Quaranta anni dopo l’occupazione del villaggio Taccone di Irsina, nasce un incontro di tanti giovani provenienti da Nord a Sud del’Italia con un obiettivo comune: generare azioni positive per il paese
"Riceviamo dai giovani imprenditori agricoli di AGIA - CIA e gentilmente pubblichiamo"
Dopo quarant’anni, ci siamo riuniti a Taccone per farci noi stessi portavoce di cambiamento; noi giovani imprenditori agricoli di AGIA vogliamo essere i veri interpreti di questo cambiamento. Questa volta non lo chiediamo ad altri, riuniamo le nostre forze e dimostriamo di avere le capacità per emergere e orientare il nostro stesso futuro con queste nostre forze, le stesse che lavorano la terra ogni giorno.
CARTA DI TRICARICO MANIFESTAZIONE
NAZIONALE DEL 13-14 OTTOBRE 2017
Gli agricoltori, motori d’innovazione
Agricoltori capaci d’interpretare le sfide di un nuovo modello di
produzione, trasformazione e commercializzazione. Sono passati 40
anni da Taccone d’Irsina ‘77, ma gli agricoltori, autentici
lavoratori, che si sporcano le mani, che lottano, determinati a
trovare nuove soluzioni, sono sempre gli stessi, legati dall’amore
per la terra, il proprio lavoro, i valori più intimi e propri di
coloro che nel loro territorio credono e si spendono quotidianamente;
quegli agricoltori che si mettono in gioco per non lasciare, come
invece altri, meno motivati, fanno o hanno fatto, abbandonando
l’agricoltura in cerca di una vita migliore; quegli agricoltori
che, come noi, che a Irsina-Taccone nel ’77 non c'eravamo perché
non ancora o appena nati, possono però percepire in modo netto la
forza di volontà di quei 1500 giovani che si riunirono per chiedere
e sperare di poter vedere il loro duro futuro da una prospettiva
differente. Noi, rispetto a loro, siamo fortunatamente in una
situazione diversa, con molti diritti acquisiti, anche in séguito a
quei duri periodi, ad una diversa scolarizzazione e ad un diverso
livello di interazione sociale, politica ed economica. L'innovazione,
però, quella autentica e, soprattutto, quella di cui necessitiamo
come giovani agricoltori, non la si può semplificare né comprare,
non la si fa propria per indicazione di altri che la propongono.
L'innovazione di cui si sente il bisogno è molto di più: la si
guadagna, infatti, sul campo, siamo noi stessi creatori d’innovazione
nel momento in cui troviamo la strada per raggiungere un obiettivo.
Vi è una grande responsabilità e risiede nella necessità che, giovani e meno giovani, come noi riuniti a Tricarico quarant’anni dopo Taccone, siano capaci di dare in prima persona risposte valide per tutti quegli agricoltori che, oggi, sono assetati di soluzioni per far fronte alle sfide imminenti: cambiamento climatico, mercati sempre più ostili, condizioni economiche al limite della redditività, legislazione e burocrazia soffocanti sono alcune delle problematiche a cui, grazie anche all’innovazione, possiamo dare una risposta forte, determinata, coraggiosa e moderna, come accade quando la parola innovazione è interpretata da persone capaci, veramente innovative e impegnate ad indicare la strada per ciò che verrà.
Non si può, dunque, semplificare l’innovazione; è qualcosa di ben più complesso, che non si limita all'adozione di una nuova tecnologia o di un nuovo processo, ma è formata da una serie alquanto corposa di tasselli che spaziano dall'innovazione previdenziale a quella organizzativa di mercato attraverso la cooperazione, capitolo molto dibattuto e dal significato strategico importantissimo, fino all’innovazione tecnologica, attraverso l'uso di tecnologie avanzatissime, come l'agricoltura di precisione, per produrre in modo più efficiente nel pieno rispetto della risorse e dell’ambiente; un'innovazione che risiede anche nell'avvicinare il mondo della ricerca accademica, spesso confinata negli atenei, ad una ricerca reale, prossima e, soprattutto, traducibile in termini pratici per gli agricoltori; un’innovazione di processi produttivi per soddisfare le crescenti esigenze di prodotti salubri da una buona, sana e vera agricoltura biologica. E ancora: innovazione dell’informazione, quella scientifica, provata e dimostrabile, con veri e professionali divulgatori, indipendenti da logiche di appartenenza o che la impongono sotto una chiave interessata, talvolta distorta, e, quindi, fuorviante. L’innovazione è perciò qualcosa di molto complesso e articolato; noi come imprenditori dobbiamo essere i primi interpreti di un’innovazione ragionata, pensata, sentita e desiderata affinché tutti gli strumenti disponibili siano strumenti potenti ed efficaci per il cambiamento a cui siamo chiamati. Protagonisti consapevoli d’innovazione, è questa, forse, la chiave di lettura corretta.
Vi è una grande responsabilità e risiede nella necessità che, giovani e meno giovani, come noi riuniti a Tricarico quarant’anni dopo Taccone, siano capaci di dare in prima persona risposte valide per tutti quegli agricoltori che, oggi, sono assetati di soluzioni per far fronte alle sfide imminenti: cambiamento climatico, mercati sempre più ostili, condizioni economiche al limite della redditività, legislazione e burocrazia soffocanti sono alcune delle problematiche a cui, grazie anche all’innovazione, possiamo dare una risposta forte, determinata, coraggiosa e moderna, come accade quando la parola innovazione è interpretata da persone capaci, veramente innovative e impegnate ad indicare la strada per ciò che verrà.
Non si può, dunque, semplificare l’innovazione; è qualcosa di ben più complesso, che non si limita all'adozione di una nuova tecnologia o di un nuovo processo, ma è formata da una serie alquanto corposa di tasselli che spaziano dall'innovazione previdenziale a quella organizzativa di mercato attraverso la cooperazione, capitolo molto dibattuto e dal significato strategico importantissimo, fino all’innovazione tecnologica, attraverso l'uso di tecnologie avanzatissime, come l'agricoltura di precisione, per produrre in modo più efficiente nel pieno rispetto della risorse e dell’ambiente; un'innovazione che risiede anche nell'avvicinare il mondo della ricerca accademica, spesso confinata negli atenei, ad una ricerca reale, prossima e, soprattutto, traducibile in termini pratici per gli agricoltori; un’innovazione di processi produttivi per soddisfare le crescenti esigenze di prodotti salubri da una buona, sana e vera agricoltura biologica. E ancora: innovazione dell’informazione, quella scientifica, provata e dimostrabile, con veri e professionali divulgatori, indipendenti da logiche di appartenenza o che la impongono sotto una chiave interessata, talvolta distorta, e, quindi, fuorviante. L’innovazione è perciò qualcosa di molto complesso e articolato; noi come imprenditori dobbiamo essere i primi interpreti di un’innovazione ragionata, pensata, sentita e desiderata affinché tutti gli strumenti disponibili siano strumenti potenti ed efficaci per il cambiamento a cui siamo chiamati. Protagonisti consapevoli d’innovazione, è questa, forse, la chiave di lettura corretta.
La terra come risorsa
La proprietà e
l’uso della terra e la gestione del suolo: un tema molto
importante, attuale da secoli. Nella splendida cornice di Tricarico,
i ragazzi hanno dato idee forti per poter sviluppare questi
argomenti. Le azioni chiave indicate sono state le seguenti: dare la
terra comune ai giovani per creare profitto sostenibile: su questo
punto AGIA porta avanti da anni proposte che sono diventate concrete
possibilità e che vanno ora sfruttate e messe a disposizione della
collettività, come, ad esempio, la banca della terra e gli usi
civici dei terreni comunali. Individuare una visione comune di
gestione del territorio per affrontare l’agricoltura di domani in
perfetta sinergia tra la realtà rurale e quella cittadina; e in
questo momento così delicato non possiamo esimerci dall’avere una
gestione comune dell’acqua. Far ritrovare al suolo la sua fertilità
per produrre meglio e con minore impatto ambientale: la società ci
chiede questo, i nostri princìpi si basano proprio sul produrre
meglio sprecando meno mediante lo sviluppo e il recupero di tecniche
colturali utili al raggiungimento di quest’obiettivo.
Mettere a disposizione la nostra capacità di produrre per contrastare il cambiamento climatico e creare salubrità nei prodotti alimentari, per consentire così un elevato benessere diretto sia nella società rurale che in quella urbana. La terra come bene comune da tutelare, preservare e mantenere in quanto non solo componente produttiva, ma sempre più fattore di competitività. Il suolo e il bene fondiario, tutelati e preservati attraverso buone pratiche agricole, sono un grande giacimento a cielo aperto da utilizzare anche a fini ricettivi e turistici: il paesaggio agrario, la biodiversità, il patrimonio agro-silvo-forestale sono realtà che vanno messe a valore e rese fruibili in circuiti di agri-turismo autentico.
Costruire intorno al bene terra, agli areali agrari, allo spazio rurale e agro-silvo-forestale un’offerta integrata unica, distintiva, che fa della salubrità e della sanità la carta identitaria del prodotto legato al territorio di provenienza, aspetto sempre più importante per fidelizzare e rassicurare il consumatore sia sul versante della sicurezza alimentare che sul quello della sostenibilità ambientale e della qualità del cibo. E’ necessario valorizzare il rapporto cibo/territorio in quanto gli aspetti salutistici e nutrizionali (a partire dalla dieta mediterranea) sono un formidabile valore aggiunto per le nostre produzioni tipiche, tradizionali e mediterranee.
Mettere a disposizione la nostra capacità di produrre per contrastare il cambiamento climatico e creare salubrità nei prodotti alimentari, per consentire così un elevato benessere diretto sia nella società rurale che in quella urbana. La terra come bene comune da tutelare, preservare e mantenere in quanto non solo componente produttiva, ma sempre più fattore di competitività. Il suolo e il bene fondiario, tutelati e preservati attraverso buone pratiche agricole, sono un grande giacimento a cielo aperto da utilizzare anche a fini ricettivi e turistici: il paesaggio agrario, la biodiversità, il patrimonio agro-silvo-forestale sono realtà che vanno messe a valore e rese fruibili in circuiti di agri-turismo autentico.
Costruire intorno al bene terra, agli areali agrari, allo spazio rurale e agro-silvo-forestale un’offerta integrata unica, distintiva, che fa della salubrità e della sanità la carta identitaria del prodotto legato al territorio di provenienza, aspetto sempre più importante per fidelizzare e rassicurare il consumatore sia sul versante della sicurezza alimentare che sul quello della sostenibilità ambientale e della qualità del cibo. E’ necessario valorizzare il rapporto cibo/territorio in quanto gli aspetti salutistici e nutrizionali (a partire dalla dieta mediterranea) sono un formidabile valore aggiunto per le nostre produzioni tipiche, tradizionali e mediterranee.
L’imprenditore crea un lavoro e non
lo chiede
L’imprenditore agricolo, nelle zone rurali, svolge un
importantissimo ruolo: in primis, resta sul territorio, lo conserva,
lo tutela e vigila su di esso. Lo mantiene in vita sotto l’aspetto
sociale ed economico ed evita lo spopolamento. Questo ruolo
importante è svolto molto spesso insieme agli imprenditori del
settore artigianale. Grazie alla sua attività, riesce a portare sul
territorio valore aggiunto e, quindi, ricchezza, che ridistribuisce
all’interno del proprio contesto socio-economico attraverso la sua
attività di consumatore, mantenendo o creando opportunità nelle
zone rurali per gli imprenditori del commercio. Se si pensa, poi, al
lavoro che crea, il valore è importantissimo perché riesce a
mantenere i propri lavoratori nella zona in cui vivono senza
spopolare le campagne e ad integrare in modo vero e dignitoso coloro
che, provenendo da paesi esteri, scelgono di lavorare in agricoltura,
integrazione che passa attraverso un rapporto di fiducia,
condivisione e confronto; su questo, troppo poco si è raccontato e
si racconta, ma riteniamo che sia un importante contributo che il
mondo dell’impresa dà dal punto di vista dell’integrazione
socio-culturale. Legiferare può significare creare opportunità
oppure ingessare il sistema imprenditoriale. Molte leggi, in special
modo a livello regionale, provinciale e comunale, tendono oggi ad
ingessare le imprese: non solo si sovrappongono a leggi europee e
nazionali, ma tendono a porre limiti alla concessione di
autorizzazioni per costruzioni di strutture utili all’impresa,
vincoli nel ristrutturare il patrimonio rurale, che siano fabbricati
o calanchi, fiumi ecc., e, cosa più grave, limitano l’accesso a
nuovi contributi comunitari. Legiferare a più livelli significa
anche creare burocrazia, molto spesso utile solo a se stessa. Per
questo, un’analisi complessiva come sistema Italia, a tutti i
livelli, sarebbe molto utile prima di creare nuove leggi
inapplicabili e costose per le imprese in tempo e denaro.
In merito al credito, è necessario un
diverso rapporto tra istituti di credito ed imprese agricole. Le
aziende agricole necessitano di una formazione bancaria/creditizia
che possa far comprendere ed assimilare alcuni schemi di valutazione
e forme di finanziamento a loro dedicate. Anche le banche hanno
bisogno di conoscere le imprese, i loro prodotti commerciali, devono
tener conto dei tempi dell’agricoltura o, per meglio dire, della
natura. I finanziamenti devono perciò obbligatoriamente avere un
periodo di preammortamento lungo in base ai tempi di messa in
produzione delle piante o degli allevamenti. Per questo, le banche
devono andare in azienda, conoscere dal vero le nostre realtà e
cercare di comprendere come funziona questo tipo di aziende, che sono
a “cielo aperto”. Nei prossimi anni, le aziende avranno bisogno
di mutui a lungo termine, che le accompagnino per quasi tutta la loro
vita, in conseguenza di ciò che sta accadendo nel mercato fondiario,
che, oggi, rivive un periodo di trasformazioni: le generazioni più
anziane o gli eredi degli agricoltori vendono e nuove generazioni di
imprenditori agricoli acquistano e su questo tema molto ci sarà da
fare. Le banche chiedono legittimamente dei mercati di riferimento e
dell’approccio con il mondo della commercializzazione e della
trasformazione e garanzie che eventi come grandine ed altre
catastrofi non mettano l’impresa in difficoltà
economico-finanziaria. Su questo tema, molto lavoro spetta alle
aziende agricole, per organizzare le proprie filiere e per sviluppare
formule per la gestione del rischio, ma molto lavoro spetta anche
alle banche, partner fondamentali per uno sviluppo complessivo del
sistema delle imprese. Uno strumento sempre più avvertito come
necessario in agricoltura, in particolare nelle realtà associative e
cooperativistiche, è la disciplina sulle anticipazioni ai Soci
Conferenti secondo le nuove disposizioni Ue, strumento che aiuta ad
aggregarsi e sostiene il sistema degli ammassi e del conferimento a
strutture associative.
Lo sviluppo rurale
Per i giovani agricoltori che hanno
animato la due giorni di Tricarico, lo sviluppo rurale viene dal
basso e soddisfa i bisogni degli attori presenti sul territorio
attraverso l’uso delle risorse locali. Spesso gli agricoltori sono
coloro che manutengono il territorio e il paesaggio nei quali operano
le loro aziende attraverso opere d’ingegneria idraulica e
naturalistica, la pulizia delle sterpaglie e la sistemazione dei
terreni scoscesi, mantenendo la biodiversità con l’uso di colture
antiche e tradizionali, con un mix del sapere empirico dei propri
padri e nonni e di nuove tecnologie. Tutto questo dovrebbe essere
inteso come sviluppo rurale in un’Italia ed un’Europa spesso a
due velocità, dove le priorità sono differenti da territorio a
territorio e le esigenze non sono uguali dappertutto. Sui Piani di
Sviluppo Rurale, si ritiene che le Regioni, attraverso i piani
europei di sviluppo, dovrebbero garantire la certezza e la celerità
nell’erogazione dei fondi, attraverso bandi trasparenti e
funzionali, tralasciando le solite lungaggini e problematiche della
politica. Spesso basterebbe rispettare queste semplici cose per
garantire futuro ad un settore che, da diversi anni, fa da traino
all’economia italiana (dati Svimez) e che, spesso, è stato invece
messo ai margini da economisti miopi (come affermato dal Ministro
Claudio De Vincenti nel suo videomessaggio), che, dopo il boom
economico, consideravano l’agricoltura un fenomeno residuale, da
superare e archiviare.
Dopo quarant’anni, ci siamo riuniti
a Taccone per farci noi stessi portavoce di cambiamento; noi giovani
imprenditori agricoli di AGIA vogliamo essere i veri interpreti di
questo cambiamento. Questa volta non lo chiediamo ad altri, riuniamo
le nostre forze e dimostriamo di avere le capacità per emergere e
orientare il nostro stesso futuro con queste nostre forze, le stesse
che lavorano la terra ogni giorno.
Maria Pirrone
Maria Pirrone
Presidente AGIA - CIA dal 2014 al 2018 .Imprenditrice agricola di Civita (CS), nel Parco Nazionale del Pollino, conduce insieme alla sorella un'azienda agricola multifunzionale che produce cibo e ospitalità. Agia ha rappresentato per Lei un'importante occasione di incontro e confronto poliedrico e plurale.
Nessun commento:
Posta un commento