di ERMANNO COMEGNA e LUIGI MARIANI
L’INNOVAZIONE COME NECESSITÀ ASSOLUTA PER IL SETTORE AGRICOLO-ALIMENTARE
Una popolazione in rapida crescita e soggetta a crescenti livelli d’inurbamento rende l’innovazione in agricoltura e nelle filiere agro-alimentari un dovere imprescindibile per il benessere dell'Umanità e per le future generazioni. L'innovazione dovrà pervadere non solo l’azienda agricola (genetica di piante coltivate e animali domestici, tecniche colturali e di allevamento) ma l’intera filiera agro-alimentare e dovrà sia garantire gli aspetti produttivi (quantità e qualità dei prodotti) sia la sostenibilità economica, sociale e ambientale.
A livello di azienda agraria l’innovazione dovrebbe essere orientata all’agricoltura integrata, la quale integra armonicamente le tecnologie più efficaci, efficienti e sostenibili.
Inoltre l’innovazione non dovrebbe in alcun modo eludere i seguenti aspetti:
- contrasto alle ingenti perdite produttive che oggi affliggono in particolare i paesi in via di sviluppo e che si determinano tanto in campo per effetto di parassiti e patogeni quanto lungo la filiera a valle per le inadeguate strategie di conservazione e trasformazione di prodotti.
- educazione alimentare dei consumatori mirante a promuovere sia un’alimentazione equilibrata sia la gestione razionale del cibo dopo l’acquisto
- razionalizzazione sempre più spinta nella gestione dei prodotti alimentari che le normative indicano come non più adatti al consumo umano e dei sottoprodotti delle filiere agricolo-alimentari (alimentazione animale, compostaggio, bioenergie, ecc.).
Per orientare in modo razionale l’innovazione nel settore agricolo-alimentare è necessario applicare in modo sistematico il metodo scientifico, lo stesso metodo che dal 1900 ad oggi ha consentito di quadruplicare le produzioni agricole a fronte del quadruplicamento della popolazione mondiale, raggiungendo al contempo livelli di sicurezza alimentare mai visti in passato (oggi solo il 10% della popolazione mondiale versa al di sotto della soglia di sicurezza alimentare contro il 45% del 1950).
IL CONTESTO GLOBALE E LOCALE
La rilevanza del nostro Paese nel contesto economico globale rende ineludibile valutare l’innovazione del settore agricolo-alimentare anche per le sue ricadute globali; ciò anche perché la mancata considerazione di tale aspetto porterà ad accentuare gli squilibri fra le diverse aree del mondo, accentuando di conseguenza anche i fenomeni migratori. Nello specifico occorre tener presente che il nostro paese presenta oggi un livello di autosufficienza alimentare intorno al 70% e che in assenza di strategie d’innovazione basate sull’agricoltura integrata il tasso di autosufficienza si ridurrà sempre più, costringendo i nostri operatori della filiera agro-alimentare ad approvvigionarsi in misura sempre maggiore all’estero, il che farà inevitabilmente crescere i prezzi delle derrate sui mercati mondiali, con ripercussioni negative sui livelli di sicurezza alimentare dei paesi in via di sviluppo. Ciò dovrebbe indurre a riflettere sulle conseguenze di provvedimenti legislativi che mirino all’estensione indiscriminata e finanziata dalla collettività delle superfici destinate alle colture biologiche in quanto tali colture ridurranno ulteriormente i nostri livelli di autosufficienza per effetto di rese che vanno dal 20 al 70% in meno a seconda delle specie considerate (es: -69% per il frumento tenero bio in Francia, -35% per il mais bio negli Usa, -56% per il riso bio in Italia). Le basse rese sono del resto confermate dal fatto che i prezzi al consumo dei prodotti biologici sono mediamente doppi o tripli rispetto a quelli da agricoltura integrata e ciò nonostante il sussistere di sussidi pubblici che già oggi coprono il 45% del reddito aziendale netto delle aziende bio contro il 31% delle aziende che praticano agricoltura integrata (fonte: Bioreport 2017-2018 – pag. 24).
GLI INTERESSI DELLE DIVERSE PARI IN CAUSA
In tale contesto occorre prestare attenzione al fatto che l’interesse del commercio è quello di segmentare il mercato favorendo le linee di prodotti su cui vi è un maggior ritorno in termini economici. L’espansione del biologico e del biodinamico sui banchi dei nostri supermercati risponde in sostanza anche a un tale obiettivo.
L’interesse del produttore agricolo biologico è quello di essere tutelato da coloro che esercitano una concorrenza sleale ricorrendo a tecnologie non ammesse nel biologico (es. concimazioni, trattamenti antiparassitari, diserbo chimico).
L’interesse del produttore agricolo non biologico è quello di poter operare con tranquillità senza essere discriminato sul piano degli incentivi e non subendo la continua denigrazione operata da Federbio e da altri operatori del biologico che lo dipingono come un inquinatore e un avvelenatore di massa. Ciò anche perché svariate evidenze scientifiche indicano con chiarezza che l’agricoltura integrata presenta livelli di sostenibilità molto superiori rispetto a quelli offerti dal biologico.
L’interesse del consumatore è infine quello di disporre di prodotti alimentari nutrienti, salubri e a prezzi contenuti. In sostanza è necessario che per il consumatore sussista una reale possibilità di scelta fra prodotti con prezzi diversi ma tutti ugualmente rispettosi dei requisiti di legge.
A nostro avviso una legislazione saggia e lungimirante è chiamata a contemperare gli interessi dei diversi stakeholders evitando che una categoria sia prevaricata dalle altre. Un banco di prova importante è in tal senso dato dal DDL 988 oggi in discussione al Senato della Repubblica.
IL DDL 988 E GLI INTERESSI DEGLI AGRICOLTORI
In questi giorni sono in corso i lavori in Senato per l’approvazione del disegno di legge in materia di agricoltura biologica. Un testo che desta diffuse perplessità, in numerosi tecnici, imprenditori, ricercatori e una buona parte della comunità scientifica italiana.
Le organizzazioni agricole di rappresentanza e le centrali della cooperazione, invece, sono propensi nel procedere ad una rapida approvazione, come è chiaramente emerso durante l’audizione tenuta martedì 11 giugno scorso. Anche se, ipocritamente, da qualche parte si levano dubbi e tentennamenti rispetto ad alcune scelte politiche contenute nel provvedimento.
Non si capisce da dove derivi la fretta e l’urgenza di portare a conclusione l’iter legislativo di un testo che suscita critiche e presenta diversi aspetti di debolezza.
Peraltro, il settore del biologico in Italia va a gonfie vele ed è uno dei pochi segmenti dell’agro-alimentare a non essere afflitto da acute crisi strutturali o congiunturali, come invece capita ad interi comparti, nei confronti dei quali l’azione politica è timida, se non del tutto assente, come ben sanno gli agricoltori.
La nuova legge in discussione include una tassa occulta a carico delle imprese agricole e in particolare di coloro che acquistano prodotti fitosanitari, fertilizzanti di sintesi e presidi sanitari. Chi compra tali mezzi tecnici, indispensabili per la moderna agricoltura orientata al mercato, sarà gravato da un prelievo del 2% che confluirà in un fondo per lo sviluppo dell’agricoltura biologica. Sembra proprio una maniera razionalmente incoerente di accrescere le difficoltà dell’agricoltura cosiddetta convenzionale, per privilegiare un comparto che conta sulla combinazione favorevole di tre fattori: un mercato in espansione, prezzi di vendita sensibilmente superiori e, infine, su aiuti pubblici più generosi.
C’è una seconda ragione che senz’altro genererà frustrazione e delusione tra gli agricoltori italiani non biologici (sono la stragrande maggioranza) che ogni giorno devono fronteggiare tante difficoltà, nella impotenza o peggio nella indifferenza delle Istituzioni. Il provvedimento in discussione li pone in secondo piano, relegandoli in una categoria negletta, rispetto alla produzione biologica, annoverata come “attività di interesse nazionale”, insieme alla stravagante disciplina dell’agricoltura biodinamica, agricoltura fondata su basi pseudoscientifiche (influssi astrali, omeopatia) e che il disegno di legge i questione equipara al biologico.
Si sta andando verso una pericolosa discriminazione, dove prevale l’ansia di demarcazione netta tra forme diverse di interpretare l’agricoltura, le quali non avrebbero bisogno di essere contrapposte, ma semmai di trovare forme di integrazione e cooperazione.
Ci saranno ricadute negative sull’agricoltura non biologica, in termini economici, d’immagine e perfino di nuovi vincoli all’attività di impresa (a tale proposito basta leggere le disposizioni in materia di distretti biologici). Tali esiti saranno percepiti solo nel lungo periodo, quando rimediare sarà praticamente impossibile.
La legge in approvazione istituisce un sistema di regole specifiche per la produzione biologica in tutti i campi, anche laddove non sarebbe strettamente necessario, come quelle per favorire la costituzione di forme associative e contrattuali e rafforzare l’organizzazione di filiera (ci sono già norme orizzontali a livello europeo e nazionale).
Assai contestata dal mondo scientifico, è la parte dedicata alla formazione universitaria, dove si propone di istituire corsi di laurea in biologico e biodinamico, come se tali approcci fossero di per sé autosufficienti e potessero fare a meno delle conoscenze scientifiche accumulate in secoli di sperimentazioni ed applicazioni.
Non manca la creazione dell’ennesimo marchio nazionale per contraddistinguere il biologico italiano. Anche in questo caso l’incoerenza è palese e nessuno la denuncia, in nome del politicamente corretto che pure imperversa nel settore agricolo. La produzione biologica è disciplinata da regole comuni a livello comunitario, le quali prevedono uno specifico marchio europeo, nel quale è già contemplato l’obbligo di specificare il luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui il prodotto è composto.
Inoltre è grave l’introduzione nel DDL988 della cosiddetta “selezione partecipata” e dello “scambio di sementi fra i produttori” perché in grado di far venir meno i requisiti di purezza e germinabilità su cui si fonda la produzione sementiera in tutti i paesi evoluti e che è alla base dell’incremento delle rese e della qualità dei prodotti registrato nell’ultimo secolo.
CONCLUSIONI
Da quanto sopra discusso emerge con evidenza che il DDL988 sul biologico andrebbe rivisto con molta accuratezza, perché conduce in una direzione errata fondandosi sul presupposto della superiorità dell’agricoltura biologica, erroneo perché non confermato in alcun modo dalle indagini e dalle evidenze scientifiche. In particolare si ritiene auspicabile che la legge garantisca una maggiore attenzione all’agricoltura, integrata più che mai di interesse nazionale essendo più produttiva sostenibile rispetto a quella biologica e rispetto alla quale il DDL988
stabilisce invece vari elementi di disincentivo.
Già docente presso Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Università degli Studi di Campobasso e Università degli Studi di Udine. Attualmente svolge attività di libero professionista e di consulente nel settore agricolo ed agro-alimentare. E' iscritto all'albo dei giornalisti elenco dei pubblicisti.
Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
Visto che tutti i sindacati agricoli si sono espressi per una pronta approvazione del DL 988, faccio una proposta a tutti gli agricoltori che praticano agricoltura integrata e che hanno comprato mezzi di produzione legali e congruenti alla loro attività imprenditoriale e sono stati assoggettati al prelievo forzosi del 2%, di comportarsi così: QUANDO PAGHERANNO LA FATTURA DEI SERVIZI RICEVUTI DALLA LORO ASSOCIAZIONE SINDACALE DEFALCHERANNO DAL RELATIVO SALDO L'AMMONTARE DEL 2% SBORSATO FORZOSAMENTE.
RispondiEliminaMi sembra il comportamento più normale da mettere in atto. se invece non aderiranno alla proposta fatta credo che non valga proprio più la pena di difendere gli agricoltori italiani e che questi meritino di peggio.
In effetti sarebbe coerente decurtargli quel 2%. Ma è stato approvato al Senato?
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