giovedì 12 gennaio 2017

La “cucina tossica” di una volta: i condimenti a base di germogli.

di Sergio Salvi

Clematis vitalba (Wikipedia)
Si parla spesso - e con toni preoccupati - di prodotti agroalimentari tradizionali a rischio di scomparsa, minacciati dalla perdita di antichi saperi (per motivi “anagrafici” dei detentori degli stessi) oppure dall’estinzione delle varietà vegetali o delle razze animali che ne costituiscono l’ingrediente principale. A dirla tutta, però, in certi casi la scomparsa può essere considerata di poco conto, se non addirittura auspicabile: come nel caso di alcune preparazioni di germogli vegetali che, a mio avviso, se sparissero dalla circolazione non meriterebbero la lacrimuccia di circostanza solitamente versata da certi gastronomi e cultori del “buon cibo di una volta”. 
È quanto ho sostenuto nel mio recente studio sul rischio di estinzione dei prodotti agroalimentari tradizionali delle Marche a proposito dei germogli di vitalba e di tàmaro sott’olio, preparati per essere poi utilizzati come condimento. Si tratta di preparazioni assegnate tradizionalmente alla provincia di Pesaro-Urbino e che attualmente sono confezionate solo a livello domestico per autoconsumo, tanto che non risultano prodotte o vendute da nessuna azienda.
Vitalba (Clematis vitalba L.) e tàmaro (Dioscorea communis (L.) Caddick & Wilkin, 2002) sono specie ritenute tossiche in ogni loro parte, sebbene i germogli, essendo ai primi stadi di sviluppo e accrescimento, contengano meno alcaloidi rispetto alla pianta matura. In particolare, la vitalba contiene saponine ed alcaloidi vari, dei quali l’anemonina e la protoanemonina risultano caustici ed irritanti, mentre il tàmaro presenta ossalati di calcio e di potassio, saponine, tannini e una sostanza simile all’istamina.
L’uso alimentare dei germogli di queste specie è antichissimo. Già Lucio Giunio Moderato Columella (Cadice, 4 - 70 d.C.), nella sua opera De Agricoltura, menzionava il consumo di germogli di vitalba e tàmaro nella versione sott’aceto. Nella versione “moderna” sott’olio, i germogli di vitalba, tagliati in pezzi di 2-3 cm, vengono messi a bagno con acqua e succo di limone. Si fanno poi cuocere nell’olio con sale, pepe, aglio e prezzemolo. Quando sono ben cotti e l’acqua si è riassorbita si mettono in vasetti di vetro chiusi ermeticamente e conservati al buio. Similmente, i germogli di tàmaro, privati della punta e delle foglioline laterali, vengono scottati in aceto diluito con vino. Si lasciano asciugare, quindi si condiscono con aglio e altre piante aromatiche e si mettono sott’olio, in vasetti di vetro sigillati e conservati al buio. Sulla tossicità di questi germogli vi sono pareri contrastanti. Secondo alcuni, la tossicità è ridotta ai minimi termini e il loro consumo è sicuro; secondo altri, invece, non è detto che i trattamenti subìti durante la preparazione siano efficaci nell’inattivare tutti i principi tossici in essi contenuti. Inoltre, non è da escludere che il loro eventuale consumo continuativo, agevolato dalla loro durata di conservazione sott’olio, possa determinare uno stato d’intossicazione dell’organismo in soggetti particolarmente predisposti. 

Ci sono poi alcune insidie relative alla raccolta dei germogli di tàmaro, che si confondono facilmente con quelli della Calystegia sylvatica (Kit.) Griseb, o convolvolo maggiore, una pianta non commestibile. Insidie che riguardano molte specie vegetali e che possono dare luogo a spiacevoli “incidenti” qualora il cacciatore-raccoglitore di turno (figura che certe moderne “paleodiete” vorrebbero riproporre) pecchi d’inesperienza ovvero di pressappochismo.
Un terzo tipo di germogli sott’olio, quelli di pungitopo (Ruscus aculeatus L.), è pure riportato tra i prodotti agroalimentari tradizionali delle Marche a rischio di estinzione, ed anche in questo caso la scomparsa del prodotto appare auspicabile: non per la tossicità, dato che il pungitopo è commestibile, quanto per il fatto che si tratta di una specie protetta.


Bibliografia
Guarrera P. M., Leporatti M. L., «Ethnobotanical remarks on Central and Southern Italy», Journal of Ethnobiology and Ethnomedicine, 2007, 3:23.
Salvi S., Valutazione del rischio di estinzione dei prodotti agroalimentari tradizionali delle Marche, Accademia Georgica Treia, 2016.
Sito internet consigliato: www.actaplantarum.org


Sergio Salvi
Laureato in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Camerino, nel corso della sua attività di ricercatore si è occupato di genetica batterica, genetica medica, OGM, genetica agraria e vegetale, lavorando presso Enti di ricerca pubblici e privati. Attualmente si dedica alla ricerca e alla divulgazione storico-scientifica su tematiche riguardanti il settore agroalimentare. È Socio corrispondente della Deputazione di Storia Patria per le Marche.

2 commenti:

  1. E noi auspichiamo l'estinzione di certi dottoroni che ne sanno più dei contadini di una volta e che sostituirebbero le tradizioni con "più sicuri" e "ottimi" OGM!

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  2. grazie delle utili informazioni. Poca gente sa, per esempio, che certe sostanze diventano tossiche per accumulo. Cioè in base alla individuale velocità di smaltimento.

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