di Mirko Bueti
1Per una approfondita indagine dei maggiori casi di inquinamento e dei fattori che li hanno generati durante il Novecento vedi: J. R. McNeil, Qualcosa di nuovo sotto il sole, cit.
2D. Worster, Storia delle idee ecologiche, cit., pp. 436-440
3La letteratura sull'argomento della “Golden age” è assai vasta; proponiamo qui alcuni contributi di riferimento: M. Franzini, L’«età dell’oro» dell’economia, in, AA.VV, Storia Contemporanea, Donzelli, Roma, 1997; N. Crafts e G. Toniolo (a cura di), Economic Growth in Europe since 1945, Cambridge, Cambridge University Press, 1996; E.J. Hobsbawm, Il secolo breve, Rizzoli, Milano, 1994 (Cap. IX)
4J. R. McNeil, Qualcosa di nuovo sotto il sole, cit., p. 5
5D. Worster, Storia delle idee ecologiche, cit., p. 424
6Ivi cit., pp. 439-442
7 In particolare ha rivestito una grande rilevanza il simposio di Princeton del 1955 sullo stato del rapporto uomo-natura al quale parteciparono molti studiosi dell'ecologia umana emergente che focalizzando il dibattito sul problema del posto dell’uomo nell’ambiente globale e sulla generale preoccupazione per la condizione di quell’ambiente, contribuì a fornire all'opinione pubblica un sostrato culturale decisivo per capire i termini del problema ecologico. Ivi cit., p. 441
8La vista della marea nera sulle coste della Cornovaglia che contaminò le spiagge e gli uccelli (1967), le immagini della Terra vista dallo spazio divulgate dalle televisioni in seguito allo sbarco dell'uomo sulla luna e le catastrofi industriale assai comuni contribuirono ad avvicinare il grande pubblico alla percezione della fragilità dell'ambiente e soprattutto alle ripercussioni negative dei danni ambientali nella vita quotidiana delle persone, R. Delort-F. Walter, Storia dell'ambiente europeo, cit., p. 134
9Cfr S. P. Hays, Beauty, Health, and Permanence: Environmental Politics in the United States 1955–1985, Press Syndacate of the university of Cambridge, Cambridge, 1987
10Il rapporto tra fattori socio-economici, demografici e le convinzoni politiche da un lato e attenzione all'ambiente dall'altro fu al centro di un vivace e ancora attuale dibattito interno sia alla sociologia sia alla storiografia, sollevatosi durante gli anni Ottanta. Alcuni contributi in ordine di tempo: V. Buttel-W.L. Flinn, The politic of environmental concerns. The Impacts of Party Identification and Political Ideology on Environmental Attitudes, Environment and Behavior, Vol. 10, n. 1, Thousand Oaks, CA, 1978, pp. 17-36; Id., Social Class and Mass Environmental Beliefs: A Reconsideration, Environment and Behavior, Vol. 10, n. 3, Thousand Oaks, CA, 1978, pp. 433-450; D. M. Samdahl-R. Robertson, Social Determinants of Environmental Concern: Specification and Test of the Model, Environment and Behavior, Vol. 21, n. 1, Thousand Oaks, CA, 1989, pp. 57-81; D. E. Taylor, Blacks and the Environment: Toward an Explanation of the Concern and Action Gap between Blacks and Whites, Environment and Behavior, Vol. 21, n. 2, Thousand Oaks, CA, 1989, pp. 175-205
11Secondo O'Riordan il rapporto tra la politica pubblica federale e l'ambiente ha conosciuto prima degli anni Sessanta due principali fasi evolutive: la prima ebbe luogo tra il 1890 e il 1920 e fu caratterizzata dalla politica progressista di Theodor Roosvelt in cui il conservazionismo venne articolato in funzione dello sviluppo economico; la seconda, tra il 1933 e il 1943, fu dominata dalla figura di Frenklin D. Roosvelt, interessato alla grandi opere pubbliche ma anche alla difesa della natura incontaminata e dell'erosione dei suoli. Vedi: T. O'Riordan, The Third american conservation movement: New Implication for public policy, Journal of American Studies, Vol 5, n.2, Cambridge University press, 1971, 155-171.
12T. Robertson, Total War and the Total Environment: Fairfield Osborn, William Vogt, and the Birth of Global Ecology, Environmental History 17 (April 2012): 336–364.
13Ivi cit., pp. 349-351
14C. Capineri, Geografia verde: linguaggi, misure e rappresentazioni, Franco Angeli, Milano, 2009, p. 53
15A. Rome, “Give Earth a Chance”: The Environmental Movement and the Sixties, Journal of American History, Vol. 90, n.2, Oxford University Press, Oxford, pp. 525-554
16Ivi cit., pp. 527-534
17G. Nebbia, Breve storia della contestazione ecologica, Quaderni di storia ecologica, n. 4, Milano, pp. 62-65
18T. Robertson, Total War and the Total Environment: Fairfield Osborn, William Vogt, and the Birth of Global Ecology, cit., pp. 342-345
19C. Capineri, Geografia verde, cit., p. 64; D. Worster, Storia delle idee ecologiche, cit., pp. 434-437
20P. Acot. Storia dell'ecologia, Lucarini editore, Roma, 1989, pp. 203-205
21D. Peterson del Mar, Environmentalism, Parson, Edimburgo, 2006, p. 123
22Cfr. P. Bevilacqua, Tra natura e storia, Ambiente, economie risorse in Italia, Donzelli, 1996; Id., Demetra e Clio, cit.
23L. Piccioni-G. Nebbia, I limiti dello sviluppo in Italia. Cronache di un dibattito 1971-1974, I quaderni di Altronovecento, No 1 Rivista online, Novembre, 2011, p. 16 [http://www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/allegati/6677_2012.3.20_Altro900_Quaderno_1.pdf] consul il 22 maggio 2015]
24Ivi cit., pp. 24-36
25R. Delort-F. Walter, Storia dell'ambiente europeo, cit., p. 132
26P. Bevilacqua, Demetra e Clio, cit., p. 68
Prima parte: Il movimento ambientale dalle origini all'ecologismo moderno: tra società, cultura e scienza
Seconda parte. I proto-ambientalisti: conservazionismo sulle due sponde dell'Atlantico. Il movimento ambientale dalle origini all'ecologismo moderno.
Mirko Bueti
Dottore in Documentazione e Ricerca storica, laureato all’Università degli Studi di Siena. E' studioso della storia del movimento ambientale.
Il
contesto mondiale del secondo dopoguerra inaugura un periodo della
storia contemporanea assai innovativo, innescando cambiamenti
sociali, economici e politici tali da sollevare un vivace dibattito
sulla possibilità di individuare in quegli anni un momento
periodizzante1.
Tra i fattori di grande novità occupa un posto privilegiato l'ascesa
al centro del dibattito internazionale dei problemi dell'ambiente,
che ha portato Worster a parlare di “Era dell'ecologia”2
e Delort e Walter a sostenere la nascita di un nuovo paradigma
ecologico3. Dal
termine della seconda guerra mondiale fino alla fine degli anni
Sessanta a causa del susseguirsi e della gravità dei nuovi problemi
ambientali1
si sollevarono all'interno dell'opinione pubblica internazionale
numerose voci di denuncia rispetto ai danni causati dall’inquinamento
industriale e chimico e dalla proliferazione del nucleare.
Le
analisi prodotte da un sempre più nutrito gruppo di scienziati sulle
conseguenze distruttive delle attività antropiche sulla natura
misero in luce come gli effetti dell'inquinamento e del degrado
dell'ambiente biofisico si ripercuotessero in modo negativo sulla
qualità della vita degli esseri umani, minacciando direttamente la
sopravvivenza stessa della specie2.
Paradossalmente,
proprio nel momento in cui l'Occidente celebrava i suoi fasti con
l'avvento di quella che è stata definita “Golden Age”3,
l'ecologia usciva dai ristretti spazi della disciplina scientifica
per mostrare al mondo come il sistema economico e
scientifico-tecnologico di quella stessa civiltà costituisse una
seria minaccia alla vulnerabilità della natura e quindi alla vita
umana.
A promuovere l'elaborazione di nuove forme di impegno ambientale
sopraggiunsero nell'immediato dopoguerra tre elementi di
discontinuità nell'ambito del rapporto tra società e ambiente.
Il
primo interessa la minaccia tecnologica rappresentata dallo
sfruttamento dell'energia atomica che alimentò un attenzione sempre
maggiore da parte dell'opinione pubblica internazionale4.
Gli esiti distruttivi dei programmi di sperimentazione nucleare degli
eserciti americano e sovietico stimolarono la reazione di una parte
della comunità scientifica statunitense, la quale nel 1958 costituì
il
“Comitato per l’informazione nuclare”, che divenne ben presto
una campagna di informazione e protesta: « la
campagna contro la minaccia della radioattività creò un precedente
per gli scienziati che si occupavano di politica, che mobilitavano
l’opinione pubblica e che, senza colpa e responsabilità,
auspicavano una nuova etica verso la natura »5. Questo
connubio tra scienza e impegno ambientalista è alla base del secondo
elemento preso in esame: il processo di popolarizzazione delle idee
ecologiche, che diffuse in una sempre maggiore parte della società
la consapevolezza dei rischi legati alla trasformazione
indiscriminata della natura6.
L'opera di divulgazione scientifica sull'emergenza ecologica
planetaria7
ebbe un notevole riscontro mediatico nella spettacolarizzazione di
eventi legati al Pianeta, che favorì lo sdoganamento della questione
ambientale dallo specialismo delle discussioni accademiche, per
aprirsi alla ricezione da parte della società8. Infine,
il terzo elemento indviduato è l'avvento della società affluente9.
La inedita diffusione della ricchezza e il potenziamento del processo
di alfabetizzazione durante la Golden Age concorsero a indirizzare le
istanze sociali su temi afferenti la qualità della vita, dai quali
scaturì la domanda di un ambiente più salubre10.Il
percoso di diffusione di una moderna cultura ecologica e di
elaborazione di nuove forme di impegno ambientale prese avvio dal
dinamismo intellettuale, scientifico e politico che caratterizzava il
contesto nazionale degli Stati Uniti11.
L'attenzione conferita dalle politiche federali alle problematiche
ambientali risalente ai primi anni del Novecento subì un profondo
rinnovamento già nell'immediato secondo dopoguerra con la
pubblicazione di due libri nel 1948 che allargarono i termini del
dibattito pubblico introducendo i temi della sovrappolazione,
dell'eccesso dei consumi e dello sfruttamento delle risorse12.
I due autori, Fairfield Osborn e William Vogt, criticarono il modello
di sviluppo occidentale fondato sulla crescita illimitata, sostenendo
che una sua diffusione planetaria avrebbe provocato instabilità
costante e conflitti, causati dalla sempre minore disponibilità
globale di risorse13.
Durante
gli anni Sessanta si consuma una forte discontinuità nel processo di
evoluzione delle sensibilità ambientali, segnato dalle denunce da
parte di un nutrito gruppo di ecologi che, rivelando l'ingigantirsi
di fenomeni quali inquinamento, degrado, perdita di biodiversità,
riuscirono ad attrarre un notevole consenso pubblico ai temi
sull'ambiente14.
Seguendo l'analisi di Adam Rome le peculiarità di questo decennio
sono riconducibili a tre ordini di fattori15:
in primo luogo, la diffusione di paradigmi contestatari di matrice
controculturale che individuarono nella fruizione emotiva della
natura un antidoto al conformismo urbano e una fonte di creatività;
in secondo luogo, il contributo del movimento femminista, che
attribuì all'attivismo ambientale una forte valenza liberatoria,
inteso come il primo passo verso nuove responsabilità; infine il
rinnovamento dell'agenda elettorale e politica del partito
democratico americano in cui l'impegno a favore dell'ambiente divenne
una delle principali priorità governative, grazie alla presidenza di
John Kennedy e successivamente di Lyndon Johnson16. Probabilmente
la più celebre protagonista di questo periodo fu Rachel Carson, il
cui saggio “Primavera silenziosa” divenne in pochi anni un vero
best sellers mondiale. Denunciando i gravi danni provocati dall'uso
di prodotti chimici in agricoltura, in particolare pesticidi come il
DDT, giunse a dimostrare come fossero i prodotti stessi dell'ingegno
umano a mettere a rischio la sopravvivenza dell'uomo, sottolinenando
l’esigenza di un sviluppare un rapporto di armonia con la natura17.
Pochi anni dopo, il biologo americano Paul Ehrlich pubblicò un'opera
dal titolo assai esplicativo “La bomba demografica”, discutendo
le conseguenze ambientali dell'attuale crescita della popolazione
mondiale18.
Ispirandosi all'argomento malthusiano della scarsità delle risorse,
sollevò il probema del rapporto tra sovrappopolalazione, sicurezza
alimentare e degrado dell'ambiente. Infine, Barry Commoner, con
l'opera “Il cerchio da chiudere” pubblicata nel 1971, individuò
nelle “azioni sociali”, cioè nelle modalità di sfruttamento e
di gestione sociale delle risorse naturali, le cause ultime della
crisi ambientale19.
Arricchendo la denuncia ecologica di istanze antiproduttiviste e
riformatrici del sistema capitalistico, il saggio del biologo
statunitense viene convenzionalmente ritenuto l'atto di nascita
dell'ecologia politica20. Il
processo di tumultuosa ricerca e di organizzazione della materia
raggiunse una dimensione stabilmente internazionale con la
celebrazione nel 1970 a New York dell'“Earth Day” a cui
parteciparono milioni di cittadini provenienti da tutto il Mondo e
con la prima conferenza internazionale sull'ambiente tenutasi a
Stoccolma nel 1972, che istituì il “ United Nation Environmental
Programme” il programma delle Nazioni Unite per la ricerca e il
monitoraggio dell'ambiente21. Tuttavia,
furono due avvenimenti distanziati tra loro da pochi mesi di tempo
che concorsero a determinare le linee fondamentali della cultura
ambientalista: la pubblicazione da parte del Club di Roma del
rapporto sui limiti della crescita economica e la crisi energetica
del 197322.
Il
rapporto illustrava in una veste rigorosa, sostenuta da complesse
elaborazioni statistiche, che gli attuali tassi di crescita della
popolazione se mantenuti avrebbero causato nel breve arco di un
secolo il dilagare di malattie, epidemie, fame e conflitti per le
risorse. Il documento rielaborò le problematiche già note inerenti
al consumismo, all'inquinamento, alla scarsità delle risorse, alla
crescita demografica mondiale, al sottosviluppo collocandole in una
prospettiva unitaria specificatamente ambientale: le
conclusioni avanzate dal rapporto convergevano sulla necessità di
arrestare la crescita demografica attraverso l'istituzione di un
controllo delle nascite e di ridimensionare il modello della crescita
economica illimitata, mediante scelte radicali che ponessero limiti
alla produzione e al consumo di beni23. Le
proposte del Club di Roma sollevarono forti critiche, trasversali ad
ambienti anche molto differenti tra loro, legati alla sinistra
politica, alla Chiesa cattolica e alle scuole del pensiero economico,
che accusarono il Rapporto di scarsa attendibilità24.
Tuttavia,
la minaccia della esauribilità delle risorse prefigurata da Limit
to the growth
assunse i contorni di una concreta possibilità con lo shock
petrolifero del 1973: « I
profeti di un nuovo tipo di crescita, gli apostoli della
dissacrazione del Pil, non avrebbero senza dubbio avuto tanto
successo se la recessione economica del 1973 non avesse costretto la
società a un certo numero di scelte »25.
Si trattò di un evento di profondo impatto simbolico e culturale per
l'intera opinione pubblica occidentale, con il quale divennero
visibili le fragili basi materiali di un benessere che sembrava senza
fine e la possibile reversibilità dello sviluppo: la finitezza delle
risorse naturali apparve come un dato reale e prossimo, la fine di un
sogno di progresso infinito26.
1Per una approfondita indagine dei maggiori casi di inquinamento e dei fattori che li hanno generati durante il Novecento vedi: J. R. McNeil, Qualcosa di nuovo sotto il sole, cit.
2D. Worster, Storia delle idee ecologiche, cit., pp. 436-440
3La letteratura sull'argomento della “Golden age” è assai vasta; proponiamo qui alcuni contributi di riferimento: M. Franzini, L’«età dell’oro» dell’economia, in, AA.VV, Storia Contemporanea, Donzelli, Roma, 1997; N. Crafts e G. Toniolo (a cura di), Economic Growth in Europe since 1945, Cambridge, Cambridge University Press, 1996; E.J. Hobsbawm, Il secolo breve, Rizzoli, Milano, 1994 (Cap. IX)
4J. R. McNeil, Qualcosa di nuovo sotto il sole, cit., p. 5
5D. Worster, Storia delle idee ecologiche, cit., p. 424
6Ivi cit., pp. 439-442
7 In particolare ha rivestito una grande rilevanza il simposio di Princeton del 1955 sullo stato del rapporto uomo-natura al quale parteciparono molti studiosi dell'ecologia umana emergente che focalizzando il dibattito sul problema del posto dell’uomo nell’ambiente globale e sulla generale preoccupazione per la condizione di quell’ambiente, contribuì a fornire all'opinione pubblica un sostrato culturale decisivo per capire i termini del problema ecologico. Ivi cit., p. 441
8La vista della marea nera sulle coste della Cornovaglia che contaminò le spiagge e gli uccelli (1967), le immagini della Terra vista dallo spazio divulgate dalle televisioni in seguito allo sbarco dell'uomo sulla luna e le catastrofi industriale assai comuni contribuirono ad avvicinare il grande pubblico alla percezione della fragilità dell'ambiente e soprattutto alle ripercussioni negative dei danni ambientali nella vita quotidiana delle persone, R. Delort-F. Walter, Storia dell'ambiente europeo, cit., p. 134
9Cfr S. P. Hays, Beauty, Health, and Permanence: Environmental Politics in the United States 1955–1985, Press Syndacate of the university of Cambridge, Cambridge, 1987
10Il rapporto tra fattori socio-economici, demografici e le convinzoni politiche da un lato e attenzione all'ambiente dall'altro fu al centro di un vivace e ancora attuale dibattito interno sia alla sociologia sia alla storiografia, sollevatosi durante gli anni Ottanta. Alcuni contributi in ordine di tempo: V. Buttel-W.L. Flinn, The politic of environmental concerns. The Impacts of Party Identification and Political Ideology on Environmental Attitudes, Environment and Behavior, Vol. 10, n. 1, Thousand Oaks, CA, 1978, pp. 17-36; Id., Social Class and Mass Environmental Beliefs: A Reconsideration, Environment and Behavior, Vol. 10, n. 3, Thousand Oaks, CA, 1978, pp. 433-450; D. M. Samdahl-R. Robertson, Social Determinants of Environmental Concern: Specification and Test of the Model, Environment and Behavior, Vol. 21, n. 1, Thousand Oaks, CA, 1989, pp. 57-81; D. E. Taylor, Blacks and the Environment: Toward an Explanation of the Concern and Action Gap between Blacks and Whites, Environment and Behavior, Vol. 21, n. 2, Thousand Oaks, CA, 1989, pp. 175-205
11Secondo O'Riordan il rapporto tra la politica pubblica federale e l'ambiente ha conosciuto prima degli anni Sessanta due principali fasi evolutive: la prima ebbe luogo tra il 1890 e il 1920 e fu caratterizzata dalla politica progressista di Theodor Roosvelt in cui il conservazionismo venne articolato in funzione dello sviluppo economico; la seconda, tra il 1933 e il 1943, fu dominata dalla figura di Frenklin D. Roosvelt, interessato alla grandi opere pubbliche ma anche alla difesa della natura incontaminata e dell'erosione dei suoli. Vedi: T. O'Riordan, The Third american conservation movement: New Implication for public policy, Journal of American Studies, Vol 5, n.2, Cambridge University press, 1971, 155-171.
12T. Robertson, Total War and the Total Environment: Fairfield Osborn, William Vogt, and the Birth of Global Ecology, Environmental History 17 (April 2012): 336–364.
13Ivi cit., pp. 349-351
14C. Capineri, Geografia verde: linguaggi, misure e rappresentazioni, Franco Angeli, Milano, 2009, p. 53
15A. Rome, “Give Earth a Chance”: The Environmental Movement and the Sixties, Journal of American History, Vol. 90, n.2, Oxford University Press, Oxford, pp. 525-554
16Ivi cit., pp. 527-534
17G. Nebbia, Breve storia della contestazione ecologica, Quaderni di storia ecologica, n. 4, Milano, pp. 62-65
18T. Robertson, Total War and the Total Environment: Fairfield Osborn, William Vogt, and the Birth of Global Ecology, cit., pp. 342-345
19C. Capineri, Geografia verde, cit., p. 64; D. Worster, Storia delle idee ecologiche, cit., pp. 434-437
20P. Acot. Storia dell'ecologia, Lucarini editore, Roma, 1989, pp. 203-205
21D. Peterson del Mar, Environmentalism, Parson, Edimburgo, 2006, p. 123
22Cfr. P. Bevilacqua, Tra natura e storia, Ambiente, economie risorse in Italia, Donzelli, 1996; Id., Demetra e Clio, cit.
23L. Piccioni-G. Nebbia, I limiti dello sviluppo in Italia. Cronache di un dibattito 1971-1974, I quaderni di Altronovecento, No 1 Rivista online, Novembre, 2011, p. 16 [http://www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/allegati/6677_2012.3.20_Altro900_Quaderno_1.pdf] consul il 22 maggio 2015]
24Ivi cit., pp. 24-36
25R. Delort-F. Walter, Storia dell'ambiente europeo, cit., p. 132
26P. Bevilacqua, Demetra e Clio, cit., p. 68
Prima parte: Il movimento ambientale dalle origini all'ecologismo moderno: tra società, cultura e scienza
Seconda parte. I proto-ambientalisti: conservazionismo sulle due sponde dell'Atlantico. Il movimento ambientale dalle origini all'ecologismo moderno.
Mirko Bueti
Dottore in Documentazione e Ricerca storica, laureato all’Università degli Studi di Siena. E' studioso della storia del movimento ambientale.
Inveire contro Malthus (senza averlo mai letto) è espressione emblematica della trionfante cultura qualunquista, che pretende di giudicare senza alcun impegno a conoscere (impegno faticoso, che impone di rinunciare, magari, alla trasmissione tivù scintillante di lustrini. Giudicare? Un termine sproporzionato. Piuttosto professare la tranquillizzante sicumera che tutto finirà bene (alla napoletana "io speriamo che me la cavo".
RispondiEliminaDichiaro l'apprezzamento per le riflessioni di Bueti per il rilievo che attribuisce ai due studi del Club di Roma, che l'intera classe politica italiota ha ignorato, che molte delle classi politiche europee non hanno mai considerato. Prevedeva i primi segni della penuria all'inizio del millennio, che è stato segnato da una crisi economica priva di precedenti. Se l'alimentazione è il più primordiale dei bisogni umani, si può dichiarare che da anni i rapporti Fao falsificano il dato delle produzioni cerealicole asiatiche: prendete, sui rapporti Fao, le produzioni di tutti i paesi del Continente, fate la somma, otterrete un risultato inferiore a quello scritto, a fine colonna, dalla Fao: la differenza è perfettamente equivalente all'intera produzione canadese. Importazioni che le grandi potenze asiatiche non vogliono, palesemente, registrare.
Chi comanda, attualmente, alla Fao? Le grandi potenze emergenti, per le quali riconoscere, al proprio interno, sacche di fame costituirebbe un disonore irreparabile. Chi ne scrive i rapporti? Diplomatici di paesi asiatici dove il primo dovere dell'aristocratico che intenda essere ministro del califfo consiste nel saper mentire, in modo assolutamente convincente, secondo i desiderata del padrone. Se il padrone lo ritenga opportuno pronto a ricevere solennemente maghi e streghe del biodinamico, del bramanesimo della Shiva, dei cento sodalizi "bio", privi di qualunque cognizione scientifica comune, perfettamente d'accordo che si debba tornare alle sementi ante Rivoluzione verde, che producono meno della metà di quelle attuali, che, quindi, supponendo che tutti gli abitanti del pianeta fruiscano del cibo necessario (ma tutti ripetono che un miliardo non dispone delle calorie indispensabili), dovrebbero dimezzare.
C'è chi, ostinatamente, rifiuta di parlare di popolazione e risorse: ci pensano Vandana, i discepoli del satanista Steiner, le cento tribù "bio": dimezzando la produzione di alimenti, metà della popolazione planetaria dovrà togliere il disturbo, Non sarà necessaria nessun confronto politico né lo saranno decisioni draconiane: toglieranno, silenziosamente, il disturbo. Congratulazioni a Mirko Bueti per aver ricordato un documento che si dirige alla celebrazione del cinquantesimo anniversario, che ha proposto più di un indizio di veridicità, esorcizzato dalla connivenza della classe politica internazionale, sostenuta, per ragioni non incomprensibili, da scienziati o sedicenti tali dell'intero pianeta.