di Agrarian Sciences
"Melissa-contadini al lavoro in una vigna" foto di Ernesto Treccani. Fonte: Lombardia Beni Culturali. |
Il 29 ottobre 1949 (qui i fatti raccontati da un profondo conoscitore della civiltà contadina Alfonso Pascale) rappresenta il momento culminante e il simbolo dell'occupazione delle terre incolte nel mezzogiorno, che portò alla conquista delle prime leggi sulla Riforma Agraria (1).
Per ricordare quell'evento proponiamo un brano di Carlo Levi tratto da
" IL DOVERE DEI TEMPI prose politiche e civili".
Visitavo, molti anni fa, per la prima volta, le alte terre di Calabria; l'automobile correva sulla strada Silana, tra distese amplissime di terra abbandonata, tra prati incolti, senza vestigia umane, dove fiorivano, a perdita d'occhio, i verbaschi dai lunghi steli simili a serpenti, tra neri boschi lontani, sacri ai cinghiali e alla mitologia dei briganti. Guardavo quella terra abbandonata, e chiedevo chi ne fosse il padrone. «Il barone Barracco», mi rispondevano i miei compagni. Camminavamo, per ore e ore, in queste terre solitarie, incontravamo, qua e là, un pastore che accendeva un fuoco per scaldarsi, uno di quei pastori che assomigliano alle loro capre (non loro, ma di Barracco) e che non hanno mai dormito sotto un tetto, né conoschiuto che cosa sia un letto; e, interrogati, a chilometri e chilometri di distanza, chi fosse il padrone della terra, «Barracco» dicevano, è: «Barracco», dicevano tetri i contadini delle costiere malariche dello Jonio, più lontano, e, insieme a Barracco, nominarono Berlingeri, Galluccio, pochi altri, i baroni della terra calabrese. Gran parte delle terre meridionali, per le quali per secoli i contadini e i comuni avevano combattuto, con interminabili processi feudali e rivolte sanguinose, erano, ormai da tempo, dopo le leggi eversive della feudalità, nelle mani dei nuovi baroni, spesso con una proprietà di assai dubbio fondamento giuridico (2): pareva che l'immobilità delle condizioni della vita del Mezzogiorno, con la tirannia locale della piccola borghesia all'ombra della grande proprietà, della schiavitù effettiva e della completa miseria dei contadini dovesse durare eternamente.
Molti anni sono passati da allora, e molti avvenimenti. La caduta del fascismo ha messo in moto forze nuove, la Resistenza ha trovato, per la prima volta nella storia d'Italia, i contadini a fianco degli operai, dei borghesi, degli intellettuali in un'opera comune di difesa della libertà. L'immobile mondo contadino del Mezzogiorno si è messo, nel dopoguerra, in movimento, ha preso coscienza di esistere e; sia pure in modo disordinato e confuso, è uscito da un sonno secolare. È' questo, a mio avviso, il fenomeno sociale più importante dell'Italia democratica. Un lentissimo e tuttavia profondo cambiamento si è andato manifestando nel costume, nella vita quotidiana, nel modo di parlare e di vestire, nei visi degli uomini e delle donne. Nello stesso tempo abbiamo avuto le agitazioni per la terra nel dopoguerra, le lotte sindacali dei braccianti, le occupazioni di terre, i tentativi di gestioni cooperative, fatti tutti assai spesso disordinati, spesso praticamente inutili o dannosi, spesso male utilizzati, ma ai quali i contadini si sono abituati a dare un valore, piuttosto che materiale, di carattere morale: la prova della loro esistenza, della loro libertà, della loro autonomia di uomini; e qualche fatto sanguinoso, qualche contadino ucciso durante le occupazioni simboliche dei feudi, come i tre morti del feudo Fragalà a Melissa, sono entrati ormai nella mitologia poetica contadina.
In questo mondo in movimento e in fermento è intervenuta, spostando all'improvviso i termini dei problemi e modificando di un colpo antichi rapporti sociali, la Riforma agraria. Che essa fosse matura e rispondesse a una assoluta necessità basterebbe a dimostrarlo quello che ho detto prima della terra dei Baroni; e, in qualunque modo essa venga condotta, è un fatto certamente positivo che essa sia stata iniziata. Si possono discutere i suoi criteri, il suo indirizzo, rivolto a creare dappertutto la piccola proprietà, i suoi limiti troppo modesti (soltanto le proprietà superiori ai 300 ettari vengono espropriate, con molte, forse troppe esenzioni, tra cui quella delle terre appartenenti alla Chiesa), ma un fatto rimane: che non c'è più Barracco, né Berlingeri, né Torlonia, e che questo comporta, oltre al miglioramento della vita dei contadini a cui viene assegnata una porzione di terra, un profondo cambiamento di tutta la struttura sociale del Mezzogiorno.
"Vita contadina" a Melissa. Foto di Ernesto Treccani datate tra il il 1950 e il 1960. Fonte Lombardia Beni Culturali. |
(1) Il 15 novembre 1949 si riunisce il consiglio dei ministri che, decide di presentare in Parlamento il primo provvedimento di riforma fondiaria:
" Considerata la particolare distribuzione delle proprietà in alcune zone della Calabria, regione ove l'accentramento della proprietà è tale che 262 posseggono assieme circa un quarto della superficie agro-forestale, considerati altresì i modi di conduzione delle terre e l'insufficienza dei redditi delle famiglie contadine, il consiglio dei ministri delibera di autorizzare il ministro dell'agricoltura di concerto con i ministri interessati a presentare immediatamente al Parlamento un disegno di legge concernente la distribuzione della proprietà della Sila e zone contermini."
(2) Durante gli anni in cui il mezzogiorno fu dominato da Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat venne introdotta una legislazione antifeudale ( legge del 2 agosto 1806), che almeno nelle intenzioni avrebbe dovuto ridare le terre ai comuni e alle popolazioni. Nello specifico un'ordinanza del consigliere del re datata 22 agosto 1811, aveva assegnato 315 tomolate al comune di Melissa.
La riforma agraria è stata una benedizione per una generazione, una prigione per la generazione successiva e l'abbandono della terra per la seguente. Non è una critica alla riforma è solo l'analisi dell'evoluzione dei tempi. Ciò che è incomprensibile e demeziale è che si voglia tornare a far vivere oggi della gente in aziende sul modello della riforma agraria di un secolo o anche solo del dopoguerra come auspicherebbe Coldiretti e Petrini.
RispondiEliminahanno distrutto l agricultura, de gasperi voleva solo il potere.
Elimina