di ERMANNO COMEGNA
Le proposte della Commissione europea sulla riforma della Pac per il settennio 2021-2027 stanno creando un certo scompiglio a livello italiano, ora che ci si accorge della loro valenza innovativa e dei notevoli cambiamenti che determineranno nella maniera di gestire il sostegno pubblico a favore degli agricoltori.
Il negoziato politico tra le
Istituzioni europee coinvolte è appena iniziato e ci sono tante
incognite, in particolare sui tempi di approvazione dei testi
legislativi che, secondo diverse fonti, sarebbero più lunghi
rispetto agli auspici della Commissione europea e rischierebbero di
far slittare la prima applicazione della riforma oltre il previsto
2021.
Questo però non deve in alcun modo
distrarre i vari protagonisti pubblici e privati che di solito
seguono con continuità, attenzione ed interesse il processo di
riforma, perché altrimenti si perderebbero delle occasioni e
soprattutto non si riuscirebbe ad essere pronti per la partenza, nel
caso la tempistica dovesse essere rispettata ed entro la primavera
del 2019 i testi legislativi fossero approvati.In tal caso, i Paesi membri sono tenuti
a presentare ai servizi comunitari il Piano strategico della Pac
(PSP) non oltre il primo gennaio del 2020, in modo da iniziare la
procedura per la loro approvazione a Bruxelles e così partire con le
nuove regole dall'inizio del 2021.
La novità principale e di assoluta
rilevanza che è prevista nelle proposte legislative della
Commissione è il nuovo modello di gestione della Pac (il new
delivery model) che capovolge del tutto il paradigma finora
seguito a livello comunitario dagli anni sessanta del secolo scorso
ad oggi, in base al quale le regole di funzionamento del sostegno al
settore primario, anche quelle più dettagliate e minuziose, sono
formulate a Bruxelles e gli Stati nazionali sono chiamati ad un mero
ruolo esecutivo.
La nuova Pac funzionerà con lo schema
della sussidiarietà, con le Istituzioni comunitarie che disegnano la
cornice di riferimento e dettano le regole generali; mentre le
Autorità nazionali sono chiamate ad un rilevante sforzo di analisi
dei fabbisogni, di selezione delle priorità e degli obiettivi da
perseguire e, infine, di scelta e combinazione degli interventi di
politica agraria previsti nei regolamenti europei, utilizzando le
risorse finanziarie allocate nella rubrica agricola del bilancio
pluriennale, oltre che il cofinanziamento nazionale ed eventuali
fondi integrativi statali e regionali. L'intero processo è il frutto
della combinazione ottimale tra il lavoro svolto in ambito nazionale
e quello realizzato sul territorio ed è attuato in base al principio
dell'orientamento al risultato che esige l'individuazione iniziale di
indicatori, da utilizzare per misurare l'effettivo raggiungimento dei
traguardi intermedi e finali.
Il compito da svolgere a livello
nazionale consiste nella predisposizione, attuazione e controllo di
un piano strategico (il PSP), nel quale è necessario specificare le
traiettorie per lo sviluppo agricolo, entro un orizzonte temporale di
sette anni (dal 2021 al 2027) ed agire in maniera conforme alle
esigenze ed ai traguardi stabiliti. Il monitoraggio annuale e
periodico consente di verificare se tutto procede come previsto e di
mettere in campo i necessari correttivi, nel quadro di un'attività
di supervisione ed indirizzo della Commissione europea.
Le proposte di riforma in discussione
prevedono che ogni Stato membro rediga un unico PSP a livello
nazionale e individui una sola autorità di gestione.
La combinazione di tutto quello che è
stato sinteticamente riportato implica un'autentica rivoluzione, non
fosse altro che per una ragione: la necessità di rivedere il modello
di gestione degli interventi di politica agricola nel nostro Paese,
con particolare riferimento alle sensibili relazioni tra lo Stato
centrale (il Mipaaf ed altri ministeri competenti, come quello
dell'ambiente) e le Regioni.
Fino al 2020, la politica agricola di
matrice europea in Italia è racchiusa in alcuni piani strategici
nazionali di tipo settoriale (come per ortofrutta, vino, olio), in 21
piani di sviluppo rurale formulati ed attuati a livello regionale e
di provincie autonome e, infine, in un Psr nazionale, nel quale sono
programmate alcune misure, come la gestione del rischio, le
infrastrutture irrigue e la biodiversità zootecnica (così è
ipocritamente chiamato in Italia un regime di aiuto a favore delle
associazioni degli allevatori).
Qualora la riforma proposta passasse
indenne il negoziato politico a livello europeo, questo sistema di
gestione è destinato ad essere archiviato e sostituito da uno
completamente diverso che sarebbe opportuno iniziare a disegnare da
subito in Italia e nella maniera più funzionale e innovativa
possibile.
Il valore aggiunto della sussidiarietà
è strettamente dipendente dalla capacità delle autorità nazionali
di governare con lungimiranza e competenza il processo di definizione
e di esecuzione del PSP e di interpretare in modo diverso il sistema
delle relazioni istituzionali tra il ministero e le Regioni.
Queste ultime sembrano destinate a
perdere parte della loro rilevanza politica con la riforma in corso.
Non eserciteranno più il controllo pieno sul programma di sviluppo
rurale che non esisterà più, ma potranno ricoprire il ruolo di
organismo intermedio, con funzioni e responsabilità delegate
dall'Autorità nazionale unica che verosimilmente sarà il Mipaaf.
Quanto è stato descritto non è il
frutto di una libera interpretazione, ma ciò che emerge chiaramente
dall'analisi della proposta di regolamento della Commissione europea,
tenendo conto sia dei considerando che degli articoli.
Ci sono alcuni punti critici che
derivano dalla nuova Pac in discussione a livello comunitario e sui
quali sarebbe utile interrogarsi il più in fretta possibile.
Il primo riguarda il modello di
governance di cui l'Italia deve dotarsi per affrontare al
meglio la situazione. In particolare, c'è da formulare una nuova
ingegneria istituzionale, tramite la quale individuare le diverse
Istituzioni chiamate ad operare e definire per ognuna di esse ruoli,
responsabilità e confini operativi.
Collegato con il punto precedente, vi è
l'esigenza di un diverso approccio alla gestione degli aspetti
finanziari, il che comporta decisioni su: il modo di allocare le
risorse tra settori, territori, tipologie di beneficiari; la maniera
di utilizzare e favorire le sinergie tra i fondi dell'Unione europea
e quelli nazionali; i criteri per la ripartizione dello stanziamento
tra le sette annualità di programmazione e tra i diversi interventi
della Pac; gli accorgimenti tramite i quali si utilizzano pienamente
le risorse comunitarie, scongiurando il rischio del disimpegno
automatico, anche promuovendo un comparabile livello di efficacia e
di efficienza da parte dei vari responsabili della esecuzione degli
interventi.
Vi è poi un terzo elemento che
costituisce l'essenza del disegno della nuova Pac oggi in discussione
ed è la capacità e la disponibilità delle autorità nazionali
coinvolte a non disperdere le limitate risorse finanziarie
disponibili, tra una miriade di interventi, concepiti più per
tacitare i vari portatori di interesse che per attuare un disegno
politico coraggioso, selettivo e coerente rispetto alle esigenze ed
alle suscettibilità del sistema agricolo nazionale e dei vari
territori.
In pratica, il fattore chiave di
successo capace di generare i frutti insiti nel nuovo modello di
gestione della Pac, risiede nella capacità di chi detiene il potere
decisionale di esercitarlo fino in fondo, assumendosene la
responsabilità tramite la selezione chiara delle priorità e degli
obiettivi da raggiungere, in termini di migliore possibile
combinazione tra settori, territori e modelli agricoli da sostenere
ed incentivare.
Ermanno Comegna
Già docente presso Università
Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Università degli Studi di
Campobasso e Università degli Studi di Udine. Attualmente svolge
attività di libero professionista e di consulente nel settore
agricolo ed agro-alimentare. E' iscritto all'albo dei giornalisti
elenco dei pubblicisti.
Tante grazie Ermanno. ecco la mia prima riflessione: " ma allora in via XX settembre devono muovere il c..o veramente! Siamo sicuri che siano capaci di farlo?
RispondiEliminaCiao Alberto, la proposta di riforma per il 2021-2027 pone delle sfide in termini di competenze rafforzate, nonché di originale, mirato e responsabile approccio a tutti gli attori coinvolti nella formulazione e attuazione della PAC in Italia: al Ministero, alle Regioni, agli organismi pagatori, alla rappresentanza di settore.
EliminaStaremo a vedere cosa accade e se l'Italia saprà cogliere i vantaggi che sembrerebbero insiti nella flessibilità e nella sussidiarietà alla base delle proposte della Commissione Ue.
Un caro saluto
Ermanno Comegna
Correggetemi se sbaglio: si stanno aprendo degli spiragli per una maggiore libertà di manovra in ambito di politica agraria nazionale? Mi sembra un fattore estremamente positivo. Anche se resta l'incognita sul come ci muoveremo in merito..
RispondiEliminaSandro Righini
Gruppo di Studio AUSER
Sulla base della proposta della Commissione Ue gli spazi dell'Autorità nazionale sarano molto ampi, in termini di priorità politiche da raggiungere, di interventi da attuare, di ripartizione delle risorse finanziarie e tante altri ambiti decisionali.
EliminaÈ stata prospettata una autentica rivoluzione, una grande discontinuità rispetto al passato.
Ermando Comegna
Articolo ottimo. Se ci si riferisce ( per il Dr. Guidorzi...) alle capacità della dirigenza del Mipaaft "sensu lato" la risposta è si. C'è gente capace e preparata ; se ci si riferisce al livello politico, immediatamente superiore, dai vari Sottosegretari in su, sospendo il giudizio: troppo presto per darlo.
RispondiEliminaA titolo di cronaca non sono, né mai sono stato, un dipendente pubblico o di qualsivoglia Ente. Sono un Agronomo iscritto ( e militante....).
Saluti
Enrico Fravili
L'intervento del dottor Fravili consente di evidenziare un aspetto che mi pare di avere forse sottovalutato nel testo.
EliminaMi riferisco al ruolo assai delicato e direi essenziale dei responsabili nazionali e regionali della politica agraria.
Con il nuovo modello di gestione della PAC il personale politico dovrà essere capace di individuare le priorità ed assumere scelte mirate e coerenti con i fabbisogni del sistema agricolo nazionale e regionale.
La scarsità delle risorse e la numerosità e gravità dei problemi da affrontare fa si che non si possa fare di tutto ed accontentare tutti.
Si apre una fase nuova anche per ministri, sottosegretari ed assessori.
Ermanno Comegna
Enrico spero molto nel tuo possibilismo.
RispondiEliminaDal mio punto di vista sono sempre stato molto critico con l'Unione Europea così com'è stata pensata ed attuata. L'attuale processo di apertura ai governi nazionali della PAC mi appare come un'importante possibilità. Ma un problema, un problema fondamentale, sussiste: la scarsità di risorse. Se prima non verrà trovata una congrua soluzione a tale capitale problematica varrà il detto in uso dalle mie parti: "senza lilleri, 'un si lallera"! Mi auguro che di qui al 2021 si riesca a fare qualcosa in tal senso, altrimenti sarà come dare la patente automobilistica ad un uomo impossibilitato a comprarsi un'auto. Questo il mio modestissimo parere.
RispondiEliminaSandro Righini
Gruppo di Studio Auser
Grazie a Ermanno Comegna per questa ottima sintesi dei contenuti della futura riforma e delle sfide che ci attendono. Mi chiedo se l'esito a cui giunge la Commissione non sia la conseguenza coerente di quanto già avvenuto con l'attuale programmazione. I “triloghi” tra rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, nell’esaminare l'ultima riforma della PAC (2014-2020), in contatto costante con le organizzazioni agricole dei Paesi membri, avviarono di fatto un vero e proprio processo di rinazionalizzazione di tale politica, aprendo ad uno sterminato numero di deroghe e rimandi alle scelte degli Stati membri. Adesso si vuole rafforzare la sussidiarietà attraverso un ribilanciamento delle responsabilità nella gestione della PAC tra UE e Stati membri. Se questo è l'obiettivo (in linea con il Rapporto Padoa-Schioppa del 1987 e con il Rapporto Sapir del 2003), a me sembra allora più coerente con tale impianto sdoppiare le competenze in materia di agricoltura. È del tutto giustificato, infatti, che la sicurezza alimentare, le politiche per la qualità dei prodotti, la stipula di accordi commerciali con altri Paesi, il coordinamento del sistema della conoscenza e il regime assicurativo in agricoltura per i rischi derivanti dalla volatilità dei mercati restino competenze dell’UE. Si tratta, del resto, di materie che si collegano all’impianto originario di politica per il mercato unico dei prodotti agricoli. La competenza in materia di aiuti diretti (e connesso sviluppo rurale) adrebbe invece interamente devoluta agli Stati membri. Se si compie lo sdoppiamento delle competenze, facendo in modo che le due sfere di sovranità siano ben definite sul piano delle responsabilità, senza alcuna interferenza reciproca, si otterrà che ogni Stato membro potrà finalmente definire una propria strategia agricola nazionale ed eliminando il passaggio UE-Stati membri si potrà pervenire ad una effettiva semplificazione della politica agricola. Certo, si aprirebbe il problema finanziario. Ma quello è già di fatto aperto perché l'UE ha bisogno di allargare il ventaglio delle politiche proprie, altrimenti il processo di integrazione implode. Sarebbe utile battersi - nell'interesse dell'agricoltura europea - per un bilancio più cospicuo dell'area euro autoalimentato con risorse autonome per finanziare le politiche europee (e lì collocare la componente di politica agricola che resterebbe di competenza europea, specie il coordinemanto della conoscenza e le assicurazioni agricole). E devolvere la competenza in materia di aiuti diretti agli Stati nazionali che dovrebbero provvedere a finanziarli con rigorosi criteri di efficienza ed efficacia (dovendo fare i conti quotidianamente con le rispettive opinioni pubbliche e non potendo scaricare sull'UE le responsabilità delle proprie incapacità).
RispondiEliminaGrazie ad Alfonso Pascale per le sue puntualizzazioni.
EliminaE se non fosse una mossa per dire: di soldi non ve ne sono più per i sussidi a livello europeo e quindi dato che non lo posso fare io vi autorizzo a farlo voi (cosa capiterà quando settori uguali di due nazioni saranno finanziati in modo diverso?). Ecco qui comincia il mio pessimismo per l'Italia perchè di soldi disponibili ne avremo sempre meno ed inoltre quelli che tratterremmo per una PAC meno finanziata dagli Stati Membri saranno ridestinati ancora all'agricoltura? Con quali criteri ancora quelli clientelari eterodiretti dalla Coldiretti?
RispondiEliminaGrazie a te
RispondiEliminaAlberto, gli aiuti diretti sono sganciati dalle produzioni. E sono anche convinto che meno se ne danno agli agricoltori e meglio è. Mentre dovremmo essere interessati a potenziare il bilancio europeo con risorse proprie (e non degli Stati membri) per quegli aspetti della politica agricola che dovrebbero rimanere di competenza europea (politiche qualità e sicurezza alimentare, conoscenza e assicurazioni rischi).
RispondiEliminaAlfonso
RispondiEliminaPurtroppo sta avvenendo il contrario perchè prevede un calo nel bilancio del 5% in € correnti che sarà del 12 % in € costanti. Questo per colpa della Brexit (si dice), ma l'architettura pensata e descritta da Ermanno dovrebbe fare abbassare di un altro 5/10% i redditi agricoli. Di fronte allo sbandieramento da parte degli ambienti comunitari di semplificazione e tutti gli Stati membri rispondo: "certo semplificazione per Bruxelles, ma complicazione per gli Stati Membri. Insomma in Europa le critiche grondano.
Ricordo che la stampa agricola francese è unanime nel dire che è da 4 anni che producono frumento in perdita quest'anno per ogni tonnellata prodotta perdono 7 €, eppure i costi di produzione sono in costante calo. Ma se si lamentano i francesi che fanno 70 q/ha cosa capita in Italia...forse nelle spighette del grano italiano non ci sono i semi ma dei centesimi di euro direttamente? Che siano ipnotizzati da dei ministri dell'agricoltura che dicono che tutto va ben madama la marchesa?. Insomma ho la netta sensazione che i burocrati di Bruxelles si vogliano scaricare dei loro compiti...ma se così fosse significa che qualcuno non ha più nulla da fare e quindi lo si mandi a casa. Io non mi auguro proprio l'implosione dell'UE ,a temo che si sia sulla buona strada.
Ho una curiosità :da cosa verrà sostituito lo sviluppo rurale? Comprese la misura che finanzia i GAL
RispondiEliminaGrazie
Andrej Drosghig
All'interno del piano strategico della PAC (PSP) ci sarà una sezione sugli interventi per lo sviluppo rurale, con alcuni elementi programmati e gestiti a livello regionale ed altri sotto l'egida del MIPAAF .
RispondiEliminaL'approccio LEADER rimane con una spesa pari ad almeno il 5% del massimale nazionale per la politica di sviluppo rurale.
I commenti e le idee di Pascale e Guidorzi mettono al centro alcune tendenze di lungo periodo della PAC, sulle quali sarebbe necessaria una analisi specifica.
Ermanno Comegna