di Luigi Mariani
L'articolo è uscito in origine su Climatemonitor e per gentile concessione dell' autore pubblichiamo.
Riassunto
Le assicurazioni in agricoltura sono un elemento chiave delle
strategie di adattamento dell’attività agricola di campo al rischio di
eventi meteorologici estremi. E’ tuttavia oltremodo riduttivo fondare la
progettazione di coperture assicurative delle nostre colture dal
rischio meteorologico sull’intensificazione degli eventi estremi dovuta
al cambiamento climatico di origine antropica. Ciò in quanto su tale
tema i livelli di conoscenza sono al momento insufficienti e inoltre
sappiamo che dietro alla produzione agricola e alla sua variabilità nel
tempo stanno fattori quali ad esempio la capacità innovativa dell’uomo a
livello di genetica e di agrotecniche, la variabilità naturale del
clima e altri aspetti ambientali come ad esempio i suoli che, almeno nel
breve periodo, non sono direttamente legati al clima. In tal senso
viene analizzato l’articolo di Carlo Carraro dedicato all’argomento
delle assicurazioni in agricoltura sottoponendolo ad una critica fondata
sui danni da eventi meteorologici estremi della compagnia di
assicurazioni Munich Re (1990-2008), sui dati produttivi
globali delle principali colture (1961-2013) e sugli indennizzi
assicurativi erogati in Spagna (1993-2014) e Italia (1981-2011).
Sulla crescita dei rischi e dei danni
L’amico Uberto Crescenti mi ha recentemente segnalato l’articolo “Cambiamenti climatici e perdite agricole: quale ruolo per le assicurazioni?” a firma di Carlo Carraro, direttore dell’International Center for Climate Governance (ICCG – qui) e che gli interessati posso consultare qui.
L’articolo, specie nella prima parte, è a mio avviso eccessivamente
generico ed esprime concetti che non condivido, ad iniziare dalla frase
secondo cui “le attività del settore agricolo per la loro necessità
di occupare aree vaste e per loro basso valore per unità di superficie,
sarebbero spesso spostate in posizioni rischiose, come ad esempio nelle
pianure alluvionali”, che ritengo errata in quanto l’uso agricolo
delle grandi pianure alluvionali è una scelta dettata non tanto dagli
immobiliaristi quanto da una vasta gamma di ragioni storiche (in Italia
furono le bonifiche condotte in epoca etrusca e romana ad aprire la
strada allo sfruttamento agricolo intensivo delle pianure alluvionali),
socio-economiche (i nostri antenati hanno sputato sangue per millenni
facendo agricoltura in montagna e ad un certo punto hanno detto basta) e
tecnico-operative (in pianura abbiamo non solo maggiori risorse
climatiche e minor rischio di eventi estremi che in montagna ma anche
maggiore fertilità dei suoli, possibilità di meccanizzazione e di
irrigazione, vicinanza alle reti logistiche, ecc.).
L’autore parla poi di “crescita dei rischi e dei danni, come
combinazione – da un lato – di determinate dinamiche socio-economiche e –
dall’altro – dell’intensificazione di eventi meteorologici estremi,
risultato dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo (IPCC, 2014)”.
Tale frase merita un commento più articolato volto in particolare a
contraddire il concetto secondo cui la recente crescita dei rischi e dei
danni sarebbe da attribuire all’intensificazione degli eventi estremi
causata dall’uomo. A livello storico basta infatti pensare agli eventi
eccezionali che funestarono le società europee durante la Piccola Era
Glaciale, con annate terribili per i danni dovuti al freddo e
all’eccessiva piovosità estiva (biennio 1694-95, anno 1740 o biennio
1815-16) (Le Roy Ladurie, 2004) o alle grandi rotte del Po. Portandoci
poi ad anni più vicini all’attualità è d’uopo segnalare l’articolo di
Fabian Barthel and Eric Neumayer della London School of Economics uscito
su Climatic Change nel 2012 e intitolato “A Trend Analysis of Normalized Insured Damage from Natural Disasters”
ed in particolare quanto gli autori scrivono dopo aver analizzato il
dataset globale di danni da eventi meteorologici estremi della compagnia
di assicurazioni Munich Re per i periodi 1990-2008 a livello globale,
1973-2008 per gli Usa e 1980-2008 per la Germania (l’evidenziatura in
grassetto è mia):
Convective events, i.e. flash floods, hail storms, tempest storms, tornados, and lightning, deserve closer attention since these are likely to be particularly affected by future global warming (Trapp et 2007, 2009; Botzen et al. 2009) and there is some evidence that past climatic changes already affected severe thunderstorm activity in some regions (Dessens 1995; Kunz et al. 2009). Figure 7a shows that there is no significant trend in global insured losses for these peril types. Similarly, there is no significant trend in insured losses for storm events (Figure 7b), tropical cyclones (Figure 7c) or precipitation-related events (Figure 7d).
A partire dall’analisi svolta, gli autori concludono significativamente che:
“Climate change neither is nor should be the main concern for the
insurance industry. The accumulation of wealth in disaster-prone areas
is and will always remain by far the most important driver of future
economic disaster damage. . .
Ove l’”accumulation of wealth in disaster-prone areas” (accumulo
di ricchezza in aree soggette a disastri) mi pare particolarmente
rilevante in agricoltura in quanto dal 1961 ad oggi (figura 1) le
produzioni agricole delle principali colture sono da raddoppiate a
triplicate, per cui l’entità dei frutti pendenti esposti alle inclemenze
del tempo atmosferico ha subito lo stesso trend crescente. Allo stesso
modo sono cresciute le strutture agricole (stalle, silos, macchinari,
ecc.) esposte al rischio.
Che c’entra tutto ciò con la “crescita dei rischi e dei danni
prodotta dall’intensificazione di eventi meteorologici estremi,
risultato dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo (IPCC, 2014)”? Boh! Forse c’entrerà con le “dinamiche socio-economiche” ma queste dinamiche mi sanno tanto di un “refugium peccatorum” in cui ci puoi mettere tutto quel che vuoi.
Figura 1 – Andamenti produttivi globali di frumento, mais, riso e soia dal 1961 al 2013. |
Cosa ci dicono alcune fonti di dati
Ala luce di quanto sopra mi pare importante stabilire alcuni punti
fermi da cui avviare un dibattito con i lettori, ad iniziare dalle statistiche FAO per il periodo 1961-2013 della produzione delle 4 grandi colture
(frumento, riso, mais e soia) che da sole forniscono il 68% delle
calorie al genere umano (figura 1). Guardandole ci accorgiamo
dell’esistenza di un trend lineare crescente (e dunque altamente
positivo sul piano delle sicurezza alimentare globale) legato
all’innovazione tecnologica nei campi della genetica (nuove varietà) e
delle tecniche colturali (concimazioni, irrigazione, difesa da
parassiti, patogeni e malerbe, meccanizzazione, ecc.). Accanto a tale
trend lineare si coglie però una variabilità interannuale che è più
rilevante per mais, meno rilevante per riso e soia e molto ridotta per
frumento. Tale variabilità è in prevalenza frutto della variabilità
meteorologica e negli anni di minimo (es: 1983, 1988 e 2012 su mais)
esprime probabilmente l’effetto di eventi meteorologici avversi.
Tuttavia l’analisi visuale non dà modo di cogliere un incremento
della variabilità lungo il periodo indagato, incremento che sarebbe un
importante indizio del maggiore impatto di eventi estremi. Per inciso
tutto ciò ci segnala indirettamente un aspetto importante del sistema
agricolo globale, la cui estensione a più continenti e a più fasce
climatiche lo mette al riparo da danni dovuti ad eventi estremi a
carattere locale, i quali risultano nella gran parte dei casi compensati
da aumenti di resa che si registrano in altre aree del globo, con un
effetto caratteristico già noto a Giovanni Targioni Tozzetti (1767) e
Carlo Cattaneo (1844).
Interessante può essere poi indagare il valore degli
indennizzi agli agricoltori espressi come percentuale rispetto al
capitale assicurato contro le avversità atmosferiche (frutti pendenti) e
che per comodità chiameremo indice IND%. A tale riguardo in figura 2 si
presenta l’andamento di IND% per l’Italia nel periodo che và dal 1981
al 2011[1]
mentre in figura 3 si riporta un diagramma analogo per la Spagna,
ottenuto utilizzando i dati che emergono da un interessante lavoro di
Ignacio Marchetti Bermejo (2015). Nel caso spagnolo tuttavia non si
disponeva del dato sul capitale assicurato CA e lo si è ricavato
dall’equazione empirica CA=15.938*PA-500000000, ove PA sono i premi
assicurativi.
Figura 2 – Indennizzi assicurativi per danni alle colture in Italia
espressi in % rispetto al capitale assicurato (la linea nera indica il trend lineare). |
Figura 3 – Indennizzi assicurativi per danni alle colture in Spagna
espressi in % rispetto al capitale assicurato (la linea nera indica il trend lineare), |
Si tratta ovviamente di dati affetti da problemi di omogeneità nel
senso che le colture assicurate non sono sempre le stesse e che il
rischio coperto non è stato sempre lo stesso; ad esempio fino non molti
anni or sono le assicurazioni italiane coprivano di norma solo il
rischio grandine mentre dal 2003 sono state introdotte le polizze
multirischio in grado di coprire anche gli effetti di altri eventi
estremi quali gelo, vento, alluvioni, siccità ed eccesso di pioggia[2].
A ciò si aggiunga che in Italia l’assicurazione delle colture è molto
diffusa al centro-nord e assai meno nel meridione. Tuttavia il quadro
generale che offre l’andamento dell’indice IND% in Italia e Spagna dà
modo di cogliere un trend improntato alla graduale diminuzione del
rischio meteorologico in agricoltura coperto dalle polizze assicurative,
il che contraddice in modo palese quanto sostenuto da Carraro.
In sintesi il problema dello scritto di Carraro è a mio avviso quello
per cui quando si parla di danni alle colture dovuti ad eventi
meteorologici estremi non basta fare un richiamo generico all’IPCC. Ciò
anche perché se si consulta quanto scrive IPCC in tema di eventi estremi
(ad esempio nel report SREX del 2012)
non è che poi vi si trovino tutte queste certezze circa i trend futuri
di tali eventi, tant’è vero che ad esempio vi si legge che:
- Eventi estremi caldi e freddi: it is virtually certain that increases in the frequency and magnitude of warm daily temperature extremes and decreases in cold extremes
- Frequenza dei cicloni tropicali: It is likely that the global frequency of tropical cyclones will either decrease or remain essentially unchanged.
- Aumento di intensità delle siccità: there is overall low confidence because of inconsistent projections of drought changes
- Alluvioni: there is low confidence in projections of changes in fluvial floods. Confidence is low due to limited evidence and because the causes of regional changes are complex.
- Variazione nell’attività dei cicloni extratriopicali: there is low confidence in the detailed geographical projections.
- Piogge estreme da cicloni tropicali: likely to increase with continued warming.
- Aumento delle piogge estreme associato a decremento delle piogge totali: medium confidence.
Alla luce dei dati da noi presentati e di quanto sostiene lo stesso IPCC, l’affermazione di Carraro secondo cui “molti
modelli di calcolo dei premi assicurativi già incorporano simulazioni
sui cambiamenti climatici nelle loro valutazioni dei premi base, il che
aiuta a informare meglio le decisioni di attori pubblici e privati” ci porta a pensare con rammarico agli errori in cui saranno indotti i poveri ”attori pubblici e privati”.
Le assicurazioni sono e saranno anche in futuro un ottimo strumento
di adattamento al rischio climatico, in grado di contribuire in modo
sensibile alla sicurezza alimentare globale, anche alleviando le
pressioni sul bilancio pubblico legate al risarcimento dei danni da
eventi estremi, un aspetto quest’ultimo giustamente segnalato da Carraro
nel suo articolo e di cui in tutt’altro contesto ci stiamo ahimè
rendendo conto a seguito dei terremoti che hanno colpito il nostro paese
negli anni più recenti.
Bibliografia
- Borriello R., 2003 Assicurazioni, gestione dei rischi in agricoltura e garanzia dei redditi, ISMEA. Roma (http://www.ismea.it/flex/files/D.4487f5ef520597008eda/Relazione_assicurazioni.pdf)
- Capitanio e Cioffi 2010 sistema italiano di intervento pubblico nelle assicurazioni agricole, Agriregionieuropa anno 6 n°23, Dic 2010 (http://agriregionieuropa.univpm.it/it/content/article/31/23/evoluzione-sostenibilita-e-prospettive-del-sistema-italiano-diintervento)
- Cattaneo C., 1844. Su lo stato dell’Irlanda, Il Politecnico.
- ISMEA, 2012. Assicurazioni in agricoltura – Report_2011
- Le Roy Ladurie, Canicules et Glaciers – Histoire humaine et comparée du climat, Paris, 2004.
- Marchetti Bermejo I., 2015. The system of combined agricultural insurance in Spain, Consorseguros, Rivista Digital (http://www.consorsegurosdigital.com/en/numero-02/front-page-02/the-system-of-combined-agricultural-insurance-in-spain).
- Targioni Tozzetti G., 1767. Cronica Meteorologica della Toscana per il tratto degli ultimi sei secoli, relativa principalmente all’Agricoltura (Alimurgia, pt. III) (http://www.georgofili.it/download/1075.pdf).
[1]
I dati dal 1981 al 1998 sono tratti da Borrello (2003), quelli dal 1999
al 2004 sono tratti da Capitanio e Cioffi (2010) e quelli dal 2005 al
2011 da Ismea (2012).
[2]
L’introduzione di polizze multirischio fa pensare che un’eventuale
omogeneizzazione dei dati debba passare attraverso un aumento del valore
dell’indice IND% di cui alle figure 2 e 3 per gli anni precedenti
all’introduzione stessa.
Luigi Mariani
Docente di Storia dell' Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell'Agricoltura di Sant'Angelo Lodigiano. E' stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
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