di Luigi Mariani
L' impresa di Cristoforo Colombo (1451-1506), si fondò sulla conoscenza realistica del regime del vento ai tropici. |
La meteorologia
europea e araba prima del 1200
Nel periodo
antecedente il 1200 la coscienza della centralità della meteorologia
nella filosofia della natura che derivava dai classici fece sì che
molti autori si cimentassero nell'argomento, fra cui Isidoro di
Siviglia (560-636) nella prima enciclopedia del medioevo, le
Etymologiae, il Venerabile Beda (673-735) nel De
Rerum Natura, Guglielmo di Conches (1080-1145) nel De
philosophia mundi e Adelardo di Bath (1080-1152) nelle
Naturales questiones e lo pseudo-Beda (XII secolo) nel
De mundi celestis terrestrisque constitutione.
Tali autori si dedicarono a temi quali i venti, i temporali, i fulmini, le maree, le alluvioni e la suddivisione del mondo in fasce climatiche, utilizzando lo schema secondo già presente nella climatologia antica e secondo cui il mondo sarebbe stato suddiviso in 5 zone climatiche (una intermedia torrida, due zone abitate e sue zone di freddo estremo. Si noi inoltre che questi autori svilupparono il proprio pensiero senza avere diretto accesso ai testi di Aristotele e dunque attingendo ai testi di autori del tardo Impero, alla versione abbreviata del Timeo di Calcidio (IV secolo) o forse a fonti arabe (Glick et al., 2005).
Tali autori si dedicarono a temi quali i venti, i temporali, i fulmini, le maree, le alluvioni e la suddivisione del mondo in fasce climatiche, utilizzando lo schema secondo già presente nella climatologia antica e secondo cui il mondo sarebbe stato suddiviso in 5 zone climatiche (una intermedia torrida, due zone abitate e sue zone di freddo estremo. Si noi inoltre che questi autori svilupparono il proprio pensiero senza avere diretto accesso ai testi di Aristotele e dunque attingendo ai testi di autori del tardo Impero, alla versione abbreviata del Timeo di Calcidio (IV secolo) o forse a fonti arabe (Glick et al., 2005).
Anche i filosofi
islamici legati alla falsafa, corrente filosofica ispirata dalla
tradizione greca, scrissero parecchio di meteorologia e come esempi
possiamo citare il 5° libro del Kitab al-Shifa di Ibn Sina
(Avicenna – 980-1037), i commmentari sulla meteorologia di Ibn
Rushd (Averroè – 1126-1198) e il commentario di meteorologia
di Ibn Bajja (Avempace – 1095-1138). Gli autori arabi
svilupparono interpretazioni basate non solo su Aristotele ma anche
sugli scritti di meteorologia di Olimpiodoro (VI secolo d.C.)
e di Alessandro di Afrodisia (II - III secolo d.C.). In tal
senso se Averroè tentò di riconciliare Aristotele e Alessandro di
Afrodisia mentre Avicenna si mostrò più critico introducendo
spiegazioni aggiuntive ispirate dall'esperienza e non conformi agli
antichi testi. Ambedue i loro lavori furono tradotti in latino e
influenzarono gli autori cristiani (Glick et al., 2005).
In tema di adesione
più o meno acritica al pensiero degli antichi da parte degli
intellettuali arabi dle medioevo giova ricordare quanto emerge
traspare dal trattato di agricoltura di Ibn al Awwam, il più vasto
compendio del sapere agronomico della scuola arabo – andalusa,
pubblicato intorno al 1150. In tale opera infatti si propugna
l’adozione di un metodo sperimentale moderno in base al quale la
valutazione di quanto indicato dai testi agronomici antichi (Magone
cartaginese, Columella, i geoponica, ecc.) è seguito dalla
sperimentazione in parcelle in vista del trasferimento in pieno
campo. In tal senso è sintomatico che Ibn al Awwam scriva
ripetutamente che “nessuna indicazione è data nel mio lavoro
che io non l’abbia verificata nella pratica più volte”.
La meteorologia
europa dopo il 1200
Dopo il 1200 gli
autori europei possono disporre della traduzione il latino dei
meteorologica di Aristotele e l'inglese Alfredo di Sareschel
(XII – XIII secolo) scrive un primo commento a tale opera, che
entra a far parte dei curricula universitari (Glick et al., 2005). Il
successo dell'opera di Aristotele è testimoniato dagli oltre 100
commenti fioriti fra 1200 e 1500, fra cui spiccano quelli di Alberto
Magno (1206-1280), Tommaso d'Aquino (1225-1274), Pietro
d'Alvernia (1240 - circa 1300), Nicola Oresme (1323-1382),
Walter Burley
(1275 – 1345), Pierre D'Ailly (1350-1420)
e Biagio da Parma (1355-1416). Inoltre alla corte cosmopolita
dell'imperatore Federico II, centro di cultura scientifica di alto
livello, Michele Scoto (1175-1232) compose il suo Liber
introductorius, che tratta temi di astrologia, meteorologia,
medicina, musica, computo, zoologia e fisiognomonia mentre in lingua
francese viene pubblicata L'image du monde di Gossuin de
Metz (XIII secolo), la cui prima versione data al 1246 e che è
ispirata in parte all'Imago mundi di Onorio di Regensburg.
L’opera si presenta come un'enciclopedia versificata in 6600
ottonari e prende in considerazione, in tre parti, i principî della
scienza, la geografia e la meteorologia e infine l'astronomia.
Con riferimento al
medioevo si deve altresì citare l’opera dell’inglese William
Merle, rettore di Driby, autore di un diario meteorologico
sistematico riferito a solo sette anni di registrazione di dati
meteorologici (1337 - 1344). Il Merle oltre a ciò scrisse un
trattato sulla previsione del tempo, rifacendosi a varie fonti
esistenti, da Aristotele a Virgilio, da Plinio a Tolomeo (Baroni,
2007).
Limiti e pregi
della meteorologia medioevale
In complesso dunque
la meteorologia medioevale tende in prevalenza a riproporre gli
schemi già in uso nel mondo antico e soprattutto tratti da
Aristotele o dai suoi commentatori antichi. Tuttavia qualcosa di
nuovo rispetto al mondo antico certamente vi fu e ne è la prova la
scoperta dell’America nel 1492 da parte di Cristoforo Colombo
(1451-1506), impresa che si fondò sulla conoscenza realistica del
regime del vento ai tropici (alisei) ed alle medie latitudini (grandi
correnti occidentali) che solo nel medioevo era stata conseguita.
Peraltro Colombo nel corso del suo secondo viaggio (1494) fece
esperienza di un ciclone tropicale nell’oceano Atlantico e il suo è
il primo resoconto scritto di un simile evento in ambito Europeo
(Morison, 1942).
Il medioevo, specie
dopo l’anno mille, fu anche un periodo storico ricco di invenzioni
(si pensi alla bussola, alla carta, all’aratro rivoltatore e al
collare per il traino equino). Per quanto attiene alla meteorologia,
nel 1450 Leon Battista Alberti (1404-1472) descrive per primo
un anemometro munito di una tavoletta mobile la cui inclinazione dava
una misura della forza del vento (Museo virtuale Galileo, 2017)1.
Inoltre Nikolaus Krebs von Kues (Nicolò Cusano – 1401-1464)
alla luce delle proprietà igroscopiche della lana propose di
costruire un igrometro basato sulla pesatura della lana con una
bilancia mentre lo stesso Leon Battista Alberti propose di utilizzare
una spugna in luogo della lana, idea questa che sarà poi riproposta
da Leonardo da Vinci (Museo virtuale Galileo, 2017, b).
1
le banderuole erano invece già note nell’antichità, tant’è
vero che un altro grande studioso di architettura, Marco
Vitruvio Pollione (80-15 a.C.) ne descrive una nel
suo de Architectura.
Già usciti:
Meteorologia - Profilo Storico - Parte 1 – Le origini
Meteorologia - Profilo Storico - Parte 2 – In Grecia prima di Socrate
Meteorologia - Profilo Storico - Parte 3 – La meteorologia nei filosofi greci dell’età classica
Meteorologia - Profilo Storico - Parte 4 – Epicurei, stoici e dibattito sulle piene del Nilo
Meteorologia - Profilo storico - Parte 5 – Dalla critica ai filosofi della natura alla meteorologia pratica di marinai, agricoltori e medici
Luigi Mariani
Già usciti:
Meteorologia - Profilo Storico - Parte 1 – Le origini
Meteorologia - Profilo Storico - Parte 2 – In Grecia prima di Socrate
Meteorologia - Profilo Storico - Parte 3 – La meteorologia nei filosofi greci dell’età classica
Meteorologia - Profilo Storico - Parte 4 – Epicurei, stoici e dibattito sulle piene del Nilo
Meteorologia - Profilo storico - Parte 5 – Dalla critica ai filosofi della natura alla meteorologia pratica di marinai, agricoltori e medici
Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano.
E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso
Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
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