di Alberto Guidorzi e Luigi Mariani
Riassunto
I risultati di un recentissimo
studio epidemiologico (Andreotti et al., 2017) pubblicato negli Usa
dall’autorevole rivista scientifica Journal of the National Cancer
Institute evidenziano l’esposizione al glyphosate degli operatori
agricoli non causa un incremento significativo del rischio di tumori
ma viceversa comporta una lieve riduzione dello stesso, anche se
statisticamente non significativa. Nell’articolo viene altresì
presentato il confronto con i ben diversi risultati di uno studio
epidemiologico su Amianto condotto nel 2001 da Yano et al.
A sentire chi ha fatto
dell’interdizione del glyphosate una “battaglia di civiltà”
parrebbe di dedurre che il glyphosate sia “sicuramente”
cancerogeno come l’amianto. L’aggettivo “probabile” è stato
usato solo inizialmente mentre poi è completamente scomparso dai
media. All’opinione pubblica e ai consumatori è arrivato il
messaggio che “ il glyphosate è cancerogeno”. Ecco perché si è
titolato in questo modo, cercando di attirare l’attenzione del
pubblico su un’operazione mediatica oltremodo discutibile sul piano
etico.
Per chiarire come la verità sia stata
distorta si deve anzitutto sapere che per stabilire la pericolosità
di una sostanza vi sono due metodi. Il primo consiste nell’effettuare
studi il laboratorio in vitro oppure in vivo su animali da
laboratorio e poi di interpretare i risultati, mentre il secondo
consiste nell’effettuare indagini epidemiologiche sulla popolazione
umana. Spesso poi il secondo metodo viene abbinato al primo.
Qui di seguito proveremo allora a
confrontare i risultati di due studi epidemiologici fatti sul
glyphosate e sull’amianto.
Amianto
Per l’amianto esiste lo studio in
vivo
del 1974 sugli effetti dell’inalazione di amianto su
ratto (Wagner et al., 1974) e lo studio epidemiologico sulla
mortalità da cacncro di lavoratori esposti ad amianto (Yano et al.,
2001). Questo ultimo studio ha
seguito per 25 anni (1972/1996) un gruppo, in gergo indicato come
“coorte”, di 1165 operai di cui 515 lavoravano in una fabbrica
che trattava amianto (gruppo A) e 650 in una fabbrica vicina simile
in fatto di condizioni di lavoro e pure simile in fatto di condizioni
socioeconomiche degli operai, ma che non lavorava amianto (gruppo B).
Questo secondo gruppo è stato usato come gruppo di controllo per
poter verificare l’eccesso di mortalità da amianto. Su 515
lavoratori del gruppo A, 132 sono deceduti durante il periodo di
controllo, ossia il 25% di mortalità mentre nel gruppo B ne sono
morti solo 42, ossia il 6%. Deduzione logica: l’esposizione
all’amianto ha moltiplicato per 4 la mortalità. Se
poi si dettagliano le cause di mortalità l’andamento è ancora più
chiaro.
Possiamo infatti notare che nel gruppo A (operai che lavorano in fabbrica che tratta amianto):
Glyphosate
Nessuno studio epidemiologico precedente era stato fatto, ma solo prove in vitro o in vivo. Ora invece è apparso uno studio condotto su una coorte di agricoltori. Tra gli studi in vitro o in vivo su animali e gli studi epidemiologici vi è una grande differenza perché i primi rispecchiano le condizioni reali di esposizione, mentre le prove in laboratorio sono eseguite in condizioni che hanno sempre un certo tasso di artificialità. Lo studio, dal titolo “Glyphosate Use and Cancer Incidence in the Agricultural Health Study” è uscito sul Journal of the National Cancer Institute, rivista scientifica la cui autorevolezza è attestata dall’altissimo impact factor (12), vede come prima autrice Gabriella Andreotti e come ultima Laura Beane Freeman e può essere consultato al sito da cui è possibile scaricare la versione PDF del lavoro (qui).
Si noti che Laura Beane Freeman è una specialista di studi epidemiologici avendo condotto ricerche su vari fitofarmaci, su arsenico e su formaldeide.
Per finire chi ha finanziato lo studio sono organismi pubblici e senza conflitti d’interesse dichiarati. In sintesi si tratta di uno studio durato 20 anni su 54.251 agricoltori che hanno lavorato in Carolina del Nord e nello Iowa. Fra questi 9319 non hanno mai usato il glyphosate e quindi sono serviti da gruppo di controllo mentre 44932 sono invece stati esposti al glyphosate. Sono state verificate anche le condizioni socioeconomiche come: classe d’età, sesso, livello di educazione, tabagismo, consumo di alcol ecc. Ci si è anche preoccupati di vedere nel gruppo glyphosate il livello di eterogeneità di esposizione (numero di giorni di esposizione, di anni e intensità di utilizzo) e ciò ha permesso di segmentare il gruppo glyphosate in 4 sottogruppi di dimensione identica (Q1,Q2,Q3,Q4) ma con esposizione crescente (minima in Q1 e massima in Q4). Durante il periodo di raccolta dati si sono verificati 7920 casi di cancro sul totale, ossia 1511 nel gruppo di controllo e 5779 nel gruppo glyphosate ripartiti come indicato in tabella 2.
Gruppo
A
Lavoratori
in fabbrica che tratta amianto
|
Gruppo
B
Lavoratori
in altra fabbrica
|
|
Lavoratori
totali morti (e % sul totale)
|
132 (25,6%)
|
42 (6,5%)
|
Tasso
di mortalità annuo per 1000 persone
|
11,4
|
2,8
|
Tumori
totali (% sui decessi totali)
|
50 (37,9%)
|
11 (26,1%)
|
Tumori
ai polmoni (% sui tumori totali)
|
22 (44%)
|
3 (27%)
|
Affezioni
respiratorie non maligne
|
38
|
9
|
Casi
di mesotelioma
|
2
|
0
|
Tabella 1: Casi di
tumore nel gruppo di operai esposto all’amianto (gruppo A) e in
quello non esposto (gruppo B).
Possiamo infatti notare che nel gruppo A (operai che lavorano in fabbrica che tratta amianto):
- vi sono stati 50 casi di cancro al polmone contro gli 11 del gruppo B di controllo (rapporto di 6 a 1)
- 38 operai si sono ammalati di malattie respiratorie non maligne nel gruppo amianto contro i 9 nel gruppo di controllo (rapporto di 4 a 1)
- Si sono registrati 2 casi di mesotelioma nel grippo amianto contro gli 0 del gruppo di controllo. Questa sospetta dipendenza tra tumore e fibra di amianto è stata prefigurata anche in uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità.
Glyphosate
Nessuno studio epidemiologico precedente era stato fatto, ma solo prove in vitro o in vivo. Ora invece è apparso uno studio condotto su una coorte di agricoltori. Tra gli studi in vitro o in vivo su animali e gli studi epidemiologici vi è una grande differenza perché i primi rispecchiano le condizioni reali di esposizione, mentre le prove in laboratorio sono eseguite in condizioni che hanno sempre un certo tasso di artificialità. Lo studio, dal titolo “Glyphosate Use and Cancer Incidence in the Agricultural Health Study” è uscito sul Journal of the National Cancer Institute, rivista scientifica la cui autorevolezza è attestata dall’altissimo impact factor (12), vede come prima autrice Gabriella Andreotti e come ultima Laura Beane Freeman e può essere consultato al sito da cui è possibile scaricare la versione PDF del lavoro (qui).
Si noti che Laura Beane Freeman è una specialista di studi epidemiologici avendo condotto ricerche su vari fitofarmaci, su arsenico e su formaldeide.
Per finire chi ha finanziato lo studio sono organismi pubblici e senza conflitti d’interesse dichiarati. In sintesi si tratta di uno studio durato 20 anni su 54.251 agricoltori che hanno lavorato in Carolina del Nord e nello Iowa. Fra questi 9319 non hanno mai usato il glyphosate e quindi sono serviti da gruppo di controllo mentre 44932 sono invece stati esposti al glyphosate. Sono state verificate anche le condizioni socioeconomiche come: classe d’età, sesso, livello di educazione, tabagismo, consumo di alcol ecc. Ci si è anche preoccupati di vedere nel gruppo glyphosate il livello di eterogeneità di esposizione (numero di giorni di esposizione, di anni e intensità di utilizzo) e ciò ha permesso di segmentare il gruppo glyphosate in 4 sottogruppi di dimensione identica (Q1,Q2,Q3,Q4) ma con esposizione crescente (minima in Q1 e massima in Q4). Durante il periodo di raccolta dati si sono verificati 7920 casi di cancro sul totale, ossia 1511 nel gruppo di controllo e 5779 nel gruppo glyphosate ripartiti come indicato in tabella 2.
Gruppo
|
Individui
|
Casi
di tumore
|
Rischio
relativo
|
Controllo
non esposto
|
9319
|
1511
|
1,00
(riferimento)
|
Q1
esposto
|
11233
|
1445
|
0,99
(da 0,91 a 1,07)*
|
Q2
esposto
|
11233
|
1443
|
0,99
(da 0,91 a 1,07)*
|
Q3
esposto
|
11233
|
1440
|
1,04
(da 0,96 a 1,13)*
|
Q4
esposto
|
11233
|
1451
|
0,99
(da 0,91 a 1,08)*
|
Tabella 2 - Casi di
tumore nel gruppo di controllo e nei 4 gruppi esposti a Glyphosate.
(*)
l’intervallo indicato (es: da 0,91 a 1,07) è quello per cui si
l’assenza di differenze fra controllo non esposto e gruppi esposti
può essere affermata con una confidenza del 95%.
Inoltre per ciascun gruppo gli autori dell’indagine hanno calcolato il rischio relativo (colonna di destra) ossia l’aumento della probabilità di avere un cancro rispetto al gruppo di controllo. Come si può constatare il rischio relativo è sempre intorno a 1 che in soldoni significa assenza di aumento di tumori dovuti al glyphosate qualsiasi sia il livello di esposizione.
Tuttavia dato che per l’amianto si è visto esservi collegato un tipo di tumore particolare (mesotelioma) si è voluto indagare se per caso il glyphosate conducesse a tipi di tumore specifici come i linfomi non Hodgkins (che colpiscono il sistema linfatico e che sono i più sospetti). Gli autori hanno dunque calcolato il rischio relativo associato a ben 22 tipi di tumore. Ecco i risultati:
Tuttavia dato che per l’amianto si è visto esservi collegato un tipo di tumore particolare (mesotelioma) si è voluto indagare se per caso il glyphosate conducesse a tipi di tumore specifici come i linfomi non Hodgkins (che colpiscono il sistema linfatico e che sono i più sospetti). Gli autori hanno dunque calcolato il rischio relativo associato a ben 22 tipi di tumore. Ecco i risultati:
Gruppo
|
Individui
|
Casi
di linfoma
Non-Hodgkin
|
Rischio
relativo
|
Controllo non esposto |
9319
|
135
|
1,00
(riferimento)
|
Q1 esposto |
11233
|
113
|
0,83
(fra 0,59 e 1,18)*
|
Q2 esposto |
11233
|
104
|
0,83
(fra 0,61 e 1,12)*
|
Q3 esposto |
11233
|
112
|
0.88
(fra 0,65 e 1,19)*
|
Q4 esposto |
11233
|
111
|
0,87
(fra 0,64 e 1,20)*
|
Tabella 3 – Rischio
relativo per il linfoma Non-Hodgkin (per livelli di confidenza del
95%).
(*)
l’intervallo indicato è quello per cui si l’assenza di
differenze fra controllo non esposto e gruppi esposti può essere
affermata con una confidenza del 95%.
Come si può evincere dalla colonna di destra della tabella sopra riportata non vi è aumento d’incidenza dei linfomi non-Hodgkins negli agricoltori esposti al glyphosate in nessuno dei gruppi considerati. Viceversa il rischio è sempre inferiore a 1, il che può essere letto come se il glyphosate proteggesse seppure leggermente dal cancro (probabilmente si tratta di un artefatto statistico anche se ricordo che all’inizio degli anni 70 il glyphosate fu anche provato come anticancerogeno).
Si vuole anche specificare che il livello di confidenza del 95% sta ad indicare che la significatività è sufficientemente robusta perché i risultati siano pubblicati su una rivista scientifica (errore del test statistico inferiore al 5%). E qui occorre anche considerare che i lifomi non-Hodgkins sono solo uno del 22 tumori considerati e che anche per tutti gli altri tumori con confidenza del 95% si è evidenziata l’assenza di differenze significative fra il controllo e i 4 gruppi. A dire il vero vi è un valore che pur rientrando nell’intervallo di confidenza prestabilito è più prossimo al limite ed è quello per la leucemia mieloide acuta, per la quale gli autori dicono che il dato sarà da valutare ulteriormente in studi futuri.
Le sconfortanti conclusioni:
Si vuole anche specificare che il livello di confidenza del 95% sta ad indicare che la significatività è sufficientemente robusta perché i risultati siano pubblicati su una rivista scientifica (errore del test statistico inferiore al 5%). E qui occorre anche considerare che i lifomi non-Hodgkins sono solo uno del 22 tumori considerati e che anche per tutti gli altri tumori con confidenza del 95% si è evidenziata l’assenza di differenze significative fra il controllo e i 4 gruppi. A dire il vero vi è un valore che pur rientrando nell’intervallo di confidenza prestabilito è più prossimo al limite ed è quello per la leucemia mieloide acuta, per la quale gli autori dicono che il dato sarà da valutare ulteriormente in studi futuri.
Le sconfortanti conclusioni:
- questo studio era finito un anno prima che il CIRC si riunisse per deliberare sulla cancerogenicità del glyphosate ed era noto alla commissione giudicatrice del CIRC. Tuttavia non è stato preso in considerazione perché non ancora pubblicato, benché esso fosse già accettato dalla rivista che doveva pubblicarlo e non fosse ancora stato pubblicato solo per mancanza di spazio. Ora visto il conflitto d’interesse da parte dei alcuni componenti la commissione che poi è stato svelato, l’accantonamento risulta più che mai sospetto
- ora che lo studio è pubblicato e che in ambito UE si deve ancora decidere la sorte del glyphosate, la remora precedentemente detta è caduta e quindi si dovrebbe valutare questo studio. Il timore è che non lo si farà perché a prevalere sarà il “principio di precauzione”
- peraltro occorre rilevare che se il principio di precauzione che sarà con ogni probabilità adottato per il glyphosate diverrà prassi comune nulla potrà più essere approvato in futuro, ivi compreso il sale, l’aceto, l’aspirina, il caffè, il basilico e molto altro. In altri termini diverrà regola base un “principio di proibizione”, che condurrà al totale stravolgimento delle nostre abitudini
- si consideri infine che alla luce dei risultati dello studio in questione, la UE giungerà con ogni probabilità a proibire il glyphosate a fronte di un rischio di cancro inesistente per la categoria più esposta (Q4), trasferendo così un rischio inesistente ai consumatori che per giunta sono assi meno esposti al glyphosate rispetto agli operatori del settore agricolo.
Forse questa follia potrebbe avere termine se:
- si tornasse ad usare il termine fitofarmaco in luogo del volgare “pesticida”, vedendo così l’agricoltore come un normale utente di farmaci da usare secondo dosi e posologie adeguate a combattere le malattie dei vegetali
- si tornasse ad adottare la vecchia frase di Paracelso secondo cui nei farmaci è la dose che fa il veleno.
Bibliografia
Gabriella Andreotti, Stella Koutros, Jonathan N. Hofmann, Dale P. Sandler, Jay H. Lubin, Charles F. Lynch, Catherine C. Lerro, Anneclaire J. De Roos, Christine G. Parks, Michael C. Alavanja, Debra T. Silverman, Laura E. Beane Freeman, 2018. Glyphosate Use and Cancer Incidence in the Agricultural Health Study, JNCI J Natl Cancer Inst (2018) 110(5): djx233Wagner, J. C., Berry, G.,
Skidmore, J. W., & Timbrell, V. (1974). The effects of the inhalation of asbestos in rats. British journal of cancer, 29(3), 252-269.
Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia ; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia ; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
Ringrazio il Dott. Alberto Guidorzi ed il Prof. Luigi Mariani per questo utile approfondimento che ci aiuta a meglio comprendere come l'emotività e la speculazione retorica possano portare a risultati del tutto fuorvianti.
RispondiEliminaPer fortuna, grazie alla posizione espressa da una larga maggioranza dei Paesi Ue (mentre l'Italia ha votato contro!), l'uso del fitofarmaco Glyphosate non è stato dichiarato vietato in Europa.
Mi pare di ricordare che in un precedente articolo che trattava sempre dell'argomento Glyphosate, fossero state indicate anche quali altre tecniche e/o prodotti gli agricoltori erano e sono costretti ad utilizzare per difendersi dalle malattie dei vegetali e quali conseguenze deriverebbero dal non utilizzo del Glyphosate per semplice pregiudizio. Riterrei quindi utile ricordarlo, a beneficio dei non esperti del settore e che comunque inevitabilmente influenzano le valutazioni sull'argomento.
Altri diserbanti molto più impattanti l'ambiente, in magiore quantità e con più passaggi, oppure Lavorazioni meccaniche, con tutte le conseguneze negative derivanti o il pirodiserbo.
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