Qui di seguito pubblichiamo le risposte dell’autore ad alcune domande della redazione.
Perchè vedere l’agricoltura dall’angolo di visuale del viaggio?
Il viaggio è un topos fondamentale per noi umani. Da viaggi veri, svolti con i più disparati mezzi di locomozione a viaggi mitici (gli Argonauti e il vello d'oro, Bacco, Ulisse, Ercole, la fuga in Egitto, Noè e l'Arca, Mosè e la terra promessa, ecc.), dai viaggi onirici (quello che Dante conduce nella Divina Commedia) a viaggi metaforici (la vita come viaggio…) a viaggi virtuali ("Le véritable voyage de découverte ne consiste pas à chercher de nouveaux paysages, mais à avoir de nouveaux yeux" ebbe a scrivere Marcel Proust) o ancora a viaggi nel tempo con la macchina di H.G. Wells o più semplicemente sulle ali della fantasia. Oggi poi le nostre occasioni di viaggio si sono moltiplicate non solo grazie ai nuovi mezzi di trasporto ma anche grazie a strumenti che soltanto pochi anni orsono sarebbero apparsi fantascientifici come Google earth che ci permette in pochi minuti di passare dal plateau groenlandese alla grande Muraglia Cinese, dalla West Coast americana al deserto della Namibia.
E fra i più grandi viaggiatori di tutti i tempi possiamo annoverare chi non ha gambe per viaggiare e cioè le piante spontanee o coltivate. E’ indubbio infatti che le piante abbiano viaggiato sul serio e che lo stiano facendo tuttoggi, sfruttando il moto dei fluidi geofisici (correnti aeree ovvero idriche, fluviali e marine) o vettori viventi quali gli animali (si pensi all’azione di disseminazione operata da uccelli, mammiferi e artropodi) e l’uomo con i suoi mezzi di trasporto.
Quanto hanno inciso i viaggi sulle caratteristiche delle piante coltivate?
L’effetto è stato enorme in quanto forma, dimensione e caratteri organolettici di frutti e semi sono almeno in parte il prodotto della selezione operata dai vettori di diffusione degli stessi. Oggi siamo per lo più abituati a considerare che sia stato l’uomo ad “imporre” alle piante i caratteri "domestici" (dimensione, colore, sapore, ecc.) ma un ruolo di rilievo può essere stato giocato anche dagli animali consumatori. Un esempio in tal senso è offerto dal melo, che nell’areale d’origine (il Kazakistan) sarebbe stato selezionato dall'orso, il quale avrebbe selezionato individui con grandi frutti, sapore dolce (accumulo di amido e poi di glucosio), un calendario di maturazione amplissimo e che si estende da luglio a novembre e varietà molto tardive che si conservano fino a fine inverno (le odierne mele invernali da cuocere) e che dunque possono essere consumate dall’orso all’uscita dal letargo invernale. Il melo si sarebbe poi diffuso dal Kazakistan verso occidente e verso oriente lungo la via della seta, grazie alla diffusione dei semi con le feci dei cavalli che si nutrivano di mele passando per il Kazakistan.
La storia dell’agricoltura che lei insegna può essere dunque vista come viaggio nel tempo?
Un viaggio nel tempo è in effetti quello che viene proposto al lettore in questo libro, a coprire i 10 millenni che ci separano dalla rivoluzione neolitica, un evento chiave nella storia della civiltà umana poiché senza di essa non si sarebbe generato quel surplus di cibo da cui sono derivati alcuni aspetti della nostra cultura che oggi diamo per scontati come il nascita delle città o la genesi di categorie non più dedite a procacciarsi il cibo (artigiani, sacerdoti, guerrieri, scribi, filosofi, ecc.).
Le quattro specie che furono fra le prime e le principali protagoniste della rivoluzione neolitica (frumento, riso, mais e soia) sono ancor oggi qui con noi umani, a garantire oltre il 60% del nostro fabbisogno calorico. E se tali quattro specie sono oggi coltivate in cinque continenti vuol dire che hanno viaggiato trasportate da nostri progenitori e cioè da commercianti e da agricoltori. Già, perché l’alleanza fra agricoltura e commercio è da sempre un elemento chiave per diffondere e far progredire la civiltà. Un esempio ci viene dalla scogliera di Bouldnor in Inghilterra: un gruppo di ricercatori britannici ha recentemente analizzato dei suoli vecchi di 8000 anni oggi ricoperti dal mare e posti nei pressi della costa britannica, nello stretto canale che separa l’Hampshire dall’Isola di Wight. Gli studiosi si sono avvalsi di tecniche innovative che hanno consentito loro di studiare le tracce di DNA presenti e il loro stupore è stato enorme nello scoprire la presenza di DNA di frumento datato a ben 2000 anni prima che la sua coltivazione facesse la sua comparsa nelle isole britanniche. L’ipotesi più accreditata è allora che tale inaspettata presenza sia frutto delle reti commerciali che già a quei tempi univano i popoli del sud Europa, già dediti all’agricoltura, e quelli del Centro-Nord, a quel tempo ancora impegnati nelle economie di caccia e raccolta proprie del mesolitico. E’ sufficiente questo esempio tratto dalla bibliografia scientifica recente per calarci nello spirito di un libro che affronta il tema della nascita dell’agricoltura e dei viaggi avventurosi che le specie coltivate hanno compiuto per aggiungere i nostri campi e garantirci livelli di sicurezza alimentare che non hanno precedenti nella storia dell’umanità. Oggi infatti frumento, riso, mais e soia sono fra le colture più importanti per l’agricoltura italiana, la quale le ricevette in dono dai popoli di altri continenti sapendo poi con grande maestria inserirle in sistemi colturali in grado di valorizzarne appieno il potenziale produttivo.
Un ampio spazio è pure riservato alla vite, che dopo essere stata domesticata oltre 6 millenni orsono fra il Caucaso e i monti Zagros, ha raggiunto i nostri lidi mille anni prima della nascita di Cristo, lasciando un’impronta indelebile nei paesaggi e nei costumi nel nostro paese.
Nessun commento:
Posta un commento