venerdì 7 ottobre 2016

Una precisazione...


di Antonio Saltini

Renzi, Craxi
In una nota recente ho rilevato che da un trentennio, dai tempi sfolgoranti di Bettino Craxi, la classe politica nostrana va assumendo caratteri sempre più spiccati di classe politica ottomana. Il documento storico che segna la prima manifestazione inequivocabile della grande svolta può essere identificato negli articoli dei giornalisti che raccolsero le impressioni del viaggio presidenziale in Cina durante la convivenza del grande statista, in quanto presidente del Consiglio, con l’uomo che più, notoriaente, avversava, detestava, invidiava (e temeva), Giulio Adreotti, ministro degli esteri, che raccontò il viaggio come la gita di piacere di un sultano che viaggiava con un Jumbo intero di parassiti, cortigiani e cortigiane, donne belle e disinvolte, e affaristi di ogni specie e specializzazione. Accertato che avesse trasferito denaro pubblico alle casse del partito (secondo testi di accusa anche alle proprie) terminò gloriosamente i propri giorni, sulla costa africana, in un Eden, appunto, per sultani in esilio.



Quando morì gli amici coprirono le mura d’Italia di manifesti che proclamavano che era morto “un grande italiano”. Certo, se, come asseriva un aforsma comune tra gli statisti ottocenteschi, “tutti gli italiani sono ladri” secondo i capi della condanna era scomparso “un grande italiano”. Più che un grande italiano, forse, un grande maestro, un ideologo di quel pensiero politico ottomano che pare essersi radicato, sempre più profondamente, nei successori.

Ed è su questa asserzione che credo di dovere ai lettori una precisazione: tutti i successori, mi pare doveroso correggermi, tranne sua eccellenza Renzi, che, autentico fiorentino, al pensiero ottomano non potrà mai assoggettarsi. Perché, dimenticati i tempi di Galileo e dei discepoli, più che fiorentini menti planetarie, i fiorentini autentici sono tornati alla più sicura etica senza pensiero di Giovanni Boccaccio.

Chi scrive ignora se il signor Renzi abbia mai letto Boccaccio (salvo ne sia stata mai pubblicata un’edizione a fumetti). Obiettivamente non ne aveva bisogno: lo vive tanto intensasmente da conoscerlo a memoria senza sapere neppure il titolo del Decameron (titolo troppo arduo da ricordare). L’etica del Presidente (che è una non-etica) è quella di Calandrino, Bruno e Buffalmacco, i personaggi supremi del narratore di storielle di Certaldo: bari, mentitori, ladruncoli, eppure sempre simpatici. Fiorentini tipici, membri della società dei più furbi tra gli abitanti del Pianeta: è noto infatti, che se a Torino o a Catania un “coglione” cerca di mimetizzarsi, evitando di proclamare castronerie irreparabili, a Firenze ogni “gonzo” è convinto di essere il più brillante “ganzo” della Terra, e le castronerie le distilla di notte per non essere disarmato di giorno.


Ma “gonzo” e “ganzo” sono, a Firenze, le due fodere della medesima anima, ed il nostro erede di Machiavelli si impegna, con tutte le forze, a fare degli amici, a spese dell’Erario, un club di nababbi . Su questo terreno i filosofi della politica che dubitano della genialità del “segretario fiorentino”, possono, a ragione, sottolineare che il grande devoto di tutte le attricette che frequentavano la corte di papa Leone non fece che trascrivere la propria filosofia politica da una massima di governo tipicamente ottomana:assassinare tutti i concorrenti prima che uno di loro assassinii te. Principio facile da formulare, difficile da attuare: dopo cento assassinii felici ci sarà quello, tra gli avversari, che, inquieto, allarmerà qualcun altro, e, insieme, ti precederanno.


L’assassinio politico è tradizione gloriosa di una pluralità di regioni italiche, soprattutto nell’assolato Mezzogiono. Molti osservatori notano che, data la premura per il bene pubblico del ceto che ci governa (ormai ottomano) l’uso si stia diffondendo al Nord. Si può, ricordare, a proposito, il numero speciale del rinato L’Europeo sull’argomento: in carattere illeggibile (salvo l’uso della lente di ingrandimento) tra le pagine dell’indice una righetta precisava che l’intero dossier era stato sottoposto per approvazione a S. E. Andreotti: pare, cioè, che quanto si scriveva, nei giornali e giornalucoli del gruppo del Corriere, in tema di mafia, dovesse essere previamente sottoposto all’amico degli amici di Palermo (L’Europeo, settimanale del Corriere della sera, Milano,..............., la nota sul revisore ufficiale, per chi si munisca di lente di ingrandimento, a pag.......)


Può darsi che raggiungendo Modena e Reggio Emilia la mafia non abbia sostato a Firenze, e che l’abitudine non vi sia ancora radicata. L’allievo di messer Boccaccio, intanto, pratica Machiavelli convertendo gli amici in nababbi ottomani. Contiamo che i beneficiati si dimostrino grati e e ripaghino generosamente la longanimità di cui approfittano. Onde evitare tentazioni.

Italia felice, governata dal nuovo Granduca nello stile tipico di Calandrino, Bruno e Buffalmacco. Esiste un lettore toscano (che abbia letto Boccaccio) che ci dimostri (con fondati argomenti critici), quale dei tre sia l’autentico modello del Presidente del Consiglio?

Glie ne saremmo grati 




Antonio Saltini
Docente di Storia dell'agricoltura all'Università di Milano, giornalista, storico delle scienze agrarie. Ha diretto la rivista mensile di agricoltura Genio Rurale ed è stato vicedirettore del settimanale, sempre di argomento agricolo, Terra e Vita. E' autore della Storia delle Scienze Agrarie opera in 7 volumi.  www.itempidellaterra.com (qui).


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