L’articolo dell’amico Luigi Mariani sul DDT mi ha invogliato a riprendere un mio dossier di articoli e pubblicazioni dal mio classificatore. La nota che ne ho ricavato e che sottopongo ai lettori di AS vuole essere un ulteriore contributo sull’annosa questione sollevata giustamente dall’amico Luigi e che tanti danni ha provocato nel terzo mondo senza che nessuno osasse denunciare un vero e proprio eccidio evitabile. Ciò che dirò tra l’altro può rappresentare un esempio storico molto istruttivo su certe problematiche che viviamo ancora oggi, non solo sempre nei riguardi della malaria e del DDT, ma anche sul problema generale dei fitofarmaci, degli OGM e di come interessi innominabili stiano alla base della disinformazione dell’opinione pubblica, aggravata peraltro anche da pregiudizi ideologici.
Regioni
del globo dove non c’è più malaria o non è mai esistita (in
bianco), Regioni a rischio limitato (in grigio) e regioni dove la
malaria è più presente ( in arancio).
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Cenni di eziologia della malaria
La malaria è causata da un protozoo, il plasmodio.
La malaria è trasmessa all’uomo a seguito della puntura di una femmina del genere anofele (ne esistono una ventina di specie). Se una zanzare infettata da un essere umano malato (e cioè con i plasmodi nel sangue), punge un altro essere umano per prendere altro sangue che le serve per la deposizione delle uova su una superficie liquida più o meno stagnante o limpida, lo fa per dare inizio ad un nuovo ciclo dell’insetto ma nello stesso tempo trasmette la malattia. Tuttavia sia la zanzara che l’uomo sono funzionali al completamento del ciclo vitale del plasmodio; esso conduce una fase asessuata presso l’uomo ed una sessuata nel corpo della zanzara. L’anofele vive nelle regioni caldo umide, rifugge l’altitudine e la sua distanza di volo non oltrepassa i due chilometri. Come già detto è la sola femmina che punge l’uomo e solamente di notte. Il suo volo è silenzioso e la puntura non è dolorosa. Di giorno si ritira nei luoghi riparati e ombrosi come ad esempio le abitazioni umane. La malaria inizia da 8 a 30 giorni dopo la puntura infetta e può essere accompagnata da mal di testa, dolori muscolari, debilitazione, vomito, diarrea e tosse. E’ a questo punto che sopravvengono i tipici cicli alternati di febbre, tremori con sudori freddi e traspirazione intensa. La periodicità di questi cicli dipende dalla specie di plasmodio (falciparum, vivax e malariae citati da Mariani) e coincide con lo scoppio dei globuli rossi, causa appunto dell’anemia. Laddove la presenza della zanzara è endemica, il numero di punture e tale che si addiviene tra chi sopravvive a delle forme di immunità acquisita e questi individui divengono dei portatori asintomatici dell’infezione. Per inciso ed a questo proposito, si è sfruttata questa asintomaticità per ripopolare le zone di riforma agraria volute dal duce nel ventennio (zona pontina, zone sarde ecc.); si è data infatti la precedenza alle popolazioni venete e ferraresi appunto perché erano in qualche modo nella condizione di “pseudoimmunità acquista” essendo vissute nelle zone malariche del delta del Po e dei fiumi veneti per generazioni. La malattia è conosciuta fin dall’antichità (Alessandro il Grande morì di malaria nel 313 a.C. sulle rive paludose del Tigre) ma fu solo nel XVII sec. che da noi si scoprì che una pianta della famiglia delle rubiacee era in grado di curarla. La pianta fu portata in Europa dalla contessa di Chincon, moglie del viceré del Perù, che era guarita da attacchi di febbre mediante le polveri ricavate dalla sua corteccia e in suo onore si chiamò Chincona officinalis. Con questa pianta si cominciò a curare la malaria in Europa e furono gli olandesi che fino al 1930 detennero il monopolio della produzione di polveri e poi di chinino di Chincona, poiché l’avevano acclimatata a Java. Fu nel 1820 infine che si riuscì ad estrarre il principio attivo della Chincona, un alcaloide chiamato appunto “chinino”, ma fu solo nel 1880 che un medico militare francese (Leveran) scoprì nel sangue dei malarici il plasmodio.
La malaria è causata da un protozoo, il plasmodio.
La malaria è trasmessa all’uomo a seguito della puntura di una femmina del genere anofele (ne esistono una ventina di specie). Se una zanzare infettata da un essere umano malato (e cioè con i plasmodi nel sangue), punge un altro essere umano per prendere altro sangue che le serve per la deposizione delle uova su una superficie liquida più o meno stagnante o limpida, lo fa per dare inizio ad un nuovo ciclo dell’insetto ma nello stesso tempo trasmette la malattia. Tuttavia sia la zanzara che l’uomo sono funzionali al completamento del ciclo vitale del plasmodio; esso conduce una fase asessuata presso l’uomo ed una sessuata nel corpo della zanzara. L’anofele vive nelle regioni caldo umide, rifugge l’altitudine e la sua distanza di volo non oltrepassa i due chilometri. Come già detto è la sola femmina che punge l’uomo e solamente di notte. Il suo volo è silenzioso e la puntura non è dolorosa. Di giorno si ritira nei luoghi riparati e ombrosi come ad esempio le abitazioni umane. La malaria inizia da 8 a 30 giorni dopo la puntura infetta e può essere accompagnata da mal di testa, dolori muscolari, debilitazione, vomito, diarrea e tosse. E’ a questo punto che sopravvengono i tipici cicli alternati di febbre, tremori con sudori freddi e traspirazione intensa. La periodicità di questi cicli dipende dalla specie di plasmodio (falciparum, vivax e malariae citati da Mariani) e coincide con lo scoppio dei globuli rossi, causa appunto dell’anemia. Laddove la presenza della zanzara è endemica, il numero di punture e tale che si addiviene tra chi sopravvive a delle forme di immunità acquisita e questi individui divengono dei portatori asintomatici dell’infezione. Per inciso ed a questo proposito, si è sfruttata questa asintomaticità per ripopolare le zone di riforma agraria volute dal duce nel ventennio (zona pontina, zone sarde ecc.); si è data infatti la precedenza alle popolazioni venete e ferraresi appunto perché erano in qualche modo nella condizione di “pseudoimmunità acquista” essendo vissute nelle zone malariche del delta del Po e dei fiumi veneti per generazioni. La malattia è conosciuta fin dall’antichità (Alessandro il Grande morì di malaria nel 313 a.C. sulle rive paludose del Tigre) ma fu solo nel XVII sec. che da noi si scoprì che una pianta della famiglia delle rubiacee era in grado di curarla. La pianta fu portata in Europa dalla contessa di Chincon, moglie del viceré del Perù, che era guarita da attacchi di febbre mediante le polveri ricavate dalla sua corteccia e in suo onore si chiamò Chincona officinalis. Con questa pianta si cominciò a curare la malaria in Europa e furono gli olandesi che fino al 1930 detennero il monopolio della produzione di polveri e poi di chinino di Chincona, poiché l’avevano acclimatata a Java. Fu nel 1820 infine che si riuscì ad estrarre il principio attivo della Chincona, un alcaloide chiamato appunto “chinino”, ma fu solo nel 1880 che un medico militare francese (Leveran) scoprì nel sangue dei malarici il plasmodio.
DDT
(acronimo
del DicloroDifenilTricloroetano).
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Storia dell’uso del prodotto come insetticida
Il DDT è una molecola nota fin dal 1873 ma fu solo nel 1939 che il Dr Paul Hermann Muller ne scoprì le capacità insetticide e perciò nel 1948 ricevette il premio Nobel della medicina. Alla consegna del premio il decano dell’istituto Karolinska lo apostrofò così: “la vostra scoperta è di grande importanza per la medicina. Grazie a voi la medicina preventiva può da ora combattere molte malattie trasmesse dagli insetti”. Vedremo che le sue previsioni saranno smentite! E’ forse anche grazie al DDT se le truppe americane nel loro avanzare in Italia si sono mantenute in buona salute. Ne hanno versato quantità enormi nelle zone paludose e di passaggio delle truppe e direttamente su se stessi per difendersi da insetti pericolosi quali pulci, zanzare e pidocchi; Napoli nel 1944 fu soggetta ad un distribuzione polverulenta massiccia di DDT per evitare epidemie e dopo la fine della guerra, nel 1948, cominciò sotto l’egida dell’Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (AID) una vasta campagna contro il paludismo o malaria in 48 paesi . In un solo anno la malaria fu fermata in Grecia e in Africa del Sud la si ridusse di 10 volte in 4 anni. In India vi erano 75 milioni di malarici e di questi ne morivano circa 800.000 l’anno, mentre nel 1961, dopo la campagna di disinfestazione, i morti si ridussero a 50.000. Nel vicino Sri Lanka i 2,8 milioni di malarici si azzerarono. Con questi ritmi si giunse a prefigurare uno sradicamento totale della malattia dal pianeta in pochi anni.
Le cose invece andarono diversamente e vale la pena di ripercorrere la vicenda in modo sistematico. Come sempre in situazioni del genere vi è una immagine simbolo che colpisce la fantasia dell’opinione pubblica e che finisce per spaventarla. Nel caso del DDT vi fu la nota scena del film del 1959 “Intrigo internazionale” di A. Hitchcok, in cui per uccidere Gray Grant lo impolveravano di DDT sparso da un aereo. Dalla scena del film non si può ricavare una diretta corrispondenza tra DDT e l’anonima polvere distribuita dall’aereo, tuttavia, nella campagna contro l’ uso del DDT, la scena del film la si associò al DDT. Eppure fu in quell’epoca che gli agronomi cominciarono a dire di non esagerare con l’uso dell’insetticida come si era fatto nel dopoguerra sulla scorta dell’uso bellico, che certo non privilegiava l’ambiente. Mi piace qui ricordare che l’epoca di circa 60 anni fa è oggi vista come una stagione in cui l’agricoltura era ecologicamente compatibile a differenza di quella attuale, ritenuta distruttiva per l’ambiente. Ricordo anche che a quei tempi si esagerava anche con l’arseniato di piombo e con gli estratti nicotinici, tutte cose di cui ci si è bellamente dimenticati. Si dovrebbe invece sapere che oggi pratichiamo un’agricoltura molto più ecompatibile di allora in fatto di fitofarmaci perché ci si è resi conto dei problemi che quella agricoltura aveva causato e la buona agricoltura è decisamente migliorata nei metodi. Continuando sugli avvenimenti storici, dobbiamo citare l’uscita nel 1962 del libro della giornalista Rachel Carson dal titolo “la primavera silenziosa” dove s’immaginava di vivere una primavera in cui con nessun canto d’uccello e nessun insetto era più visibile; da qui per l’opinione pubblica ne discese che il responsabile di tale azione mortifera era il DDT. A seguito di tutto ciò la pressione dell’opinione pubblica presso politici e governanti si fece intensa al fine di abolire l’uso del DDT e di conseguenza si cominciò ad assistere ad un cambiamento di strategia sulla malaria. Già nel 1967 l’OMS non parla più di eradicazione della malattia, ma solo di “controllo laddove sia possibile”. Nel 1972 l’EPA statunitense interdice l’uso del DDT e quindi si interrompe la produzione, non lo si esporta più nei paesi malarici, ma soprattutto si negano i finanziamenti ai programmi di lotta alla malattia che prevedono l’uso del DDT.
I risultati dopo una ventina d’anni di questo ostracismo sono visibili nella loro drammaticità: in India annoveriamo negli ultimi 20 anni quattro gravi epidemie e sono stati riportati 2,85 milioni di casi con 3000 morti; nello Sri Lanka, che ha posto fine all’uso del DDT nel 1964 pensando che da loro il problema della malaria fosse risolto perché ormai i casi erano solo 17 , già nel 1969 i casi salirono a 500.000.
Ma non è solo la malaria ad essere interessata al discorso del DDT perché l’Aedes Aegypti che trasmette il virus Zika che tanto ha fatto parlare in occasione delle recenti olimpiadi brasiliane, ha ciclo simile e punge preferibilmente di mattina presto e all’imbrunire e poi si tiene nascosta nelle case. Ecco un esempio lampante di come il No-DDT e Si-DDT nelle abitazioni modifichi radicalmente le situazioni.
I risultati dopo una ventina d’anni di questo ostracismo sono visibili nella loro drammaticità: in India annoveriamo negli ultimi 20 anni quattro gravi epidemie e sono stati riportati 2,85 milioni di casi con 3000 morti; nello Sri Lanka, che ha posto fine all’uso del DDT nel 1964 pensando che da loro il problema della malaria fosse risolto perché ormai i casi erano solo 17 , già nel 1969 i casi salirono a 500.000.
Ma non è solo la malaria ad essere interessata al discorso del DDT perché l’Aedes Aegypti che trasmette il virus Zika che tanto ha fatto parlare in occasione delle recenti olimpiadi brasiliane, ha ciclo simile e punge preferibilmente di mattina presto e all’imbrunire e poi si tiene nascosta nelle case. Ecco un esempio lampante di come il No-DDT e Si-DDT nelle abitazioni modifichi radicalmente le situazioni.
Ma il DDT è veramente mortifero?
Dobbiamo dire che sull’onda del pericolo del DDT fiorì un’infinità di studi che nel 1992 indussero le Autorità a redigere la lista del POPs (inquinanti organici persistenti) nella quale fu incluso il DDT assieme ad altre 12 sostanze di cui 7 insetticide. I criteri per esservi inclusi erano quattro e bastava che si rispondesse ad uno solamente per essere inclusi: a) essere tossici, b) accumularsi nella catena alimentare, c) persistere nell’ambiente, d) raggiungere luoghi molto distanti da quelli in cui erano utilizzati. E’ evidente che la tossicità prevaleva su tutti, in quanto in assenza di tossicità poco importava rispondere ai requisiti b), c) e d), o meglio solo se c’era tossicità si dava valenza all’accumulo e alla persistenza. Nel caso del DDT la persistenza è acclarata (semivita di 15 anni) e pure l’accumulo nella catena alimentare, ma per la tossicità la realtà è diversa da quella percepita dall’opinione pubblica e che ha indotto a certe decisioni incomprensibili a livello planetario. Qualcuno qui penserà subito: “ ma Guidorzi crede di saperne di più di tutti quelli che si sono occupati del DDT nel mondo?" No! Nessuna pretesa di scienza infusa, ma solo lettura e comunicazione di fatti obiettivi e di pareri di fonti serie ( chi ha altre fonti che contrastano le mie le citi per favore). Guardiamo prima di tutto la DGA (dose giornaliera ammessa) del DDT rispetto ad altre sostanze incluse nei POPs: DDT 1200 µg/kg di peso corporeo/giorno, Eptacloro 30 µg/giorno, Aldrin 6 µg/giorno. Vogliamo per curiosità guardare il dato del glyphosate di cui molta gente è spaventata per una “probabile e mai documentata cancerogenicità”, cioè classe 2A, mentre il DDT è classificato “possibile cancerogeneo” e cioè in classe 2B, la più bassa? Glyphosate ha una DGA di 0,1 mg/kg di peso corporeo al giorno per gli operatori e 0,5 mg/kg di peso corporeo al giorno per i consumatori, ma tra “µg” e “mg” vi è un moltiplicatore di 1000, vale a dire che i numeri citati sopra da paragonare sono 1200, 500 per il DDT, 30 e 6.
La rivista “The Lancet” « How toxic is DDT? », Lancet 2000 ; 356 : 267-268. scrive: «negli anni ’40 molta gente è stata deliberatamente esposta a concentrazioni elevate di DDT a causa dei programmi di aspersione della sua polvere o di impregnazione dei vestiti senza nessun effetto apparente. Sicuramente non ci sono altri prodotti chimici così studiati nei loro effetti sull’uomo come si è fatto sul DDT. E’ apparso subito che la sua tossicità cutanea era molto bassa, come pure la tossicità orale che dipendeva dalla coformulazione del prodotto commerciale. L’ingestione di DDT anche se ripetuta da volontari o da persone che si volevano suicidare ha mostrato una bassa letalità ».
Anche i sintomi tipici dell’esposizione cronica non sono mai stati evidenziati, si riscontra solo un maggiore presenza nel sangue. Chi ha voluto assegnare al DDT la caratteristica di perturbatore endocrino, ricavandolo da studi, non è mai arrivato a prove conclusive e questo è testimoniato perfino dal WWF che della messa al bando del DDT ha fatto un suo cavallo di battaglia. Vi è solo uno studio che ha dimostrato che negli uccelli rapaci il guscio delle loro uova è meno spesso. Rimane la questione delle resistenze insorte nelle zanzare ed mosche all’azione del DDT, ma qui occorre domandarsi se queste sono insorte a causa del DDT usato per combattere la malaria o da quello enormemente più abbondante distribuito in modo insensato in agricoltura. Credo che il seguente dato sia esaustivo per farsi un’idea delle quantità usate nell’uno e nell’altro caso: a suo tempo nei trattamenti su cotone negli USA si era arrivati ad usare 1100 kg di DDT ogni 100 ettari di cotone durante il mese dei trattamenti ai parassiti mentre con la medesima quantità si può trattare per un anno tutte le abitazioni del Nord dell’Uganda.
1ª conclusione: bene si è fatto ad interdire l’uso del DDT in agricoltura, mentre molto male si è fatto a interdirlo o boicottarlo nell’uso nelle abitazioni contro la malaria per un mal interpretato “principio di precauzione", in quanto l’OMS ci ha detto che fino al 1970 la campagna di eradicazione ha permesso al 53% della popolazione esposta (727 milioni di esseri umani) di vivere più in zone non più soggette a rischio di malattia. Per contro negli anni 2000 si registrava ancora 1 milione di morti l’anno su 500 milioni di ammalati di malaria in modo acuto, fra cui 3000 bambini e neonati che muoiono ogni giorno e 10.000 donne incinte che soccombono ogni anno alla malattia.
Non valeva la pena comportarsi più saggiamente e suggerire una strategia d’uso più oculato e su basi scientifiche del DDT per combattere unicamente la malaria, data anche l’assenza di prodotti sostitutivi ad effetto paragonabile e meno tossici e che i costi di soluzioni alternative sono esorbitanti per paesi malarici caratterizzati da estrema povertà. Il vaccino è ancora di la da venire e inoltre le soluzioni alternative non sono competitive per costi o per ragioni tecniche, per cui ad esempio i piretrodi hanno dimostrato subito di generare resistenze oltre ad essere troppo costosi mentre i carbammati e i fosforganici sono tossici e inadatti ad essere maneggiati da quelle popolazioni. Lasciamo stare le fantomatiche soluzioni ecologiche (ve ne sarebbe una e già operativa, cioè quella di creare zanzare OGM che facciano nascere solo maschi, ma non tocchiamo questo argomento perché se ci siamo comportati da struzzi con il DDT, con gli OGM ci comporteremmo da somari…).
Nuova strategia di lotta con il DDT
Vediamo cosa si intende per uso del DDT oculato e su basi scientifiche. Dato che sono solo le femmine di notte che pungono gli umani e che queste di giorno rimangono confinate nelle case prediligendo i luoghi ombrosi, si tratterebbe di irrorare i muri interni ed esterni delle case tralasciando di distribuire il DDT nell’ambiente esterno; qui devono intervenire altre opere di bonifica e risanamento di luoghi umidi e di sgrondo delle acque. Si fa notare che questo DDT dato ai muri delle case non finirà mai nell’ambiente e quindi viene meno sia l’accumulo che la persistenza. Visto quanto abbiamo detto sulla tossicità, l’idea non è per nulla peregrina tanto più che con 2 g/m² di principio attivo una o due volte all’anno lo scopo si raggiunge anche perché nessuno dice che oltre all’effetto avvelenante (mantenimento di uno stato depolarizzato delle cellule degli insetti) ha un sensibile e duraturo effetto repulsivo e irritante verso gli insetti, obbligandoli così a stazionare di meno nelle case. Se facciamo qualche calcolo comparativo scopriamo che con circa mezzo kg di DDT all’anno disinfestiamo una grande casa e quindi se paragoniamo questo con i 795 kg che si dovrebbero distribuire nell’ambiente per difendere dai parassiti 40 ettari di cotone comprendiamo che l’ostracismo al DDT per combattere la malaria è del tutto fuori luogo, ideologico e disinformante. L’OMS ha certificato che questa strategia di difesa dalla malattia è efficace. Perché allora si continua la mala informazione e la limitatissima messa in atto di questo metodo di lotta?
La questione è complessa, ma una delle cause è che il DDT, a seguito del libro della Carson è divenuto il cavallo di battaglia dell’ecologia politica ed il bersaglio contro cui si scaglia l’opinione pubblica può sfogare i suoi più bassi istinti. In sostanza dunque il DDT è diventato da tempo il simbolo della nocività della chimica, della distruzione dell’ambiente da parte dell’uomo moderno e dell’agricoltura produttivistica acritica. E’ stato facile per i paesi ricchi ad esempio abolire l’uso del DDT quando ormai avevano eradicato la malaria. Nel 1992 poi si aggiunse l’accordo per l’eliminazione dei POPs che delega l’ONU a porre in atto dei meccanismi cogenti per indurre all’eliminazione dei POPs. A dire il vero ci fu una sollevazione di eminenti scientifici contro l’interdizione tout court del DDT senza tener conto della situazione malarica nei paesi poveri. Nel 2000 questi redassero un documento in cui si diceva: “a tutt’oggi non esistono soluzioni che possano sostituire il DDT in ogni circostanza e se i paesi africani si adegueranno alle disposizioni dell’ONU entro il 2007 o anche più tardi essi non troveranno sicuramente soluzioni alternative accessibili”. I firmatari dell’appello furono 416, tra cui due premi Nobel che stigmatizzarono anche i comportamenti disinformanti delle associazioni ecologiste. L’appello ebbe qualche effetto ed infatti a Stoccolma nel 2001 si decise che certi paesi potevano chiedere all’ONU l’esenzione rispetto alla messa al bando del DDT. Alle parole però non seguirono le azioni e per esemplificare il concetto citiamo l’esempio dell’Uganda. Il paese è minato da una epidemia ancestrale di malaria, la malattia le costa 347 milioni di $ ogni anno, vale a dire il 40% delle risorse spese nella sanità; nel 2002 sono morte 80.000 persone e la metà erano bambini al di sotto dei 5 anni. Nello stesso anno il primo ministro ha lanciato una campagna per contenere la malattie che prevedeva anche l’uso del DDT, sfruttando la deroga concessa dall’ONU. Ci si basava sul fatto che il Sudafrica con una iniziativa simile aveva ridotto in due anni del 75% la malaria. Solo che l’iniziativa ha incontrato l’opposizione di Andrew Sisson, un funzionario dell’AID americana e quindi i consiglieri del presidente gli fecero presente che il continuare sulla sua iniziativa poteva comportare il boicottaggio da parte dell’Europa e degli USA del pesce e dei prodotti agricoli ugandesi. Inoltre essendo l’AID l’ente che concedeva i contributi finanziari a queste campagne si rischiava di dover portare avanti la campagna contro la malaria con le sole risorse interne. Altro esempio emblematico è quello del Messico che si era dotato di una propria produzione nazionale di DDT che ha tuttavia dovuto dismettere in sede di accordi sulla cooperazione ambientale, lasciando senza DDT se stesso e i molti paesi che dipendevano dalla produzione messicana. Insomma il permesso di usare il DDT può essere concesso ma poi si rischia di far venire meno gli aiuti necessari da parte di organismi internazionali all’uopo deputati e i finanziamenti da parte di organizzazioni internazionali “caritatevoli” ma ideologizzate.
2ª conclusione. Si parla tanto di aiuti ai paesi del terzo mondo e poi se ne nega lo sviluppo. Infatti, la perdita commerciale subita dall’Africa a causa della malaria è dell’ordine di 1,8 miliardi di $ e la perdita in giorni lavorativi in India o in Africa a seguito di una recrudescenza malarica è stimata in 10 – 20 per persona in età di lavoro. Ce lo dice è Malaria Foundation International.
Dietro a comportamenti tanto ciechi vi sono ragioni inconfessabili?
Per dare una risposta a questa domanda basterebbe suddividere un foglio di carta in due parti e scrivere da una parte chi ci guadagna o pensa di guadagnarci ed dall’altra i perdenti; in tal modo ci si accorgerebbe che mentre nella seconda colonna trovano praticamente solo i paesi poveri e quelli in via di sviluppo, la prima colonna è al contrario assai affollata, comprendendo in particolare:
Bibliografia:
Balancing risks on the backs of the poor. Amir Attaran and al. Nature Medicine – July 2000 – Volume 6 Number 7 – pp 729 – 731Comunicato dell’OMS, 2006. « Lotta antipaludismo: l’OMS stima che l’uso del DDT all’interno delle case non è pericoloso per la salute».www.who.int/mediacentre/news...
« Greenpeace, DDT and malaria ». http://www.greenpeace.org.uk/about/...
17° rapporto del Comitato d’esperti dell’OMS sulla malaria (1979). http://apps.who.int/iris/bitstream/...
“Should DDT continue to be recommended for malaria vector control?”. C. F. CURTIS. Medical and Veterinary Entomology, April 1994E1QQ
22° rapporto del Comitato d’esperti dell’OMS sugli insetticidi (1976).
Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia ; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
1ª conclusione: bene si è fatto ad interdire l’uso del DDT in agricoltura, mentre molto male si è fatto a interdirlo o boicottarlo nell’uso nelle abitazioni contro la malaria per un mal interpretato “principio di precauzione", in quanto l’OMS ci ha detto che fino al 1970 la campagna di eradicazione ha permesso al 53% della popolazione esposta (727 milioni di esseri umani) di vivere più in zone non più soggette a rischio di malattia. Per contro negli anni 2000 si registrava ancora 1 milione di morti l’anno su 500 milioni di ammalati di malaria in modo acuto, fra cui 3000 bambini e neonati che muoiono ogni giorno e 10.000 donne incinte che soccombono ogni anno alla malattia.
Non valeva la pena comportarsi più saggiamente e suggerire una strategia d’uso più oculato e su basi scientifiche del DDT per combattere unicamente la malaria, data anche l’assenza di prodotti sostitutivi ad effetto paragonabile e meno tossici e che i costi di soluzioni alternative sono esorbitanti per paesi malarici caratterizzati da estrema povertà. Il vaccino è ancora di la da venire e inoltre le soluzioni alternative non sono competitive per costi o per ragioni tecniche, per cui ad esempio i piretrodi hanno dimostrato subito di generare resistenze oltre ad essere troppo costosi mentre i carbammati e i fosforganici sono tossici e inadatti ad essere maneggiati da quelle popolazioni. Lasciamo stare le fantomatiche soluzioni ecologiche (ve ne sarebbe una e già operativa, cioè quella di creare zanzare OGM che facciano nascere solo maschi, ma non tocchiamo questo argomento perché se ci siamo comportati da struzzi con il DDT, con gli OGM ci comporteremmo da somari…).
Nuova strategia di lotta con il DDT
Vediamo cosa si intende per uso del DDT oculato e su basi scientifiche. Dato che sono solo le femmine di notte che pungono gli umani e che queste di giorno rimangono confinate nelle case prediligendo i luoghi ombrosi, si tratterebbe di irrorare i muri interni ed esterni delle case tralasciando di distribuire il DDT nell’ambiente esterno; qui devono intervenire altre opere di bonifica e risanamento di luoghi umidi e di sgrondo delle acque. Si fa notare che questo DDT dato ai muri delle case non finirà mai nell’ambiente e quindi viene meno sia l’accumulo che la persistenza. Visto quanto abbiamo detto sulla tossicità, l’idea non è per nulla peregrina tanto più che con 2 g/m² di principio attivo una o due volte all’anno lo scopo si raggiunge anche perché nessuno dice che oltre all’effetto avvelenante (mantenimento di uno stato depolarizzato delle cellule degli insetti) ha un sensibile e duraturo effetto repulsivo e irritante verso gli insetti, obbligandoli così a stazionare di meno nelle case. Se facciamo qualche calcolo comparativo scopriamo che con circa mezzo kg di DDT all’anno disinfestiamo una grande casa e quindi se paragoniamo questo con i 795 kg che si dovrebbero distribuire nell’ambiente per difendere dai parassiti 40 ettari di cotone comprendiamo che l’ostracismo al DDT per combattere la malaria è del tutto fuori luogo, ideologico e disinformante. L’OMS ha certificato che questa strategia di difesa dalla malattia è efficace. Perché allora si continua la mala informazione e la limitatissima messa in atto di questo metodo di lotta?
La questione è complessa, ma una delle cause è che il DDT, a seguito del libro della Carson è divenuto il cavallo di battaglia dell’ecologia politica ed il bersaglio contro cui si scaglia l’opinione pubblica può sfogare i suoi più bassi istinti. In sostanza dunque il DDT è diventato da tempo il simbolo della nocività della chimica, della distruzione dell’ambiente da parte dell’uomo moderno e dell’agricoltura produttivistica acritica. E’ stato facile per i paesi ricchi ad esempio abolire l’uso del DDT quando ormai avevano eradicato la malaria. Nel 1992 poi si aggiunse l’accordo per l’eliminazione dei POPs che delega l’ONU a porre in atto dei meccanismi cogenti per indurre all’eliminazione dei POPs. A dire il vero ci fu una sollevazione di eminenti scientifici contro l’interdizione tout court del DDT senza tener conto della situazione malarica nei paesi poveri. Nel 2000 questi redassero un documento in cui si diceva: “a tutt’oggi non esistono soluzioni che possano sostituire il DDT in ogni circostanza e se i paesi africani si adegueranno alle disposizioni dell’ONU entro il 2007 o anche più tardi essi non troveranno sicuramente soluzioni alternative accessibili”. I firmatari dell’appello furono 416, tra cui due premi Nobel che stigmatizzarono anche i comportamenti disinformanti delle associazioni ecologiste. L’appello ebbe qualche effetto ed infatti a Stoccolma nel 2001 si decise che certi paesi potevano chiedere all’ONU l’esenzione rispetto alla messa al bando del DDT. Alle parole però non seguirono le azioni e per esemplificare il concetto citiamo l’esempio dell’Uganda. Il paese è minato da una epidemia ancestrale di malaria, la malattia le costa 347 milioni di $ ogni anno, vale a dire il 40% delle risorse spese nella sanità; nel 2002 sono morte 80.000 persone e la metà erano bambini al di sotto dei 5 anni. Nello stesso anno il primo ministro ha lanciato una campagna per contenere la malattie che prevedeva anche l’uso del DDT, sfruttando la deroga concessa dall’ONU. Ci si basava sul fatto che il Sudafrica con una iniziativa simile aveva ridotto in due anni del 75% la malaria. Solo che l’iniziativa ha incontrato l’opposizione di Andrew Sisson, un funzionario dell’AID americana e quindi i consiglieri del presidente gli fecero presente che il continuare sulla sua iniziativa poteva comportare il boicottaggio da parte dell’Europa e degli USA del pesce e dei prodotti agricoli ugandesi. Inoltre essendo l’AID l’ente che concedeva i contributi finanziari a queste campagne si rischiava di dover portare avanti la campagna contro la malaria con le sole risorse interne. Altro esempio emblematico è quello del Messico che si era dotato di una propria produzione nazionale di DDT che ha tuttavia dovuto dismettere in sede di accordi sulla cooperazione ambientale, lasciando senza DDT se stesso e i molti paesi che dipendevano dalla produzione messicana. Insomma il permesso di usare il DDT può essere concesso ma poi si rischia di far venire meno gli aiuti necessari da parte di organismi internazionali all’uopo deputati e i finanziamenti da parte di organizzazioni internazionali “caritatevoli” ma ideologizzate.
2ª conclusione. Si parla tanto di aiuti ai paesi del terzo mondo e poi se ne nega lo sviluppo. Infatti, la perdita commerciale subita dall’Africa a causa della malaria è dell’ordine di 1,8 miliardi di $ e la perdita in giorni lavorativi in India o in Africa a seguito di una recrudescenza malarica è stimata in 10 – 20 per persona in età di lavoro. Ce lo dice è Malaria Foundation International.
Dietro a comportamenti tanto ciechi vi sono ragioni inconfessabili?
Per dare una risposta a questa domanda basterebbe suddividere un foglio di carta in due parti e scrivere da una parte chi ci guadagna o pensa di guadagnarci ed dall’altra i perdenti; in tal modo ci si accorgerebbe che mentre nella seconda colonna trovano praticamente solo i paesi poveri e quelli in via di sviluppo, la prima colonna è al contrario assai affollata, comprendendo in particolare:
- Gli integralisti dell’ecologia, che in ogni paese sviluppato diventa ecologia politica senza che noi cittadini ricchi ci accorgiamo che con il loro voler preservare in assoluto l’ambiente sono disposti ad escludere l’uomo da quest’ultimo. Le sofferenze degli altri non li smuovono dal loro assolutismo, anzi fanno proseliti appunto per questa posizione assolutista. Neppure l’enciclica del Papa si è soffermata su questi aspetti.
- L’industria chimica a cui non interessa per niente la produzione del DDT in quanto i brevetti sono scaduti da tempo per cui il divario tra ricavi e costi è troppo esiguo. Inoltre il DDT potrebbe spazzar via tutti quei prodotti di sostituzione che danno guadagni ingenti. Anche all’industria interessa lasciare le cose come stanno anche perché c’è sempre la speranza di trovare un prodotto insetticida “politicamente corretto”, il che aprirebbe la porta a guadagni ingenti.
- L’industria farmaceutica che fornisce i medicinali antimalarici e che lavora febbrilmente alla ricerca di un vaccino che una volta scoperto darebbe guadagni ingentissimi alla luce del vastissimo bacino d’utenza. Nel 1997 nessuna industria farmaceutica disponeva di un laboratorio di ricerca sulle medicine antimalariche e ciò in quanto la grande maggioranza dei paesi malarici è scarsamente solvibile. La dimostrazione? Credete voi che se l’AIDS fosse rimasto confinato nei paesi poveri si sarebbe scatenata una ricerca tanto affannosa per trovare le medicine e un vaccino?
- Quelli che possiamo chiamare dei neo-malthusiani che certo non divulgano le loro idee ma che comunque vedono in questi flagelli sanitari un modo per risolvere i problemi demografici, visto che i contraccettivi hanno fatto fiasco. D’altronde l’OMS dice ogni 30 secondi la malaria uccide un bambino africano.
Bibliografia:
Balancing risks on the backs of the poor. Amir Attaran and al. Nature Medicine – July 2000 – Volume 6 Number 7 – pp 729 – 731Comunicato dell’OMS, 2006. « Lotta antipaludismo: l’OMS stima che l’uso del DDT all’interno delle case non è pericoloso per la salute».www.who.int/mediacentre/news...
« Greenpeace, DDT and malaria ». http://www.greenpeace.org.uk/about/...
17° rapporto del Comitato d’esperti dell’OMS sulla malaria (1979). http://apps.who.int/iris/bitstream/...
“Should DDT continue to be recommended for malaria vector control?”. C. F. CURTIS. Medical and Veterinary Entomology, April 1994E1QQ
22° rapporto del Comitato d’esperti dell’OMS sugli insetticidi (1976).
Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia ; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana.
Assolutamente perfetto. Caso moltosimile, mutatis mutandis a quello dell'atrazina
RispondiEliminaVeramente interessante. Aggiungerei che alcune aree, prosciugate in Italia in piena campagna anti-malarica, sono state ri-allagate per presunto ecologismo. Faccio osservare che medesime sorti spettano alla Leishmaniosi, patologia che vede sospeso qualsiasi serio controllo di vettori e portatori.
RispondiEliminaDesidererei postare cosa dice wikipedia a proposito del chinino e la bevanda a base di acqua tonica in merito alla malaria:
RispondiEliminaL'acqua tonica è composta da acqua addizionata ad anidride carbonica, zucchero e aromi naturali, tra cui prevale il chinino (in dosi molto inferiori a quelle terapeutiche), che le dona il tipico gusto amarognolo. Fa parte dei cosiddetti soft drinks.
Nel XVIII secolo, come misura per la profilassi della malaria, nelle aree colonizzate dell'India e dell'Africa si miscelavano acqua e chinino in dosi elevate. Per contrastarne lo spiccato gusto amaro e rendere la bevanda gradita alle truppe, invalse l'uso di aggiungervi altre bevande aromatiche, preferibilmente gin.
Benché l'acqua tonica non sia più utilizzata in medicina, il risultante long drink chiamato gin and tonic è ancora largamente in uso al giorno d'oggi.
Negli anni recenti si sono prodotte anche altre bevande analcoliche a base di acqua tonica, ad esempio con l'aggiunta di limone.
Una caratteristica dell'acqua tonica, è che se esposta a raggi ultravioletti, questa risulta fluorescente. Ciò è dovuto alla presenza di chinino.
Gentile Guidorzi, sto leggendo grazie a lei” un po in ritardo” il libro della Carson con prefazione di Al Gore: Primavera Silenziosa e mi chiedo come è stato possibile che questo libro sia diventato cosi importante. Lo trovo pieno di errori grossolani in ambito scientifico. Nel capitolo che affronta il tema DDT afferma tra le altre cose: Ne è cosi derivata una produzione apparentemente illimitata di insetticidi di sintesi...che differiscono dai semplici insetticidi inorganici del periodo anteguerra. Questi ultimi derivavano dai minerali presenti in natura o dai prodotti di origine vegetale- composti dell' arsenico , del rame del piombo, del manganese, dello zinco, ecc... o piretro ricavato dai fiori di crisantemo essicanti, solfato nicotinico tratto da qualche pianta di tabacco o rotenone... il tempo gli ha tolto anche il rotenone usato a piene mani in agricoltura biologica fino a pochi anni fa.
RispondiEliminaGiulio
RispondiEliminaCi si era semplicemente dimenticati che il DDT era un prodotto di guerra e come tale è stato usato. Il DDT era stato sintetizzato nel 1874 e poi riscoperto da Muller nel 1939 e le prime 500 libbre prodotte dalla Merck furono proprio inviate in Italia nel 1943 per contrastare un'epidemia di tifo causato dai pidocchi che debilitava l'esercito americano. Certo in quei tempi non ci si preoccupò dei dosaggi, anzi la scarsa tossicità per l'uomo portò all'esagerazione. Restando in Italia si pensi anche nel dopoguerra cosa rappresentò il DDT per la rinascita delle zone da bonificare ed anche bonificate.
Si pensi anche alla fame del dopoguerra con la presenza nelle campagne di un 50% di popolazione addetta all'agricoltura e che dipendeva dalla preservazione dei coltivi fino al raccolto. Certo allora non si sapeva della caratteristica di lunga permanenza nell'ambiente del prodotti clorati, ma ammesso che fosse anche conosciuta sfido chiunque a privarsene per una sensibilità di rispetto verso le future generazioni di fronte a figli moribondi per malaria o di denutrizione perchè le cavallette avevano impedito di raccogliere cibo a sufficienza.
Il libro della Carson ha avuto un merito: quello di sensibilizzare l'opinione pubblica che la fitoiatria doveva essere una scienza che studiava la possibilità di ottenere lo scopo con il minimo di impatto. Tuttavia contrariamente a quello che lei fa giustamente notare questa sensibilità esisteva già a livello della scienza di allora, infatti DDT ed solfato di nicotina si equivalgono per combattere le pulci, solo che a nessuno è venuto in mente di spruzzare le capigliature di solfato di nicotina e di conseguenza quanto affermato nel libro è un'imbecillaggine perchè gli insetticidi di sintesi non hanno fatto altro che eliminare gli inconvenienti degli insetticidi naturali. La natura non è ne buona e ne cattiva, solo che noi facendo parte della natura giudichiamo egoisticamente buone certe cose e cattive altre. Ho appena letto un lavoro circa la presenza di veleni naturali negli alimenti che dovrebbe essere letto da tanti. Ecco il link http://amgar.blog.processalimentaire.com/contaminant-chimique/limites-daction-pour-lacide-erucique-lochratoxine-a-les-alcaloides-de-lergot-du-seigle-et-les-alcaloides-tropaniques-dans-certains-denrees-alimentaires-produits/