di ERMANNO COMEGNA
Tratto dalla Rivista "I TEMPI DELLA TERRA"
Lo scorso mese di giugno, la Commissione europea (CE) ha presentato la propria proposta di riforma della Politica Agricola Comune (PAC) per il periodo successivo al 2020.
Chi si occupa di agricoltura sa che ogni 4/5 anni parte un ciclo di riforma. L’ultima revisione è stata approvata nel 2013 e, tra le altre cose, ha prodotto il greening, l’agricoltore attivo, l’azzeramento dei vecchi titoli con l’assegnazione di nuovi, basati su un’annata di riferimento differente.
Il greening (in italiano inverdimento) sono alcuni requisiti di tipo ambientale che le aziende agricole sono tenute ad applicare obbligatoriamente, per avere accesso ai contributi comunitari. In caso di inadempienza, è richiesto il versamento di sanzioni di tipo finanziario.
Ci sono tre categorie di requisiti: la diversificazione colturale e cioè la presenza di più colture diverse nella stessa azienda agricola e nelle medesima annata agraria; le aree di interesse ecologico e cioè la costituzione ed il mantenimento di porzioni di superfici aziendali dove si attuino pratiche con un effetto positivo sul clima e sulla biodiversità; il terzo requisito è il mantenimento dei prati e dei pascoli permanenti.
La figura dell'agricoltore attivo è stata introdotta per la prima volta nel 2015 per indirizzare gli aiuti comunitari verso gli operatori agricoli specializzati, evitando così di disperdere i fondi pubblici a favore di soggetti che hanno poco a che fare con l'agricoltura. Sono considerati attivi, solo gli agricoltori che ricavano la maggior parte del loro reddito grazie al settore primario.
Quanto ai titoli della PAC, essi sono la conseguenza dell'introduzione dei pagamenti diretti disaccoppiati e cioè contributi pubblici quantificati sulla base delle produzioni realizzate in un anno di riferimento storico. Tali contributi sono concessi ai beneficiari a prescindere dai volumi di produzione realizzati. L'unico requisito è la conduzione delle superfici agricole ed il loro mantenimento in buone condizioni agronomiche.
I titoli disaccoppiati sono stati introdotti per la prima volta nel 2005 a favore dei coltivatori storici di seminativi ed agli allevatori (produttori di carne bovina, di latte, di ovini e caprini), in funzione delle produzioni realizzate nel triennio di riferimento 2000-2002. Successivamente, sono stati assegnati i titoli anche ai produttori di olio di oliva, tabacco, bietole, ortofrutta.
Non tutte le riforme hanno lo stesso livello di impatto. Ce ne sono alcune rivoluzionarie e con un carattere radicalmente innovativo ed altre sono essenzialmente delle messe a punto, degli interventi di parziale rimaneggiamento.
Quella di oggi è una riforma radicale che cambia i connotati della PAC. Pare tuttavia che questo carattere non sia stato – ad oggi – pienamente colto.
La riforma lascerà il segno, così come quella del 1991 che, come si ricorderà, ha introdotto per la prima volta il regime dei pagamenti diretti (allora accoppiato alla produzione), unitamente all'eresia per l'epoca del set aside (il mantenimento in condizioni non produttive delle superfici agricole). Quella del 2003 è ricordata, come già evidenziato, per lo più per aver introdotto il sistema degli aiuti disaccoppiati.
In base al programma iniziale della CE la riforma dovrebbe partire nel 2021. Questa tempistica però sembra troppo ambiziosa e difficilmente si realizzerà per una serie di motivi legati a scadenze istituzionali (elezioni europee e nomina del nuovo Collegio dei Commissari).
Si parla di una proroga dell’attuale PAC per il 2021 e forse per il 2022, per poi partire nel 2022 o nel 2023 con le nuove regole. Lo slittamento dei tempi non deve creare un rilassamento e rimandare le decisioni che l'importante cambiamento in atto esigono. La Spagna ha già avviato i lavori per attuare la nuova Pac a livello nazionale, con l’istituzione di un tavolo dedicato, al quale partecipano il Ministro, le comunità autonome, le organizzazioni agricole e gli altri portatori di interesse.
Per descrivere in modo sintetico i principali contenuti della riforma, si ritiene di limitare l’attenzione ai seguenti 4 elementi chiave:
Chi si occupa di agricoltura sa che ogni 4/5 anni parte un ciclo di riforma. L’ultima revisione è stata approvata nel 2013 e, tra le altre cose, ha prodotto il greening, l’agricoltore attivo, l’azzeramento dei vecchi titoli con l’assegnazione di nuovi, basati su un’annata di riferimento differente.
Il greening (in italiano inverdimento) sono alcuni requisiti di tipo ambientale che le aziende agricole sono tenute ad applicare obbligatoriamente, per avere accesso ai contributi comunitari. In caso di inadempienza, è richiesto il versamento di sanzioni di tipo finanziario.
Ci sono tre categorie di requisiti: la diversificazione colturale e cioè la presenza di più colture diverse nella stessa azienda agricola e nelle medesima annata agraria; le aree di interesse ecologico e cioè la costituzione ed il mantenimento di porzioni di superfici aziendali dove si attuino pratiche con un effetto positivo sul clima e sulla biodiversità; il terzo requisito è il mantenimento dei prati e dei pascoli permanenti.
La figura dell'agricoltore attivo è stata introdotta per la prima volta nel 2015 per indirizzare gli aiuti comunitari verso gli operatori agricoli specializzati, evitando così di disperdere i fondi pubblici a favore di soggetti che hanno poco a che fare con l'agricoltura. Sono considerati attivi, solo gli agricoltori che ricavano la maggior parte del loro reddito grazie al settore primario.
Quanto ai titoli della PAC, essi sono la conseguenza dell'introduzione dei pagamenti diretti disaccoppiati e cioè contributi pubblici quantificati sulla base delle produzioni realizzate in un anno di riferimento storico. Tali contributi sono concessi ai beneficiari a prescindere dai volumi di produzione realizzati. L'unico requisito è la conduzione delle superfici agricole ed il loro mantenimento in buone condizioni agronomiche.
I titoli disaccoppiati sono stati introdotti per la prima volta nel 2005 a favore dei coltivatori storici di seminativi ed agli allevatori (produttori di carne bovina, di latte, di ovini e caprini), in funzione delle produzioni realizzate nel triennio di riferimento 2000-2002. Successivamente, sono stati assegnati i titoli anche ai produttori di olio di oliva, tabacco, bietole, ortofrutta.
Non tutte le riforme hanno lo stesso livello di impatto. Ce ne sono alcune rivoluzionarie e con un carattere radicalmente innovativo ed altre sono essenzialmente delle messe a punto, degli interventi di parziale rimaneggiamento.
Quella di oggi è una riforma radicale che cambia i connotati della PAC. Pare tuttavia che questo carattere non sia stato – ad oggi – pienamente colto.
La riforma lascerà il segno, così come quella del 1991 che, come si ricorderà, ha introdotto per la prima volta il regime dei pagamenti diretti (allora accoppiato alla produzione), unitamente all'eresia per l'epoca del set aside (il mantenimento in condizioni non produttive delle superfici agricole). Quella del 2003 è ricordata, come già evidenziato, per lo più per aver introdotto il sistema degli aiuti disaccoppiati.
In base al programma iniziale della CE la riforma dovrebbe partire nel 2021. Questa tempistica però sembra troppo ambiziosa e difficilmente si realizzerà per una serie di motivi legati a scadenze istituzionali (elezioni europee e nomina del nuovo Collegio dei Commissari).
Si parla di una proroga dell’attuale PAC per il 2021 e forse per il 2022, per poi partire nel 2022 o nel 2023 con le nuove regole. Lo slittamento dei tempi non deve creare un rilassamento e rimandare le decisioni che l'importante cambiamento in atto esigono. La Spagna ha già avviato i lavori per attuare la nuova Pac a livello nazionale, con l’istituzione di un tavolo dedicato, al quale partecipano il Ministro, le comunità autonome, le organizzazioni agricole e gli altri portatori di interesse.
Per descrivere in modo sintetico i principali contenuti della riforma, si ritiene di limitare l’attenzione ai seguenti 4 elementi chiave:
- Meno fondi disponibili per l’agricoltura europea
- Un regime di pagamenti diretti a favore degli agricoltori più equilibrato, selettivo e mirato rispetto a quello di oggi
- Un’attenzione ambientale potenziata
- Infine – ed è questo l’elemento di svolta rispetto al passato – c’è maggiore potere decisionale e gestionale a favore degli Stati membri, al punto che non manca chi parla di rinazionalizzazione della Pac, con il trasferimento delle responsabilità decisionali in materia di politica agraria alle autorità nazionali, facendo così perdere, dopo quasi 60 anni, il carattere comune alla politica in campo agricolo.
Di seguito i 4 elementi sono illustrati in maniera più dettagliata.
Minore stanziamento per la PAC
Le proposte nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (il bilancio dell'Unione europeo indicato con la sigla QFP) non lasciano scampo al settore agricolo. C’è una diminuzione delle risorse, con una concentrazione dei tagli sulla politica di sviluppo rurale (PSR).
Questo è un grande handicap di partenza del quale si deve tenere conto. La penalizzazione per il settore primario è indiscutibile ed assume dimensioni rilevanti. Ecco qualche dato:
Minore stanziamento per la PAC
Le proposte nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (il bilancio dell'Unione europeo indicato con la sigla QFP) non lasciano scampo al settore agricolo. C’è una diminuzione delle risorse, con una concentrazione dei tagli sulla politica di sviluppo rurale (PSR).
Questo è un grande handicap di partenza del quale si deve tenere conto. La penalizzazione per il settore primario è indiscutibile ed assume dimensioni rilevanti. Ecco qualche dato:
- I fondi agricoli diminuiscono in assoluto e in percentuale sul totale, in un contesto di aumento del bilancio complessivo dell’Unione europea;
- Da oltre il 40%, l’agricoltura assorbirà il 28% del QFP;
- Infine, citando i dati della Corte dei Conti Ue, emerge che lo stanziamento complessivo agricolo per il settennio 2021-2027 è inferiore del 15,3% in valori reali (prezzo 2018), rispetto al periodo di programmazione 2014-2020. La diminuzione è dell’11,2% per quanto riguarda il primo pilastro della Pac (pagamenti diretti e misure di mercato) e del 27,6% per il secondo pilastro (politica di sviluppo rurale).
La partita nel bilancio è aperta. Molti Stati membri – anche autorevoli - chiedono di rivedere tali proposte, in modo particolare l’esortazione proviene dai Paesi membri beneficiari netti. Incidentalmente è opportuno evidenziare come l’aumento delle risorse a favore dell’agricoltura nell’ambito del bilancio europeo non rappresenti l’unica opzione disponibile. Si potrebbe rimediare anche in modo diverso, utilizzando la flessibilità a favore degli Stati membri. Ad esempio, si potrebbe aumentare il tasso di cofinanziamento nazionale degli interventi del PSR; oppure utilizzare fondi nazionali aggiuntivi per finanziare alcune tipologie di intervento.
Il nuovo regime dei pagamenti diretti
Il nuovo regime dei pagamenti diretti porterà ad una sostanziale redistribuzione delle risorse finanziarie rispetto alla situazione attuale. Di sicuro ci sarà un movimento dei contributi della PAC dalle aziende agricole con pagamenti ad ettaro elevati, verso quelle che, fino ad oggi, hanno incassato importi unitari inferiori. Inoltre ci sarà un tendenziale spostamento delle risorse dalle grandi aziende verso le piccole.
È atteso altresì un movimento di fondi fra i territori di pianura con agricoltura intensiva, verso le aree marginali. Ad oggi non è chiaro quale sarà l’entità di tale fenomeno, tutto dipende dai criteri nazionali di applicazione del nuovo regime dei pagamenti diretti. In base alle proposte della CE ed alle possibili scelte degli Stati membri, si potranno avere da 3 a 5 diverse componenti di pagamenti diretti:
Il nuovo regime dei pagamenti diretti
Il nuovo regime dei pagamenti diretti porterà ad una sostanziale redistribuzione delle risorse finanziarie rispetto alla situazione attuale. Di sicuro ci sarà un movimento dei contributi della PAC dalle aziende agricole con pagamenti ad ettaro elevati, verso quelle che, fino ad oggi, hanno incassato importi unitari inferiori. Inoltre ci sarà un tendenziale spostamento delle risorse dalle grandi aziende verso le piccole.
È atteso altresì un movimento di fondi fra i territori di pianura con agricoltura intensiva, verso le aree marginali. Ad oggi non è chiaro quale sarà l’entità di tale fenomeno, tutto dipende dai criteri nazionali di applicazione del nuovo regime dei pagamenti diretti. In base alle proposte della CE ed alle possibili scelte degli Stati membri, si potranno avere da 3 a 5 diverse componenti di pagamenti diretti:
- Un sostegno specifico per i giovani agricoltori che è facoltativo e con un’aliquota minima del 2%, da calcolarsi sul massimale finanziario nazionale che l'Unione europea attribuisce all'Italia. La proposta della CE per il settennio 2021-2027 concede al nostro Paese un montante di circa 3,56 miliardi di euro per anno sotto forma di pagamenti diretti;
- ii. Un sostegno accoppiato anch’esso facoltativo per i settori in difficoltà che può assorbire al massimo il 10% della dotazione nazionale per i pagamenti diretti, con la possibilità di accantonare a tale fine un ulteriore 2%, ove tale supplemento fosse destinato alle colture proteiche;
- Un regime per il clima e l’ambiente (regime ecologico) obbligatorio per gli Stati membri e facoltativo per gli agricoltori. La decisione sulla entità delle risorse e sulle specifiche misure a premio dovrà essere stabilita a livello nazionale;
- Un sostegno redistributivo obbligatorio per gli Stati membri che funziona con un prelievo sulla dotazione nazionale per i pagamenti diretti e con la successiva assegnazione delle risorse come sostegno ridistributivo al reddito, a favore di un predeterminato numero massimo di ettari per ogni agricoltore beneficiario. Non è il caso di entrare nel merito degli aspetti tecnici relativi al funzionamento di tale dispositivo. Ciò che conta è di evidenziare l'effetto finale che è quello di ridistribuire le risorse dalle grandi aziende verso le piccole. L’impatto redistributivo dipenderà dalle scelte operate a livello nazionale in termini di aliquota percentuale applicata sul plafond, di numero di ettari sui quali il supplemento è riconosciuto e di importo unitario del supplemento per ettaro.
- Infine quello che rimane è per il classico pagamento disaccoppiato ad ettaro che deve essere attuato – a scelta dello Stato membro – tramite una delle tre alternative modalità che sono il pagamento uniforme per ettaro a livello nazionale; il pagamento uniforme per ettaro a livello di aree omogenee (regionalizzazione a livello di aree omogenee); il ricorso ai diritti storici oggi in circolazione, opportunamente ricalcolati.
La proposta della CE non prevede alcuna percentuale minima della dotazione finanziaria complessiva per i pagamenti diretti da destinare al pagamento di base. Con la programmazione 2014-2020 a tale componente è riservata in Italia poco meno del 60% del massimale nazionale.
I pagamenti diretti sono oggetto di riduzione per importi superiori a 60.000 euro per anno ed al plafonamento a 100.000 euro. Prima di determinare riduzione e capping è necessario detrarre il costo del lavoro dei dipendenti, dell’imprenditore, dei membri della famiglia attivi in azienda. Qualora si dovesse continuare con i diritti all’aiuto attribuiti a livello individuale e su base storica, è necessario quanto segue:
- Stabilire un valore massimo che il titolo può avere entro il 2026;
- Sempre entro il 2026, tutti i titoli in circolazione devono avere almeno un valore pari al 75% della media nazionale. Tale processo è realizzato attraverso il meccanismo della convergenza interna;
- Quest’ultima è finanziata tramite la riduzione lineare sui titoli di importo più elevato. Questi ultimi devono subire una diminuzione non inferiore al 30%
La convergenza e la ridistribuzione sono fattori presenti anche con la Pac vigente e determinano quel fenomeno che gli agricoltori avvertono in maniera distinta e riguarda l’erosione del valore dei titoli Pac nel tempo.
Nuova architettura verde
La CE ha proposto una nuova architettura verde basata su tre distinti livelli:
Nuova architettura verde
La CE ha proposto una nuova architettura verde basata su tre distinti livelli:
- La condizionalità rafforzata comprende quanto oggi previsto in termini di requisiti ambientali, climatici, di benessere degli animali e di sicurezza alimentare e salute pubblica, cui si aggiungono le attuali misure del greening, più altri nuovi requisiti di sostenibilità ambientale (si veda successivamente);
- Lo schema ecologico nell’ambito del regime dei pagamenti diretti, con l’erogazione di un contributo annuale per ettaro, in funzione del tipo di impegno volontariamente prescelto dall’agricoltore, nell’ambito di un menù selezionato dalle autorità nazionali;
- Le misure agroambientali classiche del PSR, con impegni pluriennali.
Il pacchetto di riforme della PAC si caratterizza indubbiamente per una maggiore sensibilità ambientale rispetto a quanto fatto finora. Ad esempio nell’ambito della nuova condizionalità si propone un sistema di gestione dei nutrienti, per effetto del quale gli agricoltori sono tenuti a predisporre un piano annuale di fertilizzazione. Su tale aspetto, c’è la contrarietà del Consiglio dei Ministri dell’Unione europea.
Sempre in materia di condizionalità, la CE introduce la rotazione delle colture che sostituisce l’attuale diversificazione del greening. Allo stesso modo, le aree di interesse ecologico, oggi obbligatorie nell’ambito dell’inverdimento, entrano nel dispositivo della condizionalità.
Un’altra misura di sostenibilità ambientale contenuta nelle proposte di riforma è la conservazione del carbonio nei suoli, tramite il divieto di bruciatura delle stoppie e la tutela delle zone umide e delle torbiere. Infine, non è da trascurare la scelta della CE di prevedere l’obbligo di rispettare la condizionalità rafforzata per tutte le aziende agricole, senza le soglie dimensionali e le esenzioni che sono previste attualmente.
Nuovo modello di gestione della Pac
La più radicale ed ostica novità dell’attuale ciclo di riforma è il trasferimento dei poteri decisionali dalle autorità di Bruxelles verso quelle nazionali.Tecnicamente si parla di nuovo modello di gestione, di orientamento ai risultati piuttosto che alla conformità, di maggiore sussidiarietà. Sotto tale profilo c'è un'autentica discontinuità rispetto al passato. Si modificano l’approccio, il ruolo e i modelli organizzativi e di lavoro delle istituzioni comunitarie, nazionali e regionali. I consolidati meccanismi utilizzati fino ad oggi per gestire e governare la PAC devono lasciare il posto a modalità nuove.
Per comprendere meglio la portata del cambiamento, pare utile evidenziare alcuni aspetti. In primo luogo, riferendoci alla specifica realtà italiana, c’è da considerare la peculiare situazione della struttura regionalizzata del nostro Paese. Le Regioni non hanno accolto di buon grado le proposte della CE e avvertono un certo ridimensionamento del proprio ruolo, perché è previsto un solo piano strategico della Pac per ogni Stato membro (scomparirebbero gli attuali PSR regionali) e una sola autorità di gestione a livello nazionale, in tal modo verrebbe meno anche l’interlocuzione diretta delle Regioni con i servizi comunitari.
Secondo i pareri più ricorrenti, il nuovo modello di gestione diminuirebbe la capacità di manovra delle Regioni. In realtà, non è detto che tale asserzione risulti fondata. Una corretta interpretazione delle proposte della CE e un atteggiamento creativo da parte delle Regioni potrebbe aumentare e qualificare le scelte politiche, piuttosto che comprometterle. A ben guardare, fino ad oggi le autorità regionali hanno esercitato il proprio potere decisionale su aspetti tutto sommato non determinanti della politica di sviluppo rurale. Non è scegliendo l’importo massimo del contributo di primo insediamento da erogare a favore di un giovane agricoltore che si incide sulle sorti del settore.
Le proposte di riforma della CE consentono, almeno in linea teorica, di mettere in campo un processo strutturato di selezione degli interventi di politica agraria da attuare, consentendo in tal modo di scegliere sulla base dei fabbisogni del territorio, tenendo conto degli interventi che potrebbero risultare più promettenti in termini di risultato. In secondo luogo le proposte della CE lasciano alle autorità nazionali la possibilità di scelta fino ad oggi interdette, in termini di allocazione delle risorse finanziarie (la facoltà di spostare i fondi tra i due pilastri aumentano, così come quella di utilizzare la leva delle risorse nazionali e regionali); sotto forma di scelta dei settori e dei territori a favore dei quali indirizzare in maniera privilegiata gli interventi di politica agraria; infine, come margini di manovra per la selezione degli strumenti da utilizzare. La responsabilizzazione delle autorità nazionali e regionali comporta però anche un rovescio della medaglia. È opportuno acquisire un livello di maturità e di consapevolezza che finora non sono state necessarie, perché il numero e l’importanza delle decisioni da prendere a livello di Stato membro erano circoscritte. In tale contesto non è assolutamente conveniente confidare nella proroga e nello slittamento dei tempi di approvazione del pacchetto di riforme. La rilevanza dei cambiamenti in corso esige si inizi a lavorare da subito per definire l’architettura, l’organizzazione e la configurazione della politica agricola che ci sarà in Italia nei prossimi anni.
Valutazioni e giudizi
La descrizione sintetica dei contenuti del pacchetto di riforma della PAC proposto dalla CE per il settennio 2021-2027 dimostra come l'intervento comunitario nel settore primario sia oggetto di un progressivo cambiamento. E' evidente lo spostamento dell'enfasi verso gli obiettivi di natura ambientale, collegati alla sostenibilità dell'attività agricola, alla salvaguardia della biodiversità ed alla lotta al cambiamento climatico.
La Commissione di Bruxelles propone una importante trasformazione del regime dei pagamenti diretti, con una parziale diminuzione del risorse assegnate e, soprattutto, con una sostanziale modifica delle modalità di funzionamento. Si può senz'altro prevedere una notevole redistribuzione dei benefici tra settori, territori e tipologie di imprese. Le proposte dell'esecutivo comunitario denotano poca attenzione per gli obiettivi di tipo produttivistico e di stabilizzazione del mercato e dei redditi. Soprattutto, il cambiamento più sorprendente nell'attuale ciclo di riforma è il trasferimento di competenze di tipo decisionale dal centro (Unione europea), verso la periferia (Stati membri).
Consulente e libero professionista, economista, esperto di politica agricola comunitaria, giornalista pubblicista. E' stato assistente universitario e professore a contratto. Ha lavorato per l'Associazione Italiana Allevatori (AIA), la Confederazione Generale dell'Agricoltura Italiana (Confagricoltura), la Provincia di Mantova e la Libera AssociazioneAgricoltori Cremonesi.
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