di Alberto Guidorzi
Nel maggio scorso si è svolto a Bologna lo Zoomark (fiera-mercato dei prodotti e delle attrezzature per gli animali da compagnia) una manifestazione che ha visto la presenza di ben 735 espositori provenienti dall’Italia e da altri 42 paesi del mondo e distribuiti su 50.000 mq.
Quest’anno ho voluto partecipare anch’io per rendermi conto dell’ambiente e dell’atmosfera che si vive in queste manifestazioni.
Dico subito che si tratta un mondo del tutto estraneo al mio sentire che è basato sul rispetto dell’animale ma nell’ambito di una netta divisione dei due mondi, cioè quello umano da una parte e quello animale dall’altra anche se c’è condivisione di luoghi e tempo. Io non tengo animali, pur abitando in campagna, perché non voglio essere schiavo di loro e tanto meno schiavizzarli con confinamenti in ambienti ristretti e con la castrazione.
Al riguardo mi sono convinto che è in atto un fenomeno dirompente di “antropomorfizzazione” che espone chi non lo accetti al pubblico ludibrio e magari anche a conseguenze penali. Dopo la trasmissione di Report in cui si indagava sulla genuinità del cibo per animali, che nel lessico corrente ormai è divenuto “Petfood”, non ho trovato una sola ditta del settore che non decantasse le materie prime usate anche ricorrendo a sofisticatezze fino a poco tempo fa inconcepibili. I cani ed i gatti ormai si cibano solo di “cibo biologico” certificato. I cereali sono divenuti un cibo volgare anzi innaturale perché è innaturale nelle corrispondenti specie selvatiche. Anche qui si è instaurato il lucroso mercato del “senza” (grain free, senza glutine, senza olio di palma, ecc.) e vi è chi teorizza che tali cibi siano addirittura indigeribili per i pet. Non ho potuto non fare un parallelismo: “all’umano solo dieta vegetale ed all’animale solo dieta carnea”, insomma ciò che è divenuto ecologicamente una “bestemmia” per l’uomo è diventato il “vangelo” per cani e gatti. Per contro, però, se il padrone è un vegano il suo cane non può essere un carnivoro ed allora via di corsa a rifornirsi in petfood vegani con la consulenza di veterinari nutrizionisti o addirittura omeopati. Si è anche creato una categoria di alimenti esotici “anallergici” come il riso, la quinoa, l’amaranto e il teff. Insomma, per alimentare i nostri cani e gatti facciamo una concorrenza spietata agli umani andini o etiopi perchè la nostra domanda fa crescere i prezzi del loro cibo tradizionale e spesso unico. Certo è un bel altermondialismo.
Potevano poi mancare gli antiossidanti? Certo che no! Ecco che allora nei petfood fanno bella mostra integratori vari: le bacche di goji, i frutti rossi, il tarassaco e tutto quanto la pseudoscienza indica come elisir di lunga vita. La massima aspirazione è la morte contemporanea di padrone e animale da compagnia, a niente vale dire loro che è naturale che un cane o un gatto viva solo 1/4 o 1/5 della nostra vita media. Potevate immaginare che in un settore così sofisticato non esistessero diete cosiddette a base scientifica? No perché esiste la dieta “barf” ( dieta a base di ossa e carni crude) proposta con preparati congelati da preparare al momento o da scaldare al microonde. Anche qui esistono poi veterinari nutrizionisti prodighi in consigli salutistici che si battono contro i loro colleghi del nutrizionismo vegano.
E poteva poi mancare l’ambientalismo radicale? Certo che no! Il cibo per cani e gatti deve essere a km 0 (chiedo? Ma chi propone dei patè di carne di renna alleva questi animali alla periferia di Bologna?). La pappa del cane deve essere preparata in casa e cucinata al momento, mentre la padrona ingurgita un beverone a “zero calorie”…. Insomma non ho ben capito se in mezzo a questo bailamme di tendenze dei proprietari degli animali, questi ultimi, che sono i diretti interessati, siano stati interpellati. Sicuramente non li interpellano quando sistematicamente li castrano…vendendo la pratica come rispettosa del sentire animale quando il sentire umano evolve verso il sesso libero!
E la preservazione della salute del pet dove la mettiamo? Ecco, qui ho trovato il paradosso dei paradossi leggendo lo scritto di un veterinario che pontificava sui rimedi floreali di Bach. Questo Bach è un medico inglese che sosteneva che un individuo e curabile solo prendendo in considerazione le sue emozioni e la sua personalità perché è da queste che dipende il fatto che i sintomi di una malattia si manifestino nel fisico. Ebbene ogni singolo fiore trasformerebbe l’emozione negativa in positiva facendo di conseguenza scomparire i sintomi dal fisico. Evidentemente i veterinari faranno corsi di psicologia animale e conseguentemente di psicoterapia per specializzarsi e allora mi domando cosa aspettino gli agronomi, che con l’agricoltura in crisi inarrestabile faticano sempre più a trovare lavoro, a mettere la psicologia vegetale nel loro curriculum di studi? Sicuramente troverebbero qualche cittadino allocco al punto da affidar loro le sue piante pagando parcelle salatissime per una seduta di psicoterapia del Ficus benjamina.
Credete che sia finita qui? Certamente no perché vi è il lucroso reparto degli accessori. Fra questi ho visto anzitutto gli zoo-terapeutici, nei quali si va da improbabili prodotti che fanno insorgere sulla pelle meccanismi naturali di repellenza a oli essenziali naturali ad effetto repellente per i parassiti (un tipo per ogni parassita), a preparati all’olio di neem, e qui l’effetto certo di perturbatore endocrino dell’azaridactina non interessa tanto perchè il massimo della perturbazione lo si è già provocato con la castrazione. Non manca poi l’uso, per i proprietari ecologicamente meno educati e che vogliono un sicuro effetto disinfestante, di prodotti insetticidi di sintesi come il diazinone, il famigerato imidacloprid (neonicotinoide da più parti demonizzato), la permetrina (un piretroide di sintesi) il fipronil. Poi vi sono cucce, cuscini, cappottini, bandane che incorporano all’origine permetrina. Ma vi rendete conto? All’agricoltore si vogliono proibire tutti i prodotti elencati sopra senza minimamente preoccuparsi di come farebbe a campare se perdesse la sua produzione agricola mentre ai proprietari di pet gli stessi prodotti si consigliano vivamente; quando, invece, ne potrebbero fare a meno perché tanto non è il cane ed il gatto che dà loro da campare e gli animali convivono da sempre con i parassiti.
Altre due cose mi hanno lasciato di stucco: il problema sentitissimo dell’igiene dentale del pet e la miriade di prodotti dell’igiene intima e “personale” del cane o del gatto. Gli spazzolini per cani e gatti ormai sono superati e si ricorre sempre più a prodotti come i “dental-stick”, i “dental-gum", i “dental gel” che i pet dovrebbero sgranocchiare o lappare per ridurre la formazione di tartaro o placca. Dentisti che siete in ambasce per il calo di clienti, ecco un nuovo settore per prestare la vota opera! I prodotti d’igiene vanno dagli shampoo ai componenti più fantasiosi, alle salviette profumate, alle creme solari per naso e orecchie. Guai ad usare i detergenti domestici appannaggio del volgari umani: i pet pretendono detergenti di origine naturale e con profumi vegetali. Proteggisedili, trasportini, guinzagli a pettorina dove sono immessi le generalità di cane e padrone e congegni per la ricerca con gps facevano poi bella mostra negli stand.
Il settore dell’abbigliamento per il pet è in continua crescita (cappotti con cappuccio e zampe, impermeabili, catarifrangenti e perfino scarpine per camminare sulla neve o su camminamenti sassosi di montagna e quindi proteggere i delicati polpastrelli. Senza dimenticare che anche in estate occorre difenderli con cappottini e bandane refrigerate…ma poi vi è il sole che può danneggiare e quindi ecco gli occhiali da sole per i pet. Ma si può far indossare ad un pet lo stesso “vestitino” per tutto il giorno? Non sia mai detto, anche loro devono avere vestiti da passeggiata mattutina, da pomeriggio, tutine da jogging e abiti da sera per gli inviti a feste (tight, abiti da sposa e da ballo). Esiste anche l’accessorio fashion firmato da Trussardi. Potevano mancare i giochi? Certo che no!
E poi, visto che anche per i pet arriva la terza età bisogna provvedere alla loro non completa autonomia con carrozzine, passeggini; se sono poi handicappati ecco carrellini applicabili all’arto o arti per supplire alla disabilità. Tralascio perché troppo funereo tutto quanto si è pensato per la loro degna sepoltura. Volete vedere un cimitero per pet? Se percorrete l’autostrada Padova Bologna, all’uscita di San Pietro in Casale, superata la barriera ne trovate uno a 200 metri a destra!
Viene da chiedersi perché mai lo Stato che tassa la casa di abitazione principale e ne pretende la tassa sulla successione non dovrebbe tassare il possesso di un cane o di un gatto visto le spreco che è in molti casi alla base del suo mantenimento.
In conclusione, il quadro che si ritrae dalla visita all’esposizione bolognese è quello di un mondo che tributa agli animali un’attenzione a mio avviso del tutto fuori luogo, sostituendo all’umanesimo un animalismo deteriore.
Questo peraltro giustifica l’idea di qualcuno di fondare un partito animalista e di portarlo nientemeno che alle prossime elezioni.
Nel maggio scorso si è svolto a Bologna lo Zoomark (fiera-mercato dei prodotti e delle attrezzature per gli animali da compagnia) una manifestazione che ha visto la presenza di ben 735 espositori provenienti dall’Italia e da altri 42 paesi del mondo e distribuiti su 50.000 mq.
Quest’anno ho voluto partecipare anch’io per rendermi conto dell’ambiente e dell’atmosfera che si vive in queste manifestazioni.
Dico subito che si tratta un mondo del tutto estraneo al mio sentire che è basato sul rispetto dell’animale ma nell’ambito di una netta divisione dei due mondi, cioè quello umano da una parte e quello animale dall’altra anche se c’è condivisione di luoghi e tempo. Io non tengo animali, pur abitando in campagna, perché non voglio essere schiavo di loro e tanto meno schiavizzarli con confinamenti in ambienti ristretti e con la castrazione.
Al riguardo mi sono convinto che è in atto un fenomeno dirompente di “antropomorfizzazione” che espone chi non lo accetti al pubblico ludibrio e magari anche a conseguenze penali. Dopo la trasmissione di Report in cui si indagava sulla genuinità del cibo per animali, che nel lessico corrente ormai è divenuto “Petfood”, non ho trovato una sola ditta del settore che non decantasse le materie prime usate anche ricorrendo a sofisticatezze fino a poco tempo fa inconcepibili. I cani ed i gatti ormai si cibano solo di “cibo biologico” certificato. I cereali sono divenuti un cibo volgare anzi innaturale perché è innaturale nelle corrispondenti specie selvatiche. Anche qui si è instaurato il lucroso mercato del “senza” (grain free, senza glutine, senza olio di palma, ecc.) e vi è chi teorizza che tali cibi siano addirittura indigeribili per i pet. Non ho potuto non fare un parallelismo: “all’umano solo dieta vegetale ed all’animale solo dieta carnea”, insomma ciò che è divenuto ecologicamente una “bestemmia” per l’uomo è diventato il “vangelo” per cani e gatti. Per contro, però, se il padrone è un vegano il suo cane non può essere un carnivoro ed allora via di corsa a rifornirsi in petfood vegani con la consulenza di veterinari nutrizionisti o addirittura omeopati. Si è anche creato una categoria di alimenti esotici “anallergici” come il riso, la quinoa, l’amaranto e il teff. Insomma, per alimentare i nostri cani e gatti facciamo una concorrenza spietata agli umani andini o etiopi perchè la nostra domanda fa crescere i prezzi del loro cibo tradizionale e spesso unico. Certo è un bel altermondialismo.
Potevano poi mancare gli antiossidanti? Certo che no! Ecco che allora nei petfood fanno bella mostra integratori vari: le bacche di goji, i frutti rossi, il tarassaco e tutto quanto la pseudoscienza indica come elisir di lunga vita. La massima aspirazione è la morte contemporanea di padrone e animale da compagnia, a niente vale dire loro che è naturale che un cane o un gatto viva solo 1/4 o 1/5 della nostra vita media. Potevate immaginare che in un settore così sofisticato non esistessero diete cosiddette a base scientifica? No perché esiste la dieta “barf” ( dieta a base di ossa e carni crude) proposta con preparati congelati da preparare al momento o da scaldare al microonde. Anche qui esistono poi veterinari nutrizionisti prodighi in consigli salutistici che si battono contro i loro colleghi del nutrizionismo vegano.
E poteva poi mancare l’ambientalismo radicale? Certo che no! Il cibo per cani e gatti deve essere a km 0 (chiedo? Ma chi propone dei patè di carne di renna alleva questi animali alla periferia di Bologna?). La pappa del cane deve essere preparata in casa e cucinata al momento, mentre la padrona ingurgita un beverone a “zero calorie”…. Insomma non ho ben capito se in mezzo a questo bailamme di tendenze dei proprietari degli animali, questi ultimi, che sono i diretti interessati, siano stati interpellati. Sicuramente non li interpellano quando sistematicamente li castrano…vendendo la pratica come rispettosa del sentire animale quando il sentire umano evolve verso il sesso libero!
E la preservazione della salute del pet dove la mettiamo? Ecco, qui ho trovato il paradosso dei paradossi leggendo lo scritto di un veterinario che pontificava sui rimedi floreali di Bach. Questo Bach è un medico inglese che sosteneva che un individuo e curabile solo prendendo in considerazione le sue emozioni e la sua personalità perché è da queste che dipende il fatto che i sintomi di una malattia si manifestino nel fisico. Ebbene ogni singolo fiore trasformerebbe l’emozione negativa in positiva facendo di conseguenza scomparire i sintomi dal fisico. Evidentemente i veterinari faranno corsi di psicologia animale e conseguentemente di psicoterapia per specializzarsi e allora mi domando cosa aspettino gli agronomi, che con l’agricoltura in crisi inarrestabile faticano sempre più a trovare lavoro, a mettere la psicologia vegetale nel loro curriculum di studi? Sicuramente troverebbero qualche cittadino allocco al punto da affidar loro le sue piante pagando parcelle salatissime per una seduta di psicoterapia del Ficus benjamina.
Credete che sia finita qui? Certamente no perché vi è il lucroso reparto degli accessori. Fra questi ho visto anzitutto gli zoo-terapeutici, nei quali si va da improbabili prodotti che fanno insorgere sulla pelle meccanismi naturali di repellenza a oli essenziali naturali ad effetto repellente per i parassiti (un tipo per ogni parassita), a preparati all’olio di neem, e qui l’effetto certo di perturbatore endocrino dell’azaridactina non interessa tanto perchè il massimo della perturbazione lo si è già provocato con la castrazione. Non manca poi l’uso, per i proprietari ecologicamente meno educati e che vogliono un sicuro effetto disinfestante, di prodotti insetticidi di sintesi come il diazinone, il famigerato imidacloprid (neonicotinoide da più parti demonizzato), la permetrina (un piretroide di sintesi) il fipronil. Poi vi sono cucce, cuscini, cappottini, bandane che incorporano all’origine permetrina. Ma vi rendete conto? All’agricoltore si vogliono proibire tutti i prodotti elencati sopra senza minimamente preoccuparsi di come farebbe a campare se perdesse la sua produzione agricola mentre ai proprietari di pet gli stessi prodotti si consigliano vivamente; quando, invece, ne potrebbero fare a meno perché tanto non è il cane ed il gatto che dà loro da campare e gli animali convivono da sempre con i parassiti.
Altre due cose mi hanno lasciato di stucco: il problema sentitissimo dell’igiene dentale del pet e la miriade di prodotti dell’igiene intima e “personale” del cane o del gatto. Gli spazzolini per cani e gatti ormai sono superati e si ricorre sempre più a prodotti come i “dental-stick”, i “dental-gum", i “dental gel” che i pet dovrebbero sgranocchiare o lappare per ridurre la formazione di tartaro o placca. Dentisti che siete in ambasce per il calo di clienti, ecco un nuovo settore per prestare la vota opera! I prodotti d’igiene vanno dagli shampoo ai componenti più fantasiosi, alle salviette profumate, alle creme solari per naso e orecchie. Guai ad usare i detergenti domestici appannaggio del volgari umani: i pet pretendono detergenti di origine naturale e con profumi vegetali. Proteggisedili, trasportini, guinzagli a pettorina dove sono immessi le generalità di cane e padrone e congegni per la ricerca con gps facevano poi bella mostra negli stand.
Il settore dell’abbigliamento per il pet è in continua crescita (cappotti con cappuccio e zampe, impermeabili, catarifrangenti e perfino scarpine per camminare sulla neve o su camminamenti sassosi di montagna e quindi proteggere i delicati polpastrelli. Senza dimenticare che anche in estate occorre difenderli con cappottini e bandane refrigerate…ma poi vi è il sole che può danneggiare e quindi ecco gli occhiali da sole per i pet. Ma si può far indossare ad un pet lo stesso “vestitino” per tutto il giorno? Non sia mai detto, anche loro devono avere vestiti da passeggiata mattutina, da pomeriggio, tutine da jogging e abiti da sera per gli inviti a feste (tight, abiti da sposa e da ballo). Esiste anche l’accessorio fashion firmato da Trussardi. Potevano mancare i giochi? Certo che no!
E poi, visto che anche per i pet arriva la terza età bisogna provvedere alla loro non completa autonomia con carrozzine, passeggini; se sono poi handicappati ecco carrellini applicabili all’arto o arti per supplire alla disabilità. Tralascio perché troppo funereo tutto quanto si è pensato per la loro degna sepoltura. Volete vedere un cimitero per pet? Se percorrete l’autostrada Padova Bologna, all’uscita di San Pietro in Casale, superata la barriera ne trovate uno a 200 metri a destra!
Viene da chiedersi perché mai lo Stato che tassa la casa di abitazione principale e ne pretende la tassa sulla successione non dovrebbe tassare il possesso di un cane o di un gatto visto le spreco che è in molti casi alla base del suo mantenimento.
In conclusione, il quadro che si ritrae dalla visita all’esposizione bolognese è quello di un mondo che tributa agli animali un’attenzione a mio avviso del tutto fuori luogo, sostituendo all’umanesimo un animalismo deteriore.
Questo peraltro giustifica l’idea di qualcuno di fondare un partito animalista e di portarlo nientemeno che alle prossime elezioni.
Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Caro collega,
RispondiEliminala mia più totale condivisione e solidarietà (ma siamo rimasti in tre...)
Davanti casa mia c'è un asilo nido le cui porte e stipiti e ingresso sono costantemnte innaffiate di urine di fuffi fuffi col vescicone semiesplosivo profumatissime che presto gelificano e anneriscono al rovente sole romano. Tutta la città odora così e rivaleggia con Venezia in quanto a galleggiamento su liquidi. Ma da sempre le maggioranze dettano nuove regole e scrivono o riscrivono la storia. E questa nuova maggioranza è mooolto ampia. Direi almeno 10 a 1 qui a Roma
Gentile Guidorzi, sono d'accordo con gran parte delle cose che ha scritto, riguardo a questo paragrafo:"All’agricoltore si vogliono proibire tutti i prodotti elencati sopra senza minimamente preoccuparsi di come farebbe a campare se perdesse la sua produzione agricola mentre ai proprietari di pet gli stessi prodotti si consigliano vivamente; quando, invece, ne potrebbero fare a meno perché tanto non è il cane ed il gatto che dà loro da campare e gli animali convivono da sempre con i parassiti." Credo che lei non abbia tenuto conto del fatto che gli animali d'affezione sono tipicamente tenuti nelle abitazioni, e purtroppo liberi di occuparne qualunque parte anche letti e poltrone, quindi la loro difesa dai parassiti rappresenta una prima barriera in difesa dell'umano e della sua abitazione. Buona estate.
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