di Alberto Guidorzi e Luigi Mariani
Riassunto
Questo articolo è dedicato al glyphosate, l'erbicida totale più venduto al mondo grazie alla sua economicità ed efficacia e per questo motivo l'obiettivo da molti anni di una campagna di demonizzazione da parte delle più aggressive ONG ambientalistiche.
Nella prima parte si intende confutare con dati scientifici le affermazioni utilizzate per convincere l'opinione pubblica più sensibile ai problemi ambientali che questo erbicida è un pericolo per la salute pubblica. Mostreremo che è falso dire che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che il prodotto è cancerogeno e che la nocività per l'ambiente è stata dimostrata.
La seconda parte mostra che il prodotto, che è stato oggetto di innumerevoli controlli di tossicità da parte di istituzioni pubbliche, è uno dei meno tossici tra le sostanze comunemente rilasciate nell'ambiente. Infine, porteremo il lettore a rendersi conto che la furia contro la molecola erbicida ha fini prettamente ideologici e serve a sostenere campagne al fine di indurre in errore l 'opinione pubblica e spingere le istituzioni pubbliche a prendere decisioni irrazionali, privando il mondo agricolo di un prodotto efficace, economico e a basso impatto ambientale.
Scriveva il filosofo inglese Francesco Bacone “Calunnia senza timore: qualcosa rimane sempre attaccato”. Quanto di vero vi sia in tale adagio ce lo dimostra il fatto che ormai molti cittadini europei ritengono vera l’affermazione secondo cui:
>>>> Gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno classificato il glyphosate nella categoria dei « cancerogeni probabili » per l’uomo. La nocività per l’ambiente di questa sostanza è stata inoltre provata<<<< (Fonte: Greenpeace Belgio)
Il fatto è che tale affermazione contiene due palesi falsità che vedremo qui di seguito di esplicitare, il che richiederà un po’ di tempo e di pazienza da parte del lettore, in quanto un conto sono gli slogan e un altro è l’approccio analitico a problemi complessi come quelli dell’impatto di un prodotto chimico sull’ambiente e sulla salute umana.
FALSITA’ N° 1 E’ falso che sia l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ad aver classificato il glyphosate come “cancerogeno probabile”, bensì è stato lo IARC che, seppure emanazione dell’OMS, non è l’organismo demandato a valutare i rischi. Per giunta lo stabilire un rischio è ben lontano dal valutarne i pericoli. Lo IARC, infatti, non tiene conto in nessun caso delle dosi in gioco, tanto meno le quantità alle quali l’uomo è esposto e soprattutto le vie attraverso le quali arriva l’esposizione. Chi fa questa dichiarazione è proprio lo IARC stesso quando dice che:
>>>>Noi non facciamo la valutazione del rischio, ma l'identificazione dei rischi. Il nostro parere non dice se la popolazione generale è a rischio a causa di questa o quella sostanza, questo è il lavoro delle agenzie di salute e sicurezza. <<<<
E a tale affermazione o IARC fa un’aggiunta che ha del paradossale:
>>>>I nostri programmi di valutazione identificano rischi di cancro comunque, anche quando questi sono molto bassi in riferimento ai livelli di esposizione attuali; lo si fa in funzione di nuovi usi o di esposizioni imprevisti che potrebbero comportare rischi che sono significativamente più alti.<<<<
Vedremo che queste asserzioni sono di estrema importanza per collocare l’affare glyphosate nelle giuste proporzioni. Insomma lo IARC fa solo valutazioni di pericolo e non di rischio, che spettano alle agenzie di sanità pubblica. E’ appunto per questo che lo IARC è stato molto criticato: ha cioè disinformato assegnando al prodotto una classifica, nel senso che non è lui che deve dire se dobbiamo avere paura del glyphosate; non è il suo compito e non ha gli strumenti per farlo. Per di più IARC per esprimere il giudizio ha usato solo lavori che stimavano la cancerogenicità in operatori che manipolavano la sostanza per tempi molto prolungati ed ad dosi talmente elevate che erano lontanissime dalle quantità di residui con cui il comune cittadino può venire in contatto. Tutti questi lavori di ordinaria esposizione non sono stati presi in considerazione.
In tal senso chi di dovere si è già pronunciato. In proposito si veda l’EPA (Ente protezione dell’ambiente USA) che lo ha fatto già nel 1991 con questa conclusione, peraltro riaffermata nel 2013:
>>>>Il 26 giugno del 1991, l'Agenzia ha classificato il glyphosate nel gruppo E (evidenza di non cancerogenicità per l'uomo), sulla base di una mancanza di prove convincenti di cancerogenicità in studi adeguati con due specie animali, ratto e topo<<<<
E sempre l’EPA ha emesso un altro documento nel 2016 (qui) in cui afferma che:
>>>> il glyphosate non è suscettibile di essere cancerogeno per l’uomo a dosi rilevanti. Vi è un consenso scientifico globale sul fatto che il glyphosate sia una sostanza erbicida a tossicità relativamente ridotta al punto da non provocare il cancro e da non porre gravi minacce per la salute della popolazione in generale<<<<
Sempre nel 2013 si è pronunciata la BfR tedesca (Istituto federale tedesco di valutazione dei rischi e referente della Commissione Europea) affermando quanto segue:
>>>>A conclusione di questo processo di rivalutazione della sostanza attiva glyphosate da parte di Bfr, i dati disponibili non mostrano proprietà cancerogene o mutagene del glyphosate.<<<<
Poi nel 2015 si è pronunciata anche l’agenzia europea EFSA:
>>>>A seguito di un secondo mandato della Commissione europea a prendere in considerazione i risultati dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) per quanto riguarda il potenziale cancerogenicità di glyphosate o prodotti fitosanitari contenenti glyphosate nella revisione in corso tra pari della sostanza attiva, l'EFSA ha concluso che è improbabile che il glyphosate presenti pericolo di cancerogenicità per l'uomo e l'evidenza non supporta la classificazione per quanto riguarda il suo potenziale cancerogeno secondo il regolamento (CE) N. 1272/2008.<<<<.
Non procediamo oltre, ma alle stesse risultanze sono giunte sia l’Agenzia canadese che quella neozelandese e quella australiana. Tuttavia ci potrebbe essere qualche “San Tommaso” che esige di sentire il parere diretto dell’OMS. Ebbene, questa si è espressa unitamente alla FAO nel maggio 2016 (vedasi qui ) prendendo in considerazione tutto il dossier dello IARC e i successivi studi fatti e non limitandosi al principio attivo ma prendendo in esame anche i prodotti di degradazione e i coformulanti del prodotto commerciale. In sintesi se prendiamo in esame il sommario della risoluzione leggiamo quanto segue:
>>>> Nel complesso, vi sono alcune evidenze di una correlazione positiva tra l'esposizione al glyphosate e il rischio di NHL (con NHL si indicano alcuni tipi di linfoma) dagli studi caso-controllo e la meta-analisi complessiva. Tuttavia, è da notare che l'unico studio di coorte di grandi dimensioni di alta qualità non ha trovato prove di un'associazione a qualsiasi livello di esposizione.<<<<
Al riguardo è essenziale far notare che in un’indagine scientifica la correlazione non ha nessun valore probante finché non ci sono prove scientifiche valide che indichino un nesso causale e queste prove non sono mai state trovate nel contesto di un uso professionale del diserbante.
A conclusione i due organismi (OMS e FAO) scrivono nel rapporto sommario sul meeting sui residui dei pesticidi (JMPR) del 9-13 maggio 2016:
>>>> Tenuto conto dell’assenza di cancerogenicità potenziale nei roditori a dosi paragonabili a quelle con cui possono venire in contato gli umani e dell’assenza di genotossicità per via orale nei mammiferi ed infine considerando le prove epidemiologiche ricavate dalle esposizioni degli addetti, l’Assemblea ha concluso che è improbabile che il glyphosate rappresenti un rischio cancerogeno per gli umani attraverso l’esposizione dovuta all’alimentazione” <<<<
FALSITA’ N° 2 E’ falsa l’affermazione secondo cui: “è stata inoltre provata la nocività per l’ambiente di questa sostanza”.
2.1 – su questo occorre anzitutto dire che a falsità si è aggiunta falsità quando il giornale “Le Monde” ha scritto che: “il glyphosate è la sostanza più frequentemente trovata nell’ambiente e la prima causa del declassamento dei punti di prelevamento di acqua potabile” . Indipendentemente dal fatto che dire “più frequentemente trovata”, seppure la cosa corrisponda a verità, non dice nulla se non si prendono in esame le quantità effettivamente trovate, d’altronde è la sostanza diserbante più largamente e da più tempo usata in agricoltura, silvicoltura, negli spazi incolti civili, nei cortili e spazi verdi domestici ed è quindi logico trovarla in modo ripetuto. Tuttavia vi è da precisare che spesso non si trova il glyphosate tal quale bensì l’AMPA che è il prodotto di degradazione e che questo non proviene solo dalla molecola diserbante ma anche da altre sostanze non agricole come un tempo i detersivi e ora altre sostanze industriali anti-incrostazioni. Ma la cosa completamente falsa è quella per cu il prodotto si ritroverebbe nelle acque profonde da dove si captano le acque potabili tanto da declassarle. Inoltre il giornale francese non cita nessuna fonte per suffragare le sue affermazioni ed infatti, quando gli è stata fatta notare l’inconsistenza della notizia e le cose false dette, esso ha pubblicato la seguente smentita: “ rettifica del 9 gennaio 2016 – il glyphosate non è la prima causa del declassamento delle fonti di pescaggio dell’acqua potabile in Francia , come noi abbiamo scritto per errore, anche se si tratta del fitofarmaco più frequentemente trovato nelle acque di superficie”.
Chiarito questo, però, dobbiamo anche guardare alla tossicità del prodotto rispetto a quella di tanti altri prodotti usati e che si diffondono nell’ambiente. Infatti l’unico problema riscontrato è verso gli anfibi, ma non dovuto al principi attivo o all’AMPA, ma ai prodotti coformulanti del prodotto commerciale. Tuttavia i residui del fitofarmaco non arrivano mai nelle acque profonde e questo è attestato da tutte le analisi fatte sull’acqua potabile (i dati in nostro possesso sono relativi ai controlli fatti dalle amministrazioni pubbliche in Francia e si trovano : qui ; qui ; qui. In questi documenti si distinguono tre tipi di non-conformità (acronimo NC): NC0, NC1 e NC2. Le norme francesi fissano dei limiti di qualità delle acque potabili: un limite di “0,1µg/L” per ogni sostanza, un limite di “0,5 µg/L” per tutte le sostanze cumulate ed un “Vmax “, ossia un Valore Massimo Sanitario inteso come il consumo durante l’intera vita di un’acqua contenente un fitofarmaco ad una concentrazione inferiore o uguale al “Vmax“ che non comporta, sulla base dei criteri tossicologici ritenuti e circa lo stato attuale delle conoscenze, nessun effetto nefasto per la salute”.
Ecco che su questa base viene definito cosa s’intende per NC1, vale a dire “la presenza di residui di fitofarmaci a delle concentrazioni superiori ai limiti di qualità per un periodo di più di 30 gg cumulati nell’anno senza, però, che mai sia stato sorpassato il “Vmax“.Secondo le norme quest’acqua non presenta dei rischi sanitari per la popolazione. L’NC2 invece è quando vi è presenza di almeno un fitofarmaco ad un tenore superiore al “Vmax“ qualsiasi sia la durata del superamento del limite. In questo caso l’acqua presenta dei rischi sanitari per la popolazione che deve quindi essere informata di non usare l’acqua distribuita come bevanda o per la preparazione e/o cottura degli alimenti, escluso il lavaggio degli stessi.
- Quali sono stati i risultati riscontrati nei controlli (vedi link sopraccitati)? Nel periodo 2012-2014, cioè quando è iniziata la bagarre della proibizione del glyphosate, il glyphosate e l’AMPA sono responsabili nel 2,7-3,1% dei controlli e ciò colloca il glyphosate in sesta posizione dei fitofarmaci responsabili di situazioni non conformi, mentre l’atrazina, proibita da vari anni nell’UE è responsabile del 59,5-73,5% di situazioni NC1 o NC2. Altre sostanze che concorrono sono metolachlor (altro diserbante che incide per il 6,9%), il bentazone 3,42% dei casi. In Italia i dati si trovano qui e comunque come in Francia le legislazioni devono adeguarsi a direttive comunitarie. Anche in Italia il glyphosate e l’AMPA si ritrovano nelle acque superficiali e praticamente non nelle acque sotterranee, per cui la pubblicazione dell’ISPRA conferma quanto trovato in Francia. Solo che nel documento dell’ISPRA le conclusioni vanno in tutt’altro senso perché così vogliono i movimenti di ecologia politica. Per una più completa visualizzazione delle caratteristiche sopra accennate si vedano gli allegati 1 e 2 che sono relativi alla Francia.
2.2 -Il bersaglio glyphosate è un ideale bersaglio ideologico anche perché ha fatto da supporto alla creazione di piante geneticamente modificate (GM) ad esso resistenti (seguendo il ragionamento per cui per migliorare la sostenibilità economica ed ambientale si creano varietà resistenti a un erbicida non selettivo e che dunque distrugge tutte le piante competitrici, a basso costo, poco tossico e a ridotto impatto ambientale). Senza l’associazione Glyphosate – OGM a nessuno sarebbe probabilmente venuto in mente di chiederne la messa al bando su scala mondiale. Ciò anche perché se avessero un minimo di onestà intellettuale coloro che richiedono il bando del glyphosate si sarebbero accorti che la messa al bando di un prodotto con le caratteristiche tossicologiche per l’ambiente e per l’uomo proprie del glyphosate comporterebbe per motivi di coerenza la contemporanea messa al bando di tutti i prodotti chimici usati dall’uomo e il ritorno immediato al periodo pre-rivoluzione scientifica (pestilenze incluse!!!).
Abbiamo visto che sul piano sanitario umano tra tutti i fitofarmaci che possono provocare l’impotabilità delle acque il glyphosate è quello che ne la determina nel numero minore di casi e comunque è quello che ha la Dose giornaliera assimilabile più bassa (DGA = 0,05 mg/kg/giorno), mentre tanti altri erbicidi che si trovano nelle acque hanno una DGA di 50 volte inferiore (ciò significa che si devono assimilare dosi 50 volte inferiori a quelle del glyphosate se non si vogliono rischiare effetti nocivi sulla salute). Infatti l’OMS non ha ritenuto di dover fissare delle quantità di glyphosate e AMPA per dichiarare le acque non potabili appunto perché, provenendo esse da acque profonde, l’erbicida ed il suo prodotto di degradazione vi arrivano a quantità molto più basse di quelle che possono preoccupare la salute:qui .
Sul piano della sanità ambientale fra gli 11 fitofarmaci e i loro prodotti di degradazione più rivelati nei corsi d’acqua francesi, il glyphosate è il secondo (il primo è il bentazone che non è un erbicida totale, bensì selettivo e quindi presuppone che l’uso avvenga in associazione di altri erbicidi).
Inoltre scorrendo la classifica dei prodotti in base alla loro ecotossicità si scopre che esistono fitofarmaci che sono 100 o addirittura 1000 volte peggiori del Glyphosate. Esso tra l’altro ha tossicità di 300 volte inferiore al suo PNEC (Predicted No Effect Concentration – ossia la concentrazione al di sotto della quale non si teme di impattare gli ecosistemi). Ad esempio vi sono due altri erbicidi autorizzati e usati in Europa quali il Metazacloro ed il Chlortoluron che raggiungono rispettivamente l’89,5% ed il 28% della loro PNEC. Nelle tabelle degli allegati queste situazioni sono ben evidenti. Perché non si interviene con la stessa insistenza presso le autorità pubbliche chiedendo la loro interdizione?
Questo articolo è dedicato al glyphosate, l'erbicida totale più venduto al mondo grazie alla sua economicità ed efficacia e per questo motivo l'obiettivo da molti anni di una campagna di demonizzazione da parte delle più aggressive ONG ambientalistiche.
Nella prima parte si intende confutare con dati scientifici le affermazioni utilizzate per convincere l'opinione pubblica più sensibile ai problemi ambientali che questo erbicida è un pericolo per la salute pubblica. Mostreremo che è falso dire che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che il prodotto è cancerogeno e che la nocività per l'ambiente è stata dimostrata.
La seconda parte mostra che il prodotto, che è stato oggetto di innumerevoli controlli di tossicità da parte di istituzioni pubbliche, è uno dei meno tossici tra le sostanze comunemente rilasciate nell'ambiente. Infine, porteremo il lettore a rendersi conto che la furia contro la molecola erbicida ha fini prettamente ideologici e serve a sostenere campagne al fine di indurre in errore l 'opinione pubblica e spingere le istituzioni pubbliche a prendere decisioni irrazionali, privando il mondo agricolo di un prodotto efficace, economico e a basso impatto ambientale.
Scriveva il filosofo inglese Francesco Bacone “Calunnia senza timore: qualcosa rimane sempre attaccato”. Quanto di vero vi sia in tale adagio ce lo dimostra il fatto che ormai molti cittadini europei ritengono vera l’affermazione secondo cui:
>>>> Gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno classificato il glyphosate nella categoria dei « cancerogeni probabili » per l’uomo. La nocività per l’ambiente di questa sostanza è stata inoltre provata<<<< (Fonte: Greenpeace Belgio)
Il fatto è che tale affermazione contiene due palesi falsità che vedremo qui di seguito di esplicitare, il che richiederà un po’ di tempo e di pazienza da parte del lettore, in quanto un conto sono gli slogan e un altro è l’approccio analitico a problemi complessi come quelli dell’impatto di un prodotto chimico sull’ambiente e sulla salute umana.
FALSITA’ N° 1 E’ falso che sia l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ad aver classificato il glyphosate come “cancerogeno probabile”, bensì è stato lo IARC che, seppure emanazione dell’OMS, non è l’organismo demandato a valutare i rischi. Per giunta lo stabilire un rischio è ben lontano dal valutarne i pericoli. Lo IARC, infatti, non tiene conto in nessun caso delle dosi in gioco, tanto meno le quantità alle quali l’uomo è esposto e soprattutto le vie attraverso le quali arriva l’esposizione. Chi fa questa dichiarazione è proprio lo IARC stesso quando dice che:
>>>>Noi non facciamo la valutazione del rischio, ma l'identificazione dei rischi. Il nostro parere non dice se la popolazione generale è a rischio a causa di questa o quella sostanza, questo è il lavoro delle agenzie di salute e sicurezza. <<<<
E a tale affermazione o IARC fa un’aggiunta che ha del paradossale:
>>>>I nostri programmi di valutazione identificano rischi di cancro comunque, anche quando questi sono molto bassi in riferimento ai livelli di esposizione attuali; lo si fa in funzione di nuovi usi o di esposizioni imprevisti che potrebbero comportare rischi che sono significativamente più alti.<<<<
Vedremo che queste asserzioni sono di estrema importanza per collocare l’affare glyphosate nelle giuste proporzioni. Insomma lo IARC fa solo valutazioni di pericolo e non di rischio, che spettano alle agenzie di sanità pubblica. E’ appunto per questo che lo IARC è stato molto criticato: ha cioè disinformato assegnando al prodotto una classifica, nel senso che non è lui che deve dire se dobbiamo avere paura del glyphosate; non è il suo compito e non ha gli strumenti per farlo. Per di più IARC per esprimere il giudizio ha usato solo lavori che stimavano la cancerogenicità in operatori che manipolavano la sostanza per tempi molto prolungati ed ad dosi talmente elevate che erano lontanissime dalle quantità di residui con cui il comune cittadino può venire in contatto. Tutti questi lavori di ordinaria esposizione non sono stati presi in considerazione.
In tal senso chi di dovere si è già pronunciato. In proposito si veda l’EPA (Ente protezione dell’ambiente USA) che lo ha fatto già nel 1991 con questa conclusione, peraltro riaffermata nel 2013:
>>>>Il 26 giugno del 1991, l'Agenzia ha classificato il glyphosate nel gruppo E (evidenza di non cancerogenicità per l'uomo), sulla base di una mancanza di prove convincenti di cancerogenicità in studi adeguati con due specie animali, ratto e topo<<<<
E sempre l’EPA ha emesso un altro documento nel 2016 (qui) in cui afferma che:
>>>> il glyphosate non è suscettibile di essere cancerogeno per l’uomo a dosi rilevanti. Vi è un consenso scientifico globale sul fatto che il glyphosate sia una sostanza erbicida a tossicità relativamente ridotta al punto da non provocare il cancro e da non porre gravi minacce per la salute della popolazione in generale<<<<
Sempre nel 2013 si è pronunciata la BfR tedesca (Istituto federale tedesco di valutazione dei rischi e referente della Commissione Europea) affermando quanto segue:
>>>>A conclusione di questo processo di rivalutazione della sostanza attiva glyphosate da parte di Bfr, i dati disponibili non mostrano proprietà cancerogene o mutagene del glyphosate.<<<<
Poi nel 2015 si è pronunciata anche l’agenzia europea EFSA:
>>>>A seguito di un secondo mandato della Commissione europea a prendere in considerazione i risultati dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) per quanto riguarda il potenziale cancerogenicità di glyphosate o prodotti fitosanitari contenenti glyphosate nella revisione in corso tra pari della sostanza attiva, l'EFSA ha concluso che è improbabile che il glyphosate presenti pericolo di cancerogenicità per l'uomo e l'evidenza non supporta la classificazione per quanto riguarda il suo potenziale cancerogeno secondo il regolamento (CE) N. 1272/2008.<<<<.
Non procediamo oltre, ma alle stesse risultanze sono giunte sia l’Agenzia canadese che quella neozelandese e quella australiana. Tuttavia ci potrebbe essere qualche “San Tommaso” che esige di sentire il parere diretto dell’OMS. Ebbene, questa si è espressa unitamente alla FAO nel maggio 2016 (vedasi qui ) prendendo in considerazione tutto il dossier dello IARC e i successivi studi fatti e non limitandosi al principio attivo ma prendendo in esame anche i prodotti di degradazione e i coformulanti del prodotto commerciale. In sintesi se prendiamo in esame il sommario della risoluzione leggiamo quanto segue:
>>>> Nel complesso, vi sono alcune evidenze di una correlazione positiva tra l'esposizione al glyphosate e il rischio di NHL (con NHL si indicano alcuni tipi di linfoma) dagli studi caso-controllo e la meta-analisi complessiva. Tuttavia, è da notare che l'unico studio di coorte di grandi dimensioni di alta qualità non ha trovato prove di un'associazione a qualsiasi livello di esposizione.<<<<
Al riguardo è essenziale far notare che in un’indagine scientifica la correlazione non ha nessun valore probante finché non ci sono prove scientifiche valide che indichino un nesso causale e queste prove non sono mai state trovate nel contesto di un uso professionale del diserbante.
A conclusione i due organismi (OMS e FAO) scrivono nel rapporto sommario sul meeting sui residui dei pesticidi (JMPR) del 9-13 maggio 2016:
>>>> Tenuto conto dell’assenza di cancerogenicità potenziale nei roditori a dosi paragonabili a quelle con cui possono venire in contato gli umani e dell’assenza di genotossicità per via orale nei mammiferi ed infine considerando le prove epidemiologiche ricavate dalle esposizioni degli addetti, l’Assemblea ha concluso che è improbabile che il glyphosate rappresenti un rischio cancerogeno per gli umani attraverso l’esposizione dovuta all’alimentazione” <<<<
FALSITA’ N° 2 E’ falsa l’affermazione secondo cui: “è stata inoltre provata la nocività per l’ambiente di questa sostanza”.
2.1 – su questo occorre anzitutto dire che a falsità si è aggiunta falsità quando il giornale “Le Monde” ha scritto che: “il glyphosate è la sostanza più frequentemente trovata nell’ambiente e la prima causa del declassamento dei punti di prelevamento di acqua potabile” . Indipendentemente dal fatto che dire “più frequentemente trovata”, seppure la cosa corrisponda a verità, non dice nulla se non si prendono in esame le quantità effettivamente trovate, d’altronde è la sostanza diserbante più largamente e da più tempo usata in agricoltura, silvicoltura, negli spazi incolti civili, nei cortili e spazi verdi domestici ed è quindi logico trovarla in modo ripetuto. Tuttavia vi è da precisare che spesso non si trova il glyphosate tal quale bensì l’AMPA che è il prodotto di degradazione e che questo non proviene solo dalla molecola diserbante ma anche da altre sostanze non agricole come un tempo i detersivi e ora altre sostanze industriali anti-incrostazioni. Ma la cosa completamente falsa è quella per cu il prodotto si ritroverebbe nelle acque profonde da dove si captano le acque potabili tanto da declassarle. Inoltre il giornale francese non cita nessuna fonte per suffragare le sue affermazioni ed infatti, quando gli è stata fatta notare l’inconsistenza della notizia e le cose false dette, esso ha pubblicato la seguente smentita: “ rettifica del 9 gennaio 2016 – il glyphosate non è la prima causa del declassamento delle fonti di pescaggio dell’acqua potabile in Francia , come noi abbiamo scritto per errore, anche se si tratta del fitofarmaco più frequentemente trovato nelle acque di superficie”.
Chiarito questo, però, dobbiamo anche guardare alla tossicità del prodotto rispetto a quella di tanti altri prodotti usati e che si diffondono nell’ambiente. Infatti l’unico problema riscontrato è verso gli anfibi, ma non dovuto al principi attivo o all’AMPA, ma ai prodotti coformulanti del prodotto commerciale. Tuttavia i residui del fitofarmaco non arrivano mai nelle acque profonde e questo è attestato da tutte le analisi fatte sull’acqua potabile (i dati in nostro possesso sono relativi ai controlli fatti dalle amministrazioni pubbliche in Francia e si trovano : qui ; qui ; qui. In questi documenti si distinguono tre tipi di non-conformità (acronimo NC): NC0, NC1 e NC2. Le norme francesi fissano dei limiti di qualità delle acque potabili: un limite di “0,1µg/L” per ogni sostanza, un limite di “0,5 µg/L” per tutte le sostanze cumulate ed un “Vmax “, ossia un Valore Massimo Sanitario inteso come il consumo durante l’intera vita di un’acqua contenente un fitofarmaco ad una concentrazione inferiore o uguale al “Vmax“ che non comporta, sulla base dei criteri tossicologici ritenuti e circa lo stato attuale delle conoscenze, nessun effetto nefasto per la salute”.
Ecco che su questa base viene definito cosa s’intende per NC1, vale a dire “la presenza di residui di fitofarmaci a delle concentrazioni superiori ai limiti di qualità per un periodo di più di 30 gg cumulati nell’anno senza, però, che mai sia stato sorpassato il “Vmax“.Secondo le norme quest’acqua non presenta dei rischi sanitari per la popolazione. L’NC2 invece è quando vi è presenza di almeno un fitofarmaco ad un tenore superiore al “Vmax“ qualsiasi sia la durata del superamento del limite. In questo caso l’acqua presenta dei rischi sanitari per la popolazione che deve quindi essere informata di non usare l’acqua distribuita come bevanda o per la preparazione e/o cottura degli alimenti, escluso il lavaggio degli stessi.
- Quali sono stati i risultati riscontrati nei controlli (vedi link sopraccitati)? Nel periodo 2012-2014, cioè quando è iniziata la bagarre della proibizione del glyphosate, il glyphosate e l’AMPA sono responsabili nel 2,7-3,1% dei controlli e ciò colloca il glyphosate in sesta posizione dei fitofarmaci responsabili di situazioni non conformi, mentre l’atrazina, proibita da vari anni nell’UE è responsabile del 59,5-73,5% di situazioni NC1 o NC2. Altre sostanze che concorrono sono metolachlor (altro diserbante che incide per il 6,9%), il bentazone 3,42% dei casi. In Italia i dati si trovano qui e comunque come in Francia le legislazioni devono adeguarsi a direttive comunitarie. Anche in Italia il glyphosate e l’AMPA si ritrovano nelle acque superficiali e praticamente non nelle acque sotterranee, per cui la pubblicazione dell’ISPRA conferma quanto trovato in Francia. Solo che nel documento dell’ISPRA le conclusioni vanno in tutt’altro senso perché così vogliono i movimenti di ecologia politica. Per una più completa visualizzazione delle caratteristiche sopra accennate si vedano gli allegati 1 e 2 che sono relativi alla Francia.
2.2 -Il bersaglio glyphosate è un ideale bersaglio ideologico anche perché ha fatto da supporto alla creazione di piante geneticamente modificate (GM) ad esso resistenti (seguendo il ragionamento per cui per migliorare la sostenibilità economica ed ambientale si creano varietà resistenti a un erbicida non selettivo e che dunque distrugge tutte le piante competitrici, a basso costo, poco tossico e a ridotto impatto ambientale). Senza l’associazione Glyphosate – OGM a nessuno sarebbe probabilmente venuto in mente di chiederne la messa al bando su scala mondiale. Ciò anche perché se avessero un minimo di onestà intellettuale coloro che richiedono il bando del glyphosate si sarebbero accorti che la messa al bando di un prodotto con le caratteristiche tossicologiche per l’ambiente e per l’uomo proprie del glyphosate comporterebbe per motivi di coerenza la contemporanea messa al bando di tutti i prodotti chimici usati dall’uomo e il ritorno immediato al periodo pre-rivoluzione scientifica (pestilenze incluse!!!).
Abbiamo visto che sul piano sanitario umano tra tutti i fitofarmaci che possono provocare l’impotabilità delle acque il glyphosate è quello che ne la determina nel numero minore di casi e comunque è quello che ha la Dose giornaliera assimilabile più bassa (DGA = 0,05 mg/kg/giorno), mentre tanti altri erbicidi che si trovano nelle acque hanno una DGA di 50 volte inferiore (ciò significa che si devono assimilare dosi 50 volte inferiori a quelle del glyphosate se non si vogliono rischiare effetti nocivi sulla salute). Infatti l’OMS non ha ritenuto di dover fissare delle quantità di glyphosate e AMPA per dichiarare le acque non potabili appunto perché, provenendo esse da acque profonde, l’erbicida ed il suo prodotto di degradazione vi arrivano a quantità molto più basse di quelle che possono preoccupare la salute:qui .
Sul piano della sanità ambientale fra gli 11 fitofarmaci e i loro prodotti di degradazione più rivelati nei corsi d’acqua francesi, il glyphosate è il secondo (il primo è il bentazone che non è un erbicida totale, bensì selettivo e quindi presuppone che l’uso avvenga in associazione di altri erbicidi).
Inoltre scorrendo la classifica dei prodotti in base alla loro ecotossicità si scopre che esistono fitofarmaci che sono 100 o addirittura 1000 volte peggiori del Glyphosate. Esso tra l’altro ha tossicità di 300 volte inferiore al suo PNEC (Predicted No Effect Concentration – ossia la concentrazione al di sotto della quale non si teme di impattare gli ecosistemi). Ad esempio vi sono due altri erbicidi autorizzati e usati in Europa quali il Metazacloro ed il Chlortoluron che raggiungono rispettivamente l’89,5% ed il 28% della loro PNEC. Nelle tabelle degli allegati queste situazioni sono ben evidenti. Perché non si interviene con la stessa insistenza presso le autorità pubbliche chiedendo la loro interdizione?
Figura
1 - Le manipolazioni di Greenpeace
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Figura 2 -
Tossicità comparate di vari prodotti di uso comune e del glyphosate
(vi è indicato l’LD50 di ognuno)
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Tabella 1 –
Agrofarmaci più frequenti nei corsi d’acqua francesi e relativa
ecotossicità.
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Allegato 2 –
Agrofarmaci all’origine di non potabilità dell’acqua del
rubinetto
in Francia e relativa tossicità per l’uomo.
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Alberto Guidorzi
Agronomo.
Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in
Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso
la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez
come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti
l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo
per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano.
E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso
Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia
Oltre al cancro, secondo qualcuno il glifosato sarebbe responsabile anche della celiachia e dell'intolleranza al glutine.
RispondiEliminaCome si sa, le disgrazie non vengono mai da sole.
Peccato che, dopo aver compiuto una ricerca su NCBI (il database della Biblioteca Nazionale di Medicina degli Stati Uniti), l'unico articolo scientifico che chiama in causa tali relazioni - lo stesso citato in alcuni siti web che danno credito a questa bufala - sia il seguente:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed?term=(glyphosate%5BTitle%5D)%20AND%20celiac%5BTitle%5D
Come si può notare, i due autori sono uno "scienziato consulente indipendente" e una ricercatrice che si occupa d'informatica e intelligenza artificiale. L'articolo è stato anche "marcato" nella stessa pagina web di NCBI con un commento che lo addita come responsabile di misinterpretazione a favore delle relazioni con l'autismo nei social media. Classico.
In un altro articolo, stavolta uscito nel 2015 su Surgical Neurology International, gli stessi autori mettono in relazione il glifosato con le più comuni patologie neurologiche:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25883837
Bufale come queste sono purtroppo sdoganate dalla stessa NCBI, che recensisce anche lavori pubblicati su riviste prive di Impact Factor, come nel caso di quelle ospitanti gli articoli in questione. Non che l’impact factor sia legge divina, ma resta sempre uno degli strumenti più validi per accreditare le riviste scientifiche e quanto in esse viene pubblicato.
Sergio
RispondiEliminaE' di oggi la notizia che l'ECHA (Agenzia Europea dei prodotti chimici) ha dichiarato per bocca del suo direttore che NON dichiarerà il glyphosate cancerogeno. Spiego meglio per i non addetti. L'autorizzazione all'uso del glyphosate era in scadenza e ne è stata richiesto l'allungamento dell'autorizzazione. In occasione di ciò si è sviluppata tutto il can can di cui sopra anche perchè questi gruppi di pressione erano riusciti a far dire allo IARC di avere individuato un probabile rischio. La Commissione UE ha allora pilatescamente autorizzato il glyphosate solo fino alla fine del 2017 in attesa che l'ECHA, all'uopo intressata, esprimesse un parere definitivo. Questo, come ho detto sopra. è arrivato e quindi nullaosterebbe alla ulteriore autorizzazione! Ho usato il condizionale perchè nei meandri di Bruxelles non si sa mai quali inghippi inventano.