di LUIGI MARIANI
Le nuove dame di carità
Ragionando dei livelli atmosferici di CO₂ per il 2050 è previsto che raggiungeremo le 550 ppmv. Se dal punto di vista dell’atmosfera sarebbe preferibile che questo surplus non vi fosse perché CO₂ è comunque un gas serra con indubitabili effetti sul clima, constato con preoccupazione la crescita esponenziale di una corrente di pensiero che tende a mostrare che anche in agricoltura gli accresciuti livelli di CO₂ saranno deleteri e ciò nonostante l‘effetto di concimazione carbonica presenti il non trascurabile vantaggio di incrementare le rese potenziali¹ di tutte le colture.
In tale corrente si colloca l’articolo di Smith and Meyers (2018) uscito il 27 agosto su Nature Climate Change di cui ho letto un resoconto (qui). In esso si dimostra che livelli elevati di anidride carbonica (CO₂) nell'atmosfera stanno influenzando in modo negativo il contenuto di nutrienti delle colture di base, come riso, grano e mais, in ben 151 paesi con particolare riferimento al tenore in ferro, zinco e proteine. Questo è ritenuto dagli autori di particolare importanza poiché si prevede che le concentrazioni di CO₂ raggiungeranno 550 ppm entro il 2050 con un impatto rilevante sulla salute umana a causa della riduzione del valore nutrizionale delle principali colture. Secondo l’articolo i livelli elevati di CO₂ potrebbero potenzialmente causare ulteriori 175 milioni di persone con carenza di zinco e ulteriori 122 milioni di persone con carenza proteica. Lo studio suggerisce anche che le popolazioni che saranno maggiormente colpite in futuro saranno l'India, seguita dall'Asia meridionale, dal Sud-Est asiatico, dall'Africa e dal Medio Oriente.
Peraltro l’articolo è stato ovviamente ripreso dal Corriere della sera (qui), che sempre più nella mia memoria si sovrappone alle “dame di carità” di cui parlava Giovani Guareschi in un noto raccolto di Don Camillo, le quali per risolvere un problema (la salute di Don Camillo messa a repentaglio da uno sciopero della fame) ne causavano uno peggiore (una terribile indigestione).
Avremo più cibo e dipenderà da noi il fatto che sia più o meno nutriente
Ritengo anzitutto necessario segnalare che applicando il modello di Goundrian e val Laar (Penning de Vries et al., 1989) il passaggio dalle 400 ppmv attuali alle 550 previste per il 2050 porterà ad incrementi produttivi potenziali del 23% rispetto ad oggi per le specie coltivate C3 (riso, frumento, soia, ecc.) e del 13% per le specie C4 (mais, sorgo, canna da zucchero, ecc.). A tale incremento, che non è per nulla trascurabile e che oggi viene nella maggior parte dei casi colpevolmente omesso da chi disquisisce di tali questioni, si associano i problemi legati alle carenze di ferro, zinco ed alla riduzione del tenore proteico.
Ma tali problemi, che già oggi costituiscono un elemento con cui gli agricoltori di tutto il mondo si confrontano, vengono già oggi risolti grazie alla tecnologia, il che dovrebbe auspicabilmente verificarsi anche in futuro.
Più in particolare il problema della carenza di zinco presente in moltissimi suoli a livello mondiale (figura 1) viene affrontato in modo efficace con concimazioni adeguate descritte ad esempio (qui ). Lo stesso dicasi per la carenza di ferro che è spesso dovuta al pH dei suoli e che si affronta correggendo la reazione dei suoli ovvero fornendo ferro alle piante in forma assimilabile. Peraltro voglio ricordare che per alcune colture come ad esempio il pomodoro la carenza di ferro dovrebbe essere attenuata proprio grazie dalla crescita dei livelli atmosferici di CO₂ (Chong Wei Jin et al., 2009).
Figura 1 – Carenza di
zinco nei suoli a livello globale (fonte – International Zinc
Association - https://www.zinc.org/crops/).
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- un aumento del tenore proteico nelle specie C3 leguminose, le quali assumono direttamente l’azoto dall’atmosfera grazie ai batteri presenti nei loro tubercoli radicali (Rogers et al., 2009).
- una riduzione del tenore proteico nelle specie C3 non-leguminose quali frumento, orzo, patata e riso, le quali attingono l’azoto dal terreno, prevalentemente in forma di nitrato.
- un aumento del tenore proteico nelle specie C4 come mais, sorgo, canna da zucchero le quali attingono anch’esse l’azoto dal terreno, prevalentemente in forma di nitrato.
- miglioramento genetico mirato a frumenti più efficienti in termini di accumulo di proteine nella granella. In tal senso la strada non pare facilissima ma le biotecnologie in questo settore stanno facendo passi da gigante, specie in paesi meno oscurantisti del nostro
- concimazioni fogliari con urea in soluzione acquosa, la quale viene assorbita con estrema facilità dalle piante e viene trasformata in ammonio che è la fonte alternativa allo ione nitrico per il processo di sintesi delle proteine. Su questo tema la bibliografia è vasta e cito unicamente un lavoro pakistano (Khan et al., 2009)
- sistemi colturali in cui si privilegino le leguminose da granella le quali, come abbiamo visto, beneficeranno della crescita di CO₂ aumentando ulteriormente non solo la loro produzione ma anche il loro già elevatissimo tenore proteico. Si tratta di una soluzione antica quanto l’agricoltura in quanto i primi agricoltori del medio oriente domesticarono frumento e orzo da un lato e le leguminose da granella dall’altro (pisello, fava, veccia, cece, lenticchia), consentendo con ciò l’affermarsi di diete a base di leguminose e cereali che risolvevano in modo inconscio un fondamentale problema dietetico e cioè quello per cui le proteine delle leguminose da granella sono ricche in lisina (di cui è invece povera la granella dei cereali) ma allo stesso tempo sono povere in amminoacidi solforati (cistina e metionina) di cui è invece ricca la granella dei cereali (e qui è bene ricordare la carne dei poveri non è costituita da soli fagioli ma da pasta e fagioli)
- sistemi colturali in cui si privilegino i cereali C4, un po’ come fecero i nostri progenitori che nel XVI secolo riconvertirono in modo massiccio le loro colture di sussistenza dai cereali del vecchio mondo al mais. In particolare il mais è specie che pur beneficiando meno delle C3 dell’aumentato livello di CO₂ atmosferica presenta già oggi una produttività sensibilmente superiore rispetto alle analoghe C3 (la sua media produttiva in Italia è oggi di oltre 9 t/ha contro le 6 del frumento) in virtù dell’incredibile successo avuto dalle strategie di miglioramento genetico condotte negli ultimi 50 anni.
In sintesi dunque ribadisco che la tecnologia agricola è chiamata ad evolvere per adattarsi ai più elevati livelli di CO₂, livelli che sono di per sé in grado di incrementare in modo sensibile il potenziale produttivo delle colture. Solo se verrà meno la nostra capacità di adattamento verremo a trovarci nei guai e ciò accadrà se, seguendo le spinte di tipo ambientalistico, si trascureranno le agrotecniche e la genetica per ritornare ai buoni vecchi metodi di una volta, quelli per intenderci che tanto piacciono alle “dame di carità” di cui sopra e che hanno garantito per millenni fame e malattie alla grandissima parte dell’umanità.
Una domanda finale
Resta infine da domandarci perché questa continua enfasi sulle catastrofi prossime venture rivolta ad un pubblico generalista che non ha gli strumenti culturali per analizzare l’informazione che gli viene fornita deducendo i reali livelli di rischio. Perché non puntare invece su una strategia seria di divulgazione che stimoli l’agricoltura e non solo all’adozione e alla valorizzazione delle tecnologie più evolute oggi disponibili nei settori della genetica e delle tecniche colturali? Perché se la CO₂ spaventa così tanto non si punta in modo più deciso sul nucleare? Tutte domande che penso ci porteremo nella tomba, perché temo che quella del paventato olocausto climatico sia un’arma vincente nelle mani di elite che hanno da tempo capito che mantenere la popolazione mondiale in uno “stato di paura senza vie d’uscita concrete” faccia maledettamente comodo, come già anni orsono ebbe a denunciare Michael Crickton nel suo coraggioso romanzo “STATE OF FEAR”.
¹Parlo di rese potenziali in quanto i loro realizzarsi è legato al fato che gli agricoltori siano in grado di evitare gli effetti deprimenti di altre limitazioni (termica, idrica, da parassiti patogeni e malerbe, ecc.), il che si ottiene grazie a scelte adeguate su fonte della genetica (scelta di specie e varietà adeguate) e delle tecniche colturali.
Chong Wei Jin et al., 2009. Elevated Carbon Dioxide Improves Plant Iron Nutrition through Enhancing the Iron-Deficiency-Induced Responses under Iron-Limited Conditions in Tomato1, Plant Physiol. 2009 May; 150(1): 272–280. doi: 10.1104/pp.109.136721
Khan P., Memon M.Y., Imtiaz M., Aslam M., 2009. Response of wheat to foliar and soil application of urea at different growth stages, Pak. J. Bot., 41(3): 1197-1204.
Penning de Vries F.W.T., Jansen D.M., ten berge H.F.M., Bakema A., 1989. Simulation of ecophysiological processes of growth in several annual crops, Simulaton monograph 29, Pudoc, Wageningen, 271 pp.
Pleijel H., Uddling J., 2012. Yield vs. quality trade-offs for wheat in response to carbon dioxide and ozone, Global change biology, 18, 596-605.
Rogers A., Ainsworth E.A., Leakey A.D.B., 2009. Will Elevated Carbon Dioxide Concentration Amplify the Benefits of Nitrogen Fixation in Legumes? Plant Physiology, November 2009, Vol. 151, pp. 1009–1016.
Smith, M.R. and Myers, S.S. Impact of anthropogenic CO2 emissions on global human nutrition. Nature Climate Change (2018) DOI: 10.1038/s41558-018-0253-3
Articolo uscito anche su Climatemonitor
Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano.
E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso
Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
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