di Alberto Guidorzi
I LIMITI DELL’INTENSIFICAZIONE
E’ da tanto che cercavo dati per dare contenuti ad un titolo del genere. Infatti sono da tempo convinto che il fenomeno del produrre biologico sia il prodotto di una concomitanza di equivoci scientifici, eco-ambientalisti e salutistici.
Sono stato accusato di essere un fautore dell’intensificazione agricola, ma chi mi accusa di ciò si sbaglia. La mia educazione agronomica e la mia estrazione, sono figlio di agricoltori che hanno campato del loro lavoro per sei generazioni, mi ha sempre portato a optare per l’agricoltura ecocompatibile e durevole ma produttiva. Non per nulla nella mia vita lavorativa mi sono occupato di miglioramento genetico che ha solo costi nulli e spesso positivi da un punto di vista ambientale. Chi mi accusa, inoltre non sa che a suo tempo mi sono scagliato contro le famose campagne del cosiddetto “ettaro lanciato” o dei famosi “club dei 100 q di frumento”. Parlo degli anni 1970/80 quando si stava affermando il concetto della produttività a tutti i costi spinto anche da aiuti comunitari dati per unità prodotta; un vero non senso economico e agronomico, ma che gli ambientalisti non hanno mai denunciato. Il perché della mia contrapposizione era semplice: io sono sempre partito dal concetto che la produzione si doveva sempre limitare all’ultima unità produttiva che aveva un costo di produzione ancora inferiore al prezzo di vendita. Non si doveva andare oltre mentre negli anni citati abbiamo assistito a tentativi in cui l’uso massivo di apporti di concime e di trattamenti di difesa erano spinti fino a produrre unità produttive non più economicamente remunerative in quanto quei quintali aggiuntivi della produzione avevano un costo superiore al prezzo di mercato.
Ad esempio sono sempre stato contrario all’accoppiata “trattamento nanizzante - azotature eccessive” che consentiva di utilizzare anche varietà tropo alte e con ridotta resistenza all’allettamento. In sostanza a mio giudizio è la condotta agronomica che si deve adattare alla genetica e non viceversa e in tal senso è meglio una varietà più rustica che non sia mai prima in classifica ma sempre nel gruppo di testa che una varietà che imponga una condotta agronomica intensiva per raggiungere la testa della classifica. In definitiva io sono per la rotazione delle coltivazioni, per il rispetto della buona struttura del suolo e per il mantenimento di un grado di sostanza organica confacente, per apporti concimanti “a bilancio” nel senso che si deve apportare solo ciò che è stato sottratto dalla coltivazione precedente e si devono aggiungere solo le integrazioni richieste dalla diversa specie successiva che si seminerà. Sono per la difesa integrata e soprattutto per la valutazione preliminare dell’inoculo parassitario presente prima di decidere l’intervento antiparassitario. In altri termini sono per l’agricoltura professionale e l’agricoltore non professionale non ha ragione di pretendere che gli si restituisca, con soldi pubblici, il reddito che ha perso a causa di una scarsa produttività frutto di incompetenza o peggio di scelte ideologiche. Ciò non toglie che io sia consapevole che l’agricoltura abbia bisogno di sostegni per superare congiunture sfavorevoli o per la funzione sociale che svolge o ancora per garantire a uno stato il maggior grado di indipendenza alimentare possibile.
LE STORTURE DEL BIOLOGICO
Detto questo, torniamo al tema dettato dal titolo. Purtroppo in Italia non mi è mai stato possibile reperire dati (la riluttanza a rivelarli è insita nella volontà di far apparire “lucciole per lanterne”). Tuttavia nelle mie ricerche ho trovato che quello che io intendevo fare lo ha realizzato egregiamente Susanne Günther prendendo esempi in Germania e quindi mi limito a riportare quanto ne è scaturito. (qui)
1° Esempio - Norwich Rüße è un deputato de Land Renania-Westfalia per il partito Bündnis 90/Die Grünen (Alleanza 90/I verdi). Il deputato conduce anche un’azienda agricola di 30 ettari e ne descrive la conduzione sulla sua pagina Facebook (qui). Egli dice che preferisce fare il suo insilato di mais imballandolo con un avvolgimento a tenuta stagna di plastica usando una macchina che fa 50 balle di insilato l’ora del peso di 320 kg ciascuna. Preferisce questa tecnica prima di tutto perché dice che l’insilato è migliore per utilizzarlo nell’alimentazione dei suoi bovini e maiali. Dimenticando che così facendo crea rifiuti a cui i verdi hanno dichiarato guerra, pur avendo disponibile una fossa già costruita per il produrre il silo-mais. In altri termini si comporta come tutti gli altri agricoltori convenzionali che di fronte ad un prodotto reso invendibile da un attacco parassitario cerca di preservarlo con un trattamento fitosanitario appropriato nelle scelte e nell’esecuzione.
Norwich Rüße è anche molto preciso nel dare nella sua pagina il conto economico della sua azienda, che è poca cosa, ma che giustifica con la doppia occupazione. Egli infatti ricava solo 6000 €/anno dalla sua azienda, ma questi sono dati per la quasi totalità dalle sovvenzioni per condurre un’azienda certificata ecologicamente, pari a 5645,20 €. Evidentemente anch’egli riceve gli aiuti comunitari diretti come tutti gli altri. Egli dice che queste sovvenzioni gli sono dovute perché conducendo biologicamente produce molto meno e quindi la minore produzione gli deve essere rifatta dalla collettività per il beneficio ambientale che lui offre alla collettività. Vi è stato uno scambio di commenti tra chi ha steso l’articolo e il deputato e dallo scambio è risultato che in Germania le statistiche sul biologico dicono che il reddito agricolo degli agricoltori tedeschi convenzionali è dato per un 50% dagli aiuti comunitari, mentre per quanto riguarda i produttori biologici il loro reddito è assicurato per ben il 92% (aiuti ordinari + aiuti al biologico) qui
2° Esempio - la nota porta l’esempio questa volta di un eurodeputato verde tedesco, Martin Hausling, che conduce un’azienda a biologico che genera redditi tra i 500 ed i 1000 € mensili e incassa 12897.50 €/annui di incentivi per il biologico. Vale a dire che i 1000 € al mese gli sono elargiti dalla collettività con denaro pubblico.
3° Esempio - In Austria le cose confermano quanto risulta dall’analisi delle statistiche che ho fatto per l’Italia (Agrarian Sciences )
vale a dire che i 550.000 ha che gli austriaci hanno in biologico, solo 200.000 si fanno su terra arabile, cioè producono in qualche modo cibo, mentre gli altri 350.000 sono prati e pascoli. Perché solo 200.000 ettari? Semplice da spiegarsi, perché la resa media è solo del 66% rispetto alle stesse produzioni convenzionali. Coltivando patate si perde la metà del raccolto possibile. In questo paese l’agenzia della salute e della sicurezza alimentare ha fatto una previsione al 2050 sull’approvvigionamento alimentare del paese se il 100% della sua agricoltura fosse convertita a biologico. Queste sono le conclusioni: - Già nel 2030 le importazioni crescerebbero massicciamente; - per produrre il cibo che verrebbe a mancare occorrerebbero 1 milione di ettari supplementari che evidentemente non ci sono; se l’agricoltura del paese invece applicasse tutti i metodi che la scienza ci fornisce per migliorare le rese agricole, compresa l’ingegneria genetica ed ammettendo una stabilità dei consumi attuali anche per il futuro, si potrebbero risparmiare 300.000 ettari. Non siamo dunque di fronte a problemi tecnici perché i 300 mila ettari disponibili se destinati alla forestazione avrebbero un impatto socio-ambientale positivo ben superiore che non la coltivazione biologica generalizzata. Dunque il problema è politico e i fautori del biologico seguono più un’ideologia o meglio una “religione” che comporta conseguenze sulle quali si rifiutano di ragionare in modo razionale.
4° Esempio – Nel mondo le superfici a biologico sono aumentate tra il 2004 ed il 2014 da 26,1 a 39,4 milioni di ettari ossia del 51%; affinché si possa avere un termine di confronto, si pensi che le superficie a piante geneticamente modificate nel mondo è di ben 186 milioni di ettari che rappresentano circa l’11% della superficie mondiale e praticamente sono solo 3 le piante modificate quelle coltivate. Se però prendiamo i dati della FiBL (l’Istituto di ricerca sulla coltivazione biologica) le cifre sono più elevate (nel 2014 gli ettari erano 43,7 milioni), ma queste statistiche confermano anche che la produzione di cibo, cioè le terre arabili, è minoritaria. L’Oceania (17,3 milioni di ettari) si accaparra il 40% della superficie biologica mondiale, ma ben 17,1 milioni sono in Australia e, guarda caso, il 92% è dato da superficie a pascolo. L’Europa concorre con il 27% e l’America Latina con il 15% (qui però l’Argentina, proprio il paese delle “pampas”, concorre per l’8%). Gli Stati più “biologici” sono le Isole Falkland (36,3%), il Liechtenstein (30,9%) e l’Austria (19,4%). In altre parole laddove l’agricoltura è praticamente impossibile o vi è una grande superficie non arabile si opta per il biologico.
LE CONTRADDIZONI DI UNA NUOVA RELIGIONE
Come giustificare comportamenti che tanto stridono con la realtà? Qui subentrano i “comandamenti della nuova religione”, vale a dire l’elencazione dei danni che il coltivare convenzionale è incolpato di apportare all’ambiente, ma che come ho avuto modo di esplicitare all’inizio non mi tocca perché da tecnico dico che si può fare un’agricoltura produttiva e contemporaneamente ecocompatibile. Tuttavia qui di seguito enumeriamo alcune palesi contraddizioni rispetto ai “successi” (minore inquinamento ambientale, assenza di residui di fitofarmaci nei cibi, maggiore biodiversità, minor impatto sul clima, minori perdite di cibo) di cui i biologici si gloriano:
- forse il loro letame che spargono non produce CO2 e l’azoto contenuto non produce ossidi di azoto, cioè ambedue gas ad effetto serra?
- forse che l’azoto del letame e delle urine non finisce in falda più di quello da concimi di sintesi (urea, ecc.) distribuito nelle giuste dosi e solo quando le piante lo richiedono?
- usano come tutti dei fitofarmaci, ma la maggior parte delle persone è convinta che non li usino, per giunta, essendo questi non molto efficaci, sono obbligati a ripetere i trattamenti più volte. Inoltre chiamano questi fitofarmaci “naturali e non di sintesi” scordandosi di dire che il solfato di rame e lo zolfo non vengono direttamente dalle miniere ma sono viceversa prodotti da industrie chimiche e dunque di sintesi. Dimenticano sempre di dire che dagli enti certificatori sono loro concesse frequenti deroghe per consentire l’uso di principi attivi normalmente per loro non ammessi (qui ) oppure qui Poi hanno il coraggio di affermare questo:
Ma c’è di più; da recentissimi dati dell’EFSA è emerso che sul non biologico il 42,4% dei 5654 campioni analizzati presenta residui di fitofarmaci al di sotto delle soglie di legge e il 56,4% nessun residuo, mentre nel biologico dei 4620 campioni analizzati 717 presentano residui di fitofarmaci al di sotto delle soglie di legge, cioè il 15,5%. Di fronte a questi dati, il cibo biologico fatto mangiare a chi ha investito la sua fiducia sul settore non ne esce molto bene. In estrema sintesi il 97,4% dei campioni analizzati in convenzionale o non presentano residui o li presentano sotto la soglia legale, mentre per il biologico la situazione dianzi detta riguarda il 98,8% . Riportiamo anche il dato relativo agli alimenti per l’infanzia dove il 92,7% di campioni sono risultati esenti da pesticidi in quantità rilevabili, mentre il 7,3% ( ma solo 0,7% fuori norma, fissata allo 0,01% mg/kg) mostravano residui al di sopra della rilevabilità. Ora la Commissione vorrebbe portare le norme dei residui per il biologico a quelle dei baby food (1 prodotto, ora biologico, su 7 o 8 verrebbe certificato) , come sarebbe logico, ma vi è una levata di scudi della lobby del biologico, in particolare della lobby francese che non ha nulla da invidiare ad una multinazionale (vedi foto). qui
- Si trincerano dietro la minore perdita di biodiversità del coltivare biologico e rifiutano di raffrontare questo dato con le unità prodotte. Se facessero questo raffronto il coltivare convenzionale in modo professionale risulterebbe vincente (qui)
- la esigua percentuale di biologico attualmente in atto non è poi così rispettosa del clima come si vorrebbe far credere (qui )
- Si grida tanto allo scandalo perché si getta cibo nei rifiuti, ma alla stessa stregua in biologico si perde cibo perché ci si rifiuta di produrlo o si lascia che sia sottratto dai parassiti lesinando nelle attività di difesa fitosanitaria. Si può avere un metro di misura etico diverso nei due casi?
Circa il “cibo biologico sano” chiedetelo alle 10 mila persone finite in ospedale o alle famiglie delle 54 persone morte in Germania nel 2011 per aver mangiato germogli di soia prodotti da un’azienda biologica e inquinati dalle tossine prodotte da un batterio (Escherichia coli) per eliminare il quale sarebbe bastato usare un semplice disinfettante come l’ipoclorito monosodico (candeggina)? qui
IL COMPORTAMENTO DELLA FAO DI FRONTE AL BIOLOGICO
Fin qui abbiamo parlato del preconcetto positivo dell’Unione Europea rispetto all’agricoltura biologica, che va poi ad improntare le politiche nazionali e regionali.Diviene tuttavia inevitabile stigmatizzare il comportamento della FAO che dovrebbe avere a cuore la sicurezza alimentare globale e che sul suo sito FAO scrive che “l’obiettivo di lungo termine del programma FAO per l’agricoltura biologica è quello di aumentare la sicurezza alimentare, lo sviluppo rurale, un’esistenza sostenibile e l’integrità ambientale incrementando la capacità dei paesi membri di produrre, processare, certificare e vendere cibi biologici”, tutti obiettivi che paiono solo vuote enunciazioni retoriche alla luce di quanto segnalato in precedenza, enunciazioni che cozzano pesantemente con il fatto che la popolazione mondiale sta rapidamente aumentando e supererà i 9 miliardi nel 2050, per cui propagandare agricolture poco produttive diviene altamente pericoloso in termini di sicurezza alimentare globale. In sintesi dunque per FAO vale il vecchio proverbio per cui “il pesce puzza dalla testa”.
UN COMANDAMENTO NUOVO: TOGLIERE AI POVERI PER DARE AI RICCHI
Vorrei chiudere con un’ultima considerazione che discende da quanto prima scrivevo circa il ripianamento delle perdite di gestione dell’agricoltura biologica tramite supplementi di sovvenzioni con denaro pubblico.
Se ora riflettiamo su chi consuma cibo bio ci accorgiamo che queste appartengono a due categorie:
persone più danarose attratte da questa moda che i media rendono di giorno in giorno sempre più pervasiva;
persone semplici che dilapidano le proprie sostanze pensando di far il bene dei propri figli con cibo “più sano e più rispettoso dell’ambiente”.
A ciò si aggiunga che la domanda di cibo biologico ha ben pochi collegamenti con la produzione perché domanda ed offerta sono da sempre squilibrate e l’equilibrio non si raggiungerà mai perché i dati sono drogati da superfici praticamente improduttive e il produrre derrate biologiche è un’attività economica comunque in perdita.
Di fronte a questo scenario trovo profondamente ingiusto che la distribuzione delle risorse debba essere fatta a vantaggio delle fasce a più alto reddito della popolazione per il semplice fatto che si sovvenziona anche con i soldi dei meno abbienti un’agricoltura che produce a vantaggio dei più abbienti. A fronte dell’allarme del Censis (qui) secondo cui la povertà condiziona in modo sempre più massiccio le scelte alimentari vi pare possibile che le politiche italiane e comunitarie usino gli incentivi pubblichi perché questa tendenza si aggravi ulteriormente?
Praticamente nelle grandi colture si sovvenziona quattro volte di più il cibo dei ricchi che quello dei poveri e ciò mi pare che giustifichi grandemente il titolo proposto.
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P.S.
Un
ringraziamento va all'amico Luigi Mariani che nel leggere la bozza di
questo articolo ha suggerito l'aggiunta di considerazioni che sono
stato ben lieto di includere a completamento di certe parti"
Alberto Guidorzi
Agronomo. Diplomato all' Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l'Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell'agricoltura francese che italiana
Ottimo, del tutto condivisibile, bisognerebbe farlo leggere nelle scuole.
RispondiEliminaOttima relazione!..Ne meriterebbe una così accurata anche quella sulla produzione di gas ed idrocarburi da masse verdi.
RispondiEliminaAnonimo condivido pienamente. Il fenomeno a cui assistiamo è delittuoso se poi si pensa che ci si scandalizza per lo spreco alimentare la cosa diventa demenziale.
RispondiEliminaSi scandalizzi del fatto che il 90% degli agricoltori italiani si trovano i loro prodotti sottopagati (grano, latte, pesche, pomodori, ecc.ecc. un elenco infinito) causa eccedenze produttiva. Si metta anche nei loro panni quando si preoccupa per lo spreco alimentare!
EliminaMa di quale eccedenza produttiva parli, di quella nazionale?
EliminaMa tu non sai di cosa parli!!!!
Vatti a leggere le statistiche e vedrai che noi importiamo il 50% di quello che consumiamo in quanto non siamo capaci di produrlo o non è economico farlo.
È quello che sostengono le op....cioè organizzazioni dei produttori che sono le ultime interessate a parlare di eccedenze produttive. Impara a guardarti intorno.....é eccedenza produttiva anche la ciliegia turca che non sanno più dove mettersi e arriva in italia a metà prezzo demolendo i prezzi di quelle pugliesi. Il mercato è globalizzato ormai....e tu non vorresti il bio perche non vengono abbastanza ciliegie, se pensi che l'italia resca a proteggere e valorizzare il proprio prodotto sei un povero illuso dopo 50 anni. Il pugliese integrato dovrà smettere di farle le ciliegie (per dirne una) perché quelle straniere costeranno sempre meno! A fatica si salveranno i mercati di nicchia ma è quello che ci meritiamo, leggendo articoli univoci e spudoratamente di parte (oltretutto con molte inessattezze) contro un settore come lo è il tuo articolo verso il bio, viene proprio da dire che ci meritiamo di mangiare pomodori cinesi.
EliminaMa non ti senti preso in giro difendendo un settore bio fatto da persone non fasulle come sei tu, ma che, però, rappresenta solo il 40% del biologico che produce cibo, mentre l'altro 60% è fatto da profittatori che fanno passare per biologico dei prati pascoli e degli incolti produttivi e degli uliveti abbandonati? Non ti rendi conto che questi impediscono ad uno come te di godere di maggiori contributi che potrebbero ripagare meglio il tuo lavoro fatto di maggiori difficoltà e minori risultati.
EliminaA me pare che se non vedi questi comportamenti scandalosi l'ideologia del biologico ti ha proprio svuotato il cervello.
Altro aspetto che non hai ancora capito è che la globalizzazione l'hanno votata tutti i governanti che io e te abbiamo eletto purtroppo. Solo che io sono comunque per la concorrenza, mentre tu sei per l'autarchia (forse sei uno che va ancora in pellegrinaggio a Predappio).
Dal mio punto di vista il biologico condivido che in realtà sia pilotato ecc...per l'agricoltura convenzionale la rinnego ed anzi propongo agricoltura biodinamica o permacultura questa è quella che tutti dovremmo fare:
Elimina1 Non arare perchè uccidiamo i microrganismi utili alla vita del suolo ( lombrichi,micorizzie ecc..)
2 Non usare prodotti chimici perchè si possono preparare macerati naturali ed sè si crea un ecosistema equilibrato nn avremmo nessuna "malattia"
Potrei continuare mah cito Fukuoka ed altri che hanno dimostrato che la natura fà tutto dobbiamo essere noi solo a gestire ed far crescere ciò che ci serve...
Con le tue idee bislacche sappi che io mi prenoto a sedermi a tavola sempre prima di te, tu mangerai se ne avanza....un consiglio: comincia fare allenamento di fachirismo!!! Ma almeno sai chi è Fukuoka è un ricco proprietario che comunque vive d'altro come la nostra Crespi che oltre ad avere 600 ettari di proprietà vive e mangia con i dividendi delle numerose azioni del Corriere della Sera che possiede. Begli esempi ti scegli. Ma possibile che tu non abbia le palle per uscire dall'anonimato, ma mostrate la faccia e non nascondetevi vigliaccamente sotto l'anonimato.
Eliminaciao matteo, sono d'accordo con te
Eliminati ammiro per quello che fai!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Eliminaciao matteo
EliminaLe sue tesi sono molto discutibili, anche perchè alla fine se ne trae che è meglio mangiare schifezze inquinate da pesticidi e concimi industriali, antiparassitari chimici con sementi modificate (magari quella dove ha lavorato Alberto Guidorzi), processate e conservate con veleni e ammazzare migliaia di persone.
RispondiEliminaPartiamo dal presupposto che agricoltura biologica vuol dire non solo mangiare sano, ma soprattutto non avvelenare il pianeta. Poi c'è il discorso di preservare la salute delle persone, visto che lei lavorava per una azienda che modifica sementi potrebbe studiarsi la modifica del grano col metodo Borlaug e le malattie connesse a questa modifica.
Lei fa dei conti senza tenere presente questi costi e soprattutto è difficile capire dove è la verità quando grossi interessi del settore mistificano i dati a loro piacimento. Perchè i costi di terreni avvelenati e resi sterili, di spese sanitarie, ecc dove sono nel suo conto? Produrre biologico vuol dire dare cibo più sano e si spera sempre a più persone a costi inferiori. Alla fabbrica del profitto un discorso del genere non va bene, ovvio ti vogliono vendere il seme sterilizzato (bestialità in nome del profitto) il concime e i diserbanti, ecc. Nel suo discorso non c'è nessun accenno alla salvaguardia della salute, della distruzione e avvelenamento dei terreni, alle sempre più diffuse malattie che derivano dall'alimentazione, lo sa che l'aspettativa di vita sana in Italia è crollata di 13 anni?! Il biologico ha ancora dei limiti, ma è una mattone fondamentale, assieme ad una diversa società dei consumi. Questa non è più sostenibile, ci porterà all'autodistruzione.
Rilegga bene, nell'articolo c'è scritto <>
EliminaOttimo articolo e ben documentato. Non condivido l'attacco alla tecnica biologica che per molte colture è davvero praticabile. Ma concordo assolutamente sul fatto che il sistema bio non si ponga il problema del proprio elitismo.
RispondiEliminaParli di cose che non sai che tradotto significa che affronti un campo da ignorante. Ne vuoi un esempio? tu dici:
RispondiElimina"la modifica del grano col metodo Borlaug e le malattie connesse a questa modifica."
ebbene allora ti tolgo un po' della tua ignoranza dicendoti che Nazzareno Strampelli una settantina d'anni prima ha fatto esattamente le stesse identiche cose di Borlaug e sicuramente tu sei uno che vorrebbe far coltivare le varietà create da Strampelli dicendo che i "frumenti antichi" sono miracolosi e più salutari.
Per favore sappi che qui l'ideologia qui non è di casa e sarai ascoltato solo quando la smetterai di dire banalità prefabbricate da altri e bevute a garganella da te. Mettiti a studiare, porta prove e poi ne discuteremo.
Andrej Drosghig
RispondiEliminaQuali colture? Elencale
I cereali a paglia e, limitatamente a certe situazioni, la vite. Invece soia e mais sono effettivamente un azzardo. Non ho esperienza di altre colture. Se il criterio è la resa unitaria, non ci siamo perché si produce il 65-70% dell'ex convenzionale. Però se il criterio è la convenienza rispetto al mercato, questa spesso c'è anche senza contributo. I costi unitari aumentano ma per effetto del calo della resa. Quindi se li sobbarca il consumatore e perciò sono dell'idea che si dovrebbe riflettere molto prima di proporre il bio con attuabile dovunque. Soprattutto se, com'è il caso italiano, mancano del tutto la sperimentazione sul campo e anche la ricerca si occupa di fattori secondari e piuttosto markettari. Andrej
EliminaVedi che non sei informato, per dire che non sai di cosa parli? MI citi come praticabile in vite e cereali a paglia, cosa totalmente inesatta (chiedi ai francesi come hanno fatto a difendere la vite quest'anno, sai come hanno fatto? Molti hanno rinunciato al biologico pur di poter usare i prodotti efficaci del convenzionale contro la peronospora virulentissima quest'anno) I cereali perdono da un 30 ad un 50% secco solo per il fatto di non poter nitratare, il mais biologico è invendibile per le micotossine, mentre guarda caso è proprio la soia che si adatta meglio al biologico in quanto leguminosa azotofissatrice e avente ancora pochi parassiti che la attaccano (se si esclude il ragnetto rosso)
EliminaNon si agiti. Ho specificato "limitatamente a certe zone", che magari è una dicitura paracula, però per dire che quello che dice lei non vale dappertutto. Se lei mi cita solo i casi peggiori non ha molto senso. Se pianto la vigna in Antartide e muore non mi sognerei di incolpare la tecnica di coltivazione, semplicemente non era il suo posto. Non ho problemi ad ammettere che il biologico NON si adatta a tutte le zone e a tutte le colture. Effettivamente la sostanziale assenza di prodotti per la copertura è un problema ma non ho visto quelle cifre li. Per la soia io so solo che ci sono stati tanti problemi di infestanti l'anno scorso con zone che non si potevano nemmeno trebbiare.
EliminaAnonimo
EliminaSe hai dei terreni infestati di abutilon o sorghetta ecc. non non è colpa che la soia non si adatta (non si adatterebbe nessuna coltivazione, è solo questione di cattiva conduzione agronomica precedente). Ascolta ma come faccio a non scaldarmi quando devo controbattere ad uno che ha una conoscenza troppo superficiale di cose agrarie ed continua ribattere menando il can per l'aia pur di scrivere qualcosa? Può uno che sa che parla con un agronomo portarmi il paradosso della vigna in antartide? Il biologico non si adatta a nessuna zona se non concimi e non proteggi i raccolti, ciò nel senso che così facendo produci di meno. Invece si può benissimo fare un'agricoltura perfettamente ecocompatibile ma produttiva in tutti i luoghi di coltivazione.
La soia impiega più tempo dei cereali a paglia per occupare il suolo e questo sembra essere un problema di tutte le leguminose da granella in bio. Addirittura, per colture quali fava, lupino e pisello, una delle soluzioni che si valutano in Francia è la consociazione con dei cereali. Il biologico non esclude concimazioni e difesa fitosanitaria, ma pone dei paletti; nonostante tali paletti in certe situazioni, rimane sensato. Concordo sulla sua ultima frase ma non credo di aver mai sostenuto il contrario. Il bio non ha certo l'esclusiva della sostenibilità, e ribadisco: in certe situazioni si può considerare. Andrej
EliminaMa come puoi paragonare da un punto di vista dell'occupazione del suolo e quindi l'azione di soffocamento delle infestanti dei cereali a paglia con le leguminose quando i primi sono a ciclo autunno vernino mentre le seconde sono primaverili, non solo ma i primi si raccolgono entro giugno/ luglio e le seconde a fine estate?
EliminaParagoni qualcosa di imparagonabile. Continuo a dubitare della tua cultura agronomica e quindi mi è difficile continuare a dialogare e soprattutto non apportiamo nessun contributo ai lettori. Su Andrej prenditi una pausa di riflessione e di studio e poi rivieni.
Ma come puoi paragonare da un punto di vista dell'occupazione del suolo e quindi l'azione di soffocamento delle infestanti dei cereali a paglia con le leguminose quando i primi sono a ciclo autunno vernino mentre le seconde sono primaverili, non solo ma i primi si raccolgono entro giugno/ luglio e le seconde a fine estate?
EliminaParagoni qualcosa di imparagonabile. Continuo a dubitare della tua cultura agronomica e quindi mi è difficile continuare a dialogare e soprattutto non apportiamo nessun contributo ai lettori. Su Andrej prenditi una pausa di riflessione e di studio e poi rivieni.
Veramente il discorso era "quale coltura si adatta meglio alla coltivazione bio", e quindi direi che soia e cereali autunno vernini, in quanto "colture" sono paragonabili. Non so proprio cosa dovrei studiare per dialogare con le sue certezze granitiche. Cordialmente
EliminaHai il coraggio di insistere ancora sulla baggianata agronomica che hai detto? Povero me.
EliminaEh già. Purtroppo la sua tecnica consiste nel delegittimare l'interlocutore e, come opzione b, far partire il dibattito per la tangente appigliandosi a un punto. Povero lei per la sua abilità nel dialogo con chi ha idee diverse.
EliminaIo non delegittimo, io argomento e tu dimostri di non aver mai apportato elementi per controbattere, anzi quelli che apporti sono dei non sensi tecnico-agronomici e quindi per te vale il proverbio: "il bel tacer non fu mai scritto" (traduzione: quando non si ha niente di intelligente da dire, è meglio stare zitti).
EliminaShmooze se ora farnetichi recitando a memoria i sermoni dei tuoi amici radical chic psicobiologigi è solo grazie a Borlaug che ti ha riempito la pancia ad un prezzo onesto e ti permette di trastullarti la mente e non solo a fantasticare su quando sarà il tuo prossimo pasto decente. Quindi,amichevolmente, ti raccomando prudenza e rispetto quando parli di un benefattore dell'umanità come Borlaug.
RispondiEliminaÈ grazie a menti illuminate come la sua se oggi mangiamo più di 3 volte al giorno e per di più se mangiamo quello che vogliamo e non solo quel che passa il convento....
Non ho sentimenti etici da seguire. Non consumo biologico semplicemente perché costa troppo rispetto quanto viene pagato all'agricoltore. Produco biologico solo perché le spese si riducono a fronte dei ricavi che rimangono pressoché gli stessi. Non ho difficoltà a produrre ortaggi e guadagnare con ortaggi seguendo le regole del biologico.
RispondiEliminaNon certo delle patate.....
EliminaPremesso che anche i poveri vivono sul nostro pianeta e quindi un minor inquinamento giova anche a loro, si tratta di un articolo che partendo da un paio di considerazione accettabili poi spara decine di sparate facilmente controvertibili! Invito l'autore dell'articolo nella mia azienda bio per dimostrare quello che dico....perché solo a parole è facile "fingere" di avere ragione!
RispondiEliminaScardovi Matteo
Azienda Vernelli
Faenza RA
Tu come imprenditore sfrutti una domanda sostenuta e fai il tuo dovere come figura economica, anzi fai bene a sfruttare il momento, ma non farti fregare da chi ti compra il prodotto per rivenderlo in quanto ci mette poi dei ricarichi che a te in tasca non ritornano.. Come ideologo dell'ambientalismo invece racconti delle balle.
EliminaIo vendo anche direttamente e quindi so come funziona tutta la filiera, come ideologo invece ti ho invitato a vedere la mia azienda....non do solo fiato alla bocca come te che offendi anche maleducato, e ti ho anche fornito indirizzo per toccare con mano. Ma i maleducati non li ricevo a prescindere....per gli altri porte aperte
EliminaSai che sei un bel tipo: mi inviti nella tua azienda poi autonomamente decidi di ritirare l'invito senza porti la domanda: " ma sono sicuro che Guidorzi sarebbe venuto a vedere la mia azienda dopo il primo invito?"
EliminaEcco allora sappi che non m'interessa vedere un'azienda dove scientemente si impedisce che essa possa esprimere tutte le sue potenzialità produttive. Una volta quando avere la possibilità di riempire la pancia aveva un valore le aziende come la tua ricevevano la visita di proletari che gridavano "pane e lavoro" . A da ritorna' baffone!!!!!
Sarà anche un ottimo agronomo ( non potrei giudicare ) ma non sa proprio dialogare. Per carità!
EliminaInfatti con della gente come te, che tra l'altro vigliaccamente si cela dietro l'anonimato, non mi interessa dialogare, li mando semplicemente al diavolo!
EliminaGentile Alberto "Ecco allora sappi che non m'interessa vedere un'azienda dove scientemente si impedisce che essa possa esprimere tutte le sue potenzialità produttive." L'insormontabile gabbia mentale nella quale vivono i prevenuti come lei non hanno proprio niente da invidiare alle vandanescive! Saluti, Andrej
RispondiEliminaL'Agricoltura biologica io l'ho già vista e vissuta da bambino e non mi interessa più rivederla. Non m'interessa più vedere campi pieni di papaveri e di tutte le altre erbe tanto che ogni anno in quei campi di frumento si potevano fare dei corposi erbari, A 9 anni ero addetto a schiacciare uova di dorifora sulle patate ed a raccogliere larve ed insetti adulti (la mia paga era mezzo uovo in più a cena). Solo mangiando mele acerbe non vi si trovava l'ospite dentro, immancabilmente ogni settimana dovevo andare per qualche ora a fermare e tirare avanti l'asino mentre mio padre distribuiva la poltiglia bordolese, poi alla fine però i grappoli erano pieni di muffa attaccati dalla tignola ed in parte rinsecchiti. Mia nonna tutte le volte che veniva in casa dall'orto brontolava o perchè gli avevano mangiato l'insalata o perchè il pomodoro aveva la peronospora, i peperoni il verme, i fagioli l'antracnosi ecc. ecc. Si faceva la raccolta dei fagioli secchi si mettevano in granaio ed a metà inverno si dovevano cuocere per il maiale perchè il tonchio li aveva bucati.
EliminaMio nonno che bestemmiava come un turco perchè con una fornata di pane non si faceva da sabato a sabato e sgridava mia madre perchè mi permetteva di mangiare troppo pane (pane e saliva come companativo bada bene). Credevo che le galline facessero solo mezze uova perchè nel piatto non ne ho mai visto una intera. Per 15 giorni in luglio si letamava: si caricava letame su un carretto (da sopra il sole picchiava a 40° e dalla massa di letame uscivano effluvi e vapori a 60°, il carretto pieno si portava in campagna e lo si scaricava e poi si doveva tutto distribuire sul campo ed alla fine si raccoglievano bietole da zucchero in ragione di 200 q/ha quando oggi se ne producono 600 con una concimazione mirata. Vuoi che continui Andrej? La mia gabbia mentale si fonda su delle osservazioni esperienziali fate e rifatte, mentre tu parli solo perchè hai la bocca e non sognarti mai più di paragonarmi alla Panzana Shiwa perchè vedrai quanti epiteti ti arrivano. Ma possibile che più si è ignoranti di agricoltura più se ne voglia parlare? Sappi che ho esaurito la gentilezza.
Vede che le farebbe bene vedere come funziona un'azienda biologica moderna? Scoprirebbe che non ha molto a che vedere con la sua infanzia. Non creda alle pubblicità che dicono "fatto come una volta", è tutto marketing. Aggiungo:quelli che hanno la mia età vedranno probabilmente un'agricoltura col problema dei carburanti costosi, col fosforo che scarseggia, ecc. Ma non approfitto oltre della magnanimità che mi ha finora dimostrato e le auguro di acquisire l'abilità di confrontarsi serenamente con chi ha esperienze e priorità diverse dalle sue. Non ci crederà, ma non costituisce reato. andrej
EliminaIl pistolotto finale è un portento....ma meno male che sembra tu voglia dargli un taglio. Spero ardentemente di non sbagliarmi.......
RispondiEliminaPassato di qui per caso, essendo interessato ad avere maggiori informazioni sul biologico, ho deciso di commentare (prima ancora di aver terminato la lettura dell'articolo) l'atteggiamento dell'autore nella discussione qui sotto. La percezione che può avere chi passa di qui senza conoscere né lui né i suoi interlocutori (e se vogliamo nemmeno gli argomenti) è quella di una persona animosa e piena di pregiudizi, che tende a screditare personalmente l'interlocutore "avverso" invece che criticarne le affermazioni, basando tutto su una pretesa di superiore coscienza e conoscenza data da non si sa cosa. Si badi, in questi casi il titolo di studio non è in alcun modo un'arma a favore, in quanto educazione, stile e soprattutto capacità di dialogo non si imparano all'università né scrivendo su un blog. E questo Guidorzi ne è perfetta dimostrazione.
RispondiEliminaanvedi
Eliminae che c'entra con l'argomento?
Luca Paolo
RispondiEliminaPorta argomenti per contrastare le mie argomentazioni. Se non lo fai sei solo un ennesimo "quaquaraquà".
Le informazioni sul biologico sono semplicemente queste: usa come tutti gli altri dei fitofarmaci, se è onesto produce meno e pretende che sia la collettività a pagargli la differenza per una pretesa difesa dell'ambiente che non esiste se raffrontata ad una conduzione professionale delle stesse coltivazioni.
Forza, comincia a riportare prove scientificamente valide per controbattere.
Per me fare agricoltura biologica seriamente non significa rimpiazzare fitofarmaci non consentiti con altri ammessi dai disciplinari, questo semmai lo fa l'industria del bio.
EliminaFare biologico significa invece cambiare approccio alla gestione dell'azienda e soprattutto del suolo. Significa conservare la sostanza organica e arricchirla negli anni, evitare lavorazioni che distruggano la struttura del suolo, aumentare la capacità di assorbimento dell'acqua e di conseguenza ridurre il rischio idrogeologico, avere piante più sane se il suolo è più ricco di s.o. (visto che, nonostante la deriva dell'agronomia negli ultimi decenni, il suolo resta il primo fattore di rilevanza per la vita vegetale), lavorare con le rotazioni colturali, piantare le varietà più indicate per un determinato ambiente/tipo di suolo, e tante altre cose.
In sintesi, l'agricoltura biologica non è quella dei protocolli normativi che può essere applicata da qualsiasi industria agricola, ma è un tentativo onesto e faticoso di aiutare i processi biologici naturali a ripetersi e gli equilibri compromessi a ristabilirsi, di certo evitando di contrastarli o di sostituirsi ad essi.
Ma tu di cosa campi di poesia?
RispondiEliminaEsistono delle regole agronomiche che mantengono il suolo capace di continuare a produrre e sono sempre le stesse, solo che tu scopri adesso l'importanza della sostanza organica, io invece l'ho scoperta già sui libri di agronomia degli anni '50 e non l'ho mai dimenticato. La mia famiglia è da 7 generazioni che coltiva lo stesso pezzo di terra e non si è mai insterilito, anzi rispetto a mio nonno (per rimanere nel campo di ciò che ho esperienza) mio padre ha prodotto di più concimando e proteggendo le colture ed io, che ho imparatao a concimare solo a bilancio e che faccio protezione integrata non ho ridotto le produzioni di mio padre pur usando meno concimi e fitofarmaci, anzi le ho aumentate grazie all'uso di varietà ulteriormente migliorate. Pertanto non mi insegni nulla.
A proposito di varietà più indicate, in biologico si consiglia di usare la varietà di frumento Renan, la conosci per caso?
La quantità prodotta non è l'unico - e per come la vedo io neanche il più importante - parametro per giudicare la validità di un approccio agronomico né la qualità di quello che si produce.
RispondiEliminaNon conoscevo il frumento Renan, ho letto il suo articolo al riguardo. Dato che è un grano tenero e che io faccio pasta non mi interessa particolarmente. Ad ogni modo, il saragolla che ho seminato lo scorso anno nonostante la tanta pioggia in pre-trebbiatura non ha avuto alcun attacco di ruggine, a differenza dei miei vicini che per i grossi pastifici industriali, e nonostante il diserbo da protocollo hanno avuto molte più infestanti di me. Chiaramente hanno prodotto di più.
Resto convinto, e sempre lo sarò, che nutre - dove "nutrire" non sta per riempire la pancia - più la mia pasta di quella di cui sopra. E che la qualità di un "nutrimento" non si evinca da un esame di laboratorio. Detto con il massimo rispetto per le opinioni altrui, cosa che non sempre è reciproca.
Per inciso, di quello che faccio (agricoltura) ci campo, e non certo grazie al marketing, visto che praticamente non ne faccio né tantomeno racconto palle alle persone.
RispondiEliminaPrego tu non campi di agricoltura tu campi di trasformazione. Prova a campare vendendo solo le tue produzioni di grano e poi mi dirai.
RispondiEliminaScusa tu semini Saragolla? Quale? La varietà iscritta o una popolazione locale riprodotta in continuazione senza mantenimento in purezza?
La varietà Renan è in tutto e per tutto una varietà geneticamente modificata ma dato che ha una buona rusticità ( attenzione che non vuol dire produttività)coloro che certificano il biologico non se ne curano e quindi imbrogliano i consumatori che pagano caro il prodotti da forno biologico che comprano e che inorridirebbero se sapessero come è stata ottenuta la varietà Renan.
Dimenticavo di dirti che quello che hai scritto e che riporto di seguito: "Resto convinto, e sempre lo sarò, che nutre - dove "nutrire" non sta per riempire la pancia - più la mia pasta di quella di cui sopra." lo dovresti dire a quegli 800 milioni di persone che soffrono ancora la fame e cercare di convincerli. Mi sa che se lo facessi ti correrebbero dietro con i bastoni.
RispondiEliminaPremetto che non sono in grado di entrare nella discussione tecnica, mi chiedo solo perchè se l'agricoltura "tradizionale" è così efficiente e precisa stia contribuendo alla sparizione di insetti utili,alla morte di tanti uccelli e all'inquinamento da nitrati con spandimenti esagerati e fuori tempo. A mio avviso tanti prodotti chimici arrivebbero a costi forse troppo elevati se rispettassero a pieno le norme antiinquinamento Francesco
RispondiEliminaPrecisiamo che tu non parli di agricoltura "convenzionale" (agricoltura tradizionale è un termine che non dice nulla, perchè allora vi rientra anche l'agricoltura di mio bisnonno che non è per nulla quella attuale, ma aveva delle regole che bisogna rispettare anche oggi).
EliminaPer agricoltura convenzionale si deve intendere l'agricoltura che le scoperte scientifiche che si sono accumulate ha permesso di praticare. Ora le scoperte scientifiche calate nel contesto pratico di coltivazione devono rispettare certe regole e, che se rispettate, fanno divenire l'agricoltura convenzionale ecocompatibile e senza intaccare la produttività acquisita.
Gli esempi che tu citi sono ascrivibili solo a cattiva agricoltuta e per nulla professionale punto e basta.
Altro aspetto del tuo intervento sono delle affermazioni non suffragate da dati: quali insetti utili sono spariti? Quali uccelli sono morti?
Come ultimo la tua seguente frase:
"A mio avviso tanti prodotti chimici arrivebbero a costi forse troppo elevati se rispettassero a pieno le norme antiinquinamento"
e priva di senso.
Gli 800 milioni di persone che soffrono la fame é perché non hanno i soldi per comprare il cibo anche quando il grano costa una miseria come quest'anno. Continueranno a morire di fame per garantire benessere a persone come lei e non esiste soluzione purtroppo. Ormai hanno capito anche i muri che venderebbe anche l'anima pur di fare maldicenza sul biologico.....non vale la pena perdere tempo con persone così, è palese. Vada a fare propaganda a multinazionali e ogm, quello è il suo lavoro. Il biologico di ultima generazione lei non sa cos'è ne mai lo saprà....ed è meglio così mi creda, a certa gente Guidorzi bisogna lasciare quello che merita. Buone feste
EliminaIl biologico di ultima generazione? Ma che cazzate ci vieni a raccontare.
RispondiEliminaPer favore qualificati con nome e cognome altrimenti tra te ed i mafiorsi non vi è nessuna differenza. Troppo comodo fare delle sparate anonime vergognati.
tutti i prodotti che mettono le grandi socetà in commercio usano pesticidi e fitofarmaci vedi la Monsanto che a acqistato dalla Icmesa il brevetto del PCB ( poli cloruro bifenile ossia diossina)chè cotamino Seveso con lo scoppio del reattore ed è cancerogeno. Renato
EliminaRenato questo è notorio e non scopri nulla di nuovo,, non solo ma questo dura da 100 anni circa (pensa che si cominciò con l'acido solforico) ma quello che molta gente crede è che in agricoltura biologica non si usino pesticidi e senza conseguenze che è appunto una grande balla.
RispondiElimina"poli cloruro bifenile ossia diossina" ecco questa è una gran balla che ti potevi risparmiare, anzi quando si è disinformmati il più bel tacer non fu mai scritto. Solo dopo aver tanto studiato acquisisci il diritto di parlare di certe cose.