di MIRKO BUETI
Prima parte: Il movimento ambientale dalle origini all'ecologismo moderno: tra società, cultura e scienza Seconda parte: I proto-ambientalisti: conservazionismo sulle due sponde dell'Atlantico. Terza parte: L'era dell'ecologia. Il movimento ambientale dalle origini all'ecologismo moderno. Quarta parte: Tra ecologia e nuovi movimenti sociali: nasce l'ambientalismo Quinta parte: I pionieri dell’ambiente in Italia: dalle origini alla caduta del regime fascista. Sesta parte :Il "lato oscuro" del miracolo economico: il movimento ambientale italiano tra divisioni interne e ricerca d'identità.
Le centrali nucleari in Europa |
Durante la seconda metà degli anni Settanta l'avvento della questione nucleare segna l'avvio di una nuova fase del movimento ambientalista, caratterizzata dal processo di individuazione di una propria identità collettiva, di costruzione di un proprio linguaggio e di graduale allontanamento dalla cultura operaista entro la quale aveva avuto origine¹.
Tra il 1976 e il 1981 una molteplice ed eterogenea schiera di forze sociali e politiche dette vita a un crescente moto di protesta per ostacolare l'attuazione del Piano energetico nazionale approvato dal governo nel 1975 che prevedeva la costruzione di venti centrali atomiche. I luoghi della protesta contro la produzione dell'energia atomica coincisero con le località dove si prevedeva la costruzione di un impianto, ma fu a Montalto di Castro che la mobilitazione trovò una preziosa occasione di convergenza e visibilità. Se già nel 1976 il comitato locale aveva ricevuto il sostegno delle associazioni conservazioniste, come Italia Nostra e Wwf Italia rivelatesi utili per acquisire il favore di una più larga opinione pubblica, l'anno successivo fu l'intervento di “movimento del '77” a conferire alla protesta carattere di massa e risonanza nazionale2.
L'onda alta della mobilitazione anti-nucleare si raggiunse tra il 1978 e il 1979 con il contributo di una minoranza di forze politiche parlamentari, come il partito radicale e Democrazia proletaria, e di un qualificato gruppo di scienziati e ricercatori vicini alle riviste e alle organizzazioni della Nuova sinistra3. In particolare, alcuni esponenti del partito radicale promossero la nascita nel 1977 della “Lega per l'energia alternativa e la lotta anti-nucleare”, che divenne in breve tempo la sezione italiana dell'associazione “Friend of Earth”. L'anno successivo tecnici ed ecologi come Virginio Bettini, Giorgio Nebbia, Massimo Scalia e Marcello Cini fondarono il “Comitato per il controllo delle scelte energetiche”. Questa larga e composita partecipazione dimostrò che il movimento anti-nucleare costituiva una realtà consolidata nel contesto nazionale, sebbene la cooperazione tra i soggetti sociali fu assai limitata a causa delle divergenze relative alle valenze politiche e alle modalità di attivismo della mobilitazione4. I settori dell'ecologia politica come il CCSE incoraggiavano pratiche di contestazione diretta e antagonista, alimentate da una concezione dell'energia nucleare principalmente quale componente centrale della più recente strategia economica elaborata dalle multinazionali capitaliste per far fronte alla crisi petrolifera aperta con lo shock del 1973. Sul versante libertario rappresentato dai radicali e da “Amici della Terra”, le finalità primarie erano costituite dalla difesa dell'ambiente e della sicurezza dei cittadini perseguite mediante tecniche di protesta che sebbene “non convenzionali” risultavano istituzionali e pacifiche, volte a riformare il sistema politico dall'interno. Sulla traiettoria di questa irriducibile divisione interna, l'esperienza della mobilitazione si esaurì quando nel febbraio del 1979 il CCSE respinse la proposta referendaria avanzata l'autunno precedente da Amici della Terra raccogliendo oltre mezzo milione di firme per abrogare le norme che regolavano la localizzazione dei siti nucleari 5.
Nonostante il referendum, annullato dalla Corte costituzionale nel 1981, avesse palesato le diversità di vedute e di intenti che animavano la lotta al nucleare, ma anche la difficoltà a inserire il discorso ecologico nell'agenda politica nazionale, le vicende della compagna anti-nucleare crearono per la prima una rete di collaborazione tra diversi attori coinvolti in una mobilitazione con forti ed esplicite connotazioni ambientali6.
Seppure caratterizzata da divisioni che nell'immediato apparvero non ricomponibili, l'esperienza della mobilitazione realizzò le condizioni per allentare in maniera significativa il cordone ombelicale che legava le istanze ambientali al ventre materno della sinistra: si assiste al graduale declino del ruolo fin ad allora attribuito al movimento operaio, inteso come soggetto sociale e politico di riferimento prioritario anche per una politica ambientalista7. In questa direzione svolse un ruolo assai rilevante l'attivismo del partito radicale che introdusse innovative forme contestatarie incentrate sulla difesa dei diritti civili e umani, della pace e delle libertà individuali: attingendo alla tradizione di impegno pubblico di matrice anglosassone, rappresentarono il primo partito italiano a dare espressione istituzionale alle istanze moderne emerse con la stagione dei movimenti8. Attraverso campagne di protesta che affrontavano singole questioni di interesse pubblico, contribuirono notevolmente a promuovere esperienze di comunità fondamentali per costruire le basi di una moderna società civile che in Italia mostrava ancora segni di debolezza a causa del persistere di una rigida irreggimentazione della società nelle due dominanti sub-culture, quella cattolica e quella marxista, che fino agli anni Settanta “presidiarono” i canali di partecipazione alla vita politica e sociale della collettività9.
Tuttavia, il movimento anti-nucleare non fu soltanto strumento di saldatura interna all'ambientalismo, ma agì da catalizzatore di sensibilità ecologiche di tendenze controculturali nella società, promuovendo un nuovo bisogno di “natura” che assumeva varie forme come la medicina naturale, un'alimentazione sana, un turismo alternativo praticato nelle campagne e attività all'aria aperta10. Oltre alla poco conosciuta Lega naturista sorta nel 1976, l'anno dopo iniziò l'avventura di Aam Terra Nuova, una rivista fautrice di uno stile di vita solidale, della medicina non convenzionale e dell'agricoltura biologica. Tra il 1977 e il 1978 vennero creati gruppi in difesa degli animali come la “Lega contro la vivisezione”, la “Lega italiana per i diritti degli animali” e la “lega per l'abolizione della caccia”. Infine comparvero i “Gruppi di ricerca ecologica” (GRE) il primo movimento ambientalista che s'ispirava ai valori e alla cultura della destra11..
Il percorso di produzione di una autonoma cultura ambientalista e della sua diffusione su scala nazionale accelerò durante gli anni Ottanta grazie a rilevanti cambiamenti che modificarono le condizioni sociali e politiche del paese12. Dal punto di vista della società, l'affermazione di una radica classe media portatrice di nuovi bisogni immateriali orientò l'opinione pubblica a ridurre l'attenzione su tematiche come salari e ordine pubblico per concentrarsi su questioni inerenti alla qualità della vita, tra le quali emergeva il bisogno di natura13.
I mutamenti nel contesto politico interessavano principalmente la crisi delle due grandi sub-culture che fino a quel momento avevano monopolizzato la partecipazione alla sfera pubblica. L'allontanamento dalle forme politiche convenzionali e dai partiti che le rappresentavano – partito comunista e Democrazia cristiana – creò un fondamentale spazio di azione la crescita di nuove forze sociali impegnate su questioni difficilmente riconducibili alla polarizzazione Destra-Sinistra. La drastica riduzione della conflittualità di classe comportò inoltre una fondamentale perdita di influenza da parte dei sindacati e dei movimenti della nuova sinistra, i cui attivisti di base costituirono un serbatoio disponibile per nuove e diverse mobilitazioni14.
Gli spazi della sfera pubblica lasciati vuoti dalla generale crisi della sinistra e del correlato sistema di organizzazione sociale consentirono dunque al movimento ambientalista di superare le numerose divisioni interne elaborando un autonomo progetto di società. In questa prospettiva svolse un ruolo decisivo la nascita di una nuova realtà associativa, capace di unificare le diverse anime, abbandonare la vincolante visione anti-capitalista che aveva caratterizzato la prima fase della lotta al nucleare e a un tempo attrarre il favore del grande pubblico della classe media: La Lega per l'ambiente, nata nel marzo del 198015.
Questa nuova associazione generata in seno all'Arci, si caratterizzava per la sua struttura federativa capace di creare una piattaforma di coordinamento tra una forte organizzazione professionale, l'attivismo dei numerosi comitati locali, la pratica di azioni non convenzionali con forte carica esemplare e una fondamentale attenzione all'analisi scientifica del degrado ambientale, cioè al dato tecnico, all'attendibilità dell'analisi e delle forme efficaci per combatterlo¹⁶. La creazione di un comitato tecnico-scientifico atto a legittimare le scelte dell'associazione fu all'origine del successo di Legambiente, il cui “ambientalismo scientifico” riuscì a condurre a sintesi le problematiche proprie dell'ecologismo politico neo-marxista, attento alle valenze sociali e politiche con un'attitudine “libertaria” sensibile ai temi della solidarietà, della pace e della qualità della vita in una innovativa forma di impegno ambientale pragmatico, eclettico e incentrato su alcuni temi centrali che « non condiziona la partecipazione all'adesione a un quadro teorico rigido […] e che rifugge dalla pretesa di collocare ogni singola azione dentro un progetto complessivo di trasformazione della società »¹⁷.
Al di là delle numerose azioni dirette e degli importanti risultati ottenuti, Legambiente svolse il fondamentale ruolo di collegamento tra le molteplici ed eterogenee realtà ambientaliste presenti nel paese¹⁸, sancito dalla funzione di coordinamento esercitata in seno a “Arcipelago verde”, la piattaforma di collaborazione organizzata dalla numerose realtà ecologiste e naturaliste italiane a Bologna nel 1981.
Tra il dicembre del 1982 e il febbraio del 1983 due eventi segnano l'affermarsi della leadership della nuova associazione e a un tempo il rafforzamento dell'autonomia culturale, progettuale e infine politica del movimento ambientalista. Il primo è rappresentato dal convegno internazionale organizzato a Trento da Alexander Langer e Marco Boeri che affrontava il tema della creazione di un partito verde anche in Italia, al quale parteciparono molti esponenti dei Verdi tedeschi già dotati di una strutturata rappresentanza politica autonoma. Nello stesso periodo “La nuova ecologia” preparava l'assemblea nazionale indetta per il febbraio 1983 a Milano con le finalità di promuovere una concreta collaborazione tra i “verdi” italiani per gettare le basi di un organico progetto di società, di proposta ed esperienza politica¹⁹. Da queste occasioni di incontro e coordinamento deriveranno la scelta di partecipare all'agone elettorale alle elezioni amministrative svoltesi in primavera con una dozzina di liste Verdi, che ottennero un confortante risultato soprattutto nei comuni minacciati da centrali nucleari, dove superarono il 10%, ma principalmente emerse come il vero collante del movimento capace di farsi interprete e promotore dell'autonoma mobilitazione politica e sociale fosse Legambiente²⁰.
A sostenere l'ulteriore crescita e affermazione della sensibilità ambientalista nell'opinione pubblica sopraggiunse il ripetersi di disastri ecologici dovuti allo sviluppo tecnologico, come la fuoriuscita di materiale radioattivo dalla centrale nucleare di Three Mile Island nel 1979 e la catastrofica esplosione di Bhopal, in India, nel 1984: in questo periodo la base associativa delle diverse organizzazioni a carattere ambientale aumentò notevolmente, riuscendo anche a coinvolgere le generazioni più giovani e gli strati sociali più diversi²¹.
Tuttavia, fu ancora la questione nucleare a sancire la definitiva consacrazione del movimento in seguito al grave incidente di Cernobyl avvenuto il 26 aprile 1986. Il 10 maggio successivo Legambiente si fa promotrice di una manifestazione nazionale alla quale risponderanno solo a Roma in duecentomila per protestare contro l'incidente nucleare sovietico. Nel giro di pochi giorni Legambiente, Amici della Terra, Lipu, Wwf, Democrazia Proletaria, Figc, Radicali e verdi depositano la richiesta di tre nuovi referendum popolari per l'abrogazione di alcuni articoli di legge, in mancanza dei quali si ferma di fatto la costruzione delle centrali nucleari: le firme raccolte in due mesi saranno un milione, il doppio del necessario. L'incidente di Cernobyl innescò una stabile collaborazione tra azioni fortemente differenti, promuovendo la convivenza tra diverse problematiche ambientali all'interno di un movimento unitario e strutturato²².
Il secondo congresso nazionale di Legambiente convocato a Perugia nel giugno dello stesso anno determina una svolta definitiva per l'associazione e più in generale rappresenta il momento simbolico della completa emancipazione rispetto alle logiche politiche di una parte di cittadini impegnati intorno ai problemi ambientali: in quell'occasione si decide l'allontanamento dall'Arci e la scelta definitiva di non impegnarsi direttamente nelle liste verdi23.
Il vento in poppa nello scontro sul nucleare porta altri successi: alle politiche del 14 giugno 1987 i verdi entrano in parlamento, mentre gli ambientalisti trionfano in quattro referendum locali contro altrettante centrali a carbone. Anticipazioni queste del più determinante successo del movimento: l'8 novembre 1987 i tre quesiti del referendum anti-nucleari ottengono esiti plebiscitari circa il 90%24.
Il maggio 1988 segna la fine di una stagione per l'ambientalismo. A pochi giorni della manifestazione ecopacifista indetta per celebrare il secondo anniversario di Cernobyl, demoproletari e giovani comunisti intenzionati a erodere il consenso ottenuto dai Verdi anche grazie al loro contributo, accentuano i contenuti della manifestazione spostando le attenzioni sulla situazione israelo-palestinese: ventiquattro ore prima la manifestazione verrà revocata e il deputato demoproletario Edo Ronchi si dimette per protesta dal proprio gruppo per entrare nei verdi25.
Con l'inizio dell'ultimo decennio del XX secolo il movimento ambientalista diventerà un vero e proprio attore politico con la costituzione del partito dei Verdi, che porterà al risultato storico di esprimere nel 1993 il sindaco della capitale, Rutelli. Sebbene gli anni Novanta costituiranno un periodo di profondo ripiegamento delle tematiche ambientaliste a causa della centralità di vicende giudiziarie e politiche molto gravi, il movimento rappresentava una realtà assai significativa nel paese, capace di influenzare l'agenda politica del governo come dimostra la crescente influenza del ministero dell'Ambiente26.
In definitiva, dal processo di integrazione delle reciproche differenze tra le diverse forme di impegno a tutela dell'ambiente scaturì quello che soltanto nei primi anni Ottanta riuscì a definirsi a pieno titolo movimento ambientalista. La portata innovativa risiedeva nel fatto che esso costituiva un originale ambito di aggregazione di esperienze e culture diverse, scaturito dalla rielaborazione di una molteplicità di percorsi politici in particolare della nuova sinistra, dall'associazionismo conservazionista, dal radicalismo democratico e capace di aggregare attorno al protagonismo sociale e culturale dei ceti medi colti una più vasta opinione portatrice di istanze politiche originali. Il patrimonio culturale così costruito si incardinava quindi sulle richieste di protezione patrimonio naturale, di tutela della salute individuale collettiva e individuale, di contenimento dei consumi27.
Tuttavia il radicamento dell'ambientalismo nella società italiana non deve essere visto come il prodotto di un processo di emancipazione della società civile dalla tutela dei partiti-Stato. Esso espresse il tentativo di formulare lucidamente modalità di azione politica originali e nuovi equilibri tra società e sistema politico
Se da un lato è vero che la storia dell'ambientalismo italiano può essere letta come un grande sforzo per costruire una realtà associativa di massa, unica in grado di salvare interessi diffusi e collettivi come quelli ambientali, indipendentemente dalle appartenenze partitiche, dall'altro questa sfida rappresenta un simbolo estendibile a tutta la tradizione del nostro paese di associazionismo civile e di massa, mai capace di svincolarsi da uno stretto riferimento politico. Tuttavia, in questo prospettiva, quella di Legambiente può essere definita come la prima esperienza associativa con tratti di sostanziale autonomia dagli schieramenti politici28.
2 G. Della Valentina, Storia dell'ambientalismo in Italia, cit., p. 158
3 S. Neri Serneri, Culture e politiche del movimento ambientalista, in, F. Lussana-G. Marramao, L'Italia repubblicana nella crisi degli anni Settanta. Culture, nuovi soggetti, identità, Rubettino, Soveria Mannelli, 2003, p. 379
4M. Diani, Isole nell'arcipelago. Il movimento ambientalista in Italia,cit., p. 137
5Ivi cit., p. 76
6S. Neri Serneri, Culture e politiche del movimento ambientalista, cit., pp. 383-384
7Id., Incorporare la natura, cit., p. 294
8G. Della Valentina, Storia dell'ambientalismo in Italia, cit., pp. 147-148
9 M. Diani, Green networks, cit., p. 32
10 G. Della Valentina, Storia dell'ambientalismo in Italia, cit., p. 150
11 Ivi cit., p. 150
12 M. Diani, Isole nell'arcipelago, cit., p. 203
13 Ivi cit., p. 205
14R. Biorcio, Ecologia politica e liste verdi, in, R. Biorcio-G. Lodi (a cura di), La sfida verde. Il movimento ecologista in Italia, Liviana, Padova, 1988, pp. 118-119
15 M. Diani, Green networks, cit., p. 36-37
16 A. Poggio, L'evoluzione dell'ambientalismo in Italia, cit., p. 193
17 R. Della Seta, L'ambientalismo, cit., p. 158
18 R. Biorcio, Ecologia politica e liste verdi, cit., p. 123-125
19 A. Poggio, Ambientalismo, cit., p. 75
20 S. Neri Serneri, Incorporare la natura, cit., p. 298
21 M. Diani, Isole nell'arcipelago, cit., pp. 56-58
22 Id. Green Networks, cit., p. 39
23 A. Poggio, Ambientalismo, cit., p. 78
24 A. Poggio, L'evoluzione dell'ambientalismo in Italia, cit., p. 204-205
25 A. Poggio, Ambientalismo, cit., p. 81
26 G. Della Valentina, Storia dell'ambientalismo in Italia, cit., pp. 211-215
27 S. Neri Serneri, Incorporare la natura, cit., p. 301
28 A. Poggio, L'evoluzione dell'ambientalismo in Italia, cit., p. 183
Mirko Bueti
Dottore in Documentazione e Ricerca storica, laureato all’Università degli Studi di Siena. E' studioso della storia del movimento ambientale.
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