mercoledì 25 settembre 2019

GLI AGRICOLTORI SCOMPARIRANNO...SARANNO SOSTITUITI DAGLI "AGROECOLOGICI"


di ALBERTO GUIDORZI




L’acronimo della FAO non dovrebbe più significare “Food and Agriculture Organization”, ma divenire “Food an agroecology Organization”, infatti essa afferma che: «L’agroecologia può sostenere la produzione alimentare , la sicurezza alimentare e la nutrizione ripristinando nel contempo i servizi eco-sistemici e la biodiversità indispensabili ad un’agricoltura durevole». Detta così resta una bella esposizione, ma manca di contenuti perché non si comprende bene cosa s’intende per “agroecologia” e quali contenuti scientifici abbiano i verbi usati “può” e “sostenere”. Dunque se non si fa un’azione chiarificatrice si rimane a livello di enunciati ideologici, o addirittura una forma d’incantesimo o, meglio, una nuova religione. Perfino l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel suo ultimo rapporto ha addirittura affermato che occorre inventare “un’altra agricoltura”, ma senza ancora precisare di cosa s’intende in realtà.
A sentire tutte queste enunciazioni ed alcune interpretazioni dell’agroecologia, sono andato con la memoria a mio nonno la cui massima aspirazione era coltivare il suo terreno per nutrire la sua famiglia. Per farlo coltivava una serie di coltivazioni alimentari come il frumento per avere il pane, il granoturco per avere la polenta al fine di integrare l’insufficienza di pane e, solo in minima parte per usarlo come mangime per gli animali di bassa corte (polli, tacchini, oche, conigli, maiale ecc.). Seminava inoltre tanta erba medica, spesso intraseminata al frumento per guadagnare superficie e poter nutrire le vacche in stalla e dotare la famiglia di latticini. Tra file di granoturco immancabilmente seminava i fagioli e sul limitare dello stesso campo le zucche per fare in modo che si sviluppassero tra le piante di mais. Le consociazioni a quei tempi erano all’ordine del giorno. Dopo l’ultimo sfalcio del medicaio non mancava di spargere sementi di radicchio e di ravanello invernale da raccogliere per qualche frugale pasto. Inoltre non mancava mai un orto convenientemente ampio per raccogliere verdure varie durante tutto l’anno. Mio nonno faceva ante litteram della permacoltura nel senso che i campi erano intervallati da strisce longitudinali di terreno (sistemazione a piantata) dove coltivava la vite e sotto queste anche ortaggi. I tralci erano opportunamente distesi su pergole sostenute da tutori vivi (alberi che producevano anche legna da ardere). Questi in generale erano olmi o gelsi che servivano anche per la produzione (olmi) di fogliame verde (sfogliatura manuale) per integrare l’alimentazione del bestiame o del baco da seta (gelso). Questi alberi potati a dovere davano pali per sostenere viti, pomodori e fagioli rampicanti. Non mancavano mai le siepi sui confini della proprietà per poterle ceduare e produrre fascine per cuocere il pane, fare il bucato o accendere il fuoco per cucinare ogni mattina. Con tutto ciò, però, il cibo ricavato doveva essere consumato con molta parsimonia per arrivare a saldatura tra una stagione e l’altra ed al limite da risparmiarne per poterlo vendere e dotarsi di denaro per la gestione aziendale e accantonarlo per ingrandire l’azienda o innovare. È evidente che le sementi erano autoprodotte e tutti gli escrementi di animali e persone erano restituiti al terreno per cercare di integrare la fertilità asportata. Parlandogli di comprare del Nitrato del Cile (concime biologico) rispondeva come chi coltiva biologico oggi e rifiuta i concimi di sintesi: “io non avveleno il mio terreno”! La difesa dei raccolti era lasciata alla zappa per le malerbe e alle lustrazioni periodiche dei campi fatte dal sacerdote del paese per le epidemie parassitarie. Da questa sommaria descrizione si comprende che mio nonno lo possiamo definire un perfetto “agroecologo” da indicare alla FAO come modello, appunto perché “metteva in atto servizi agrosistemici e coltivava la biodiversità”. Tuttavia durante la sua vita lavorativa si è alzato alle quattro del mattino tutti i giorni dell’anno, è andato scalzo da marzo ad ottobre e lo stesso abito del matrimonio è servito per il suo funerale (non ne aveva altri). Le uniche soddisfazioni erano il vedere che riusciva a mantenere la proprietà del suo pezzo di terra e la qualche bevuta fino all’ubriacatura fatta in compagnia. Per fortuna che le generazioni successive dei Guidorzi hanno accolto le innovazioni (meccanizzazione, sostegno delle produzioni mediante quantità di nutrienti adeguati e non solo parziale reintegro, protezione totale dei raccolti dalla concorrenza di malerbe e parassiti vari con fitofarmaci di sintesi e soprattutto non più autoproduzione di sementi, ma acquisto di sementi migliorate) e così facendo hanno potuto nutrire convenientemente gli addetti all’agricoltura della famiglia e far studiare i figli, Ma la cosa più importante, a mio avviso, è stata quella di avere sostenuto l’esodo della popolazione rurale mettendo a loro disposizione cibo a sufficienza dopo l’inurbamento. 

Tutto ciò è stato ottenuto a discapito di ambiente, agrosistemi e di salubrità del cibo? Certamente no! Infatti l’ambiente è solo stato modificato e non distrutto, le regole della buona agricoltura (rotazioni e agricoltura integrata) sono ancora il pilastro dell’agricoltura professionale valide e. soprattutto, hanno mantenuto durevole la coltivazione dei campi e prodotto cibo più salubre e non meno sano, come vogliono far credere le leggende urbane correnti. Dopo aver esaurito l’analisi nel tempo passato adesso riportiamola nello spazio e andiamo a vedere oggi cosa succede in Africa; un continente votato all’esplosione demografica. Qui si legge che in Uganda, ad esempio, alla donna è assegnato il compito di coltivare il suo pezzo di terra per nutrire suo marito ed i suoi figli e nipoti mettendo in atto una molteplicità di specie, si autoproduce le sementi o le scambia con il vicino e compra all’esterno ben pochi fattori di produzione. Purtroppo i parassiti minano sempre più il suo raccolto di banane (fig 1), che è la base dei pasti della famiglia ed anche l’unica fonte per reperire del denaro sui mercati locali. 


Fig. 1 – Effetti di batteri e virus che colpiscono le banane plantains


Probabilmente anche qui si ricorre allo stregone o all’uso di decozioni di particolari piante con aggiunta di cenere (come prescrive l’agricoltura biologica oggi). Le agricolture di questi paesi sottosviluppati sono poi soggette a frequenti e sistematiche decurtazioni di produzione; un esempio ci è dato dalla pianta parassita della famiglia delle fabacee come la “striga” ( Striga hermonthica) che s’impianta sul mais e altri cereali nell’Africa dell’Est e che decurta la produzione da un 20 ad un 80%. (Fig. 2) Qui le soluzioni biotecnologiche farebbero comodo per arrivare in tempi rapidi alla soluzione del problema.


Fig. 2: Foto 1° - a sx campo di mais libero da striga, a dx il campo di mais non esiste più a causa dell’infestazione; foto 1b – comparazione tra semi di sorgo (i due semi grandi) e i semi di striga (quelli piccolissimi neri) che rimangono vitali nel terreno anche per decenni e germinano in funzione di stimoli chimici che ricevono dalle radici delle piante da parassitare; foto 1c – semi di striga germinati dopo 12 ore dalla stimolazione provocata; foto 1d – piantina di striga con austorio ben sviluppato; foto 1e – spaccato cellulare di una radice di sorgo parassitata dagli austori di stiga che si sono inseriti nello xilema della radice di sorgo per succhiarvi linfa grezza, facendo man mano deperire la pianta di sorgo o di mais.
Ebbene l’agroecologia pretenderebbe che queste mogli e figli minorenni degli agricoltori africani siano condannati a strappare le piante della striga e poi seminare della crotaria come pianta esca o del desmodio come pianta soffocante. Secondo alcuni questa sarebbe la forma di agricoltura che si deve mantenere in Africa perché e quella che per i guru occidentali che non hanno mai conosciuto la fame (vero Carlin Petrini?) più assomiglia al loro concetto di “agroecologia” qui. La maggior parte degli intrans moderni devono essere banditi, compresi i concimi chimici, i fitofarmaci di sintesi e le sementi innovative. Possiamo citare un altro esempio a questo proposito ed è il caso di un’altra pianta coltivata come la manioca e che da sostentamento a molte popolazioni povere del pianeta. Questa è soggetta a due virus che ne decimano la produzione: uno è il virus del mosaico e l’altro è sempre un virus che rende immangiabile la radice della manioca. Due foto danno l’idea della problematica fitosanitaria che si può risolvere in tempo solo con le biotecnologie, perché tra 10 anni il pianeta conterà un miliardo di persone in più in gran parte nei paesi dove ci si nutre di manioca.

Fig. 3 – A destra il mosaico ed a destra il virus delle striature brune


Dunque gli africani sono alla fame perché questa agricoltura agroecologica non dà loro di che nutrirsi a sufficienza e persone che non vivono le problematiche africane pretenderebbero che continuassero a vivere così. L’agroecologia (che io invece vorrei che si sostituisse con il termine di “buona agricoltura fatta di regole validate da esperienza e scienza” che nel tempo ci ha dato il cibo in modo ecocompatibile ) avrebbe ancora un senso oggi se non fosse solo appannaggio dell’ecologia politica, ma, purtroppo, il concetto è stato talmente deformato per cui ormai è diventata solo una reazione contro la modernizzazione dell’agricoltura, e guarda caso proprio laddove partono i flussi migratori a causa del fatto che quei modi ancestrali di coltivare la terra non riescono a nutrire tutta la popolazione. 



Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.


3 commenti:

  1. Alberto, sempre interessanti ed istruttivi i tuoi articoli
    grazie

    Antonio

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  2. Eccellente esempio di ecologia agraria (esame all'università di Perugia)che mescolato sapientemente all'esperienza e alla SCIENZA(quella vera..non quella degli stregoni) fornisce come risultato il volto di come si dovrebbe concepire l'Agricoltura con la A maiuscola. Noi però vogliamo "nutrire il pianeta col biologico.....

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