di ALBERTO GUIDORZI
Premessa
Si sente dire spesso che nel corso degli ultimi 50 anni gli alimenti hanno perduto il 75% del loro valore nutrizionale che, occorre mangiar 100 mele o 20 arance per ingerire la stessa quantità di vitamina C. I broccoli, le albicocche, il frumento, la carne e il latte avrebbero perduto una parte importante del loro valore nutrizionale.
Cosa c’è di vero in questi luoghi comuni oggi tanto diffusi nell’opinione pubblica? Di sicuro una cosa: i ricordi di gioventù che sublimano la realtà remota al punto da renderla del tutto fantasiosa, alimentando così una “fabbrica dei miti” che è vecchia quanto la nostra specie. Per rendersi conto di quanto lontani dal vero siano i ricordi occorrerebbe fare un percorso a ritroso e ricollocare quei frutti e quelle verdure, non molto diversi da quelli di oggi, e in gran parte gli stessi per quanto riguarda la frutta, nel contesto socio-economico di quei tempi. Vedremmo allora quante spine avrebbero queste rose...
Tuttavia per quanto si possano richiamare le persone al realismo, i miti sui “buoni prodotti di una volta” non solo restano intatti ma addirittura si rafforzano man mano che la durata della vita media si allunga.
Per questo si preferisce qui affrontare l’argomento con dati il più possibile obiettivi, richiamandosi cioè alla composizione in elementi nutritivi della frutta e della verdura del 1960 rispetto a quella odierna.
Per fare ciò è tuttavia necessaria un’ulteriore premessa, in particolare per la frutta, cioè dare valore obiettivo alla locuzione “varietà di una volta”. Infatti il normale consumatore considera moderne certe varietà che sono antichissime, come ad esempio la pera Williams, costituita nel 1770 (2,5 secoli fa!), la pera Abate Fetel costituita nel 1866 (all’epoca della terza guerra d’indipendenza), la Passa Crassana nel 1845 (in quegli anni l’Irlanda era alla fame con morti e migrazioni per una malattia che aveva colpito la della pianta di patata) e così la mela Golden Delicious e la Granny Smith, varietà costituite nel XIX secolo.
Premesso ciò, si esporranno i dati...
Tutto ciò premesso, vedrò di svolgere il compito propostomi servendomi dei dati che emergono da un interessante lavoro realizzato dall’accademico Léon Guéguen per l’Accademia dell’agricoltura di Francia (qui) sulla base della tavola della composizione nutrizionale degli alimenti (qui) e con il supporto di quanto scritto da Donald Davis dell'Università del Texas (qui).
Fattori influenzanti la composizione e opportune precisazioni
E’ evidente che la composizione chimica varia all’interno di una specie con la varietà differenti, per cui ad esempio varietà a frutti piccoli e a crescita lenta possono essere più ricche in micronutrienti, mentre varietà ad accrescimento rapido dei frutti, favorito magari da concimazioni e irrigazioni, possono subire un effetto di diluizione dei costituenti minori. Il prof. Davis è propenso a dire che l’effetto di diluizione sia avvenuto a causa del miglioramento genetico, non riuscendo tuttavia a provarlo. Dai suoi diagrammi tuttavia si evince che il fenomeno non è così abnorme come vuol far credere il mondo del biologico. Infatti l’effetto di diminuzione non và oltre il 10-25% e tende in gran parte ad annullarsi se rapportato alla sostanza secca. Fa eccezione il rame, che oggi è diminuito del 50% e qui la spiegazione è facile perché nel primo dopoguerra il solfato di rame era il fungicida per eccellenza.
Occorre dire che verificare l’ipotetico declino è difficile perché oggi non si dispone di campioni da analizzare che risalgano a più di mezzo secolo fa, specialmente per quanto riguarda le vitamine. Pertanto l’unica possibilità che rimane è comparare le tabelle di analisi di mezzo secolo fa con le attuali. E qui che ci vengono in aiuto le tabelle di Ciqual (Anses 2016 - citato sopra). Le prime tabelle furono infatti pubblicate nel 1937 da Lucie Randoin che le ha completate con altre tabelle del 1947 e che sono state infine attualizzate nel 1981. Esse riportano analisi tutte precedenti al 1960 e quindi sufficientemente affidabili per lo scopo, ma che vanno comunque prese un po’ con le pinze in quanto danno un dato solo e non un intervallo tra un minimo ed un massimo. Inoltre le possibilità analitiche odierne sono assai più elevate per cui è possibile confrontare solo quegli elementi per i quali esistono dati analitici anche per il passato. In passato ad esempio i grassi polinsaturi non erano misurabili, non si parlava di composti fenolici e di selenio, non si misurava quasi mai la vitamina E e gli stessi dati sulle “fibre” non sono confrontabili con quelli odierni. Calcio, potassio, magnesio e zinco sono invece confrontabili.
Fatte tutte tali debite precisazioni preliminari si è deciso di comparare 16 alimenti rappresentativi nelle due epoche e cioè frumento, riso, patata, porro, lattuga, cavolo verde, broccoli, fagiolini, carota, pomodoro, mela, arancia, uva, albicocca, latte e uova. Non si è invece considerata la carne in quanto la composizione è troppo influenzata dalla parte anatomica analizzata, età e grado d’ingrasso dell' animale. Basti pensare che nessuno più mangia la parte anteriore di un bovino, mentre un tempo era l’unica che si comprava per fare il brodo. Da bambino ad esempio non ricordo di aver mai mangiato bistecche. Inoltre tutte le analisi sono state condotte solo su prodotti naturali e non trasformati.
La comparazione è stata fatta su 12 costituenti: acqua, zuccheri totali, proteine (azoto per 6,25), grassi totali, calcio, magnesio, potassio, ferro, zinco, β-carotene, vitamina C ed E. Il fosforo non è stato preso in considerazione in quanto è costantemente eccedentario nell’alimentazione umana.
Risultati
Qui si riporta una tabella sintetica (l’originale comporta 350 dati ed è richiedibile) con 11 alimenti (nell’ordine: frumento, patata, porro, cavolo verde, fagiolini, carota, pomodoro, mela, arancia, latte, uova) e 7 micronutrienti (nell’ordine: calcio, magnesio, potassio, ferro, zinco, vitamina C e β-carotene).
Per i costituenti maggiori si sono evidenziate differenze solo oltre il 20% perché fino al 20% sono coerenti con le differenze varietali. Subito diciamo che nessuna differenza è stata notata nelle percentuali dell’acqua, solo il frumento (+20%) e il cavolo verde (+78%) attuali sono più ricchi in proteine, mentre nei fagiolini le proteine sono diminuite del 21% e nelle carote del 33%. Occorre dire che il dato del cavolo è forse dovuto al grandissimo numero di varietà esistenti. I tenori in grassi totali sono aumentati nel grano del 73% e nel riso del 65%. Le uniche differenze riscontrate negli zuccheri totali è che sono diminuiti nel tempo solo per qualche verdura (-51% nella lattuga, -89% nel cavolo, -50% nei fagiolini, -27% nelle carote). Probabilmente siamo in presenza di diversità genetica e la selezione si è orientata verso tipi meno « dolci », ma la spiegazione potrebbe risiedere nei metodi di analisi, cioè modi diversi di tenere in conto della cellulosa, delle emicellulose e degli zuccheri solubili.
Per il Calcio vi è una marcata diminuzione nell’uva (-50%), un aumento nel cavolo (+38%) e curiosamente nell’uovo (+40%)
Il tenore in Magnesio è rimasto immutato in 60 anni ed è un elemento marcatore affidabile per i costituenti minerali. E’ la stessa cosa per il potassio, facilmente dosabile, e che è diminuito solo nel porro (-30%), nella lattuga (-20%), nel cavolo verde (-30%), ma è aumentato nel riso (+65% ). Per i due oligoelementi Zinco e Ferro si sono prese in considerazione differenze di più del 50%, ciò per due motivi: per i dubbi che esistono sui dati antichi (per problemi di dosaggio, di scarso numero di campioni e di contaminazioni del terreno) e perché, se anche il ferro e lo zinco sono diminuiti nelle mele, e che nelle arance e nel pomodoro sono diminuiti di tre volte occorre dire che se anche il loro apporto fosse superiore di tre volte il loro contributo rispetto ai bisogni sarebbe comunque insignificante (tre volte zero fa sempre zero…).
I valori di vitamina C, emblematici del valore vitaminico della frutta e dei legumi, non è praticamente variato nel tempo (ad eccezione che nella carota -30%). Il contenuto in vitamina C tuttavia varia molto in funzione dello stato di conservazione. Il β-carotene, precursore della vitamina A, è rimasto pressoché invariato salvo che nei porri e nella lattuga dove il contenuto è aumentato di tre volte nelle nuove varietà.
Conclusioni
Qui di seguito si riportano le deduzioni che si possono trarre dalle comparazioni presentate in tabella.
Dopo la Rivoluzione Verde degli anni 60 il tasso di sostanza secca dei principali alimenti non sembra essersi abbassato di molto. Il tenore in proteine del grano è aumentato per effetto della concimazione azotata e del miglioramento genetico che ha mirato soprattutto ad incrementare il valore panificatorio e pastificatorio.
Solo qualche verdura è più ricca in zuccheri, ma molto cambia è in funzione della varietà.
Sali minerali, oligoelementi e vitamine sono diminuiti in certi casi, ma la diminuzione è ben lontana dalla sbandierata “caduta a picco” e inoltre le differenze notate non hanno nessun impatto nutrizionale negativo.
Laddove vi erano differenze, e si sono fatte notare, esse sono in larga parte attribuibili all’evoluzione varietale. Il modo di coltivazione è ininfluente ed infatti, analizzando le stesse varietà, non si sono notate differenze tra coltivazione convenzionale e biologica. Solo nel frumento la non concimazione azotata tipica del biologico si traduce in una diminizione calo delle proteine e in un calo di qualità dell’impasto espresso come indice alveografico.
Bibliografia:
[1] Davis DR. “Declining fruit and vegetable nutrient composition : what is the evidence ?”, Hortscience, 2009, 44:15-19.
[2]« Composition nutritionnelle des aliments ». Table Ciqual version 2016, Ciqual-Anses, sur le site www.anses.fr
[3] Randoin L., Le Gallic P., Causeret J. « Tables de composition des aliments » (2e édition), Société Scientifique d’Hygiène Alimentaire, 1947, Éd. Lanore, Paris.
[4] Randoin L., Le Gallic P., Dupuis Y., Bernardin A. et al. « Tables de composition des aliments », Institut Scientifique d’Hygiène Alimentaire, 1981, Éd. Lanore, Paris, 117p.
[5] Guéguen L., « La valeur nutritionnelle des aliments a-t-elle diminué depuis 60 ans ? », Revue de l’Académie d’Agriculture de France, 2017,12:42-45.
[6] Guéguen L., Guérillot-Vinet S. « Influence des conditions de production, de récolte et de stockage sur la composition chimique des céréales ; répercussion des variations sur la valeur nutritionnelle : matières minérales », Ann. Nutr. Alim.,1966, 20:235-240.
[7] Guéguen L. « La composition minérale du lait et son adaptation aux besoins minéraux du jeune », Ann. Nutr. Alim., 1971, 25:A335-81.
[2]« Composition nutritionnelle des aliments ». Table Ciqual version 2016, Ciqual-Anses, sur le site www.anses.fr
[3] Randoin L., Le Gallic P., Causeret J. « Tables de composition des aliments » (2e édition), Société Scientifique d’Hygiène Alimentaire, 1947, Éd. Lanore, Paris.
[4] Randoin L., Le Gallic P., Dupuis Y., Bernardin A. et al. « Tables de composition des aliments », Institut Scientifique d’Hygiène Alimentaire, 1981, Éd. Lanore, Paris, 117p.
[5] Guéguen L., « La valeur nutritionnelle des aliments a-t-elle diminué depuis 60 ans ? », Revue de l’Académie d’Agriculture de France, 2017,12:42-45.
[6] Guéguen L., Guérillot-Vinet S. « Influence des conditions de production, de récolte et de stockage sur la composition chimique des céréales ; répercussion des variations sur la valeur nutritionnelle : matières minérales », Ann. Nutr. Alim.,1966, 20:235-240.
[7] Guéguen L. « La composition minérale du lait et son adaptation aux besoins minéraux du jeune », Ann. Nutr. Alim., 1971, 25:A335-81.
ALBERTO GUIDORZI
Agronomo. Diplomato all'Istituto Tecnico Agrario di
Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso l'UCSC Piacenza. Ha
lavorato per tre anni per la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez
come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia.
Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico
che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura
francese che italiana.
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