di ALBERTO GUIDORZI
E’ il titolo di un libro di Gil
Rivière-Wekstein pubblicato nel 2017 (avente come sottotitolo:
“approfittano delle nostre paure”.
Il libro porta la prefazione del
nutrizionista, tossicologo e medico Denis Corpet. Egli tra le altre
cose reputa di aver già mangiato 20.000 mele senza mai pelarle e
prodotte da frutticoltura convenzionale, dunque con i loro residui di
pesticidi; di ciò afferma di non essere mai stato preoccupato in
quanto il tenore di residui è tale che avrebbe dovuto mangiare 25
milioni di mele per ingerire così tante sostanze cancerogene da
eguagliare quelle dell’alcol (classificato sicuramente cancerogeno
dallo IARC) contenuto in un bicchiere di vino.
A proposito del “probabile
cancerogeno” affibbiato dallo IARC agli insaccati egli riporta che
l’effetto pro-cancro di un piatto di antipasto di prosciutto e
salame è completamente annullato se poi il pasto apporta anche del
calcio, della vitamina E assieme ai polifenoli. Si fa notare che per
ottenere questo apporto basta uno yogurt, qualche mandorla ed un
bicchiere di vino rosso!
Ho letto questo libro (1) e trovandolo
molto chiarificatore vorrei farvene una breve recensione. Il libro
consta di tre parti:
- I – la paura ha invaso i nostri pasti;
- II – la fabbrica delle paure;
- III – A chi giova la paura?
I – La paura ha invaso i nostri
pasti
L’analisi del perché ciò è
avvenuto parte dalla constatazione che nel 1960 si contavano 4000
decessi da tossi-infezione, mentre un’indagine del 2004 enumera un
numero di decessi compresi tra 230 e 700 (0,13% di tutti i decessi
annuali). La storia di questa paura è antica quanto l’uomo perché
su 350.000 varietà di piante che erano a disposizione dell’uomo la
grande maggioranza era velenosa per l’uomo obbligandolo a
cibarsi solo di un centinaio (ndr. È la dimostrazione che il
naturale è tutt’altro che sano e che il calo di biodiversità
coltivata ha una ragione molto obiettiva). Lo sviluppo vertiginoso
della comunicazione di massa ha fatto il resto: nel 2015 ben 85
reportage di durata tra i 26 ed i 52 minuti stigmatizzavano la
produzione alimentare moderna. La politica ne ha capito la possibile
rendita elettorale ed ha inventato l’ecologia politica. IL settore
economico della produzione alimentare è terrorizzata dallo
sfruttamento di queste paure. Si pensi che l’intossicazione da
E.Coli in Germania del 2011 ha causato 54 morti e più di 800
invalidi perenni ed ha provocato perdite rispettivamente di 1,5 e
3,5 milioni di € ai produttori di cetrioli e di pomodori perché
inizialmente indicati come “gli untori”, mentre poi si è
scoperto che era proprio la produzione di germogli biologici la
causa. I media se prima si sono accaniti sui produttori orticoli poi
hanno sorvolato sui pericoli per la salute insiti anche nella
produzione biologica; la stessa cosa hanno fatto, ingrandendo oltre
misura i pericoli, con la “vacca pazza”, facendola diventare una
tappa fondamentale nell'evolversi delle paure alimentari degli
ultimi anni.
II – la fabbrica della paura
Le ONG ecologiste con la loro
efficiente organizzazione sia centralizzata che periferica sono i
fabbricatori di queste paure e i bersagli prescelti sono i pesticidi
e gli OGM. Piccolissime quantità di residui (a livello di qualche
parte per miliardo) è la linfa che alimenta le paure, come ad
esempio il dire che si ingeriscono 128 pesticidi in ogni pasto, che
vi sono 225 residui in 49 campioni di fragole, oppure che 9 fragole
su 10 sono contaminate. Un residuo ben al di sotto del limite legale
diventa una “contaminazione”, vocabolo con una connotazione
enormemente più negativa e traumatica per l’opinione pubblica. Per
contro quando si rivelano quantità in tracce nei prodotti biologici
si fa notare che sono pressoché non quantificabili, mentre per le
stesse quantità in agricoltura convenzionale immancabilmente se ne
dà il peso (0,0000079 g di pesticidi su 45 g di muesli) ma si
sottace di far notare che occorrerebbe ad esempio mangiare 2,5 kg di
muesli alla colazione del mattino, oppure 48 kg di mele al giorno per
superare la dose giornaliera ammissibile di fitofarmaci, già di per
sé inferiore di 100 volte alla dose senza effetto sulla salute. Oggi
inoltre possiamo dire che in fatto di molecole chimiche “chi cerca
trova”, è ormai possibile, per il miglioramento dei metodi di
analisi, trovare la presenza di diossina se una goccia fosse versata
in un volume d’acqua equivalente a 72.000 piscine. Si arriva a
usare nei prodotti “bio” degli LQ (limiti di quantificazione) 10
volte superiori agli LQ normalmente usati nelle altre analisi (0,1
mg/L in luogo di 0,01 mg/L) e con questo escamotage si fa arrivare ad
una opinione pubblica disinformata il messaggio che i prodotti “bio”
sono contaminati per il 31% mentre i convenzionali lo sono per 100%.
Il residuo di pesticida poi è infallibilmente associato al cancro e
la sola presenza significa pericolo, mentre sarebbe il rischio da
valutare, cioè la quantità per il tempo di esposizione. Ebbene
anche se si usasse il rischio le indagini dimostrano che gli
agricoltori, che dovrebbero essere più a rischio a causa del tempo
di esposizione, invece lo sono di meno. Il che sta a significare che
molto del “panico nel piatto” è infondato.
III – Chi approfitta della paura?
Sicuramente ne approfitta il mondo del
biologico che ha creato una “cupola” (per profitti è quasi una
multinazionale) che finanzia poi le campagne pubblicitarie delle ONG
ambientaliste affinché la fabbrica della paura sia alimentata in
continuazione. A sua volta il mondo del biologico è sorretto da
lobby molto attive e potenti, al punto da falsare in continuazione i
messaggi. Ve n’è addirittura una che agisce a livello mondiale
come l’IFOAM. (ndr: e poi si parla solo di multinazionalizzazione
per società come la Monsanto che per sopravvivere ha dovuto
vendersi). Nel 100% dei campioni di vino biologico sono stati
riscontrati residui di rame, l’elemento pesticida più usato in
biologico, ma anche presenza di Fosetyl-AL e Spinosad. Certo queste
presenze sono ben al di sotto dei limiti imposti dalla legge e quindi
tutto rientra nella normalità e non deve fare oggetto di nessun
messaggio ansiogeno veicolato sui media, tuttavia per la legge del
contrappasso quando si fosse nelle stesse identiche condizioni in
prodotti non bio il comportamento è improntato unicamente alla
fomentazione continua di paure inconsulte.
Altro settore che gode di tale anomala
situazione e quello dei prodotti per la salute e del benessere. Il
settore comprende i prodotti di bellezza e anti-età, il turismo del
benessere, la “sana” nutrizione e le medicine alternative e
complementari. Si rifletta su questi dati a livello mondiale: il
fatturato del 2015 di questo settore è stato di 3720 miliardi di $,
ossia 4 volte più di quello dell’industria farmaceutica e ben 250
volte più del fatturato della Monsanto. Sintomatico è l’esempio
della ditta Seven Farma francese che da una parte finanzia Seralini
per i le sue ricerche anti OGM e anti-pesticidi e dall’altra
produce e vende prodotti parafarmaceutici come “digeodren” (con
capacità polivalenti di drenaggio di sostanze tossiche sull’asse
di fegato-reni-pelle) o “uroden” (prodotto facilitante
l’escrezione delle tossine per via urinaria). In parallelo vi è lo
sfruttamento di tutta una ragnatela di riviste e pubblicazioni aventi
per oggetto consigli dietetici e salutistici.
La grande
distribuzione non poteva non approfittare del “marketing della
paura”, ha ben capito che si potevano aumentare prezzi e fatturato
per effetto del “verdeggiamento” della loro immagine,
specialmente attenggiandosi a paladini degli anti-OGM. Qui assistiamo
alla messa in atto di tecniche ricattatorie nel senso che ONG come
Greenpeace paventano o mettono in atto azioni di cattiva propaganda
verso insegne non “istituzionalizzate”. La tecnica del “nane
and shame” (figurativamente traducibile in “svergognare qualcuno
in pubblico”) è lo strumento preferito. Il caso più eclatante à
quelle dei magazzini Leclerc che inizialmente contrari ad adottare le
politiche di insegne similari hanno dovuto cedere a causa del blocco
dei rifornimenti generato da presidi e picchetti davanti all’uscita
dei loro magazzini da parte di Greenpeace. Tutte queste iniziative
molto mediatizzate sono finalizzate alla raccolta di fondi che solo
in parte sono resi palesi e che danno ragione del perchè le ONG sono
definite “macchine da soldi”.
L’industria alimentare ha
approfittato anch’essa dell’onda salutistica derivata
dall’ecologismo ed il caso più eclatante è quello dei latticini
facilitanti il transito intestinale sfruttando la moda dei
probiotici. La nuova iniziativa mediatica contro carne e latticini
sarà funzionale poi al business di cibi a base di soia a cui si
aggiungono i prodotti del “senza”.
(1) - Gil
Rivière-Wekstein – PANIQUE DANS L’ASSIETTE – ils se
nourrissent de nos peurs- Edizione Le Publieur
Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
come al solito, bellissimo intervento
RispondiEliminagrazie Alberto
Grazie per la segnalazione, Alberto. Ma si trova solo in francese?
RispondiEliminaPappagallorosa
Purtroppo si
RispondiElimina