGM pronunciata dalla Ministra Bellanova pochi giorni fa, è seguito un coro di distinguo, precisazioni, allarmi se non quasi un ergersi di barricate. Da tanti gruppi politici, anche l'altro ieri 24 settembre 2019 in Senato, si sono sentite frasi per mettere in guardia dall’arrivo di derivati di piante OGM, nemmeno si trattasse della discesa degli Unni.
Non siamo esegeti della Ministra e pertanto non siamo in grado di dire a quale tipo di modifica genetica si sia riferita, ma nel puro intento di contribuire ad un dibattito informato vorremmo sommessamente ricordare che:
- vari tipi di OGM vengono importati in Italia e consumati, sopratutto come mangimi, da un quarto di secolo senza che sia mai stata segnalata alcuna problematica sanitaria o veterinaria direttamente riconducibile al loro uso. I mangimi OGM costituiscono la base dell’alimentazione zootecnica dei prodotti DOP ed IGP più prestigiosi, più esportati, più imitati e più identitari del made in Italy agroalimentare nazionale. Si potrebbe pertanto concludere che senza OGM buona parte del made in Italy alimentare sarebbe a rischio, visto che l’87% dei mangimi venduti in Italia contiene OGM e che l’Italia importa e consuma da circa un decennio diecimila tonnellate di soia OGM al giorno;
- Negli ultimi 15 anni abbiamo dimezzato la coltivazione del mais in Italia e ora importiamo mais per importi che oscillano tra gli 800 milioni ed il miliardo di euro l’anno. La ragione del declino del mais nostrano sta nella scarsa redditività del nostro mais, sementi vetuste e insufficienti sistemi di lotta ai parassiti che ne rendono la qualità sempre più scadente e la quantità mediamente inferiore di 3 t/ha rispetto a quelle che il nostro ambiente consentirebbe di produrre. Tali problemi sarebbero tutti risolti utilizzando mais OGM del tutto analoghi a quelli il cui prodotto viene da noi importato in quantità sempre più massicce;
- oltre a mais e soia importiamo da decenni anche olio di colza OGM e sopratutto cotone OGM, con cui realizziamo una vastissima gamma di prodotti, dal vestiario ai presidi medici senza che sia mai evidenziata alcuna problematica sanitaria. Le stesse banconote (Euro, Dollari e le stesse vecchie Lire) sono fatte su trama di cotone OGM e quando importiamo cotone dalla Cina, dall’India, dagli Stati Uniti o dal Sudafrica, mediamente è OGM per il 95%;
- l’Italia importa una sessantina di diversi OGM, autorizzati anche per il consumo umano, ma non ne coltiva nessuno. Come se il pericolo nascesse solo se gli OGM li coltivano i nostri imprenditori agricoli. Questa politica è comune ai Governi degli ultimi vent’anni, ossia a tutti i gruppi politici ed ha già pesantemente danneggiato non solo i nostri agricoltori ma anche la ricerca scientifica che potrebbe aiutare l’impresa agricola a ritrovare quei margini di guadagno persi per aver chiuso gli occhi all’innovazione.
Roberto Defez
E' primo ricercatore all’ Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Cnr di Napoli, dove dirige il gruppo di ricerca di Biotecnologie microbiche.
E' primo ricercatore all’ Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Cnr di Napoli, dove dirige il gruppo di ricerca di Biotecnologie microbiche.
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
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